6 Le ore precedenti e le cause immediate dell'incendio del 6 dicembre 2007.

Come abbiamo già avuto modo di indicare - v. testimonianze sinora riportate e descrizione della Linea 5 - il lavoro sulla Linea 5 dello stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Torino si svolgeva a ciclo "continuo", 24 ore su 24, con turni di 8 ore ciascuno; addetti alla Linea 5 dovevano essere almeno 5 lavoratori. La squadra di lavoratori che aveva effettuato il turno sino alle 22 del 5/12/2007 era composta da S. Antonio, BO. Antonio, MOR. Rocco, PA. Giuseppe e PS. Mirko.

 

Gli ultimi tre si erano allontanati dallo stabilimento al termine del turno; i primi due si erano invece fermati per lavorare anche nel turno successivo in straordinario "comandato": infatti, in quel periodo, come si è già indicato sopra, a fronte della sopravvenuta scarsità di manodopera e, in particolare, di manodopera qualificata, era stato ricordato ai dipendenti come il contratto di lavoro imponesse loro di continuare il lavoro, oltre il turno già effettuato, in caso la squadra "montante" non fosse al completo. Il direttore SA. aveva emesso un comunicato in data 20/9/2007 (v. produzione in atti), con il quale ricordava tale obbligo e le conseguenti sanzioni in caso di inosservanza, in presenza di attività a ciclo continuo.
L'ipotesi si era appunto verificata per il turno delle ore 22 del 5/12/2007: in cui presero servizio S. Roberto, L. Angelo, R. Rosario e DE. M. Giuseppe; mancava il primo addetto e così si era fermato S. Antonio; inoltre, l'inesperienza di L., solo da pochi giorni addetto alla linea 5 (v. deposizione BO.) e richiamando quanto già sopra esposto sul frequente cambiamento di "mansioni" (v.), aveva comportato il trattenimento anche di BO.; cosicché la squadra "montante" del turno delle ore 22 era composta di sei lavoratori. Precisa BO. (citato, udienza 3/3/2009): "...c'è da sottolineare che in alcuni punti c'erano delle criticità notevoli (si riferisce alla riduzione di personale qualificato, n.d.e.), soprattutto alla linea 5, tanto è vero che la notte tra il 5 e 6 dicembre era la terza notte consecutiva che io e S. quella notte, la notte prima e la notte prima ancora, io, S. e MOR., era stata necessaria la nostra fermata in straordinario".
Come si è già esposto, ROCCO M. e S. Bruno si trovavano alla Linea 5 al momento dell'incendio per "caso": il primo, quale unico capoturno presente nello stabilimento - v. infra - per controllare la "squadra" di quel turno e prendere atto dello straordinario di S. e di BO.; il secondo, per giustificare con il capoturno il suo ritardo nel prendere servizio quella sera. Relativamente alla loro preparazione antincendio, è presto detto: M., S., L., S., R., DE. M. e BO. non avevano mai frequentato alcun corso antincendio; S. aveva partecipato alla sola parte teorica e non pratica di un corso antincendio, di quelli, già indicati, organizzati in stabilimento (v. teste VIS., citato, udienza 5/5/2009).


6.1 Le ore precedenti l'incendio.
Sono state oggetto di numerose e particolareggiate testimonianze. Anche qui, come nella parte relativa alle condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino (v. sopra), è dovere della Corte, allo scopo anche di evitare eccessive dispersioni, riportare solo, quando necessario, stralci più o meno ampi delle dichiarazioni, rimandando ovviamente alle trascrizioni in atti e riassumendo così il nocciolo delle deposizioni sotto il profilo - doveroso quanto ovvio - della rilevanza ai fini della decisione.

