Categoria: Corte di giustizia CE
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SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

11 novembre 2015 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Diritto alle ferie annuali retribuite – Calcolo delle ferie spettanti in caso di aumento dell’orario di lavoro – Interpretazione del principio “pro rata temporis”»

 

 

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

© Unione europea, http://eur-lex.europa.eu/


Nella causa C‑219/14,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Employment Tribunal Birmingham (Tribunale del lavoro di Birmingham, Regno Unito) con decisione del 23 aprile 2014, pervenuta in cancelleria il 6 maggio 2014, nella causa

 

 

Kathleen Greenfield

contro

The Care Bureau Ltd,

 

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da F. Biltgen (relatore), presidente della Decima Sezione, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, A. Borg Barthet e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: L. Hewlett, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 settembre 2015,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la The Care Bureau Ltd, da I. Pettifer, solicitor;

–        per il governo del Regno Unito, da L. Christie, in qualità di agente, assistito da G. Facenna, barrister;

–        per il governo spagnolo, da A. Gavela Llopis, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e M. de Ree, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da M. van Beek e J. Enegren, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997 (in prosieguo: l’«accordo quadro sul lavoro a tempo parziale»), contenuto nell’allegato della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1998, L 14, pag. 9), come modificata dalla direttiva 98/23/CE del Consiglio, del 7 aprile 1998 (GU L 131, pag. 10), e dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Greenfield e la The Care Bureau Ldt (in prosieguo: la «Care») in merito al calcolo dell’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute alla quale la sig.ra Greenfield ritiene di avere diritto in seguito alla cessazione del suo contratto di lavoro.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3 La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, intitolata «Principio di non discriminazione», così dispone:

«1.      Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.

2.      Dove opportuno, si applica il principio “pro rata temporis”».

4 La clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale prevede quanto segue:

«Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli rispetto a quelle previste nel presente accordo».

5 Ai sensi del considerando 5 della direttiva 2003/88:

«Tutti i lavoratori dovrebbero avere periodi di riposo adeguati. Il concetto di “riposo” deve essere espresso in unità di tempo, vale a dire in giorni, ore e frazioni d’ora. I lavoratori della Comunità devono beneficiare di periodi minimi di riposo giornaliero, settimanale e annuale e di adeguati periodi di pausa. È anche necessario, in tale contesto, prevedere un limite massimo di ore di lavoro settimanali».

6 L’articolo 7 della direttiva 2003/88, intitolato «Ferie annuali», è redatto nei termini seguenti:

«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

2.      Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».

7 L’articolo 15 di detta direttiva, intitolato «Disposizioni più favorevoli», così dispone:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».

8 L’articolo 17 della direttiva 2003/88 prevede che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di tale direttiva. Tuttavia, nessuna deroga è ammessa per quanto riguarda l’articolo 7 della stessa.

Il diritto del Regno Unito

9 Il regolamento del 1998 relativo all’orario di lavoro (Working Time Regulations 1998, SI 1998/1833), come modificato dal regolamento modificativo del 2003 [Working Time (Amendment) Regulations 2003, SI 2003/1684; in prosieguo: il «regolamento relativo all’orario di lavoro»], al suo articolo 13, relativo al diritto alle ferie annuali, così prevede:

«1)      Fatto salvo il paragrafo 5, un lavoratore ha diritto a quattro settimane di ferie annuali per ogni anno di riferimento.

(...)

5) Se la data di inizio del contratto di lavoro è successiva alla data alla quale (in forza di un accordo concluso in tal senso) inizia a decorrere il primo anno di riferimento, le ferie cui il lavoratore ha diritto in tale anno sono pari alla frazione del periodo di cui al [paragrafo 1] corrispondente alla parte dell’anno di riferimento non ancora trascorsa alla data di inizio del suo contratto».

10 L’articolo 13A del regolamento relativo all’orario di lavoro così prevede:

«1)      Fatto salvo l’articolo 26A, paragrafi 3 e 5, un lavoratore ha diritto, per ogni anno di riferimento, a un periodo di ferie supplementari determinato conformemente al paragrafo 2.

