Responsabilità del legale rappresentante di un'impresa edile, datore di lavoro di P.M., che svolgeva mansioni di operaio manovale: lavorando ad un'altezza di circa 12-13 mt dal suolo e precisamente al di sopra di una tavola metallica a sua volta posta al di sopra di un'altra tavola in legno collocata "a ponte" sulle ringhiere di due balconi del terzo piano del fabbricato, a causa di un errato ancoraggio della predetta tavola metallica all'impalcato, i relativi sostegni cedevano con la conseguenza che P. M. cadeva sulla sottostante tavola in legno che, spezzandosi, faceva si che il lavoratore precipitasse nel vuoto.

Il Tribunale afferma che: "Dalle dichiarazioni dei testi e dagli atti acquisiti è stato accertato che l'impalcatura, in ferro e legno, non era stata realizzata in modo idoneo a consentire ai lavoratori di raggiungere in condizioni di sicurezza i frontalini dei balconi presso i quali si doveva operare; le tavole, costituenti il piano di calpestio dell'impalcato, erano posizionate a "ponte" tra due balconi, ed erano senza protezione contro la caduta nel vuoto perché prive di parapetto."
"Ai lavoratori non era stato, inoltre, fornito alcuno strumento, quali cinture e corde, per proteggersi da eventuali cadute.
P. L. va dichiarato colpevole del reato ascrittogli essendo stata accertato il nesso eziologico fra la condotta omissiva e l'infortunio occorso al P.."


 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NAPOLI
QUARTA SEZIONE PENALE

IL GIUDICE MONOCRATICO Dr. Pietro CAROLA,
nell'udienza del 16.11.2009 ha emesso la seguente
S E N T E N Z A


nei confronti di: P. L. nato a Napoli il omissis

LIBERO CONTUMACE

I M P U T A T O


per i seguenti reati:
del reato p. e. p. dall'art.590 c. 1 e 3 c.p. perché, in qualità di legale rappresentante dell'impresa edile S. e di datore di lavoro di P. M., che svolgeva mansioni di operaio manovale presso il cantiere allestito in Via Omissis, per colpa consistita in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ed in particolare:
o in violazione dell'art.7 D.P.R. 164/56, in quanto non venivano allestite opere provvisionali atte a raggiungere in condizioni di sicurezza le adiacenze dei frontalini dei balconi presso i quali il lavoratore doveva operare onde evitare pericoli di caduta nel vuoto;
o in violazione dell'art.23 D.P.R. 164//56 in quanto le tavole costituenti il piano di calpestio dell'impalcato non erano assicurate contro gli spostamenti ma posizionate a "ponte" tra due balconi e poggiate su due ringhiere senza alcuna protezione contro la caduta nel vuoto;
o in violazione dell'art.24 D.P.R. 164/56 in quanto l'impalcato era sprovvisto su tutti i lati di un parapetto costituito da una o più correnti superiori ed intermedi e di tavole fermapiede;
o in violazione dell'art.25 D.P.R. 164/56 in quanto utilizzavano ponti a sbalzo privi di ogni requisito di solidità e stabilità in quanto i relativi traversi di sostegno non erano ancorati alla muratura e le loro parti
interne non erano collegate tra loro con rigide correnti che impedivano qualsiasi spostamento;
o non predisponendo - pur avendone l'obbligo giuridico - e, pertanto, non adottando le misure che, per la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro (art.2087 cc.) cagionava al lavoratore P. M. una frattura poliframmentata al femore sx e quindi una lesione personale grave dalla quale derivava una malattia della durata superiore ai 40 gg.
In particolare, nel mentre il lavoratore stava effettuando il ripristino del "frontalino" dell'ultimo piano, lavorando ad un'altezza di circa 12-13 mt dal suolo e precisamente al di sopra di una tavola metallica a sua volta posta al di sopra di un'altra tavola in legno collocata "a ponte" sulle ringhiere di due balconi del terzo piano del fabbricato, a causa di un errato ancoraggio della predetta tavola metallica all'impalcato, i relativi sostegni cedevano con la conseguenza che P. M. cadeva sulla sottostante tavola in legno che, spezzandosi, faceva si che il lavoratore precipitasse nel vuoto.

In Napoli il 17.04.2007

CONCLUSIONI
PM dott. Saverio Emolo VPO: condanna dell'imputato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di 4 mesi di reclusione.
PARTE CIVILE avv. Anna Pedata: condanna dell'imputato al risarcimento del danno e al pagamento delle spese di giudizio e di una provvisionale di Euro 10.000,00.
DIFESA avv. Vincenzo D'Anna nominato ai sensi dell'art. 97 co. IV CPP: assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 530 co. II CPP per mancanza dell'elemento psicologico; in subordine condanna al minimo della pena con la concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge.



