Cassazione Penale, Sez. 3, 09 marzo 2016, n. 9841 - Responsabilità del presidente del cda di una S.p.A. per non aver vigilato alle operazioni di gestione dei rifiuti, concorrendo nel reato di deposito preliminare non autorizzato. Delega di funzione


Presidente: GRILLO RENATO Relatore: DI NICOLA VITO Data Udienza: 17/11/2015

 

Fatto

 

1. P.G. ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Perugia, in riforma di quella emessa dal tribunale di Terni, ha dichiarato, in camera di consiglio, non doversi procedere nei confronti del ricorrente per essere estinto per intervenuta prescrizione il reato previsto dagli articoli 81 capoverso, 110 codice penale e 256, comma 1, decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 perché, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società A.S.M. S.p.A., non avrebbe vigilato alle operazioni di gestione dei rifiuti, concorrendo nel reato di deposito preliminare non autorizzato. In Terni fino al 22 settembre 2008.
2. Per la cassazione dell'impugnata sentenza, il ricorrente solleva i due seguenti motivi di gravame.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione della legge processuale penale (articolo 606, comma 1, lettera c), codice di procedura penale in relazione agli articoli 601, commi 1 e 5,178, lettera c), e 469 stesso codice), sul rilievo che la Corte d'appello ha deliberato la sentenza di proscioglimento de plano in camera di consiglio e tale provvedimento risulta illegittimo per violazione di norme processuali che rendono la sentenza affetta da nullità assoluta, sia perché è inibito alla Corte d'appello di dichiarare, con sentenza predibattimentale de plano e in riforma della sentenza di primo grado, l'estinzione del reato in quanto il rinvio di cui all'articolo 598 codice di procedura penale alle norme che disciplinano il giudizio di primo grado non comprende l'eccezionale procedura prevista dall'articolo 469 codice di procedura penale e sia perché l'emissione della sentenza senza fissazione la pubblica udienza e senza la notifica del relativo avviso di imputato e al suo difensore determina una palese violazione della regola del contraddittorio.
2.2. Con il secondo motivo di gravame, il ricorrente lamenta la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione (articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), codice di procedura penale), sul rilievo che, con motivazione all'evidenza stringata, è stata ritenuta l'insussistenza dei presupposti per un proscioglimento nel merito ai sensi dell'articolo 129, comma 2, codice di procedura penale, pur risultando dagli atti ed essendo stato ciò oggetto di una specifica doglianza che il ricorrente aveva delegato al direttore generale, M.O., i doveri inerenti alla salvaguardia della salute dei luoghi di lavoro e di tutela dell'ambiente.
Secondo il ricorrente, il sistema di delega di funzioni, adottato dapprima attraverso la delibera del consiglio di amministrazione n. 65 del 6 dicembre 2004 e successivamente con procura speciale siglata dinanzi al notaio dott. Cl. in data 25 aprile 2005, è stato riconosciuto pienamente efficace dalla sentenza di primo grado che, mentre ha affermato l'assoluta irrllevanza dell'atto di delega da parte del direttore generale al capo servizio igiene ambientale, in quanto privo di taluni dei requisiti richiesti dalla consolidata giurisprudenza e poi positivizzata, con specifico riferimento al settore della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, agli articoli 16 e seguenti del decreto legislativo 81 del 2008 (pagina 10 della sentenza di primo grado), per quanto riguarda l'originaria delega concernente la posizione del ricorrente non ha individuato alcun profilo di carenza, soffermandosi piuttosto sul dovere di vigilanza comunque residuante in capo al presidente anche in presenza di una valida delega di funzioni. Per questo motivo il tribunale è giunto alla condanna dell'imputato ravvisando nei suoi confronti una responsabilità penale "residuale" ma l'errore nel quale sarebbe incorso il giudice di prime cure, a fronte di una espressa delega in materia riconosciuta legittima dallo stesso, appare, ad avviso del ricorrente, di un'evidenza tale da poter portare ad una pronuncia di assoluzione ai sensi dell'articolo 129, comma 2, codice di procedura penale predominante, dunque, sul proscioglimento per intervenuta prescrizione.

Diritto


1. Il ricorso è fondato sulla base del primo motivo.
2. Il secondo motivo è invece infondato in base agli atti di cui è consentito l'accesso nel giudizio di legittimità.
La causa di proscioglimento nel merito, che pure è stata richiesta nonostante la prospettata violazione processuale, andrebbe infatti dichiarata nel solo caso in cui la stessa fosse ictu oculi ravvisabile sulla base del solo testo della sentenza di primo grado, circostanza esclusa, da un lato, in base alla stessa articolazione del motivo di ricorso e, dall'altro, dalla sentenza richiamata che ha ritenuto la disposizione statutaria (art. 23), nella parte in cui investe il presidente del consiglio di amministrazione dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società, autosufficiente, nonostante la conferita delega, per ritenere il ricorrente non sottratto dagli obblighi di vigilanza e di controllo in ordine alla corretta attuazione dei compiti gestionali affidati al personale proprio o esterno, così come ulteriormente specificato in sentenza.
3. Il primo motivo è invece fondato.
Ritiene il Collegio che, nel giudizio di cassazione, vi è l'interesse dell'imputato alla declaratoria di nullità della sentenza con cui la Corte d'appello, in riforma della sentenza di condanna in primo grado, abbia dichiarato "de plano" l'estinzione del reato per prescrizione prima del dibattimento, perché solo il 
giudice del merito può valutare la sussistenza delle condizioni per il proscioglimento ai sensi dell'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen., con riferimento al contenuto di tutti gli atti del processo (Sez. 6, n. 10960 del 25/02/2015, Tavecchio, Rv. 262833), verifica, quest'ultima, preclusa, per come in precedenza esposto, al giudice di legittimità.
4. Segue l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Perugia per l'ulteriore corso.
Il ricorso va invece rigettato nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e ordina trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Perugia.
Rigetta, nel resto, il ricorso.
Così deciso il 17/11/2015