2) Il periodo di ferie supplementari cui il lavoratore ha diritto ai sensi del paragrafo 1 è:

a)      per ogni anno di riferimento che inizia non prima del 1° ottobre 2007, ma prima del 1° aprile 2008, di 0,8 settimane;

b)      per ogni anno di riferimento che inizia prima del 1° ottobre 2007, di una frazione di 0,8 settimane corrispondente alla parte dell’anno che inizia il 1° ottobre 2007 che sarebbe trascorsa alla fine di tale anno di riferimento;

c)      per ogni anno di riferimento che inizia il 1° aprile 2008, di 0,8 settimane;

d)      per ogni anno di riferimento che inizia dopo il 1° aprile 2008, ma prima del 1° aprile 2009, di 0,8 settimane e di una frazione di 0,8 settimane supplementare corrispondente alla parte dell’anno che inizia il 1° aprile 2009 che sarebbe trascorsa alla fine di tale anno di riferimento;

e)      per ogni anno di riferimento che inizia non prima del 1° aprile 2009, di 1,6 settimane.

3)      Il totale delle ferie spettanti ai sensi del paragrafo 2 e dell’articolo 13, paragrafo 1, non eccede i 28 giorni.

4)      Ai fini del presente articolo, l’anno di riferimento di un lavoratore inizia alla stessa data alla quale l’anno di riferimento del lavoratore inizia ai fini dell’articolo 13.

5)      Se la data in cui inizia il contratto di lavoro del lavoratore è successiva alla data in cui inizia a decorrere il primo anno di riferimento, le ferie supplementari cui il lavoratore ha diritto in tale anno sono pari alla frazione del periodo di cui al paragrafo 2 corrispondente alla parte dell’anno di riferimento non ancora trascorsa alla data di inizio del contratto.

(...)».

11 Ai sensi dell’articolo 14 del regolamento relativo all’orario di lavoro:

«1)      Il presente articolo si applica qualora:

a) il contratto di lavoro cessi nel corso dell’anno di riferimento del lavoratore, e

b)      alla data in cui la fine del contratto diviene efficace (la data di fine contratto), la frazione di ferie godute dal lavoratore rispetto a quelle cui aveva diritto in forza de[ll’articolo 13 e dell’articolo 13A] nell’anno di riferimento differisca dalla parte dell’anno di riferimento già trascorsa.

2)      Ove la frazione di ferie godute dal lavoratore sia inferiore alla parte dell’anno di riferimento trascorsa, il datore di lavoro può corrispondergli un’indennità sostitutiva delle ferie retribuite, conformemente al paragrafo 3.

3)      Il pagamento dovuto ai sensi del paragrafo 2 ammonta:

a)      alla somma prevista ai fini del presente articolo in forza di un accordo specifico o,

b)      in mancanza di disposizioni applicabili di un accordo specifico, alla somma pari all’importo che sarebbe dovuto al lavoratore conformemente all’articolo 16 per il periodo di ferie determinato secondo la formula (A x B) - C: dove A è la durata delle ferie alle quali il lavoratore ha diritto in forza de[ll’articolo 13 e dell’articolo 13A], B è la parte dell’anno di riferimento del lavoratore trascorsa prima della data di fine contratto e C è la durata delle ferie godute dal lavoratore tra l’inizio dell’anno di riferimento e la data di fine contratto.

4)      Un accordo specifico può prevedere che, qualora la frazione di ferie godute dal lavoratore ecceda la parte dell’anno di riferimento trascorsa, egli compensa il datore di lavoro con un’indennità, prestando lavoro supplementare o in altro modo».

Causa principale e questioni pregiudiziali

12 La sig.ra Greenfiel ha lavorato alle dipendenze della Care a partire dal 15 giugno 2009. Essa ha lavorato in forza di un contratto di lavoro che prevedeva che le ore e i giorni di lavoro differissero da una settimana all’altra. La retribuzione dovuta per ogni settimana variava a seconda del numero di giorni e di ore di lavoro effettuati.

13 In forza sia del diritto del Regno Unito sia di tale contratto di lavoro, la sig.ra Greenfield aveva diritto a 5,6 settimane di ferie all’anno. L’anno di riferimento per il calcolo delle sue ferie è iniziato il 15 giugno.

14 La sig.ra Greenfield ha lasciato la Care il 28 maggio 2013. È pacifico che essa aveva goduto 7 giorni di ferie retribuite nell’ultimo anno di riferimento. Essa aveva lavorato in totale per 1 729,5 ore e aveva beneficiato di ferie retribuite per un totale di 62,84 ore.