Hanno in particolare riferito sulle vicende del 5/12/2007 e prima del divampare dell'incendio REG. P. (citato, udienze 5 e 11/3/2009), P.G. (citato, udienza 11/3/2009), P.S. (citato, udienza 11/3/2009), MOR. R. (citato, udienza 17/3/2009), SA. G. (citato, udienza 10/11/2009); ha riferito sino al divampare dell'incendio BO. A. (citato, udienze 3 e 5/3/2009).
MOR. R., dipendente dal gennaio 2003, addetto alla Linea 5, come si è già indicato sopra era componente della squadra del turno precedente ed era uscito, terminato il lavoro, alle ore 22. Dal suo racconto non emerge nulla di particolarmente rilevante ovvero estraneo ad una giornata di lavoro "tipica" di quel periodo (v. sopra, nella parte sulle "condizioni dello stabilimento" per tale affermazione); nel suo ricordo gli unici due episodi accaduti riguardano i problemi della "carta impressa" o "adesa" sui rotoli di acciaio in lavorazione ed una fotocellula malfunzionante.
Sulla "carta impressa" MOR. riferisce come fosse stato necessario, nel pomeriggio, rimuovere la carta dall'impianto: "...non ricordo sinceramente se l'impianto era in movimento o se l'avevamo fermato, questo non me lo ricordo...abbiamo pulito, però è stato inutile perché tanto alle dieci quando siamo andati via poi erano passati altri rotoli con carta impressa"; BO. conferma la necessità di rimuovere la carta dall'impianto, colloca tale operazione nel "tardo pomeriggio" del 5/12/2007: "ce ne accorgemmo io e il signor MOR." ed espone anche, in dettaglio, le operazioni che fecero mentre erano "in saldatura" per pulire l'impianto nella "condizione migliore...per fermare in modo forzato la linea", in particolare facendo svuotare il carro di accumulo.
D'altronde che, nonostante le operazioni di pulizia effettuate sia nel turno centrale sia nel turno successivo (durante la fermata dovuta alla fotocellula, v. infra), sulla linea 5 anche quella notte fossero sparse ingenti quantità di carta intrisa di olio di laminazione è stato constatato dalla Corte durante le visite all'impianto e si può osservare nella corposa documentazione fotografica in atti (in particolare, v. fotografie allegate alla consulenza tecnica della parte civile Medicina Democratica).
Entrambi i testi ricordano quindi le operazioni di pulizia carta durante quel turno, collocandole nel pomeriggio del 5/12/2007; anche se BO. manifesta qualche perplessità - temporale - apprendendo di un "arresto linea", segnato sul computer, dalle ore 20,06 alle ore 21,40 circa. Sempre secondo il computer, al momento del cambio-turno delle ore 22 la linea era quindi in movimento; diverso ricordo ne ha invece MOR., che più volte afferma che, al momento in cui egli si era allontanato, la linea era sicuramente ferma.
Entrambi i lavoratori riferiscono del malfunzionamento di una fotocellula: ma, mentre MOR. ricorda che il problema si era già presentato durante il suo turno di lavoro, secondo BO. lo stesso problema si era evidenziato, invece, dopo le ore 22.
Ora, premesso che i ricordi relativi alle attività lavorative di quella giornata e della sera successiva ben possono essere imprecisi - considerando, da un lato, che si trattava di lavori e di operazioni quotidianamente ripetuti; dall'altro, che il ricordo si è necessariamente focalizzato sul tragico evento successivo, sia per chi ne è stato testimone, sia per chi ha avuto la fortuna di terminare poche ore prima il suo lavoro - si deve sottolineare come, secondo quanto registrato sul server del computer di linea (su cui v. infra), la fermata per pulizia carta era avvenuta dopo le 20 (v. sopra); quello che però rileva, e lo si può agevolmente constatare osservando le fotografie ed i video riproducenti la Linea 5 è che in gran parte della linea - sino all'imbocco del forno - erano presenti ingenti quantità di carta oleata, nonostante la pulizia effettuata e nonostante quella eseguita ancora successivamente (v., su questo, ancora BO., infra); così come aveva peraltro riferito MOR. (v. sopra): "però è stato inutile perché tanto alle dieci quando siamo andati via poi erano passati altri rotoli con carta impressa".
La vicenda della fotocellula è stata nel corso del dibattimento sviscerata in tutti i particolari; se ne deve dare, qui di seguito, brevemente conto, ma sottolineando come tale vicenda non abbia avuto alcuna influenza sulle cause - immediate - dell'incendio.
La fotocellula, funzionando, consentiva l'avanzamento automatico del nastro, "vedendolo" sulla linea; in alternativa, gli operai potevano effettuare l'avanzamento manuale, impiegandoci più tempo (v., sul punto, anche REG., citato); serviva, secondo BO., "solo nel momento in cui si imbocca il nastro" e poi doveva essere tolta; non vi è pertanto contraddizione tra l'affermazione di BO. - non potevo averla messa io, perché non ho imboccato io il nastro né nel turno precedente, né in quello delle 22, v. anche infra - e la dichiarazione di REG. (v. infra) che si riferisce all'episodio del catarifrangente avvenuto il lunedì precedente; nel frattempo, il catarifrangente - dalle varie squadre del ciclo continuo - poteva essere stato messo e tolto più volte, ovvero poteva semplicemente essersi spostato, considerato che era stato messo "posticcio", come risulta da REG..
Emerge da tutte le testimonianze che il difetto della fotocellula - peraltro di natura meccanica: era storta la staffa che la sosteneva - non era nuovo, ma risaliva invece a parecchi giorni prima del 5/12/2007: circostanza che può avere confuso il ricordo, sul punto, di MOR., considerato che, come si vedrà, l'intervento degli elettricisti è stato effettivamente richiesto dopo le 22; così come emerge che, nonostante le segnalazioni effettuate, si era provveduto non alla sua completa riparazione, bensì solo a rimedi "provvisori": posizionamento di catarifrangente, nastro adesivo.
In breve, verso le ore 23,30 del 5/12/2007 SA. G. (citato, elettricista) riceve una telefonata dalla Linea 5: è S. che chiede l'intervento della manutenzione elettrica perché non riuscivano a far partire l'Aspo 1; SA. (d'accordo con REG., che stava riparando un telecomando del carro-ponte della Linea 4) si reca alla Linea 5, in quel momento ferma -notando che era già stato imboccato il nastro dell'Aspo 1 - e lì, con S. e S., prova l'espansione - che funziona - e poco dopo a S. viene in mente che poteva essere un problema di "catarifrangente"; insieme vanno verso la fotocellula, salendo la scaletta e percorrendo la passerella in prossimità dell'Aspo 1; qui vedono la fotocellula per terra e con "del nastro" intorno al catarifrangente; SA. toglie il catarifrangente: "appena...fosse finito il nastro, saremmo dovuti andare io ed il mio collega, ad allineare la fotocellula sulla staffa".
L'impianto può ripartire; SA. se ne va - prima che la linea 5 sia in funzione - e torna nella postazione dei manutentori elettrici; dopo un quarto d'ora, secondo lui; dopo circa mezz'ora secondo REG..
Quanto alle segnalazioni, ne riferiscono lo stesso MOR.: "...il venerdì prima...noi...la mia squadra facevamo il turno di notte...io e BO. dopo la fermata del sabato e domenica avevamo segnalato su un foglio di carta i lavori che dovevano essere fatti tra cui la fotocellula, il foglio ovviamente l'abbiamo lasciato lì sul pulpito perché non c'era nessuno della manutenzione, nell'uscire incontrammo il capo della manutenzione MANG. e gli abbiamo detto che sul davanzale del pulpito c'era questo foglio con i lavori da fare tra cui questa fotocellula..."; BO.: "...io ricordo di avere fatto delle segnalazioni all'interno di uno o più rapportini, ricordo che c'erano dei problemi su questa fotocellula". Infatti REG. è stato chiamato quel lunedì, ha riferito di essere andato, di avere appunto constatato che l'inconveniente riguardava la staffa, di averne parlato con BO. e, d'accordo con quest'ultimo, di avere deciso di piazzare un catarifrangente per non dover bloccare l'impianto, per poi "sistemare" la staffa in occasione di una fermata. BO., richiesto sul punto, non ricorda specificamente il discorso con REG.: "...probabilmente sì, ora non lo ricordo, ricordo sicuramente una segnalazione nei rapportini".
Ne riferisce SA. G. (tra l'altro anche lui, quella sera, dopo le 22, in straordinario "obbligato", dopo avere lavorato nel turno precedente, perché altrimenti REG. sarebbe stato il solo elettricista presente nella notte): "...e lui (REG., n.d.e.) mi ha chiesto che problema avevano e gli ho spiegato che avevano la fotocellula e lui mi ha detto che guarda che quel problema lì ce l'avevano già da qualche giorno, e di fatto l'avevo già segnalato io..." "...però il fatto che la staffa fosse storta questo io non lo sapevo, e lui (REG. n.d.e.) però aveva già fatto in precedenza, aveva avvisato che c'era questo problema" "noi abbiamo un rapportino e lui probabilmente l'ha scritto a questo rapportino... (consegnato) ai gestori della linea...il gestore era MANG....di solito i gestori venivano a prendere una copia dei fogli del rapportino e se la leggevano...".
In conclusione, traspare dalla vicenda della fotocellula - sottolineando che essa era finalizzata, come si è detto, solo a rilevare la presenza del nastro e nulla aveva a che vedere con la sua "centratura" sulla linea, v. infra, nel capitolo dedicato - un ulteriore (per questa affermazione, v. sopra, nella parte dedicata alle condizioni dello stabilimento) episodio di "trascuratezza" da parte dei responsabili della manutenzione, ai quali da più persone era stato segnalato il guasto (v. REG.: "...ho detto cavolo quello lì l'ho fatto io lunedì sera quel discorso del catarifrangente, pensavo che l'avessero sistemato"), sottolineando che era compito dei manutentori e non degli addetti alla linea 5 quello di riparare i guasti.
Certo, nel momento in cui gli operai si trovano con la linea bloccata, non pensano subito al difetto della fotocellula; se ne ricorda S. (BO. non ha accompagnato l'elettricista: v. infra), come si è visto, poco dopo l'arrivo di SA.; ma non pare a questa Corte che tale momentanea dimenticanza - considerata anche la complessità delle lavorazioni su quella linea, v. nella parte relativa - dimostri scarsa attenzione ovvero difetto di professionalità da parte degli operatori. Come, invece, sembrerebbero sostenere i difensori degli imputati durante le loro arringhe, insistendo sull'episodio "fotocellula guasta" ed inserendolo tra le "anomalie" di quella notte; al contrario, si tratta di un guasto di per sé di poco rilievo, già presente da giorni, completamente privo di rilevanza causale e colpevolmente non riparato da chi di dovere.

