REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI GENOVA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale
CONTRO:
H.V. nato in Romania il *** ed elettivamente domiciliato presso l'Avv. F.F. con studio in Via ***
Difeso di fiducia da Avv. F.F. del foro di Genova
LIBERO - CONTUMACE
IMPUTATO
Insieme a R.M., nato a Genova *** e a P.E., nato a Genova *** (per i quali si è proceduto separatamente):

Del reato p. e p. dall'art. 590 commi 1, 2 e 3 c.p. perché, nelle rispettive qualità - H.V. di titolare dell'impresa artigiana "E.E." appaltatrice dei lavori di ristrutturazione dello stabile di Avegno, via ***, P.E. di committente e R.M. di coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei medesimi lavori cagionavano, per colpa, a P.C., manovale edile dipendente dell'impresa "E.E.", lesioni personali - consistite in ferita penetrante del torace e della base del collo, frattura D9 da corpo estraneo trapassante - dalle quali derivava una malattia di durata superiore a giorni 40 e un'incapacità ad attendere le ordinarie occupazioni per uguale periodo di tempo.

Colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 4 lett. a) D.P.R. 547/55, 16 D.P.R. 164/56; artt. 4 comma 1 lett. a) 5 comma 1 lett. a), 6 comma 2 D.Lgs. 494/96);
ed in particolare:
per l'H.
nell'avere omesso di dotare il solaio sul quale stavano lavorando i propri dipendenti ad oltre due metri di altezza dal suolo di idonee protezioni atte ad evitare la caduta dall'alto (art. 4 lett. a) D.P.R. 547/55, 16 D.P.R. 164/56);
per il R.
nell'avere omesso di redigere il piano di sicurezza e di coordinamento e conseguentemente nell'avere omesso di verificare l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni loro pertinenti contenute nel medesimo piano (che veniva redatto solamente in data 28.12.2006) e nell'avere comunque omesso di adottare le opportune azioni controllo atte a verificare la presenza presso il cantiere sito in Avegno via *** di idonee protezioni contro la caduta dall'alto degli addetti ai lavori (art. 4 comma 1 lett. a) 5 comma 1 lett. a) D.Lgs. 494/96);
per il P.
nel non aver verificato l'adempimento da parte del coordinatore per l'esecuzione degli obblighi di cui all'art. 4 comma 1 lett. a) e 5 comma 1 lett. a) (art. 6 comma 2 D.Lgs. 494/96); In data 20.7.2006 P.C. (assunto alle dipendenze dell'impresa "E.E. S.r.l." da appena 3 giorni) stava lavorando presso il cantiere edile sito in via *** Località *** sopra un solaio in legno ad un'altezza dal suolo di circa mt. 2,80, privo di qualsivoglia protezione contro la caduta verso il vuoto.

Ad un tratto, perdeva l'equilibrio e cadeva a terra rimanendo infilzato sul lato destro del torace in un tondino ferro del diametro di mm. 12 che spuntava da un'armatura (tondino che gli veniva successivamente estratto dal corpo nel corso di un delicato intervento chirurgico), così riportando le lesioni sopra descritte.

In Avegno in data ***.

CONCLUSIONI

Il Pubblico Ministero chiede la condanna a mesi due di reclusione.

Il difensore dell'imputato chiede non doversi procedere ex art. 529 comma 2 c.p.p. essendovi dubbio sulla durata della malattia e dunque sulla procedibilità del reato. In subordine minimo pena, applicazione della sola pena pecuniaria, concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p.p. e delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. In caso sia inflitta la pena detentiva concessione dei doppi benefici di legge.

Svolgimento del processo

Con decreto del 26.02.2009 il P.M. disponeva la citazione a giudizio di H.V., R.M. e P.E. per il reato di lesioni colpose gravi a seguito di infortunio sul lavoro.

All'udienza del 16.06.2009 il Giudice, constata la regolare costituzione del rapporto processuale, dichiarava la contumacia di H.V. e R.M. e rinviava all'udienza del 7.7.2009.

A questa udienza il difensore di R.M. produceva procura speciale per richiedere riti alternativi e, avvalendosi della stessa, richiedeva procedersi ex art. 444 c.p.p. Il P.M. prestava il consenso e il giudice disponeva la separazione della posizione dell'imputato con formazione di un autonomo fascicolo processuale e trasmissione degli atti ad altro giudice.

