Cassazione Penale, Sez. 4, 05 agosto 2016, n. 34468  - Omessa valutazione del rischio di folgorazione dei lavoratori tenuti ad eseguire lavori in prossimità dei cavi dell'alta tensione elettrica. Responsabilità del committente


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: MENICHETTI CARLA

 

Fatto


1. Con sentenza in data 27 novembre 2014 la Corte d'Appello di Catania confermava la pronuncia di condanna di P.A. per il reato di omicidio colposo ai danni di P.F., rimasto folgorato dopo aver urtato con una livella di alluminio i cavi elettrici di alta tensione (20 Kv) posti a distanza di mt.2,50 dal ballatoio di una villetta in costruzione su cui stava lavorando.
Di tale reato, e di una serie di contravvenzioni dichiarate prescritte, erano chiamati a rispondere il P.A., legale rappresentante della "P.A. Costruzioni s.r.l.", committente dei lavori edili concernenti la costruzione di due villette presso il cantiere edile sito in Mascalucia, e C.P. (del pari condannata ma non ricorrente), quale legale rappresentante dell'impresa "La Edil Costruzioni di C.P. s.a.s.", affidataria dei detti lavori e responsabile del servizio di protezione e prevenzione.
Al committente era stata addebitata una colpa generica e un profilo di colpa specifica per aver omesso di valutare, pur avendone l'obbligo, ai sensi dell'art.93, comma 1, e 90, commi 1 e 15, D.lgs.n.81/2008, il rischio di folgorazione dei lavoratori tenuti ad eseguire lavori in prossimità dei cavi dell'alta tensione elettrica.
2. Secondo i giudici di merito l'istruttoria dibattimentale aveva consentito di accertare che al momento dell'infortunio vi era assoluta carenza di presidi volti ad eliminare i rischi di folgorazione, non risultando adottate misure di prevenzione e protezione, quali avvertimenti, cartelli e segnali. Per la realizzazione del fabbricato B, a cui stata lavorando il P.F., il committente P.A., quale proprietario del terreno interessato dai lavori di edificazione delle due villette, aveva presentato in data 7 luglio 2008 all'ENEL istanza per la sostituzione della linea sovrastante il costruendo edificio, a cui era seguito un iter di istruzione della pratica ed il pagamento della somma richiesta dall'Ente.
La Corte territoriale riteneva che l'essersi il P.A. attivato per la sostituzione delle linee aeree implicava la sua consapevolezza della esistenza del rischio determinato dalla linea elettrica sovrastante la costruzione iniziata nell'aprile 2008, nonché della insufficienza della distanza di 5 metri calcolata in via precauzionale nel POS rispetto alla linea di alta tensione, distanza che - secondo il perito d'ufficio e le dichiarazioni del M.A. - non era stata rispettata, né era stata disposta la sospensione dei lavori in attesa dello spostamento della linea elettrica e neppure era stato adottato alcun provvedimento atto ad eliminare il rischio di folgorazione.
La Corte argomentava altresì in merito alla posizione di garanzia di cui era titolare il committente, e valorizzava la testimonianza del padre della vittima, P.G., il quale aveva riferito che il P.A. da un decennio collaborava con la impresa appaltatrice, si recava giornalmente in cantiere, percependo così direttamente i rischi a cui erano esposti i lavoratori, e mai li aveva informati né dei rischi di folgorazione né di una pratica in corso per lo spostamento della linea di alta tensione. Contrariamente poi a quanto dedotto dalla difesa dell'imputato, escludeva che l'attività di posizionamento della ringhiera, posta in essere dalla vittima, potesse ricondursi ad un'autonoma iniziativa dei due operai, padre e figlio, poiché era stata prevista e comandata dalla ditta costruttrice. Dunque, qualora il P.A. avesse valutato il rischio di folgorazione e vigilato sulla effettiva adozione e adeguatezza delle misure di prevenzione del detto rischio ed ancora verificato la idoneità tecnico-professionale della impresa esecutrice dei lavori, non si sarebbe verificato l'evento connesso all'attività lavorativa in concreto esplicata. Tali omissioni (relative alla valutazione del rischio, alla sospensione dei lavori, alla messa in sicurezza delle varie fasi della lavorazione) escludevano che l'asserita condotta colposa del lavoratore, consistita nell'aver utilizzato un regolo metallico di alluminio ed eseguito il lavoro sul ballatoio della villetta B, si ponesse in termini di abnormità tale da escludere il nesso di causalità.
3. Ha proposto ricorso il P.A., per il tramite del difensore di fiducia, lamentando violazione dell'art. 606, comma 1, lett.e) c.p.p.
A sostegno del motivo di gravame deduce che la Corte non aveva tenuto in debito conto una serie di elementi fattuali e precisamente: che i lavori alla villetta B erano da tempo sospesi, che l'operaio aveva adoperato un utensile improprio lungo 4 metri, che era ben visibile il palo ENEL con apposto un regolare segnale di pericolo, che l'operaio si trovava rispetto alla conduttura elettrica ad una distanza regolamentare superiore a quella di metri 3,5 prevista dalla legge, infine che la attendibilità della testimonianza del padre della vittima doveva essere valutata con maggiore riflessione.
 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.