Sempre ricostruendo la serata, dalle ore 22, BO. riferisce che, dopo la fermata delle ore 23,07 (come da computer), S., R. ed egli stesso erano andati "a pulire ancora parte della carta che c'era sulla Linea".
Nel frattempo arrivavano alla Linea 5 P.G. e P.S.; i due testi (v. udienza 11/3/2009) confermano, ma gli orari di arrivo riferiti dai due e BO. non coincidono: è probabile che essi siano arrivati comunque dopo le 23, anzi verso le 23,30 perché riferiscono, essendo entrambi addetti quella sera allo skinpass 62, di avere effettuato la lavorazione di due nastri, dalle ore 22 e poi di essere "fermi", con l'impianto, in attesa di altro materiale; riferiscono di avere trovato al loro arrivo la Linea 5 ferma (il computer "segna" la fermata alle 23,07) ed anche di avere visto l'elettricista SA., che da parte sua dice di essere giunto, rispondendo alla chiamata di S., dopo le 23,30; rimangono presso la Linea 5 per circa un'ora (nel caso l'ora di arrivo fosse esatta, oppure, ovviamente, meno tempo), in particolare P.G. discutendo con BO. di una questione sindacale, mentre P.S., che si era recato alla Linea 5 su indicazione del capoturno M. Rocco "per vedere a che punto erano" con la lavorazione del nastro, ha assistito alla conversazione tra S.e SA. sulla fotocellula. Entrambi si sono allontanati dalla Linea 5 verso le 0,30: P.S. incrociando M. Rocco che si recava appunto alla Linea 5; P.G. non ricorda se la Linea fosse già in movimento; P.S. prima riferisce che la Linea era ripartita, poi aggiunge che non ne ha ricordo preciso.
BO. riferisce che S. dette l'ordine di ripristinare la Linea 5 per farla ripartire: "...bisogna reinserire i tiri nella zona di entrata di uscita e del loopcar di entrata e di uscita"; BO. non ricorda chi compì queste operazioni - normali dopo ogni fermata e da compiersi dai "pulpitini"; esclude S. perché era rimasto dentro il pulpito principale: "chiunque fra me, R. e S."; effettuate queste operazioni, mentre S. comandava le altre dal pulpito principale, BO. rientra nello stesso pulpito e lì ricorda - con certezza - la presenza di S., M. Rocco, R. Rosario e S. Bruno, rispetto al quale non ricorda "se era già lì in quel momento o arrivò dopo che la linea marciava..."; non ricorda neppure dove si trovasse DE M. - il collaudatore: risponde alla domanda sul punto spiegando che, con la sua esperienza, DE M. poteva ben essere nel pulpito principale in quel momento e poi spostarsi nella cabina di collaudo in tempo -anche per la bassa velocità in fase di avvio - per segnalare il difetto dovuto alla fermata.
Continua BO.: "noi eravamo nel pulpito e ricordo che arrivò S. per cui probabilmente l'allarme lo diede S., tornando dalla zona della briglia 2 dopo aver tolto la carta, passa per ovvie ragioni per forza di cose davanti alla zona dell'inizio dell'incendio per cui probabilmente ci ha avvertito lui, questo è uno dei ricordi che ho"; BO. non ricorda quanto tempo sia trascorso dall'avvio della Linea all'allarme di S.. Anche su questo argomento - chi diede l'allarme ed in che posizione si trovavano i lavoratori in quel momento - i difensori degli imputati insistono con BO., contestandogli che, nell'immediatezza, aveva invece riferito che non rammentava chi avesse dato l'allarme incendio e che tutti i presenti si trovavano all'interno del pulpito; BO., rivivendo il difficile momento in cui si trovava, spiega: "...io ricordo tutti dentro perché ricordo fortunatamente, avevo il ricordo delle persone quando stavano ancora bene quando erano ancora vive e mi ricordavo in quel momento, forse è questa la sensazione forte che mi dava la sensazione che fossimo tutti nel pulpito perché eravamo lì in un momento in cui eravamo tutti vivi ancora, poi però riflettendo nel tempo e ricordando, cercando di rielaborare anche per essere effettivamente più preciso, quello che era accaduto ricordavo queste immagini di S. che toglie la carta e io che lo vedo attraverso la telecamera, ricordo S. che entra e io (a) tutt'oggi probabilmente ha dato l'allarme non ne sono sicuro, probabilmente S. ha dato l'allarme entrando nel pulpito però non riesco a dare un termine nel tempo per me questo è impossibile."

Anche questo argomento - sulla precisa "collocazione" dei lavoratori nel momento in cui si accorsero - uno di loro si accorse - dell'incendio non appare di rilievo ai fini della presente decisione: come abbiamo già riportato nella parte relativa all'incendio, all'allarme, tutti si precipitarono per tentare di spegnerlo: così riferisce BO. ed è tragicamente confermato dalle ustioni che causarono la morte dei sette lavoratori.