15 La sig.ra Greenfield aveva goduto questi 7 giorni di ferie retribuite durante il mese di luglio 2012. Durante le 12 settimane immediatamente precedenti a tali ferie, il suo ritmo di lavoro era di un giorno alla settimana.

16 A partire dal mese di agosto 2012 la sig.ra Greenfield ha iniziato a lavorare secondo un ritmo di lavoro di 12 giorni consecutivi e 2 giorni di riposo goduti come fine settimana alternati. Tale ritmo corrispondeva a una media di 41,1 ore di lavoro alla settimana. La Care aveva previsto che tutte le ore di lavoro della sig.ra Greenfield, comprese le ore di straordinario effettuate, sarebbero state utilizzate per il calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti all’interessata.

17 Nel novembre del 2012 la sig.ra Greenfield ha chiesto di beneficiare di una settimana di ferie retribuite. La Care l’ha informata che, in considerazione dei giorni di ferie da essa goduti tra il mese di giugno e quello di luglio del 2012, essa aveva esaurito le sue ferie annuali retribuite. Le ferie retribuite spettanti al lavoratore sarebbero calcolate alla data alla quale le ferie sono godute, e ciò sulla base del ritmo di lavoro accertato durante le 12 settimane precedenti il godimento delle ferie. Poiché la sig.ra Greenfield aveva fruito delle ferie in un periodo in cui il suo ritmo di lavoro era di un giorno alla settimana, essa avrebbe goduto dell’equivalente di 7 settimane di ferie retribuite, e avrebbe pertanto esaurito le ferie annuali retribuite ad essa spettanti.

18 Ritenendo di avere diritto a un’indennità per ferie retribuite non godute, la sig.ra Greenfield ha citato il suo datore di lavoro dinanzi all’Employment Tribunal Birmingham (Tribunale del lavoro di Birmingham), che ha accolto la sua domanda.

19 Il 29 agosto 2013 la Care ha chiesto all’Employment Tribunal Birmingham (Tribunale del lavoro di Birmingham) di fornire la propria motivazione per iscritto. L’8 ottobre 2013 tale giudice ha proposto di riesaminare la propria decisione a motivo del fatto che la situazione giuridica in questione era sufficientemente incerta da consentire la proposizione di un rinvio pregiudiziale alla Corte. Dopo che le parti hanno depositato le proprie osservazioni scritte, l’Employment Tribunal Birmingham (Tribunale del lavoro di Birmingham) ha tuttavia ritenuto che tale rinvio non fosse necessario e ha fornito per iscritto i motivi della propria decisione.

20 Il 19 dicembre 2013 la Care ha interposto appello contro tale decisione dinanzi all’Employment Appeal Tribunal (Corte d’appello del lavoro), il quale ha deciso di sospendere il giudizio in pendenza della decisione dell’Employment Tribunal Birmingham (Tribunale del lavoro di Birmingham).

21 Nel frattempo, il 12 dicembre 2013, la Care aveva chiesto all’Employment Tribunal Birmingham (Tribunale del lavoro di Birmingham) di riesaminare la propria sentenza. Tale giudice ha accolto la suddetta domanda all’udienza del 24 febbraio 2014 e ha revocato tale sentenza, da un lato, a causa di un errore di calcolo in essa contenuto e, dall’altra, al fine di procedere a un rinvio pregiudiziale alla Corte.

22 Dinanzi all’Employment Tribunal Birmingham (Tribunale del lavoro di Birmingham) la sig.ra Greenfield ha sostenuto che il diritto nazionale, interpretato unitamente al diritto dell’Unione, impone che le ferie già maturate e godute siano retroattivamente ricalcolate e adeguate in seguito a un aumento del numero delle ore di lavoro, ad esempio nel momento in cui si passa da un lavoro a tempo parziale a un lavoro a tempo pieno, affinché siano proporzionate al nuovo numero di ore di lavoro e non al numero di ore di lavoro effettuate alla data alla quale sono state godute.

23 La Care sostiene che il diritto dell’Unione non prevede la possibilità di procedere a un nuovo calcolo e che gli Stati membri non sono quindi tenuti a introdurre tale adeguamento nel diritto nazionale.