2. In tema di infortuni sul lavoro, questa Corte Suprema ha più volte affermato che il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori; ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché all'agevole ed immediata percepibilità da parte del committente delle situazioni di pericolo (Sez.4, 15 luglio 2015  n.44131, Rv.264974). Nel caso di prestazioni eseguite in attuazione di un contratto d'appalto, l'estensione al committente della responsabilità dell'appaltatore è poi ammissibile soltanto laddove l'evento possa ritenersi collegato ad un'omissione colposa, specificamente determinata, che risulti imputabile alla sfera di controllo dello stesso committente (Sez.4, 23 gennaio 2014 n.6784, Rv.259286). Si è ancora precisato che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto di appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine (Sez.4, 28 novembre 2013 n.1511, Rv.259086; Sez.3, 25 febbraio 2015 n.1228, Rv.262757).
3. Di tali principi hanno fatto buon governo i giudici di merito, che sono pervenuti all'affermazione della responsabilità del P.A. in base alle dichiarazioni rese dai testi del P.M. - i quali avevano tutti riferito che l'operaio al momento della folgorazione lavorava in un cantiere edile nel quale non esistevano adeguati strumenti di protezione dai rischi di elettrolocuzione -, alla documentazione sottesa ai verbali redatti all'esito dei sopralluoghi eseguiti dall'Ispettorato del Lavoro di Catania ed alle verifiche peritali eseguite dal prof. G.C. nel corso del dibattimento. Tali convergenti risultanze probatorie, su cui la Corte territoriale ha ampiamente argomentato con motivazione immune da vizi logici e giuridici, hanno consentito di accertare che l'antecedente causale diretto della morte del P.F. era originato dalle carenze riconducibili alla gestione del cantiere edile: nessun avvertimento, segnale e/o dispositivo di protezione era stato previsto ed utilizzato per prevenire il rischio di folgorazione, nonostante la consapevolezza del mancato rispetto della distanza minima pari a 3,5 mt. (richiesta dal D.lgs.81/2008) e di quella di 5 mt. (indicata dalla C.P. nel POS), avendosi di fatto una distanza di 2,5 mt. dal piano di calpestio della terrazza alla linea elettrica ad alta tensione sovrastante.
3.1. Il rischio dunque, come correttamente evidenziato nella impugnata sentenza, era non solo prevedibile in astratto ma anche in concreto, tanto che l'imputato, ben consapevole del pericolo cui erano esposti i lavoratori, aveva presentato istanza all'ENEL per lo spostamento dei cavi elettrici, senza però adottare alcun provvedimento di sospensione dei lavori in attesa dell'intervento dell'Ente ed anzi consentendo proprio che continuassero i lavori alla palazzina B, sottostante la linea di alta tensione e dunque nella posizione più esposta al rischio. Lo stesso teste N., indicato dalla difesa, aveva affermato che i lavori dovevano essere finiti perché c'erano delle scadenze da rispettare per ottenere i pagamenti, ragione che evidentemente aveva indotto a portare avanti l'opera edile nonostante l'inesistenza di ogni sistema di protezione.
3.2. Circa la giornaliera presenza del P.A. in cantiere - elemento valorizzato per dimostrare la colpevole omissione di misure precauzionali nonostante la immediata percezione del pericolo di folgorazione - ha poi deposto il padre della vittima, le cui dichiarazioni sono state contestate, peraltro genericamente, dal ricorrente sotto il profilo della veridicità. Anche sul punto della attendibilità del teste la Corte ha fornito ampia ed adeguata motivazione, sottolineando che si era trattato di affermazioni precise e circostanziate, che avevano trovato riscontro nelle altre risultanze dibattimentali, e richiamando il principio ripetutamente espresso da questa Corte Suprema secondo cui la deposizione della persona offesa dal reato può essere assunta anche da sola come fonte di prova ove sia sottoposta - come avvenuto nella specie - ad un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo necessariamente neppure controlli esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità, ragioni che il ricorrente non ha esposto.
3.3. Corretta infine la esclusione del concorso del fatto colposo del lavoratore: l'omessa valutazione del rischio di folgorazione, l'omessa predisposizione di qualsivoglia misura di sicurezza protettiva, la non consapevolezza da parte dei lavoratori di un rischio di folgorazione dovuto all'altezza delle linee elettriche di alta tensione, inferiore a quella legale rispetto al ballatoio della palazzina B su cui erano in corso i lavori, ha costituito causa esclusiva dell'evento mortale. Non poteva pertanto imputarsi all'operaio, ignaro del pericolo e privo di strumenti di protezione, l'utilizzo del regolo metallico di alluminio o comunque l'esecuzione della lavorazione sul ballatoio della villetta, proprio per l'esistenza a monte di gravi ed evidenti violazioni delle disposizioni antinfortunistiche che hanno comportato la totale mancanza di sicurezza della fase della lavorazione nel corso della quale si è verificato l'evento.
4. Stante la infondatezza dei motivi il ricorso va respinto ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione di quelle sostenute dalle parti civili, liquidate come da dispositivo.
 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, che liquida in favore di DM.M. e P.S. in complessivi € 2.000,00, oltre accessori come per legge; ed in favore di P.F. in complessivi € 1.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 maggio 2016