Il dato che sembra interessare la difesa è in ogni caso accertato: nessun lavoratore, dopo il riavvio della Linea 5, "presidiava" fisicamente la sezione di entrata.
È necessario a questo punto, per comprendere se l'assenza degli addetti a bordo linea in questa fase - riavvio dopo quella fermata - rappresentasse una violazione di disposizioni o, quantomeno, una "mancanza" da parte loro, aprire una breve parentesi volta ad esporre le risultanze dibattimentali su questo argomento, che possiamo definire relativo alle "postazioni" degli addetti alla Linea 5 durante le lavorazioni.
Si deve subito affermare che non è emersa l'esistenza di alcun ordine - o indicazione, o suggerimento da parte dell'azienda - che obbligasse ovvero consigliasse, agli addetti alla linea 5, di "presidiare" in modo continuativo la linea o parti di essa; l'unica "postazione" prevista era quella del "collaudatore" (che controllava e indicava i difetti del nastro).
Lo riferiscono numerosi testi, tra gli altri MAR. (citato), che dichiara come non fosse prevista, né - peraltro - necessaria una presenza costante degli operai lungo la Linea 5: il controllo della lavorazione si effettuava dal pulpito, non da bordo macchina: "...a parte che i tempi erano abbastanza brevi, avevano pochissimo tempo diciamo tra il carico e lo scarico, quello che era addetto a mettere la carta, questo e quell'altro, magari un attimino finita tutta la fase produttiva si recavano sul pulpito vedendo così che andasse bene poi ritornavano nelle varie postazioni...non vi era una disposizione che richiedeva la presenza degli operai sulla linea durante il trattamento, fatta eccezione per il carico e lo scarico del rotolo e quando il ciclo produttivo lo richiedeva"; VER. (citato): chi saldava, chi imboccava, poi tutti nel "gabbiotto" a controllare con i monitor, invece il collaudatore aveva la sua postazione; MOR. (citato) riferisce come non vi fosse alcuna disposizione aziendale tesa ad imporre di rimanere "lungo la linea": "..in caso di problemi sì, se non c'era nessun problema...si controllava la linea dal monitor". La conferma dell'inesistenza di un obbligo, in capo agli addetti, di "presidio continuo" della linea 5 (e così, del fatto che i testi sopra indicati, anche su tale argomento, hanno riferito il vero) si trae anche dalla testimonianza di VED. L. (citato) il quale, all'udienza del 10/11/2009, aveva invece dichiarato l'esistenza di un tale obbligo; smentendolo nettamente all'udienza del 11/12/2009, quando, su sua richiesta, è stato risentito dalla Corte ex art. 376 c.p. - dopo avere appreso del procedimento apertosi nei suoi confronti per il reato di cui all'art. 372 ce. (v. il capitolo sulle testimonianze) - e così dichiarando che ogni addetto aveva i suoi compiti, terminati i quali poteva stare dove voleva, in particolare dal pulpito a controllare la lavorazione con i monitor. Aggiunge VED. - sempre all'udienza del 11/12/2009 - che "era prevista" una complessiva ispezione della Linea almeno un paio di volte per turno; quest'ultimo dato viene riferito anche da altri testimoni, che dichiarano come, effettivamente, durante il turno gli addetti "girassero" lungo la linea a controllare: ma il o i controlli durante il turno di 8 ore sono ben diversi dall'originaria prospettazione dell'indicato obbligo di costante presidio. Riferisce infatti BO. (citato): "...normalmente il tempo che si trascorreva a bordo macchina era quello legato alle varie operazioni cioè di imbocco, saldatura, taglio all'uscita, eventualmente giri intorno alla linea per controllare...comunque un giro della linea lo si faceva alcune volte durante il turno, la parte rimanente del tempo lo si passava all'interno del pulpito"; e, dopo avere ribadito come non vi fosse alcuna disposizione precisa relativamente al tempo da trascorrere a bordo macchina o dentro il pulpito: "dal pulpito si riusciva...(con i monitor n.d.e.)...ad apprezzare bene gran parte della Linea".
D'altronde, considerando le dimensioni della linea 5, la sua complessità, le operazioni che gli addetti dovevano compiere (v. anche nel capitolo relativo alla descrizione) ed il numero di questi ultimi, si comprende, senza che residui dubbio alcuno, come un tale obbligo di "presidio" durante tutto il turno non potesse esistere, proprio perché incompatibile con la realtà imposta dalla lavorazione. Tanto che - ad ulteriore, anche se neppure più necessaria conferma - di tale incompatibilità, si deve qui ricordare che, durante i turni "centrali" - dalle 6 della mattina alle 22 della sera - era prevista per ogni addetto una "pausa pranzo" di mezz'ora, durante la quale, dandosi il cambio tra loro (cosicché, lungo la Linea, rimanevano solo 2 o 3 lavoratori), gli addetti potevano anche recarsi alla mensa (peraltro, come riferito, poco frequentata in quanto "distante" dalla 5); nel turno di notte, invece, non c'erano pause "fisse" ma certamente se ne dovevano poter fare nel corso delle otto ore; infatti gli addetti non solo potevano mangiare anche durante questo turno, ma ricevevano il relativo "sacchetto" della mensa (così v. MOR. e BO.).
Neppure nel già citato (v. capitolo "condizioni", nel paragrafo sulla "dismissione" dello stabilimento di Torino) documento in lingua tedesca sequestrato all'imputato ES., rimasto senza precisa paternità ma di certa provenienza "aziendale", si legge che gli addetti dovessero "presidiare" continuativamente la Linea durante il turno di lavoro, bensì: "di norma il personale di servizio dovrebbe ispezionare la linea una volta durante ogni turno, per rimuovere i residui cartacei e per tener pulito il capannone".
La difesa, preso atto dell'inesistenza di un obbligo di presidio fisico continuativo sulla Linea 5, afferma (v. durante le arringhe finali, ma v. anche le domande rivolte ai testi sul punto) che, quella notte, gli addetti alla linea 5 avrebbero dovuto comunque presidiare la sezione di entrata, dopo avere riavviato l'impianto, essendosi, con la fermata sopra descritta, verificato un "avvio problematico".
Richiesti sul punto, molti testi tra i lavoratori ed i tecnici (tra cui anche il qui più volte citato MOR.) hanno risposto affermativamente alla domanda loro posta dai difensori: "se c'erano problemi durante la lavorazione, controllavate a bordo linea?"; ad una tale domanda non si può che rispondere positivamente.
Ma un conto è la risposta - ovvia - ad una domanda generica; un altro conto è invece trarre da una tale risposta la necessità che, quella notte, al riavvio della Linea 5, gli addetti dovessero controllare a vista, a bordo linea, la ripartenza: non lo si può affermare, perché - come si è appena esposto - la fermata -causata dalla fotocellula - di per sé non rappresentava né costituiva alcuna situazione di "allarme" ovvero di "pericolo", ovvero di "anomalia" per il funzionamento della Linea 5, tale da richiedere il controllo da bordo macchina; sotto questo profilo, quindi, non si può affermare semplicemente che "dopo quello che era successo" (intendendo la fermata causata dal malfunzionamento della fotocellula) gli addetti dovessero controllare a vista la sezione di entrata. Anzi, affermare una tale necessità, con gli elementi dati e sopra riportati, significa proprio considerare la situazione di quella notte con il metro di valutazione ex post che non solo i difensori paventano, ma che è un rischio sempre presente alla Corte e da evitare - faticosamente, ricomponendo con estrema attenzione i singoli tasselli.
Dunque: i lavoratori, quella notte, non hanno "colpevolmente" omesso di controllare la sezione di entrata dopo il riavvio della Linea, perché, con gli elementi dati, non se ne ravvisava - ex ante - la necessità.

Sempre con riferimento ai momenti precedenti, la difesa concentra l'attenzione sull'Aspo in lavorazione al divampare dell'incendio: è infatti accertato (v. relativo verbale in faldone 2) che l'Aspo 1 non era centrato sulla carpenteria della Linea 5, bensì disassato e spostato verso il lato operatore.
Il teste BO., dopo avere dichiarato (come già sopra riportato) che non era stato lui, né nel turno precedente, né nel turno successivo dalle 22, ad imboccare i nastri, richiesto sul punto e, in particolare, se durante la fermata per la rimozione della carta, avvenuta nel turno precedente, qualcuno della squadra potesse avere imboccato, nel frattempo, il nastro, risponde (v. pag. 51-52 trascrizioni udienza 5/3/2009): "no non lo ricordo ma non credo, perché ricordo che poi effettuammo ulteriori operazioni di pulizia anche nel turno successivo per cui onestamente non ricordo se fu imboccato o meno il nastro, ho un ricordo più certo del fatto che fosse stato imboccato nel turno successivo" e alla domanda della difesa: "...il suo ricordo è che è stato imboccato da questa nuova squadra" BO. risponde affermativamente (v. pag. 53 trascrizioni).
Nonostante tale testimonianza, sia pure problematica, la difesa è convinta non solo che l'Aspo 1 fosse stato imboccato dalla squadra precedente, ma che volontariamente fosse stato spostato verso il lato operatore, in quanto "sciabolato" (v. anche sopra) e che la squadra smontante non avesse "passato le consegne" alla successiva, in particolare comunicandole il malfunzionamento della fotocellula e del voluto spostamento di Aspo 1; così non avvisando la squadra del turno successivo alle ore 22 del fatto che avrebbero dovuto controllare la sezione di entrata al momento del riavvio della Linea 5.
Ma questa ricostruzione rimane a livello di mera ipotesi, senza alcuna conferma probatoria: non è dato di conoscere se effettivamente l'Aspo 1 fosse stato caricato dalla squadra smontante: anzi, l'unica testimonianza - sia pure dubbiosa - va in senso contrario; molte ipotesi - tecniche - sono state esposte dai consulenti delle parti sul o sui motivi di tale disassamento, sino all'ultimo ed anche in sede di replica; nessuna però ha raggiunto una "certezza" tecnica verificabile; con la conseguenza che l'unico dato certo - quindi l'unico dato sul quale può e deve basarsi questa Corte - è la mancata centratura di Aspo 1; dato che, di per sé solo, non comporta le conseguenze sopra indicate ed esposte dalla difesa.

