Tribunale di Firenze, Gip Monti, Ordinanza 09 febbraio 2011 - Rinvio pregiudiziale sulla compatibilità con il diritto UE della omessa previsione da parte del d.lgs. 231/2001 della facoltà della vittima di costituirsi parte civile contro l'ente


 

 


UFFICIO DEL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
- Firenze-

Alla Ill.ma Corte di Giustizia dell'Unione Europea Lussemburgo

Oggetto: rinvio pregiudiziale per interpretazione ex art 234 TCE.


Il sottoscritto Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze (ITALIA), dr. David Monti, chiede all'Ill.ma Corte adita di pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione delle norme comunitarie ex art 234 TCE e sulla loro compatibilità con le norme del Diritto interno, al fine di risolvere la controversia della quale egli Giudice si trova investito.
In particolare, si chiede alla Corte di pronunciarsi sull'esatta interpretazione degli artt. 2, 3, e 8 della Decisione Europea n 220 del 15.3.01 e , più in generale, di tutte le Decisioni Europee che concernono la posizione della persona offesa, in particolare sulle disposizioni della Decisione/Quadro n. 2001/220/Gai del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, nonché sulle disposizioni della Direttiva Comunitaria n. 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, sotto il peculiare aspetto del diritto al risarcimento dei danni che deve essere garantito alle vittime del reato in relazione alla responsabilità nel procedimento penale delle persone giuridiche, secondo le disposizioni interne al Diritto Italiano di cui al D.lgs. 231/2001.

A tal fine procede alla sintetica esposizione della vicenda processuale e delle ragioni di fatto e giuridiche che impongono la rimessione degli atti all'Ill.ma Corte in via pregiudiziale.

1.1. La vicenda processuale

Il procedimento penale sottoposto all'attenzione del Giudice scrivente porta il numero di iscrizione a notizie di reato 18772/08 del registro delle notizie di reato e 1721/09 iscrizione a registro di questo Giudice.
In data 28 luglio 2010 il Pm presso il Tribunale di Firenze ha richiesto il rinvio a giudizio di cinque imputati (G.M., L.A., P.V., P M., R. F.) che sono accusati di aver concorso colposamente, ai sensi degli artt. 41, 113, 589 II e IV comma del codice penale, nella causazione del decesso di A.M., nonché delle lesioni gravissime inferte ad A.B..
L'evento è relativo a lavorazioni che i predetti stavano compiendo, in qualità di dipendenti di R.F.I (Rete Ferroviaria Italiana) per la rimozione di alcuni dispositivi di sicurezza degli scambi sul nodo ferroviario di Firenze in data 2 ottobre 2008.
Nel complesso capo d'imputazione preliminare, che s'allega, unitamente a tutte le indicazioni relative alle parti processuali, sono delineati compiutamente i profili di colpa, generica e specifica, che sono ascritti agli imputati.
Nello stesso atto viene chiesto il rinvio a giudizio, per i profili di responsabilità propri, di due persone giudiriche: Elettri Fer s.r.l. e Rete Ferroviaria s.p.a, chiamate a rispondere dell'illecito amministrativo da reato di cui agli artt. 25 septies, II° e comma Dlgs. 231/2001, come modificato dall'art 300 D.lgs. 81/2008, in base alle disposizioni che , nell'Ordinamento Italiano, regolano, appunto, la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche per conto delle quali agivano, nell'adempimento dei loro compiti funzionali, gl'imputati.
Questo Giudice delle indagini preliminari, chiamato a giudicare sulla richiesta di rinvio a giudizio del Pm, fissava l'udienza preliminare per la data del 4.11.2010 presso di sé. Dopo alcuni rinvii per ragioni procedurali contingenti, all'udienza del 30.11.2010 le persone offese depositavano atti di costituzione di parte civile, ai sensi degli artt. 74 e segg. codice di procedura penale, per la richiesta di risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e morali, subiti in conseguenza del reato e chiedevano al Giudice l'ammissione della costituzione non solo nei confronti degli imputati ma anche nei confronti delle persone giuridiche citate in giudizio dal Pm. A questa richiesta s'opponevano i difensori degli imputati, argomentando, anche con diffuse memorie agli atti, che le norme di procedura penale e quelle sopra citate non consentono alle persone offese ed alle vittime dei reati di rivolgere direttamente alle persone giuridiche, per quanto vocate in giudizio, i danni conseguenti alle condotte di reato dei loro dipendenti e/o amministratori o dirigenti.