24 Nutrendo dubbi in ordine all’interpretazione del diritto dell’Unione da effettuarsi nella controversia di cui è investito, l’Employment Tribunal Birmingham (Tribunale del lavoro di Birmingham) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il principio “pro rata temporis”, di cui alla clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, debba essere interpretato nel senso che esige che una disposizione di diritto nazionale (come gli articoli 13, 13A e 14 del regolamento sull’orario di lavoro) abbia come effetto che, in caso di incremento dell’orario di lavoro di un lavoratore, la quantità di ferie già accumulate debba essere adeguata proporzionalmente al nuovo orario di lavoro, con il risultato che il lavoratore che incrementi il suo orario di lavoro avrebbe diritto a che le ferie maturate siano ricalcolate sulla base del maggior numero di ore.

2)      Se la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale o l’articolo 7 della direttiva [2003/88] debbano essere interpretati nel senso che ostano a che una disposizione di diritto nazionale (come gli articoli 13, 13A e 14 del regolamento sull’orario di lavoro) abbia come effetto, in caso di incremento dell’orario di lavoro di un lavoratore, che la quantità di ferie già accumulate debba essere adeguata proporzionalmente al nuovo orario di lavoro, con il risultato che il lavoratore che incrementi il suo orario di lavoro avrebbe diritto a che le ferie maturate siano ricalcolate sulla base del nuovo numero di ore.

3)      In caso di risposta affermativa alle questioni sub 1) e/o sub 2), se il ricalcolo si applichi solamente a quella parte dell’anno di riferimento per il calcolo delle ferie durante il quale il lavoratore ha lavorato per un maggior numero di ore o a un altro periodo.

4)      Nel calcolare il periodo di ferie godute da un lavoratore, se la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale o l’articolo 7 della direttiva [2003/88] debbano essere interpretati nel senso che impongono che una disposizione di diritto nazionale (come gli articoli 13, 13A e 14 del regolamento sull’orario di lavoro) debba avere l’effetto di adottare un approccio diverso a seconda che si tratti di calcolare un’indennità sostitutiva delle ferie annuali al termine del rapporto di lavoro o di calcolare il diritto del lavoratore alle ferie annuali residue in caso di mantenimento del rapporto di lavoro.

5)      In caso di risposta affermativa alla questione sub 4), quale sia il diverso approccio da adottare».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni dalla prima alla terza

25 Con le questioni dalla prima alla terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e l’articolo 7 della direttiva 2003/88 sull’organizzazione dell’orario di lavoro debbano essere interpretati nel senso che, in caso di aumento del numero di ore di lavoro effettuate da un lavoratore, gli Stati membri abbiano l’obbligo o il divieto di prevedere che le ferie annuali retribuite già maturate, ed eventualmente godute, siano ricalcolate, se del caso retroattivamente, sulla base del nuovo ritmo di lavoro di tale lavoratore e, nel caso in cui si dovesse procedere a un nuovo calcolo, se quest’ultimo riguardi unicamente il periodo durante il quale l’orario di lavoro di detto lavoratore è aumentato oppure tutto il periodo di riferimento.

26 A tale proposito occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati (v., in particolare, sentenze BECTU, C‑173/99, EU:C:2001:356, punto 43, e Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols, C‑486/08, EU:C:2010:215, punto 28).

27 La Corte ha altresì ripetutamente sottolineato che il diritto alle ferie annuali retribuite riconosciuto a ogni lavoratore, in quanto principio di diritto sociale dell’Unione, è espressamente sancito dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati (v., segnatamente, sentenza Heimann e Toltschin, C‑229/11 e C‑230/11, EU:C:2012:693, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

28 Risulta peraltro dalla suddetta giurisprudenza che il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere interpretato in modo restrittivo (v., in particolare, sentenze Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols, C‑486/08, EU:C:2010:215, punto 29, nonché Heimann e Toltschin, C‑229/11 e C‑230/11, EU:C:2012:693, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

29 È pacifico inoltre che la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite è consentire al lavoratore di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro (sentenza KHS, C‑214/10, EU:C:2011:761, punto31). Pertanto, le ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore si costituiscono e devono essere calcolate rispetto al ritmo di lavoro previsto dal contratto di lavoro.