6.2 Le cause immediate dell'incendio
È necessario qui integralmente richiamare quanto è stato, nel presente dibattimento, accertato sulle condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino, come esposto nel capitolo relativo (v. sopra) - in estrema sintesi condizioni relative alle carenze manutentive e di pulizia, alla presenza, lungo e sotto la linea 5, di rilevanti quantità di carta oleata e di olio, sia di laminazione sia idraulico, per le diffuse perdite dai circuiti oleodinamici, alla frequenza con la quale gli addetti alla linea 5 si trovavano a dover utilizzare gli estintori portatili e non solo, a fronte di focolai, di principi di incendio e di veri e propri incendi.
La - dettagliata - conoscenza di tale situazione permette di comprendere l'origine e lo sviluppo dell'incendio del 6/12/2007, oltre che di affermare, come vedremo dettagliatamente nel prosieguo, che, purtroppo, nella notte del 6/12/2007, non è intervenuto alcun fattore eccezionale, alcuna combinazione di imprevedibili anomalie.

Le approfondite analisi tecniche - acquisite agli atti - effettuate dai consulenti delle parti hanno permesso, anche in forza di successivi aggiustamenti generati, nel contraddittorio, da iniziali differenti prospettive ed ipotesi, di pervenire ad una sostanziale concordanza - tecnica - relativamente: al luogo in cui l'incendio si è originato; al suo innesco; al suo sviluppo sino al "collasso" di un flessibile del circuito oleodinamico, contenente olio in pressione (a 140 bar), che ha causato il propagarsi repentino e devastante in forza del ed. "flash-fire" (che vedremo infra, dettagliatamente); l'argomento sul quale, invece - sempre sotto il profilo tecnico - le parti continuano a sostenere diverse risultanze è il lasso di tempo intercorso tra l'innesco dell'incendio ed il suo avvistamento da parte degli addetti - in particolare, secondo la già riportata testimonianza di BO. - probabilmente da parte di S..

In breve.
L'innesco è stato causato dallo sfregamento del nastro contro la carpenteria -con formazione di scintille - ovvero o anche - da uno sfregamento del nastro contro la carta oleata - con infiammazione della stessa; ricordiamo, ancora una volta (v. il capitolo 5 già citato) che lo sfregamento del nastro contro la carpenteria era evento non raro sulla linea 5, molto più di frequente nell'ultimo periodo, in quanto determinato o dalla "sciabolatura" del nastro, cioè da una non sua perfetta laminazione con difetto di "planarità"; ovvero da una imperfetta "centratura" (su questo in particolare, v. anche infra, nel capitolo dedicato alle omissioni) dello stesso nastro, ovvero ancora dalla compresenza dei due fattori: nastro sciabolato e quindi di difficile imbocco e quindi volutamente - dagli addetti - imboccato non centrato, per cercare di "spianarlo". Come abbiamo già sopra ricordato, quella notte l'aspo 1 in svolgimento era disassato; non è dato invece di sapere se il nastro in lavorazione al momento dell'innesco fosse o meno "sciabolato".
Quello che possiamo con tranquillità affermare è che lo sfregamento del nastro sulla Linea 5 era accaduto molte altre volte in precedenza (v. capitolo citato, con anche i "segni" dello sfregamento visibili sulla carpenteria): era pertanto certamente prevedibile e non poteva certo considerarsi una "anomalia"; così come il fatto che, dallo sfregamento, in quella notte come molte altre volte in precedenza, si sviluppassero focolai ovvero incendi (v. sempre capitolo citato), causati dal ricadere - delle scintille, della carta oleata infiammata - sul pavimento sotto e lungo la linea, dove era presente "combustibile": ovvero ingenti quantità di carta oleata, di olio di laminazione gocciolato dai nastri in lavorazione, di olio idraulico da perdite dei circuiti dell'impianto oleodinamico (e ancora, come esposto sempre nel capitolo citato, "sporcizia" assortita: foglie secche, segatura intrisa di olio ecc.).
Nel caso del 6/12/2007, il focolaio ha avuto origine nella sezione di entrata della linea 5, sulla verticale della spianatrice, o raddrizzatrice, di Aspo 2, posta sotto il secondo pinzatore dell'Aspo 1 (ricordiamo che la linea si sviluppa su più piani, v. descrizione); lì sotto ha trovato questo combustibile - peraltro, come si è visto nel citato capitolo, distribuito ovunque sotto e lungo la linea 5 (ma non solo); lo riferisce BO.: "...(sotto la spianatrice, n.d.e.)...c'è il pavimento che normalmente era intriso di olio e spesso anche di segatura per ovviare a questo olio"; effettivamente, da quanto già abbiamo appreso e sopra esposto sulle condizioni di lavoro nello stabilimento, si sarebbe presentata come "anomalia" non la presenza, ma l'assenza - quella notte - del combustibile descritto.
Anche per il "combustibile", quindi, possiamo tranquillamente affermare che la sua presenza - e in quantità ingente - non costituisse un'anomalia, soprattutto - ma non solo - nell'ultimo periodo di operatività dello stabilimento e, come tale, fosse una "presenza" più che prevedibile.