1.2.Le ragioni della rimessione in via pregiudiziale alla Corte Europea.

L'art 9 della Decisione -quadro n. 2001 /220/GAI del 15 marzo 2001 dispone nel senso che l'Ordinamento penale e processualpenale di uno Stato membro deve garantire alle vittime e persone offese dei reati il diritto al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza delle condotte delittuose, entro un ragionevole lasso di tempo e nell'ambito del procedimento penale ( e non in un separato giudizio che interviene solo dopo la definizione di quello penale, quindi a lunga distanza di tempo).
L'art. 185 del codice penale italiano prevede la responsabilità risarcitoria del e/o degli autori del reato e delle persone ( fisiche o giuridiche) che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui.
Le norme processuali prevedono, a tal fine, la possibilità, per le vittime del reato, di costituzione di parte civile del processo, nei confronti degli imputati, includendo in questa categoria tutte le persone che abbiano subito direttamente dei danni, morali e patrimoniali, in conseguenza della condotta degli imputati- ( artt. 74 e segg. codice di procedura penale)- e prevede, altresì, la possibilità di chiedere al Giudice la citazione dei responsabili civili, cioè di coloro ( sempre persone fisiche o giuridiche), che, secondo le leggi civili, sono chiamate a rispondere per gli aspetti ed i profili risarcitori, per le condotte degli imputati, in quanto le stesse siano state compiute nell'ambito di un rapporto organico di dipendenza od interesse diretto per conto dei responsabili civili -( artt. 83 e segg. c.p.p.).
Con il Decreto Legislativo 231/2001 e successive modificazioni, in radicale cambiamento del secolare canone " societas delinquere non potest" ( o, se si preferisce: no soul to damn, no body to kick) è stata introdotta anche in Italia la peculiare figura della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche da reato.
Fra le varie tipologie di reati per i quali è prevista questa forma di responsabilità, l'art 25 septies del Dlgs in questione prevede, per l'appunto, l' omicidio colposo, quando sia commesso con violazione dell'art 55 comma 5 del Dgs attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007 n 123 in materia di sicurezza e lavoro, il che è proprio delle imputazioni per cui è processo.
Il problema della possibilità di effettuare la costituzione di parte civile nel processo penale nei confronti degli enti giuridici, quindi la possibilità per le vittime dei reati d'avanzare nei confronti degli stessi direttamente le richieste di risarcimento dei danni nel procedimento penale, è questione estremamente dibattuta ed aperta.
Questo Giudice ritiene che l'Ordinamento italiano non sia strutturato in modo adeguato a quanto previsto dai principi in sede d'Unione Europea e sia tale da frustrare, significativamente, l'effettive possibilità per le vittime dei reati di richiedere ed ottenere, nell'ambito stesso del procedimento penale, l'effettiva tutela dei diritti risarcitori.
Ritiene, altresì, che questa questione non possa essere risolta, adeguatamente, a normativa vigente e che occorra in tal senso un intervento dell'Ill.ma Corte adita.
La lacuna fondamentale in proposito sembra costituita proprio dall'impianto del Dlgs.vo nr 231/2001 che non detta espresse disposizioni al riguardo.
Gli artt. 34 e 35 del decreto sulla responsabilità amministrativa da reato degli enti prevedono solo che agli stessi, si applicano, in quanto compatibili le disposizioni relative all'imputato. La giurisprudenza della Corte di Cassazione e di merito depone, in senso maggioritario, nel negare l'ammissibilità della costituzione di parte civile e della richiesta danni delle vittime del reato nei confronti degli enti / persone giuridiche, argomentando che questo genus di responsabilità è solo di tipo indiretto e sussidiario e prevede sanzioni proprie e tipiche di carattere pecuniario ( in quote, vedi art 10 Dlgs 231/2001), il che rende la responsabilità stessa non già "diretta" nei confronti delle vittime, bensì, appunto, di carattere " indiretto".
Si argomenta ancora che nel corpo della normativa specifica manca un richiamo espresso all'istituto del risarcimento del danno, quale fonte di responsabilità diretta dell'ente/ persona giuridica per le disfunzioni organizzative interne all'ente.
