Cassazione Penale, Sez. 4, 23 settembre 2016, n. 39524 - Omicidio colposo ai danni di un lavoratore. Sequestro conservativo di beni per la garanzia del credito


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: MENICHETTI CARLA Data Udienza: 21/06/2016

 

Fatto

1. Con ordinanza in data 26 novembre 2015 il Tribunale del Riesame di Bari confermava il provvedimento di sequestro conservativo di beni mobili ed immobili, compresi eventuali conti correnti bancari, sino alla concorrenza di € 3.000.000,00 risultanti di proprietà di T.D. e di altri soggetti, tutti imputati a vario titolo del reato di omicidio colposo ai danni di N.D.M., deceduto a seguito di infortunio sul lavoro.
Il provvedimento cautelare era stato adottato su richiesta della vedova, costituitasi parte civile in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui due figli minori, a seguito dell'alienazione da parte del T.D. in data 24 luglio 2013, ad oltre un anno dalla conclusione delle indagini preliminari, di tre unità immobiliari nel comune di Acquaviva delle Fonti e del riacquisto di altri tre appartamenti, assoggettati però ad ipoteca di primo grado a seguito di erogazione di mutuo bancario.
Il Tribunale valutava negativamente tali operazioni economiche, ritenendole oggettivamente idonee ad indebolire la garanzia patrimoniale del debitore, soprattutto in considerazione del fatto che gli immobili di proprietà erano stati venduti ad una società in nome collettivo, la cui non completa autonomia patrimoniale avrebbe reso più difficoltoso l'eventuale soddisfacimento del credito, e che l'ipoteca volontaria costituita sui nuovi immobili, attribuendo alla banca il diritto di espropriazione, avrebbe impedito agli eredi del N.D.M. una diretta rivalsa su tali beni. Nel respingere le altre ragioni poste a fondamento della richiesta di riesame, evidenziava poi che il sequestro dei conti correnti bancari andava inteso come sequestro delle somme che in essi confluivano, che la pretesa risarcitoria avanzata dalle parti civili riguardava voci di danno non coperte dalla rendita INAIL, che la mancata citazione del responsabile civile era una scelta processuale non sindacabile e non rilevante ai fini della concessione del provvedimento cautelare, che, infine, era del pari irrilevante l'esistenza di una polizza assicurativa stipulata dall'imprenditore datore di lavoro in quanto vincolante tra i soli contraenti.
2. Ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, prospettando con un unico motivo la violazione dell'art. 606 lett.b) c) ed e) c.p.p. in riferimento agli artt. 316 e 125 c.p.p., agli artt.185 c.p. e 2049 c.c., ed ancora all'art. 10 del D.P.R.n.1124/1965, per motivazione apparente, in quanto correlata all'inosservanza di norme sostanziali e processuali.
In particolare si lamenta che il Tribunale non aveva esaminato una serie di documenti che escludevano il depauperamento delle garanzie patrimoniali da parte del T.D.; non aveva considerato che vi erano altre società implicate nella vicenda provviste di cospicui patrimoni, circostanza che dimostrava l'insussistenza del periculum in mora; infine, non aveva tenuto conto che la rendita INAIL indennizzava sia il danno biologico sia il danno patrimoniale.
3. La parte civile, a mezzo del difensore e procuratore speciale, ha depositato memoria volta alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.
 

Diritto


1. Il ricorso non merita accoglimento.
2. Questa Suprema Corte, in tema di ricorso avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali, consentito dall'art. 325, comma primo, c.p.p. solo per violazione di legge, ha ripetutamente affermato che tale vizio è ravvisabile anche allorquando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato (Sez. 6, 11 febbraio 2013 n.6589, Rv. 254893). Si è ancora precisato che da luogo altresì a violazione di legge una motivazione fittizia o contraddittoria, che si configurano, la prima, allorché il giudice utilizzi espressioni di stile o stereotipate, e, la seconda, quando si riscontri un argomentare fondato sulla contrapposizione di argomentazioni decisive di segno opposto, con esclusione della motivazione insufficiente e non puntuale (Sez.l, 21 febbraio 2012 n.6821, Rv. 252430) ovvero affetta da vizio logico (sez. 5, 1 ottobre 2010 n.35532, Rv.248129).
3. L'impugnata ordinanza è correttamente ad esaustivamente motivata, e come tale immune dai vizi denunciati dal ricorrente.
3.1. In ordine alla riconosciuta sussistenza del periculum in mora, il Tribunale del riesame, con attenta valutazione della documentazione acquisita, ha fornito adeguata risposta alle deduzioni difensive, affermando che per l'adozione del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia il fondato motivo di ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l'adempimento delle obbligazioni di cui all'art. 316, commi 1 e 2, c.p.p., anche in conseguenza di eventuali operazioni economiche idonee ad indebolire la garanzia patrimoniale del soggetto colpito dalla misura.
In tal senso si è uniformato ai principi enunciati da questa Corte di legittimità, la quale ha stabilito che il sequestro conservativo va disposto sulla base di un giudizio prognostico negativo in ordine alla conservazione delle garanzie patrimoniali del debitore, mentre è irrilevante che le stesse possano essere disperse per effetto dell'attività del debitore o venire a mancare per ragioni indipendenti dalla sua condotta, e che vanno valutate in senso negativo le operazioni che rendano semplicemente più difficile il recupero del credito, quali la costituzione di ipoteca volontaria, che, attribuendo al creditore ipotecario il diritto di espropriazione dei beni anche nei confronti del terzo acquirente, è indice di inaffidabilità economica e di dispersione delle garanzie patrimoniali (Sez.4, 22 ottobre 2013 n. 44809, Rv.256768; Sez.4, 23 agosto 2012 n.33187, Rv.253265).
Su tali basi il Tribunale ha quindi puntualmente individuato le due operazioni compiute dal T.D. produttive di un simile effetto, indicandole nell'alienazione di immobili di sua proprietà (prò parte) ad una società in nome collettivo, soggetto munito di non completa autonomia patrimoniale, e nella costituzione di un'ipoteca sui nuovi immobili in favore della Banca Popolare di Bari, erogatrice del mutuo fruttifero di 70.000 euro utilizzato per l'acquisto, con ammortamento di durata decennale.
3.2. Quanto poi alla censura della violazione di legge per la mancata considerazione, nella valutazione del periculum, della responsabilità civile delle società interessate alla vicenda nonché dell'esistenza di polizza assicurative, il Tribunale ha correttamente ritenuto, da un lato, che la parte civile non aveva alcun onere di chiamare in giudizio soggetti diversi dagli imputati e dunque aveva operato una scelta difensiva non sindacabile, dall'altro che non era stata indicata la norma civile che ai sensi dell'art.185 c.p. avrebbe obbligato le società a rispondere degli illeciti penali dei loro amministratori, essendo inconferente il richiamo all'art. 2049 cod.civ.
Anche sotto tale profilo dunque non ricorre il denunciato vizio.
3.3. Lo stesso dicasi non riferimento alla dedotta violazione dell'art. 10 D.P.R. n.1124/1965, avendo il Tribunale evidenziato che le parti civili avevano prospettato voci di danno non coperte dalla rendita INAIL.
4. L'infondatezza dei motivi di ricorso ne comporta il rigetto e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

P.Q.M.
 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 giugno 2016