È necessario aprire qui un'altra breve parentesi esaminando la questione del riavvolgitore della carta infraspira; si è già indicato (e v. capitolo descrizione, ma anche condizioni) che su tutti i nastri in lavorazione sulla linea 5 era apposta carta infraspira a protezione della qualità della superficie dell'acciaio; con la conseguenza che, svolgendosi il nastro lungo la linea per la sua lavorazione, contemporaneamente la carta doveva staccarsi dallo stesso nastro e a sua volta riavvolgersi su di un apposito aspo. Negli accertamenti successivi all'incendio del 6/12/2007 è stato verbalizzato (v., il dato è anche riportato in tutte le consulenze tecniche, ma deriva dal verbale di accertamento in faldone 2) che il selettore dell'aspo di avvolgimento carta era in posizione "manuale" e non "automatica": da tale rilievo, secondo i difensori degli imputati, si evince che il nastro in lavorazione al momento dell'incendio stesse svolgendosi lungo la linea con la carta adesa, cosicché l'incendio del 6/12/2007 si era determinato - secondo le varie possibilità già sopra esposte - dal surriscaldamento e conseguente infiammazione proprio della carta adesa; fatto di cui i lavoratori non si sarebbero accorti. Ma non vi è alcuna certezza -tecnica - che il nastro in lavorazione al momento dell'incendio presentasse carta adesa; così, non lo si può affermare: rimane un'ipotesi.
La Corte ritiene che la questione da affrontare riguardi il fatto che, secondo la prospettazione della difesa, il selettore in posizione "manuale" costituisca, di per sé, un "errore" di lavorazione compiuto dagli addetti quella notte. "Errore" che, invece, è smentito da una serie di testimonianze che è necessario qui brevemente richiamare. BE. (citato, v. udienza 28/4/2009) riferisce che, con il selettore in automatico, in caso di "strappo" della carta - perché adesa - quella sezione dell'impianto si fermava, l'operatore inseriva il manuale per poter svolgere nastro e carta e cercare di staccare la carta e farla riavvolgere: operazione che, come abbiamo già indicato, a volte non riusciva, cosicché la carta viaggiava impressa sul nastro sino al forno; questa è la procedura, ma come si è già riportato sopra (nel capitolo "condizioni") in pratica le operazioni non erano né così semplici né così schematiche; tanto che il teste VER. L. (citato, v. udienza 27/10/2009), primo addetto alla Linea 5, riferisce - come già riportato nel capitolo sulle "condizioni" - che, con la sua squadra, preferiva lavorare sempre con il selettore in "manuale" (v. e ne spiega anche i motivi ).
Con la conseguenza, relativamente a tale punto, che, se è vero che la procedura standard suggeriva di operare con il selettore carta in automatico, non vuol dire che da ciò si debba necessariamente trarre che la posizione del selettore, quella notte, fosse "in manuale" perché il nastro in lavorazione presentava carta adesa e, in più, che gli addetti siano incorsi in un "errore" posizionandolo ovvero - come anche ipotizza la difesa degli imputati -"dimenticandolo" in quella posizione. Si tratta, anche qui, di mere ipotesi, in quanto tali irrilevanti.
L'ultima affermazione cui giunge la difesa quale conseguenza della sua ipotesi - carta adesa certa ed "errore" di posizione del selettore carta - è che l'incendio si sarebbe potuto innescare - coinvolgendo l'olio sottostante e così sviluppandosi - solo in caso si fosse infiammata la carta adesa al nastro; è ben sufficiente, per dubitare di tale affermazione, ricordare quanto esposto nel capitolo relativo alle condizioni (v.) sulle cause dei focolai, dei principi di incendio e degli incendi avvenuti sulla linea 5; anche sottolineando la quantità di carta oleata presente sulla linea, nonostante i plurimi tentativi di pulizia da parte degli addetti (v. sopra).
Non appare invece necessario ricordare qui gli "esperimenti" video (v. consulenze difesa), esaminati anche durante il dibattimento, tendenti a rappresentare la "scarsa" infiammabilità dell'olio in presenza di carta "infiammata": le condizioni - bidone o vasca di olio con frammenti di carta infiammata - sono così radicalmente diverse dalle condizioni - reali - della linea 5 (e dello stabilimento in generale) che non occorre veramente spendere altre parole.

Terminata questa breve parentesi, si deve qui sottolineare che in quella notte funesta gli addetti alla linea 5 si sono accorti del principio di incendio innescatosi sotto la spianatrice con ritardo, senza prontamente intervenire -come loro stessi ed i loro colleghi erano intervenuti decine, centinaia di volte (v. il capitolo sulle "condizioni"), così permettendo lo sviluppo dell'incendio sino a determinare il "collasso" dei flessibili ed il repentino flash fire.
I difensori degli imputati hanno vigorosamente sostenuto come a causare l'incendio del 6/12/2007 sia stato un "coacervo di anomalie", tutte contemporaneamente ed inaspettatamente verificatesi; l'affermazione risulta pianamente ma radicalmente smentita dalla realtà delle condizioni in cui operavano gli addetti dello stabilimento, come sopra esposta e con il più volte -dovuto - richiamo al relativo capitolo; l'unica vera ed accertata "anomalia" verificatasi quella notte è stato un - mero -"ritardo" nell'avvistare l'incendio da parte degli addetti; ma non appare neppure corretto classificare tale "ritardo" come "anomalia": anche qui, considerate le condizioni di lavoro, le dimensioni della linea 5, le operazioni da compiere, la complessità della lavorazione -eccetera: insomma, il quadro complessivo, come già esposto - si può - e si deve - purtroppo concludere ritenendo che "anomalo" potesse essere, nella situazione data, il fatto che gli operatori fossero fino ad allora sempre riusciti ad intervenire tempestivamente, accorgendosi - subito - di ogni focolaio.

Si deve però ugualmente in questa sede - considerata la meticolosa attenzione con la quale è stato affrontato nel corso del processo - esaminare il fattore "tempo", la cui analisi dettagliata è stata resa possibile, nel corso del dibattimento, anche in forza di una integrazione probatoria tecnica (su cui v., in atti, consulenze e deposizioni testimoniali). In breve e per quanto qui rileva, si deve premettere che sul computer di controllo della linea 5 vi è traccia -registrazione - degli "eventi", comprendenti, come si vedrà, i "comandi" impartiti dall'operatore alla linea così come gli "accadimenti" che riguardano la stessa linea; si è anche accertato, nel corso del dibattimento, come l'orologio dello stesso computer non indicasse l'ora esatta di quella notte e come la registrazione degli eventi, quando pervengono tutti insieme ovvero a brevissima distanza l'uno dall'altro, possono essere registrati non nello stesso ordine dell'invio - da parte dell'operatore ovvero da parte della linea (v. in particolare su questo teste FRM. M., udienza del 26/5/2009, pag. 84 trascrizioni: "...all'interno del secondo, i decimi di secondo non hanno molto significato...perché le informazioni che vengono rappresentate da questo sistema di supervisione vengono trasmesse dai computer che gestiscono l'impianto...ad un driver che raccoglie queste informazioni una volta al secondo..."); sono così intervenuti, tramite i tecnici di parte ed a seguito anche della testimonianza testé citata, i necessari aggiustamenti; la Corte non ritiene necessario ripercorrere punto per punto questo iter, bensì dare atto di ciò che rileva: i risultati dell'analisi, cioè le registrazioni con le relative ore. Materia che viene dettagliatamente esposta dall'ing. MRM. - C.T. della Procura della Repubblica - nella sua consulenza (v. 23/9/2009) e che viene ripresa ed altrettanto dettagliatamente analizzata nella consulenza degli ingegneri QU. e BET. (v. 30/6/2010), consulenti della difesa degli imputati.
Corretto, come si è appena indicato, l'orario segnato sul server del computer e rimandando ad entrambe le relazioni tecniche citate (anche, in particolare, per la decodificazione delle indicazioni relative ai diversi tipi di "eventi" registrati) emerge, per quanto qui rileva, la registrazione dei seguenti "eventi", successivamente alla fermata della linea (sopra esposta, v.), che risale alle ore 23,07 del 5/12/2007 (v. in particolare dalla pagina 41 c.t. ing. MRM. e dalla pagina 14 c.t. ing. BET. e QU.):
-3 gruppi di "eventi", a partire dalle 00,31,05: si tratta di "comandi" inviati dall'operatore e preparatori al riavvio della linea -alle ore 00,35,46 - secondo la c.t. difesa 00,35,46,8, arrotondata a 00,35,47 - la linea viene riavviata: in quell'istante infatti è registrato il segnale "ok open"; la linea riparte alla velocità di 21 metri al minuto (era la velocità impostata e registrata dal segnale delle ore 22,44,00 del 5/ 12/2007);
-vi è un quarto gruppo di "eventi", dalle ore 00,35,48 alle ore 00,36,10, che registrano comandi impartiti dall'operatore e relativi al riavvio della linea; -alle ore 00,44,09 il collaudatore - che evidentemente era al suo posto - invia una "nota";
-alle ore 00,44,18 si arresta la sezione di ingresso della linea;
-alle ore 00,45,45 l'operatore riduce la velocità della linea da 21 a 18 metri al minuto;
-vi è un quinto gruppo di "eventi", di cui il primo è quello appena sopra indicato; gli altri, sino alle 00,45,51; riguardano comandi impartiti dall'operatore (riavvio pompe);
-gli ultimi due gruppi di "eventi" registrati, dalle ore 00,48,24 alle ore 00,49,53 (gruppo indicato dai c.t. come 6) e dalle ore 00,53,00 alle ore 00,53,10 (gruppo indicato dai c.t. come 7) non provengono più dagli operatori; alle ore 00,48,24 (o 00,48,25 come arrotondato dai c.t. della difesa) è registrato l'allarme "basso livello olio"; alle ore 00,53 è registrato l'allarme di "minimo livello serbatoio" ed alle ore 00,53,10 la linea si blocca.