Le colpe, quindi, della persona giuridiche sarebbero solo un " presupposto" non eziologicamente determinante nella commissione dei reati e come tale, non direttamente fonte di risarcimento del danno alle vittime.
Questa tesi è rafforzata da ulteriori argomenti e richiami al testo della normativa: si cita, ad esempio, l'art 54 della normativa richiamata, per riaffermare che anche per le misure cautelari reali applicabili, quali il sequestro conservativo, l'operatività della norma è limitata alle garanzie per il pagamento delle sanzioni pecuniarie irrogabili in sede penale all'ente, per le spese processuali e per altra somma dovuta all'Erario dello Stato, escludendosi , contrariamente alla finalità della misura cautelare reale nel processo penale, che essa sia posta a tutela del risarcimento del danno dovuto alla parte civile.
Ancora a sostegno della tesi, s'osserva che persino nell'iscrizione della notizia di reato attribuibile all'ente/ persona giuridica nel registro apposito, si prevede che la comunicazione difensiva sia data solo allo stesso ente ed al suo difensore e non già alla persona offesa dal reato, nè la vittima deve essere avvisata della richiesta d'archiviazione presentata dal Pm nei confronti dell'ente. Parte della dottrina penalistica ed un filone della stessa giurisprudenza sono di avviso contrario: secondo questa corrente di pensiero la responsabilità dell'ente /persona giuridica, per quanto definita formalmente di tipo amministrativo, ha natura sostanzialmente penale, ne consegue che l'ente / persona giuridica risponde del risarcimento nei confronti delle vittime; altri ancora osservano che, pur mantenendo ferma la concezione della responsabilità dell'ente come di tipo amministrativo, la costituzione di parte civile è ammissibile nei confronti dell'ente in giudizio, perché la pretesa civilistica esperibile in sede civile può essere trasferita nel processo penale anche agli illeciti qualificati come amministrativi che sono attribuiti " ex novo" al Giudice penale proprio dal Dlgs 231/2001.
Gli artt 34 e 35 dello stesso decreto, sopra richiamati, avrebbero appunto- sempre per questa tesi-questa funzione di " richiamo" di tutte le disposizioni del processo penale, ivi comprese quelle relative alla costituzione di parte civile.
Tanto più perché lo stesso art 8 del Decreto prevede che la responsabilità nel processo penale dell'ente permane, anche se l'autore del reato non è identificato o non è imputabile, ovvero se il reato s'estingue per una causa diversa dall'amnistia.
In buona sostanza per questa tesi, se chiamati a rispondere nel processo penale gli enti/ persone giuridiche sono potenzialmente " colpevoli" , per dolo o colpa, degli addebiti che sono loro mossi e la peculiare forma di responsabilità aquiliana , ex art 2043 del Codice Civile italiano, prevista dal decreto sulla responsabilità delle persone giuridiche, li rende passibili di richiesta di risarcimento dei danni, avanzata dalle vittime dei reati.
Questo Giudice ritiene d'aderire- a legislazione vigente- alla prima delle tesi sinteticamente richiamate, ritenendo che la tesi contraria costruisce il genere di responsabilità degli enti/ persone giuridiche nel processo penale, per quel che riguarda la responsabilità di risarcimento del danno alle vittime, in modo sostanzialmente analogico e con il ricorso all'analogia in malam partem, come tale vietata costituzionalmente nel Diritto e nel processo penale.
La responsabilità degli enti/ persone giuridiche ha infatti carattere " sussidiario" e costituisce un genere proprio, basato su criteri e fondamenti che non possono essere confusi con quelli propri della responsabilità degli autori dei reati.
L'ente non può essere, altresì, allo stato attuale della legislazione, chiamato in giudizio penale per il risarcimento dei danni causati alle vittime dei reati.
Vi ostano una serie importante di argomenti e ragioni giuridiche, ma per ragioni d'economia espositiviva e funzionalità endoprocedimentale, la principale ci sembra essere la seguente: nel processo penale italiano, tale diritto sorge in correlazione " diretta" con la condotta dell'autore dei reati , sia essa colposa o dolosa, che, a sua volta, si pone in nesso di relazione causale o concausale, altrettanto " diretti" con i danni cagionati alle vittime.