Nella medesima udienza le parti non si opponevano all'acquisizione agli atti sia del verbale di interrogatorio resi in fase di indagini preliminari da H.V. sia dell'allegato atto di quietanza liberatoria sottoscritto dalla persona offesa e attestante l'ottenuto risarcimento dei danni sofferti.

L'imputato P.E. presentava istanza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p., cui il P.M. acconsentiva, e il Giudice disponeva la separazione della posizione dell'imputato con formazione di un autonomo fascicolo processuale.

Il giudizio procedeva, quindi, per il solo H.V.
Dichiarato aperto il dibattimento, il Giudice ammetteva le prove dichiarative e documentali e disponeva procedersi all'esame dei testimoni presenti, T.M., M.G., F.C. e A.G.

Nella medesima udienza il P.M. produceva citazione della persona offesa P.C. non recapitata per irreperibilità del destinatario e dichiarava di non aver prova della avvenuta notifica al testimone S.F., il Giudice disponeva ricerche a mezzo di p.g. del teste e della persona offesa.

All'esito dell'esame dei testi presenti il processo era rinviato al 04.03.2010 per l'esame della persona offesa, del testimone S. e del consulente tecnico del p.m. di cui il giudice disponeva la citazione.

All'udienza del 04.03.2010 il Giudice dava atto che le ricerche di P.C. avevano avuto esito negativo, sicché, su richiesta del P.M., acquisiva, ai sensi dell'art. 512 c.p.p., il verbale di sommarie informazioni rilasciate dal P. in fase di indagini preliminari.

Si procedeva, quindi, all'esame del testimone S. e del consulente tecnico del P.M., dott. S.M., cui seguiva l'acquisizione della documentazione medica e della consulenza tecnica.

Terminata l'istruttoria dibattimentale, le parti concludevano come indicato in epigrafe e questo giudice pronunciava sentenza dando lettura del dispositivo e riservandosi di depositare la motivazione nel termine di 30 giorni.

Motivi della decisione

Ai fini di una compiuta ricostruzione della dinamica della vicenda che ci occupa, quale emerge dalle prove raccolte all'esito della istruttoria, appare necessario ripercorrere il contenuto delle sommarie informazioni della persona offesa acquisite agli atti e le testimonianze rese dai testi escussi in istruttoria.

La persona offesa P.C., sentita a sommarie informazioni il 26.2.2007, riferiva: che al momento dell'infortunio stava lavorando come manovale nel cantiere edile sito in via *** Località *** (Avegno) alle dipendenze della ditta E.E.; che il suo datore di lavoro era H.V.; che il giorno dell'infortunio era salito su un solaio a circa m. 2,90 da terra tramite una scala, da lì aveva perso l'equilibrio e, cadendo a terra, si era infilzato il lato destro del torace con un tondino di ferro che spuntava dall'armatura; che, soccorso dal collega S.F., era stato trasportato al P.S. dell'Ospedale San Martino ove, con intervento di urgenza, il ferro era stato estratto dal torace; che era rimasto in ospedale fino al 09.08.2006, aveva effettuato medicazioni nelle tre settimane successive e, quindi, era tornato in Romania per la convalescenza; che a seguito dell'infortunio aveva riportato dei postumi giacché lamentava ancora dolori alla schiena.

A domanda degli ispettori dell'ASL la persona offesa precisava che nel camicie non era presente alcuna protezione atta ad evitare le cadute dall'alto e non c'erano cinture di sicurezza.

Sulla dinamica dei fatti descritta dal Pa. riferiva anche il teste S.F. escusso all'udienza del 04.03.2010 il quale dichiarava: di aver lavorato per H.V. alle dipendenze della ditta E.E.; di essere stato presente al momento dell'incidente in quanto all'epoca dei fatti lavorava insieme al P. nel cantiere edile sito in via *** Località *** (Avegno); che il giorno dell'infortunio entrambi stavano lavorando sulla soletta posta al primo piano, ma in due punti diversi: il P. si trovava al di sopra dell'apertura centrale della costruzione mentre lui si trovava, sempre sulla soletta, ma dal lato opposto della casa.

