Cassazione Penale, Sez. 4, 21 luglio 2016, n. 31521 - Responsabilità del direttore di un supermercato che ometteva di segnalare un tratto di pavimentazione bagnata non visibile causando la caduta di un cliente


"E' incontestabile che il luogo ove è avvenuto l'infortunio è certamente un luogo di lavoro, oltre che, essere aperto al pubblico per le finalità commerciali cui è deputato. Orbene, ove un infortunio si verifichi per inosservanza degli obblighi di sicurezza normativamente imposti, tale inosservanza non potrà non far carico, a titolo di colpa specifica, ex art. 43 c.p. e, quindi, di circostanza aggravante ex art. 590 cod.pen., comma 3, su chi detti obblighi avrebbe dovuto rispettare, poco importando che ad infortunarsi sia stato un lavoratore subordinato, un soggetto a questi equiparato o una persona estranea all’ambito imprenditoriale, purché sia ravvisabile il nesso causale con l’accertata violazione. Infatti, "anche i terzi, quando si trovino esposti ai pericoli derivanti da un'attività lavorativa da altri svolta nell'ambiente di lavoro, devono ritenersi destinatari delle misure di prevenzione. Sussiste, pertanto, un cosiddetto rischio aziendale connesso all'ambiente, che deve essere coperto da chi organizza il lavoro"."

 


Presidente: D'ISA CLAUDIO Relatore: D'ISA CLAUDIO Data Udienza: 07/04/2016

 

Fatto


Il Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Venezia ricorre per cassazione avverso la sentenza, indicata in epigrafe, emessa dal Giudice di pace di Rovigo con cui ha dichiarato non doversi procedere per mancanza di querela nei confronti di C.D., imputato del delitto di lesioni colpose aggravate dalla violazione di norme in materia di prevenzione di infortuni sul lavoro, per essere il reato ascritto estinto per intervenuta remissione di querela.
Il fatto è ben descritto nella contestazione: perché il C.D., in qualità di direttore del supermercato I., con sede in Rosolina in via Omissis, per colpa, imprudenza, imperizia e negligenza, nonché nelle specifiche violazioni all'art. 64 in combinato disposto con l'art. 63 in riferimento all'allegato 4 al punto 1.4.9 del D.lvo 81/2008, ometteva di segnalare opportunamente all'interno del predetto supermercato un tratto di pavimentazione bagnata non visibile, causando la rovinosa caduta a terra del cliente F.E., che transitava a piedi su quel tratto e cagionava a quest'ultimo lesioni personali. In Rosolina il 18.08.2010.
Si denuncia violazione di legge avendo il Giudice di pace trascurato del tutto che la disposizione incriminatrice sottoposta alla sua valutazione esorbita dalla sua competenza per materia ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 4 comma 1 lett. a) D.Lgvo 74/2000.
Si rappresenta che le norme in materia di prevenzioni infortuni, come oggetto di contestazione, si applicano non solo a tutela dei lavoratori, ma anche di terzi così come ha affermato uniformemente la giurisprudenza di legittimità, con la conseguenza che il delitto di lesioni personali, aggravato ai sensi del terzo comma dell'art. 590 cod. pen., è procedibile d'ufficio per cui non assume alcuna rilevanza la remissione di querela da parte della persona offesa.
Con memoria difensiva, depositata nei termini, il C.D., a mezzo del suo difensore, evidenzia l'infondatezza o, comunque, la sostanziale carenza di interesse alla proposizione del ricorso da parte del Procuratore Generale.
Innanzitutto, si rappresenta che se è vero che, nel capo d'imputazione, vengono richiamate norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro è altrettanto incontestabile che non è in alcun modo presente la contestazione della circostanza aggravante di cui al comma 3° dell'art. 590 cod. pen., di avere, cioè, commesso il fatto con violazione delle suddette norme.
In subordine, ancorché si volesse ritenere che l'aggravante in parola è implicitamente contestata, resta il fatto che l'imputazione della violazione delle suddette norme è stata fatta ad un soggetto qualificato come "Direttore del Supermercato" che non è in alcun modo titolare della posizione di garanzia riconnessa a tale asserita violazione. Solo il datore di lavoro è destinatario della posizione di garanzia di protezione indicata nelle norme anti-infortunistiche citate, non altri soggetti. Di conseguenza, anche a voler ritenere fondato il diritto del Procuratore Generale a ricorrere, l'effetto sarebbe quello di dover riconoscere che il fatto implicitamente aggravato contestato non sussiste, non essendo l'imputato destinatario della posizione di garanzia contenuta negli artt. 63 e 64 del D.lvo. 81/2008. L'annullamento della sentenza, pertanto, dovrebbe avvenire senza rinvio con contestuale assoluzione perché il fatto non sussiste.
 

Diritto


Il ricorso va accolto con conseguente annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo.
Innanzitutto, rispondendo alle osservazione di cui alla memoria difensiva depositata nell'interesse dell'imputato, la contestazione della violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro implica anche la contestazione dell'aggravante dei cui al 3° comma dell'art. 690 cod. pen., nel caso di specie, dunque, non è dato parlare neanche di contestazione implicita.
Quanto poi alla eccepita carenza di posizione di garanzia in capo al C.D., quale direttore del supermercato, afferente è il richiamo da parte del ricorrente degli arresti giurisprudenziali di questa Corte in materia (Sez. 4, Sentenza n. 2343 del 27/11/2013 Ud., Rv. 258436; Sez. 4, Sentenza n. 2314 del 17/04/2012 Ud. , Rv. 253322).
Innanzitutto è incontestabile che il luogo ove è avvenuto l'infortunio è certamente un luogo di lavoro, oltre che, essere aperto al pubblico per le finalità commerciali cui è deputato. Orbene, ove un infortunio si verifichi per inosservanza degli obblighi di sicurezza normativamente imposti, tale inosservanza non potrà non far carico, a titolo di colpa specifica, ex art. 43 c.p. e, quindi, di circostanza aggravante ex art. 590 cod.pen., comma 3, su chi detti obblighi avrebbe dovuto rispettare, poco importando che ad infortunarsi sia stato un lavoratore subordinato, un soggetto a questi equiparato o una persona estranea all’ambito imprenditoriale, purché sia ravvisabile il nesso causale con l’accertata violazione. Infatti, "anche i terzi, quando si trovino esposti ai pericoli derivanti da un'attività lavorativa da altri svolta nell'ambiente di lavoro, devono ritenersi destinatari delle misure di prevenzione. Sussiste, pertanto, un cosiddetto rischio aziendale connesso all'ambiente, che deve essere coperto da chi organizza il lavoro".
Dunque, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo che dovrà esercitare l'azione penale tenendo conto dell'aggravante contesta di cui al 3° comma dell'art. 590 cod.pen.
 

P.Q.M.
 


Annulla la sentenza Impugnata senza rinvio e dispone la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Rovigo.
Così deciso in Roma all'udienza del 7 aprile 2016.