Categoria: Giurisprudenza penale di merito
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NAPOLI
QUARTA SEZIONE PENALE

Il GIUDICE MONOCRATICO Dott. GIOVANNI VINCIGUERRA
all'udienza del 26/01/2010 ha emesso la seguente

SENTENZA
(artt. 544 e segg. C.P.P.)

Nei confronti di: F.F. n. Napoli ***
LIBERO CONTUMACE
IMPUTATO
per le seguenti imputazioni:
a) art. 590 C.P. in relazione all'art. 583 co. 1 e 3 C.P., perché nella qualità di datore di lavoro, titolare dell'omonima impresa, per colpa consistita in negligenza imprudenza ed imperizia, nonché per violazione della normativa antinfortunistica di cui all'art. 18 D.P.R. 547/55, non mettendo a disposizione del lavoratore M.E. una scala idonea e comunque consentendo l'utilizzo di una scala a pioli priva di idonei ganci di trattenuta e di dispositivi antisdrucciolo, tali da garantire la stabilità, provocata a M.E. lesioni personali, determinanti un'inabilità ad attendere le ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni.
In particolare M.E., dipendente della ditta F. s.r.l., nell'espletamento dell'ordinaria attività lavorativa era intento a poggiare sul ripiano di una scaffalatura una scatola contenente fiori artificiali ed a tal fine utilizzava una scala a pioli fornita da datore di lavoro, quando, a causa della instabilità della scala per le carenze antinfortunistiche sopra descritte, perdeva l'equilibrio e rovinava al suolo, procurandosi una frattura del polso del gomito del braccio destro ed una ferita lacero contusa all'occhio destro, determinante un'inabilità ad attendere le ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni.
In Napoli in data 19/03/03.

b) art. 18389 lett. C) D.p.r. 547/55 in quanto la scala a pioli utilizzata nel deposito non è munita di idonei ganci e dispositivi antisdrucciolo che ne garantissero la stabilità.
Acc. in Napoli in data 14/02/06.

CONCLUSIONI
Il P.M. conclude e chiede:: assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato.

La difesa conclude e chiede: assoluzione art. 530 2° co. C.P.P..

Svolgimento del processo

Con citazione diretta del PM veniva convenuto in giudizio innanzi a questo giudice del Tribunale, IV sez. penale, F.F. per rispondere dei reati precisati in rubrica.

Nella contumacia dell'imputato, regolarmente citato, libero e mai comparso, il 14.10.08 si dava corso alle formalità di apertura del dibattimento.

Espletata l'istruttoria dibattimentale come richiesto, dichiarata l'utilizzabilità delle prove e dei documenti raccolti, sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate, il giudice emetteva il dispositivo, riservandosi il deposito dei motivi.

Motivi della decisione

Dall'istruttoria espletata è stata raggiunta la prova piena della responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli sub a).

Ed invero dalle dichiarazioni rese dalla p.o. M.E. è emerso che egli, operando alle dipendenze della società facente capo a F.F., il giorno 19.3.03, mentre era intento nella sistemazione degli astucci sullo scaffale, era caduto. Aveva riportato così la fratture del gomito e del polso e gli erano stati applicati i punti alla fronte. Il teste ha precisato che la scaffalatura sulla quale voleva collocare gli astucci era su tre livelli, solamente i primi due dei quali normalmente utilizzati. Quel giorno invece egli aveva pensato di utilizzare il terzo, quello più alto, "per mancanza di spazio", servendosi della scala che si trovava in "una specie di sgabuzzino". Tale scala era a sua volta normalmente del tutto inutilizzata perché nessuno mai ne aveva avuto bisogno.

Il teste D.M.A., della ASL Na 1, ha riferito del sopralluogo effettuato il 14.2.2006 in via *** c/o la ditta F., esercente l'attività di deposito di fiori artificiali. Alla presenza dell'operaio infortunatosi, M.E. e del sig. F.F., responsabile della società, aveva visionato la scala che aveva provocato la caduta mostratagli dallo stesso operaio. Essendo questa una scala estremamente leggera, del peso di circa 4 kg., del tutto priva di ganci di trattenuta e di qualsivoglia altro dispositivo di sicurezza antisdrucciolo, aveva contestato al responsabile della ditta la relativa violazione alla normativa per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Il teste ha precisato che con il M. aveva verificato che, avendo egli operato sull'ultima mensola della scaffalatura, a circa 2 metri di altezza da terra, la caduta si sarebbe verificata dal quarto piolo della scala.