30 Per quanto riguarda, in primo luogo, l’unità di tempo sulla base della quale tale calcolo dev’essere effettuato, occorre rilevare che l’unità prevista dalla direttiva 2003/88 per quanto riguarda la durata massima settimanale di lavoro è l’«ora».

31 Peraltro, come risulta dal considerando 5 della direttiva 2003/88, il legislatore dell’Unione europea ritiene che la nozione di riposo utilizzata in tale direttiva, in particolare quella di riposo annuale, dev’essere espressa in giorni, in ore e/o in frazioni di giorno o di ora.

32 Ne consegue che il calcolo delle ferie annuali retribuite minime spettanti al lavoratore dev’essere effettuato, ai sensi della direttiva 2003/88, rispetto ai giorni o alle ore e/o frazioni di giorno o di ora di lavoro effettuati e previsti dal contratto di lavoro.

33 Per quanto riguarda, in secondo luogo, il periodo di lavoro al quale le ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore si riferiscono, e le eventuali conseguenze che una modifica del ritmo di lavoro, in considerazione del numero di ore lavorate, può o deve avere, da un lato, sulla quantità di ferie già maturate e, dall’altro, sul momento in cui si potrà fruire di tali ferie, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’utilizzazione delle ferie annuali in un momento successivo al periodo durante il quale le ferie sono maturate non ha alcun nesso con l’orario di lavoro effettuato dal lavoratore in occasione di tale periodo ulteriore (sentenza Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols, C‑486/08, EU:C:2010:215, punto 32).

34 La Corte ha parimenti già dichiarato che una modificazione, segnatamente la diminuzione dell’orario di lavoro nel passaggio da un’attività lavorativa a tempo pieno a una a tempo parziale non può ridurre il diritto alle ferie annuali maturate dal lavoratore nel periodo di attività lavorativa a tempo pieno (sentenza Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols, C‑486/08, EU:C:2010:215, punto 32, e ordinanza Brandes, C‑415/12, EU:C:2013:398, punto 30).

35 Ne consegue che, per quanto riguarda la maturazione delle ferie annuali retribuite, occorre distinguere i periodi durante i quali il lavoratore lavorava secondo ritmi di lavoro diversi, e il numero di unità di riposo annuale maturate rispetto al numero di unità di lavoro prestate deve essere calcolato separatamente per ogni periodo.

36 Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’applicazione del principio «pro rata temporis» previsto dalla clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale.

37 Infatti, se è vero che, come la Corte ha già dichiarato, l’applicazione di tale principio è adeguata alla concessione delle ferie annuali per un periodo di lavoro a tempo parziale, poiché per tale periodo la diminuzione dei giorni di ferie annuali spettanti al lavoratore rispetto a quelli concessi per un periodo di lavoro a tempo pieno è giustificata da ragioni oggettive, resta il fatto che detto principio non può essere applicato ex post al diritto alle ferie annuali maturate durante un periodo di lavoro a tempo pieno.

38 Orbene, sebbene le disposizioni della clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e quelle dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 non impongano quindi agli Stati membri di procedere a un nuovo calcolo delle ferie annuali già maturate quando un lavoratore aumenta il numero delle ore lavorate, esse non ostano nemmeno a che gli Stati membri adottino disposizioni più favorevoli ai lavoratori e procedano a tale nuovo calcolo.

39 Infatti, come emerge dalla clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e dall’articolo 15 della direttiva 2003/88, questi due atti, che si limitano a predisporre una tutela minima di taluni diritti dei lavoratori, non pregiudicano la facoltà di cui dispongono gli Stati membri e le parti sociali di applicare o introdurre disposizioni più favorevoli ai lavoratori e di prevedere un nuovo calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore.

40 Occorre aggiungere che la distinzione da operare tra i diversi ritmi di lavoro per la maturazione delle ferie annuali retribuite è tuttavia priva di effetti sull’esercizio dei diritti quesiti. Come emerge dalla giurisprudenza, le ferie annuali maturate in un periodo di riferimento possono essere godute in un periodo successivo e il periodo di riposo maturato rimane interessante sotto il profilo dell’effetto positivo delle ferie annuali retribuite sulla sicurezza e sulla salute del lavoratore se le ferie vengono prese non nel periodo nel corso del quale sono maturate e durante il quale detto lavoratore ha lavorato a tempo pieno, ma nel corso di un periodo successivo durante il quale lavora a tempo parziale (v., in particolare, sentenza Federatie Nederlandse Vakbeweging, C‑124/05, EU:C:2006:244, punto 30, et sentenza KHS, C‑214/10, EU:C:2011:761, punto 32).