FattoDiritto


Con decreto del 21/11/2007 il PM presso il Tribunale di Napoli citava a giudizio P. L. per il reato ascritto in rubrica.
Dopo un rinvio determinato dall'assenza dei testi, all'udienza del 20/10/2008 si procedeva in contumacia dell'imputato assistito dal difensore nominato ai sensi dell'art. 97 co. IV CPP.
La parte offesa, P. M., si costituiva parte civile.
Il Giudice ammetteva quali mezzi di prova i testi indicati nella lista del PM, e dallo stesso richiesti, l'esame dell'imputato e acquisiva i documenti indicati a fol. 4 del verbale stenotipico.
Veniva sentito A. E. in servizio presso l'UPG del dipartimento di prevenzione della ASL NA 1; il Giudice, a seguito di rinuncia del PM, revocava l'ammissione del teste G. G..
In data 1/12/2008 veniva escussa la parte offesa.
Il 9/2/2009 venivano sentiti i testi C. D. e D. F. F.; il Giudice dichiarava, quindi, chiusa l'istruttoria dibattimentale e rinviava per la discussione.
Dopo due rinvii determinati dall'assenza del Giudice, temporaneamente destinato alla composizione anche del Collegio C della Sezione e, dunque, esonerato dalla celebrazione delle udienze col rito monocratico, all'udienza del 16/11/2009 le parti rassegnavano le rispettive conclusioni e il Giudice deliberava in camera di consiglio la decisione che veniva pubblicata con la lettura in udienza del dispositivo allegato al verbale.
P. M. ha dichiarato che il 17/4/2007 era intento a lavorare, come operaio, presso il cantiere edile della ditta "S." di P. L., realizzato presso il civico 205 di via Omissis.
Improvvisamente, mentre stava spicconando i frontalini dei balconi del terzo piano, si era spezzata la tavola su cui poggiava ed era caduto da un'altezza di dodici metri (ud. 1/12/2008 foll. 5 e 6).
Trasportato all'ospedale gli era stata riscontrata la frattura del femore sinistro per cui veniva sottoposto a intervento chirurgico (vd. anche la documentazione medica acquisita).
Il P. ha specificato che il datore di lavoro non gli aveva mai consegnato materiale antinfortunistico, se non le scarpe (foli. 8 e 13).
La lesione al femore non è ancora guarita e necessita ancora di un intervento (fol. 11).
A. E. ha effettuato il sopralluogo il 27/4/2007, dieci giorni dopo l'infortunio.
L'impalcatura della ditta "S." era ancora montata sul lato retrostante del fabbricato (ud. 20/10/2008 fol. 6) e presentava delle evidenti inosservanze tanto che la tavola che sorreggeva il P. si era spezzata.
La dinamica dell'incidente è stata confermata anche dagli agenti del Commissariato PS di Secondigliano C. e D. F., accorsi sul posto quando il P. era già stato trasportato in ospedale (ud. 9/2/09).
Dalle dichiarazioni dei testi e dagli atti acquisiti è stato accertato che l'impalcatura, in ferro e legno, non era stata realizzata in modo idoneo a consentire ai lavoratori di raggiungere in condizioni di sicurezza i
frontalini dei balconi presso i quali si doveva operare; le tavole, costituenti il piano di calpestio dell'impalcato, erano posizionate a "ponte" tra due balconi, ed erano senza protezione contro la caduta nel
vuoto perché prive di parapetto (ud. 20/10/2008 foli. 6 e 7; foto allegate).
Ai lavoratori non era stato, inoltre, fornito alcuno strumento, quali cinture e corde, per proteggersi da eventuali cadute.

P. L. va dichiarato colpevole del reato ascrittogli essendo stata accertato il nesso eziologico fra la condotta omissiva e l'infortunio occorso al P..
Il Giudice, valutate tutte le circostanze indicate nell'art. 133 CP, ritiene che l'imputato debba essere condannato alla pena di 6 mesi di reclusione determinata in relazione al reato ascrittogli.
Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
All'imputato non possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche a causa del negativo comportamento processuale; egli, infatti, non ha mai fornito una sua spiegazione dell'accaduto, né durante
le indagini né nel corso del dibattimento, e non ha neanche tentato di attenuare le conseguenze dell'incidente occorso al suo dipendente (ud. 1/12/08 fol. 12).
L'imputato deve, inoltre, essere condannato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separata sede e al pagamento delle spese di giudizio da questa sostenute che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00 per onorario oltre IVA e CPA.
Non sussistono i presupposti di certezza per liquidare la richiesta provvisionale.

P.Q.M.


Letti gli artt. 533 e 535 CPP dichiara P. L. colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di 6 mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena sospesa.
Condanna l'imputato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separata sede e al pagamento delle spese processuali da questa sostenute che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00 per onorario oltre IVA e CPA.
Rigetta la richiesta di provvisionale.
Così deciso in Napoli il 16/11/2009
DEPOSITATA IL 25/11/2009