Ne è riprova proprio l'articolazione strutturale delle contestazioni poste a base dell'attuale processo: agli imputati si contesta la responsabilità diretta nella causazione della morte e delle lesioni di due operai che stavano eseguendo i lavori nello snodo ferroviario, per non aver posto in essere comportamenti giuridicamente doverosi atti a tutelare la loro sicurezza, mentre agli enti/ persone giuridiche, chiamate a rispondere della responsabilità amministrativa da reato, si contesta la mancata adozione di moduli organizzativi più remoti che fondano la responsabilità per le sanzioni previste dalla legge, ma che non potrebbero e non possono essere giuridicamente considerate direttamente e casualmente efficienti alla produzione degli eventi.
La figura tipica per far valere le pretese risarcitorie nel processo penale nei confronti di soggetti che debbono rispondere, secondo le leggi civili, per l'imputato, il che si pone però sul piano generale della responsabilità aquiliana o di altro tipo, secondo norme di leggi civili o speciali, è quella del responsabile civile per il fatto dell'imputato che può essere citato in giudizio per ottenere il risarcimento del danno da parte delle vittime o vi può intervenire volontariamente secondo quanto prevedono gli artt. 83 e seguenti del codice di procedura penale
Il punto critico, che è relativo alla lesione del diritto risarcitorio delle vittime del reato nel processo penale, sta allora nel fatto che il Decreto Legislativo 231/2001, come sopra visto, dispone che l'ente/ persona giuridica si deve considerare formalmente imputato nel processo penale e, conseguentemente, ad esso si applicano le disposizioni relative all'imputato, in quanto compatibili con il peculiare genus di responsabilità.
Ne deriva che l'ente/ persona giuridica non può essere citato a rispondere dei danni cagionati alle vittime dagli autori materiali dei reati, nella veste processualmente propria del responsabile civile, perché a ciò osta la disposizione dell'art 83 1° comma del codice di procedura penale, per la quale:
" l'imputato può essere citato come responsabile civile per il fatto del coimputato, per il caso in cui venga prosciolto o sia pronunziata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere ". Ne deriva, a sommesso parere di questo Giudice, un doppio limite nei confronti del diritto di risarcimento dei danni patiti dalle vittime dei reati, che appare del tutto in contrasto con quanto dispone l'art 9 della Direttiva UE citata.
La vittima del reato si vede, da un lato fortemente, limitata nel suo diritto di richiedere ed ottenere un "effettivo" ristoro dei danni subiti, perché non si può costituire parte civile nel processo nei confronti degli enti/ persone giuridiche, per conto delle quali comunque viene ravvisato un profilo di responsabilità, sia pur indiretta, per l'agire dei dipendenti degli stessi e, dall'altro, la vittima del reato non può nemmeno far valere il rapporto organico fra l'autore diretto del reato e l'ente/ persona giuridica, che è pur fonte di responsabilità risarcitoria secondo le leggi civili, se, come nel caso di specie, le condotte delittuose si sono esplicate all'interno e nell'interesse di questo rapporto, in quanto non può chiedere la citazione dell'ente nel processo in qualità di responsabile civile. Sussiste un terzo profilo di irrazionale discriminazione per la vittima: il Decreto Legislativo 231/2001 all'art 1 prevede che i principi in materia d'attribuzione della responsabilità amministrativa da reato non si applicano allo Stato ed agli enti pubblici territoriali, agli enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni costituzionali.