41 La stessa conclusione vale a fortiori quando le ferie non sono godute durante il periodo nel corso del quale sono maturate e durante il quale il lavoratore lavorava a tempo parziale, ma nel corso di un periodo successivo durante il quale lavora a tempo pieno.

42 Per quanto concerne, in terzo luogo, il periodo al quale il nuovo calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore deve fare riferimento, qualora, come nel procedimento principale, il lavoratore che ha maturato ferie annuali retribuite nel corso di un periodo di lavoro a tempo parziale aumenti il numero di ore lavorate e passi a un lavoro a tempo pieno, si deve rilevare che, come risulta dal punto 35 della presente sentenza, si deve calcolare per ogni periodo separatamente il numero di unità di riposo annuale maturate rispetto al numero di unità di lavoro prestate.

43 In una situazione come quella di cui al procedimento principale, il diritto dell’Unione impone quindi che si proceda a un nuovo calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore unicamente per quanto concerne il periodo di lavoro durante il quale egli ha aumentato il numero delle sue ore lavorate. Le unità di ferie annuali retribuite già godute nel corso del periodo di lavoro a tempo parziale e che eccedevano le ferie annuali retribuite maturate durante tale medesimo periodo devono essere detratte dalle ferie nuovamente maturate nel corso del periodo di lavoro durante il quale il lavoratore ha aumentato il numero delle sue ore lavorate.

44 Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni dalla prima alla terza dichiarando che la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e l’articolo 7 della direttiva 2003/88 devono essere interpretati nel senso che, in caso di aumento del numero di ore di lavoro effettuate da un lavoratore, gli Stati membri non hanno l’obbligo di prevedere che le ferie annuali retribuite già maturate, ed eventualmente godute, siano ricalcolate retroattivamente sulla base del nuovo ritmo di lavoro di detto lavoratore. Un nuovo calcolo deve tuttavia essere effettuato per il periodo durante il quale l’orario di lavoro è aumentato.

Sulla quarta e quinta questione

45 Con la quarta e la quinta questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e l’articolo 7 della direttiva 2003/88 debbano essere interpretati nel senso che il calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore si effettua secondo principi diversi a seconda che si tratti di determinare l’indennità sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute dovuta nel caso in cui si ponga fine al rapporto di lavoro oppure di determinare il saldo delle ferie annuali retribuite spettanti in caso di mantenimento del rapporto di lavoro.

46 Al fine di rispondere a tale questione occorre anzitutto osservare che, come emerge dalla risposta fornita alle questioni dalla prima alla terza, e contrariamente a quanto sembra suggerire il giudice del rinvio, il fatto che il calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore debba essere effettuato durante il rapporto di lavoro o dopo che questo sia cessato è del tutto irrilevante per le modalità di tale calcolo.

47 Si deve poi precisare che il calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore è indipendente dal calcolo dell’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute dovuta al lavoratore, poiché, per poter determinare quest’ultima, si deve prima calcolare l’ammontare di tali ferie.

48 Occorre infine ricordare che nessuna disposizione della direttiva 2003/88 fissa espressamente le modalità con cui l’indennità finanziaria sostitutiva del periodo o dei periodi minimi di ferie annuali retribuite debba essere calcolata nel caso in cui si ponga fine al rapporto di lavoro (sentenza Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 57).

49 A tale proposito è necessario constatare che l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale non contiene nemmeno indicazioni per quanto concerne le regole di calcolo di tale indennità.

50 Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, l’espressione «ferie annuali retribuite» di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 significa che, per la durata delle ferie annuali ai sensi di tale direttiva, la retribuzione deve essere mantenuta e che, in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (v. sentenza Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 58).