La domanda che ci si deve porre è se sia possibile, in base ai dati acquisiti, individuare l'istante in cui l'incendio si è innescato, l'istante in cui i lavoratori si sono accorti dell'incendio e sono intervenuti (ed anche i tempi di tale intervento), l'istante in cui si è iniziato il flash fire. Con una considerazione preliminare: i tecnici delle parti hanno dibattuto questi argomenti a più riprese, in tutti i dettagli, sino alle ultime note difensive ed alle repliche; la Corte, dando atto di avere esaminato accuratamente anche questa parte, cerca qui di riportare esclusivamente il nocciolo essenziale del dibattito, sempre finalizzato al principio guida di ogni decisione e motivazione: quello della rilevanza.
Per rispondere alla domanda sopra indicata, è necessario procedere a ritroso; se alle 00,53 è registrato il "minimo livello olio", tanto che la linea si arresta dieci secondi dopo (alle 00,53,10) e se il "basso livello olio" è registrato alle 00,48,24 - o 25, significa che prima di quest'ultimo orario dovevano già essere "collassati" uno o più flessibili; quindi l'intervento degli operatori, per tentare di spegnere l'incendio (sulla "decisione" di intervenire v. invece infra) era certamente terminato prima della registrazione di tale "evento"; quando?
Logicamente l'avvistamento e l'intervento dovrebbero essere dopo le 00,44,09, quando il collaudatore ha segnalato un difetto del nastro; non sappiamo, invece, con certezza, se contemporaneamente o subito dopo la riduzione della velocità Linea, alle 00,45,45, perché non si può accertare il motivo di tale riduzione: è probabile che sia stato l'avvistamento del fuoco, ma non è certo.
Neppure si riesce - sempre con l'indispensabile certezza - a stabilire il momento dell'innesco; la linea, come abbiamo visto, è ripartita alle 00,35,46; il nastro in svolgimento sin dal suo inizio ha sfregato contro la carpenteria e, quindi, fin dal suo inizio ha provocato "scintille" ovvero l'infiammazione della -eventuale - carta adesa? Anche qui la risposta è incerta, perché, se tutto il tratto visibile dopo l'incendio presenta il segno dello sfregamento, è altrettanto vero che per i tratti iniziali dello stesso nastro - in forno e vasche - non è dato di rispondere, anche se quanto riscontrato renderebbe possibile - ma, ripetiamo, non certo, uno sfregamento sin dall'inizio (come da verbale in atti, v. faldone 2, accertamento del 18/1/2008); inoltre, dopo quanto tempo dalla partenza della linea lo sfregamento ha prodotto quelle scintille o quella carta infiammata che hanno costituito l'innesco? Non possiamo saperlo; dopo quanto tempo l'innesco ha "attecchito" incendiando le pozze di olio presenti sul pavimento sotto la spianatrice? Non possiamo saperlo. Ci dobbiamo ancora chiedere: dopo l'allarme "incendio", quanto è durato l'intervento degli addetti e degli altri lavoratori presenti con gli estintori, sino al momento in cui BO. (v. sopra, citato) ha deciso di adoperare una manichetta ad acqua? Su quest'ultimo punto la difesa degli imputati ha proposto un "esperimento": per prendere l'estintore e scaricarlo sono occorsi, da parte degli operatori di quella notte, 75 secondi (v.); ma le condizioni, anche in questo caso, non appaiono paragonabili: si dovrebbe sapere esattamente dove si trovavano, quella notte, non solo i lavoratori ma anche gli estintori che hanno utilizzato; ma non solo, il tempo indicato dalla difesa presuppone una contemporaneità, da parte di tutti i lavoratori, nel prendere gli estintori e nello scaricarli; il che contrasta con ciò che può accadere nella realtà in un momento di - vero - allarme.  Si deve anche ricordare che, se l'avvistamento coincidesse con la riduzione della velocità della linea - 00,45,45 - complessivamente l'intervento sarebbe durato un tempo di circa o meno di 2 minuti, perché l'allarme basso livello olio è indicato alle ore 00,48,24: ma a quest'ultimo momento, già si era verificato il collasso di uno o più flessibili.
Si deve logicamente concludere che non ritroviamo sufficienti dati certi per affermare a quale distanza di tempo dal riavvio della linea si è innescato il focolaio di incendio, a quale distanza di tempo dal riavvio della linea l'incendio si è sviluppato, quando è stato avvistato e, insieme, a quale distanza di tempo dal riavvio della linea ha raggiunto le dimensioni descritte da BO. (v. infra) e quanto tempo è durato l'intervento degli operatori, dall'avvistamento al flash fire.
La difesa sostiene invece, in sintesi, elaborando gli stessi dati sopra riportati, che l'intervento con gli estintori sarebbe avvenuto 11 minuti dopo l'avvio della Linea in quanto l'innesco dell'incendio sarebbe contemporaneo al riavvio della linea, lo sviluppo sarebbe stato immediato, l'intervento degli operatori celere ecc.; la Corte non può condividere tali certezze, in forza degli interrogativi -senza risposta tecnicamente precisa - sopra riportati.
La Corte ritiene che questo lasso temporale debba certamente essere ridotto -non è dato di sapere di quanto: ma certamente di qualche minuto - perché più a lungo di come indicato dalla difesa è realisticamente durato l'intervento degli operatori, perché non siamo certi che l'innesco sia avvenuto "nel primo minuto" dopo la ripartenza della linea, perché non sappiamo come - e con quali tempi -si sia sviluppato il primo focolaio.
Si tratta quindi di un tempo x non determinabile ma certamente inferiore a quello sostenuto dalla difesa; si deve quindi qui richiamare quanto sopra esposto: quella notte, gli addetti alla Linea 5 e gli altri lavoratori presenti si sono accorti in ritardo di qualche minuto - non sappiamo quanti - dell''incendio; ma, come si è già sopra esposto, considerate le condizioni di lavoro (v. relativo capitolo), le dimensioni della linea 5 (v. nel relativo capitolo), l'assoluta mancanza di qualsiasi "congegno" idoneo ad avvertirli, più che il ritardo di quella notte "anomalo" risulta essere il fatto che, in precedenza, i lavoratori fossero sempre riusciti a fronteggiare tempestivamente analoghe, ricorrenti situazioni.
Si deve ancora ricordare che non conosciamo il o i motivi del ritardo, ma possiamo escludere - perché è stato accertato, v. sopra, in questo e nel capitolo dedicato esclusivamente all'incendio - che gli addetti, quella notte, si siano accorti con ritardo - "relativo" - rispetto agli episodi precedenti - del focolaio di incendio perché "impegnati" in altro anziché nel loro lavoro: in particolare, non stavano né parlando con altri lavoratori (v. le surriportate testimonianze di P.G. e di P.S.) né guardando la televisione (v. capitolo sulla descrizione dell'incendio di quella notte).