I testi a discarico, C.S. e F.S., hanno concordemente riferito che la scaffalatura in prossimità della quale l'operaio era caduto era la stessa di quella ancora oggi presente: dotata di tre livelli, all'epoca dei fatti veniva utilizzata dagli operai solo per i primi due livelli. E per accedere ad essi non vi era bisogno alcuno di servirsi di scale; tantomeno di quella utilizzata dal M. che, a detta di F.S. - fratello dell'imputato - si trovava lì per tutti altri scopi.

Le emergenze istruttorie sono integrate dalla documentazione medica attestante l'inabilità per il M.E. di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre 40 giorni e dai verbali delle contestazioni al datore di lavoro da parte dell'isp. della ASL..

Sulla base quindi della del tutto pacifica dinamica dell'infortunio occorso a M.E. il 19.3.2003 deve ritenersi la penale responsabilità del suo datore di lavoro, F.F., per come analiticamente contestata dal PM nella imputazione sub A).

Essa infatti, ad avviso di questo giudicante, non può essere esclusa sulla base del comportamento dell'operaio,secondo la difesa quasi inconsulto, comunque del tutto imprevedibile ed al di fuori dei poteri di controllo del datore di lavoro.

Tale valutazione non si ritiene assolutamente condivisibile sulla base di elementari quanto logiche considerazioni. Diversamente da quanto opinato dalla difesa, l'utilizzazione da parte dell'operaio dell'ultimo livello della scaffalatura, perché le sottostanti piene, e dell'unica scala all'poca disponibile per accedervi non possono ritenersi idonei ad interrompere il nesso causale intercorrente tra le contestata violazione da parte del datore di lavoro e l'evento. Infatti la condotta dell'operaio in quel contesto, nello svolgimento delle sue ordinarie mansioni, non può minimamente assumere quei connotati di straordinarietà e l'imprevedibilità che la giurisprudenza ritiene necessari a scopo. La più recente giurisprudenza ha affermato che "In tema di infortuni sul lavoro, poiché le norme di prevenzione mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adozione delle misure di prevenzione può essere esclusa per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore del tutto imprevedibile e opinabile e tale, dunque, da presentare i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, sempre che l'infortunio non risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza, nel qual caso nessuna efficienza causale può essere attribuita alla condotta del lavoratore che abbia dato occasione all'evento" (Cass. pen. Sez. IV 2.2.2005 n. 3455, conf. Cass. Sez. IV 6.10.2005 n. 36339, Cass. Sez. IV 21.10.2005 n. 38877).

Tanto premesso va pronunciata nei confronti di F.F. sentenza di condanna in relazione al reato ascrittogli sub A), da ritenere aggravato per la violazione alla normativa sulla prevenzione sugli infortuni e per la durata delle lesioni.

All'imputato, del tutto incensurato sulla base del certificato del casellario, possono concedersi le attenuanti generiche in misura equivalente alle contestate aggravanti.

Quanto alla determinazione della pena, valutati i criteri di riferimento di cui all'art. 133 C.P., fanno ritenere equa quella di mesi due di reclusione.

Segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

La personalità del reo, come desumibile dal certificato penale in atti, favorisce la prognosi favorevole sulla concessione del beneficio di cui agli artt. 163 e ss. C.P..

Ai sensi dell'art. 157 C.P. va dichiarata l'estinzione della contravvenzione contestata sub b).

P.Q.M.

letti gli artt. 533 e 535 C.P.P., dichiara F.F. colpevole del reato a lui ascritto sub a) e, concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle contestate aggravanti, lo condanna alla pena di mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Pena sospesa.

Letto l'art.531 C.P.P. dichiara n.d.p. nei confronti di F.F. per essersi il reato ascrittogli sub b) estinto per intervenuta prescrizione.

Motivi in trenta giorni.

Napoli, 26.1.2010

Depositata in data 25/02/2010