51 La Corte ha peraltro dichiarato che nell’ipotesi in cui un lavoratore che, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, non sia stato in condizione di esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite prima della cessazione del rapporto di lavoro, l’indennità finanziaria alla quale ha diritto deve essere calcolata in modo da porlo in una situazione analoga a quella in cui si sarebbe trovato se avesse esercitato tale diritto nel corso del rapporto di lavoro. Ne consegue che la retribuzione ordinaria del lavoratore, cioè quella che deve essere mantenuta durante il periodo di riposo corrispondente alle ferie annuali retribuite, è parimenti determinante ai fini del calcolo dell’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro (sentenza Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 61).

52 Pertanto, il calcolo dell’indennità finanziaria per ferie annuali non godute dev’essere effettuato con le stesse modalità impiegate per il calcolo della retribuzione ordinaria, dato che il momento nel quale si effettua tale calcolo è in linea di principio irrilevante.

53 Tuttavia, non è escluso che il momento in cui tale calcolo dev’essere effettuato possa incidere sulle modalità di quest’ultimo.

54 Infatti, come emerge dalle giurisprudenza della Corte, quando la retribuzione si compone di diversi elementi, la determinazione della retribuzione ordinaria necessita di un’analisi specifica. In una situazione di questo tipo spetta al giudice nazionale valutare, alla luce dei principi derivati dalla giurisprudenza, se, in funzione di una media su un periodo di riferimento giudicato rappresentativo, i metodi di calcolo della retribuzione ordinaria e dell’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute raggiungano l’obiettivo perseguito dall’articolo 7 della direttiva 2003/88 (v., in tal senso, sentenza Lock, C‑539/12, EU:C:2014:351, punto 34).

55 Anche se dal fascicolo di cui dispone la Corte non emerge che la retribuzione della sig.ra Greenfield si componeva di diversi elementi, un’analisi specifica, simile a quella già descritta al punto precedente della presente sentenza, si rivelerebbe comunque necessaria, in particolare se l’importo della retribuzione dovuta durante le ferie annuali e quello dell’indennità per ferie non godute dovessero essere diversi in seguito a una variazione, nel tempo e rispetto all’unità di tempo di lavoro, della retribuzione della sig.ra Greenfield.

56 Nel procedimento principale spetta quindi al giudice nazionale verificare se la retribuzione della sig.ra Greenfield fosse composta da diversi elementi o se abbia subìto, nel corso dell’ultimo anno di lavoro dell’interessata, variazioni rispetto all’unità di tempo di lavoro alla quale era collegata, al fine di determinare se il metodo di calcolo dell’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute prevista dal diritto nazionale sia conforme alle regole e ai criteri enunciati dalla Corte nella sua giurisprudenza e all’obiettivo perseguito dall’articolo 7 della direttiva 2003/88.

57 Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla quarta e alla quinta questione dichiarando che la clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e l’articolo 7 della direttiva 2003/88 devono essere interpretati nel senso che il calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore dev’essere effettuato secondo gli stessi principi, indipendentemente dal fatto che si tratti di determinare l’indennità sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute dovuta nel caso in cui si ponga fine al rapporto di lavoro oppure di determinare il saldo delle ferie annuali retribuite spettanti in caso di mantenimento del rapporto di lavoro.

Sulle spese

58 Nei confronti delle parti nel procedimento principale, la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

1)      La clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso il 6 giugno 1997, contenuto nell’allegato della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, come modificata dalla direttiva 98/23/CE del Consiglio, del 7 aprile 1998, e l’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, devono essere interpretati nel senso che, in caso di aumento del numero di ore di lavoro effettuate da un lavoratore, gli Stati membri non hanno l’obbligo di prevedere che le ferie annuali retribuite già maturate, ed eventualmente godute, siano ricalcolate retroattivamente sulla base del nuovo ritmo di lavoro di detto lavoratore. Un nuovo calcolo deve tuttavia essere effettuato per il periodo durante il quale l’orario di lavoro è aumentato.

2)      La clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro e l’articolo 7 della direttiva 2003/88 devono essere interpretati nel senso che il calcolo delle ferie annuali retribuite spettanti al lavoratore dev’essere effettuato secondo gli stessi principi, indipendentemente dal fatto che si tratti di determinare l’indennità sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute dovuta nel caso in cui si ponga fine al rapporto di lavoro oppure di determinare il saldo delle ferie annuali retribuite in caso di mantenimento del rapporto di lavoro.

Firme

 

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