Esaminato il fattore "tempo", si deve ora affrontare l'argomento dell'intervento da parte degli operatori, cioè del tentativo di spegnimento attuato con gli estintori a CO2 portatili (non è dato di conoscere se avessero utilizzato un carrellato: è stato trovato bruciato dopo l'incendio) e con la decisione di procedere con le manichette ad acqua.
Anche qui si deve richiamare quanto già esposto nel capitolo sulle condizioni di lavoro e nel paragrafo relativo al piano di emergenza ed alla sua applicazione pratica (v.): senza necessità di riportarlo per evitare inutili ripetizioni; ma sottolineando e avendo ben presente quanto analiticamente già esaminato su questa materia si può tranquillamente affermare come del tutto infondata appaia la tesi difensiva sul punto, secondo la quale i lavoratori non avrebbero dovuto intervenire con gli estintori; sia in quanto "non formati" in materia antincendio, sia in quanto, al momento dell'intervento, non si trattava più di "focolaio", bensì già di incendio vero e proprio: secondo questa prospettazione della difesa degli imputati, i lavoratori avrebbero disatteso le indicazioni contenute nel piano di emergenza.
Si deve invece espressamente concludere ribadendo che proprio seguendo le istruzioni aziendali, conseguenti all'ambiguità terminologica del piano di emergenza ed alla sua applicazione pratica, anche quella notte, come tutte le volte in cui in precedenza si erano trovati di fronte ad un analogo pericolo, i lavoratori sono intervenuti con gli estintori; quanto al focolaio, principio di incendio e incendio, appare sufficiente sottolineare come proprio nel piano di emergenza (v. sopra, apposito paragrafo) si indicasse "incendio" e non "focolaio" o "principio di incendio" quello sul quale si doveva intervenire, mentre non si doveva intervenire, sempre secondo il piano, solo in caso di incendio di "palese gravità"; concetti, tutti questi appena citati, mai oggetto di seria esplicazione, bensì rimessi alla libera interpretazione secondo "buon senso" del singolo lavoratore; come diffusamente riportato nel capitolo sulle condizioni di lavoro (v.) per la "palese gravità"; sulla differenza fra incendio, principio di incendio e focolaio, senza qui riportare una per una le testimonianze ma ad esse rimandando, si deve sottolineare che nessun lavoratore è riuscito a darne una definizione corretta (quale quella che abbiamo appreso dai testi appartenenti ai Vigili del Fuoco, come FO. F., citato).
I difensori "rimproverano" anche a BO. la decisione di procedere con la manichetta ad acqua - rimasta, come abbiamo già indicato, a livello di mero tentativo, perché nel frattempo (proprio mentre BO. si trovava accovacciato dietro il "muletto" per svolgere la manichetta) è esploso il flash fire che ha incendiato e ucciso tutti gli altri - ma soprattutto dubitano che l'incendio si presentasse al momento dell'intervento così come l'ha descritto BO. (v., con fiamme di 10-15 cm): i difensori esprimono "perplessità" chiedendosi perché, se fosse stato vero - come riferito da BO. - che le fiamme erano in quel momento relativamente basse, tutti e 8 gli operatori presenti si fossero - invece - sentiti in dovere di intervenire.
In ordine al primo punto, si deve qui ricordare come gli addetti agli impianti non intervenissero -"normalmente": cioè ogni volta che avvistavano un "incendio" - solo con gli estintori portatili, ma altresì - come abbiamo riportato, per averlo appreso da numerosi testi, v. sempre nel capitolo sulle condizioni di lavoro nello stabilimento - con le manichette ad acqua, con gli estintori carrellati, azionando gli impianti presenti sul sendzimir 62 (v. testimonianze citate): in breve, con tutto ciò di cui disponevano, differente nelle varie linee, nel frattempo chiamando ed in attesa dell'arrivo del capoturno, della squadra di emergenza e dei manutentori; e come lo stesso BO. ben fosse consapevole che l'acqua non si doveva utilizzare sulle zone in "tensione": così infatti egli risponde alla relativa domanda (v.).
In ordine al secondo punto, la Corte fatica a comprendere come i difensori possano dubitare del fatto che, in quel momento, l'incendio si presentasse così come descritto da BO.: cioè con fiamme apparentemente "domabili"; non si può certo pensare che, se in quel momento le fiamme fossero apparse alte come sembrano ipotizzare i difensori, i lavoratori avrebbero egualmente tentato di domarle; appare poi del tutto naturale la reazione che ha portato tutti i presenti a mobilitarsi; così logica e naturale che è anche - proprio come reazione - confermata da molti testi, che abbiamo già riportato sempre nel citato capitolo 5 sulle condizioni di lavoro (v. alcuni testi tra cui AB., citato, riferiscono anche che, in casi analoghi, "scaricavano" più estintori - anche 20 -ed accorrevano anche dagli impianti limitrofi).

Si deve quindi concludere affermando che i lavoratori - gli addetti alla linea 5 così come M. e S. - hanno, quella notte, intervenendo per cercare di spegnere il fuoco, ottemperato alle direttive aziendali; non hanno, sotto il profilo della ricostruzione ex ante, mantenuto una condotta diversa da quella che dovevano tenere - e che era certamente ed oggettivamente rischiosa -proprio seguendo le istruzioni dell'azienda.

6.3 Prime conclusioni
Esaminate ed esposte le condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino, le ore precedenti e le cause immediate dell'incendio del 6 dicembre 2007, il tutto come emerso e provato in dibattimento, la Corte deve di conseguenza a conclusione di questa prima parte affermare:
-l'esistenza del diretto nesso di causalità tra tali condizioni (nei vari "punti" specificamente esaminati) e l'incendio;
-l'esclusione del caso fortuito, dell'imprevedibile sovrapporsi e concentrarsi di "anomalie" e, invece, la evidente prevedibilità da parte di tutti coloro che dirigevano, gestivano ed organizzavano il lavoro in quello stabilimento (v. infra);
-la prevedibilità anche di possibili drammatiche conseguenze - rischio per l'integrità fisica dei lavoratori - non determinate nel caso di specie da alcuna condotta imprudente o negligente o imperita da parte degli stessi lavoratori; tanto meno, ai lavoratori si può imputare alcuna condotta "imprevedibile" e tale da spezzare il nesso di causalità esistente tra le condizioni di lavoro e l'incendio; come si è ampiamente esposto, anche quella notte essi si sono comportati secondo le direttive aziendali.
Tanto che questa Corte non ritiene neppure necessario richiamare qui la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione che afferma come occorra "un vero e proprio contegno abnorme, tale che esuli dalle normali operazioni produttive, perché la condotta del lavoratore faccia venire meno la responsabilità del datore di lavoro (v. così, dalla sentenza n. 3580/99 alle più recenti: n. 22615/2008, n. 14440/09).
Vedremo infra se, alla prevedibilità in generale del rischio che correvano i lavoratori intervenendo, quasi quotidianamente, per spegnere i frequenti "incendi", si accompagnasse anche la prevedibilità del rischio derivante, in particolare, dalla combinazione tra l'incendio e la presenza, lungo la linea 5, di numerosissime condutture - flessibili o meno - portanti olio idraulico ad una pressione di 140 bar (corrispondenti alla pressione che si può misurare sott'acqua a 1.400 metri di profondità).