La riserva, leggermente " hobbesiana" di tutela della sovranità dello Stato dalla responsabilità amministrativa da reato, non significa che un Organo dello Stato, della Pubblica Amministrazione o di un ente territoriale non possa essere citato nel processo come responsabile civile per il fatto dell'imputato, ai sensi ad esempio degli artt. 2043, 2049 e 2050 del codice civile. Ne deriva all'evidenza che l'attribuzione della responsabilità amministrativa da reato all'ente/ persona giuridica, ex DLGS 231/2001 può ed ha nella fattispecie per cui si procede persino una portata discriminatoria per le vittime del reato, in quanto l'attribuzione o , meglio dire, l'assimilazione alla qualifica d' imputato dell' ente/ persona giudirica, impedisce la sua chiamata nel processo per rispondere, come sarebbe più logico, del genere proprio di responsabilità che è quello che attiene alla violazione dei criteri di colpa previsti dalle leggi civili ed in quanto struttura mal organizzata che deve rispondere delle ulteriori condotte poste in essere dai dipendenti ( che hanno profilo autonomomo e che s'inseriscono, in presupposizione, nel cattivo modello organizzativo d'impresa).
E' quanto esplicitamente prevede, ad esempio, l'art 2050 del Codice Civile italiano che dispone che: " chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati è tenuto al risarcimento, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno".
L'attribuzione della qualifica formale d'imputato all'ente/ persona giuridica non consente alle vittime dei reati di aver la effettiva copertura ed il risarcimento integrale dei danni subiti , che deve essere data non solo dagli imputati, ma altresì dagli enti che hanno fatto lavorare in non buone condizioni di pericolo i propri addetti, perché, come visto l'imputato.... non può essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati.
Situazione più deleteria se si pensa che lo Stato o suoi organi possono viceversa essere chiamati nel processo penale per rispondere civilmente dei danni provocati secondo le leggi civili. Questa strutturazione della normativa italiana in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti/ persone giuridiche lede i principi stabiliti nelle Direttive Europee: sia perché limita l'effettività e la portata , nonché la possibilità per le vittime di reato d'ottenere un pieno risarcimento per tutti i reati nei quali si ravvisa comunque una responsabilità degli enti stessi, secondo le leggi civili, sia perché costringe le stesse vittime a chiedere il risarcimento " fuori" del processo penale, ammesso che sia concesso, ed in tempi di dilatazione che rendono non efficace l'azione di tutela.
Si pensi proprio al caso processuale odierno: le persone offese dovrebbero attendere che eventuale sentenza di condanna nei confronti degli autori dei reati passi in giudicato, tempo stimabile comunque in anni, e , solo successivamente, citare in autonomo giudizio civile gli enti/ persone giuridiche, con ulteriore decorso di anni, oltretutto secondo i non accettabili tempi medi della Giustizia civile italiana.
Ovvero dovrebbero instaurare un processo civile parallelo , calibrato sempre su tempi molto lunghi e fuori del processo penale e con sensibile aggravio di spese.
La soluzione giuridica appare evidentemente semplice ed è quella che è stata adottata anche in diversi contesti normativi sulla responsabilità penale delle persone giuridiche, sia in Europa che negli USA e sta nel prevedere espressamente nel Decreto Legislativo 231/2001 che l'ente/ persona giuridica risponda direttamente in sede penale anche del risarcimento dei danni cagionati alle vittime dei reati.



P.Q.M.



Visto l'art. 234 TCE, l'art. 35 TUE,

chiede alla Corte di Giustizia della Comunità Europea di pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione delle norme comunitarie sopra indicate, rispondendo al quesito formulato in motivazione che si ribadisce nel senso: se la normativa italiana in tema di responsabilità amministrativa degli enti / persone giuridiche di cui al Decreto Legislativo n. 231/2001 e successive modificazioni, nel non prevedere " espressamente" la possibilità che gli stessi siano chiamati a rispondere dei danni cagionati alle vittime dei reati nel processo penale, sia conforme alle norme comunitarie in materia di tutela della vittima dei reati nel processo penale.

Visto l'art. 20 Statuto CE,

sospende il giudizio in corso e dispone che a cura della cancelleria il presente provvedimento sia notificato alla Corte di Giustizia per la sua decisione.

Firenze li 9 febbraio del 2011.