Il testimone riferiva che, ad un certo punto, mentre era chinato per legare dei ferri, si era sentito chiamare dal P., non vedendolo più sul tetto, si era diretto sulla parte della soletta dove egli stava lavorando e lo aveva visto a terra infilzato nel ferro dell'armatura; era quindi corso sulla strada a cercare aiuto in quanto nessun altro era presente nel cantiere.

Al testimone venivano mostrate le fotografie scattate nell'immediatezza dei fatti. S. confermava che lo stato dei luoghi al momento dell'infortunio era quello che risultava dalle fotografie mostrate e che (come appare evidente dall'esame delle stesse) intorno all'edificio in costruzione non vi ciano né ponteggi né altri strumenti di protezione.

Aggiungeva inoltre che due o tre settimane prima dell'infortunio i ponteggi erano stati portati via in quanto necessari in altro cantiere.

A domanda della difesa, il teste S. riferiva che il datore di lavoro era solito recarsi nel cantiere due volte alla settimana, a fine giornata, e dare indicazioni circa la prosecuzione dei lavori.

Il teste aggiungeva che una volta alla settimana anche un geometra o architetto di cui non ricordava il nome si recava sul posto ma solo per fotografare l'avanzamento dei lavori.

All'udienza del 19.11.2009 veniva sentito T.M., in servizio presso la Radio Mobile di Santa Margherita, il quale confermava che, al momento dell'intervenuto avvenuto nell'immediatezza del fatto, P. era infilzato nel tondino di ferro che usciva dall'armatura di cemento e nel cantiere non vi erano ponteggi o altra protezioni atto a impedire la caduta.

Il teste M. (ispettore in servizio presso la ASL 3) sentito all'udienza del 19.11.2009 dichiarava di aver svolto accertamenti sull'infortunio giungendo sul posto il giorno del fatto dopo che P. era già stato portato in ospedale.

L'ispettore riferiva che l'infortunio si era verificato nell'ambito di lavori edili in corso di svolgimento in Avegno da parte della ditta E.C. consistenti nella costruzione di un edificio in via *** Località ***.

Riferiva ancora che, al momento dell'intervento, in cantiere non c'erano ponteggi né protezioni atte ad impedire cadute dall'alto.

In ragione di ciò, al titolare della ditta E.E., H.V. (individuato tramite una visura camerale) era stata impartita una prescrizione e contestata violazione dell'art. 68 del D.P.R. 164 del 1956.

Il M. riferiva di avere effettuato dei rilievi fotografici sul luogo e confermava trattarsi delle fotografie acquisite agli atti.

All'esito dell'istruttoria dibattimentale si deve ritenere raggiunta la prova della penale responsabilità di H.V. in ordine al reato a lui ascritto.

Il P.M. contesta all'imputato due profili di responsabilità riconducibili a una colpa "generica" e a una colpa specifica per violazione di norme antinfortunistiche di cui all'articolo 4 D.P.R. 547/1955 e articolo 16 D.P.R. 164/1956.

Sotto il primo profilo, si deve rilevare che, ai fini della sussistenza del reato di lesioni colpose derivante da violazione delle norme antinfortunistiche, non occorre che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate dalla legislazione in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa dell'omessa adozione da parte dell'imprenditore di ogni misura tendente a tutelare l'integrità fisica del lavoratore ai sensi dell'art. 2087 c.c., norma che, "pur non contenendo prescrizioni di dettaglio come quelle rinvenibili nelle leggi organiche per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (tra le principali: D.P.R. 547/55 e D.P.R. 164/56), non si risolve in una mera norma di principio ma deve considerarsi inserita a pieno titolo nella legislazione antinfortunistica, di cui costituisce norma di chiusura, peraltro comportante a carico del datore di lavoro precisi obblighi (di natura contrattuale) di garanzia e protezione di beni individuati (cass. pen. 5114/1996; cass. pen. 22622/2008)".

Applicando tali principi al caso che ci occupa si deve ritenere che la condotta posta in essere dall'odierno imputato fu imprudente e negligente giacché egli trascurò di adoperare tutte le cautele necessarie affinché i lavori di costruzione si svolgessero in piena sicurezza.

L'imputato era solito recarsi nel cantiere solo due volte alla settimana. Risulta inoltre dalla deposizione di S.F. che, pur avendo ordinato ai lavoratori di procedere alla costruzione del solaio posto al primo piano, H. aveva fatto portar via i ponteggi perché servivano in un altro cantiere e non aveva predisposto mezzi di protezione alternativi né aveva fornito i dipendenti di cinture di sicurezza.

Oltre alla colpa generica il P.M. ha contestato all'odierno imputato anche profili di colpa specifica, accusandolo di aver violato: l'art. 4 del DPR 547/1955 in base al quale "I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che eserciscono, dirigono o sovraintendono alle attività indicate all'art. 1, devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze: a) attuare le misure di sicurezza previste dal presente decreto" e l'art. 16 del DPR 164/1956 in base al quale "nei lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m. 2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose".

Entrambi le disposizioni sono state recepite dal D.Lgs. 81/2008 sicché nel caso di specie non si pone alcun problema di successione di leggi nel tempo.

Dall'istruttoria dibattimentale è emerso che P. cadde da una soletta posta a m. 2,90 di altezza infilzandosi in un tondino di ferro che sporgeva dall'armatura.

É evidente che se il datore di lavoro avesse predisposto "adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose" l'infortunio non si sarebbe verificato, sicché sussiste nesso causale tra le violazioni di norme in materia di prevenzione contestate e l'incidente nel quale P. riportò lesioni.

La malattia conseguente ebbe durata superiore ai 40 giorni. Ciò si desume dalla documentazione medica in atti, dalle dichiarazioni della persona offesa, e dalle conclusioni della consulenza tecnica medico legale.

Sentito in udienza il C.T. dott. S. ha condivisibilmente sostenuto che - considerando la natura, morfologia e localizzazione delle lesioni, quanto descritto nella documentazione clinica, la normale evoluzione di questo tipo di patologie ed i trattamenti eseguiti - la guarigione non si verificò certamente prima che fossero decorsi quaranta giorni dal fatto e non v'è motivo alcuno per discostarsi da queste conclusioni, tanto più se si considera che a seguito dell'infortunio P. riportò la frattura di una o più vertebre dorsali e che un malattia può considerarsi terminata solo quando cessano i disturbi funzionali che la caratterizzano.

Ciò è pienamente confermato dalla documentazione medica, dalla quale risulta che l'infortunato rimase ricoverato in ospedale per 21 giorni (dal 20.7 al 9.8.2006), che dopo la dimissione dovette essere medicato ogni due giorni per 20 giorni, che gli fu prescritta terapia antibiotica e, 20 giorni dopo la dimissione (vale a dire 41 giorni dopo il fatto), fu sottoposto ad una radiografia di controllo.

P., del resto, lamentava ancora postumi il 26.2.1007 quando fu sentito dalla P.G., e, per quanto risulta, a quella data non aveva ripreso il lavoro.

Nel corso del giudizio è stata acquisita agli atti quietanza liberatoria sottoscritta dalla persona offesa dalla quale risulta che P. ha ricevuto dall'imputato a titolo di risarcimento del danno patito, la somma di Euro 4000,00. É opinione del giudicante che ciò non consenta di applicare l'attenuante di cui all'art. 62. n. 6 c.p. invocata dalla difesa giacché si tratta di somma incongrua rispetto alla gravita del danno patito.

Il fatto che l'imputato si sia attivato per ristorare in parte il danno giustifica la concessione delle attenuanti generiche che tuttavia non possono bilanciare, elidendole, le circostanze aggravanti. Tali circostanze infatti attengono a violazioni di norme di prevenzione assai gravi, dalle quali avrebbero potuto derivare conseguenze lesive di ben maggiore entità e che posero in pericolo l'incolumità di più di un lavoratore.

Alla stregua dei criteri di giudizio di cui all'art. 133 c.p. si stima equa la pena di mesi 3 di reclusione.

La condanna alle spese consegue ex lege.

Poiché l'imputato è incensurato si può formulare una prognosi di non recidiva e possono essergli concessi i doppi benefici di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale in composizione monocratica

Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.
DICHIARA

H.V. responsabile del reato a lui ascritto e concesse le attenuanti generiche subvalenti all'aggravante contestata, lo condanna alla pena di mesi tre di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.
Concede all'imputato i doppi benefici di legge.
Si riserva trenta giorni per il deposito dei motivi.

Così deciso in Genova, il 4 marzo 2010.

Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2010.