Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 22 agosto 2016, n. 35185 - Lavoratore-artigiano precipita dall'alto durante l'esecuzione di un contratto d'opera. Responsabilità dei committenti


 

 

... "ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare, in concreto, quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez. 4, n. 3563 del 18/1/2012, Rv. 252672)."


 

Presidente: GRILLO RENATO Relatore: DE MASI ORONZO Data Udienza: 26/04/2016

 

Fatto

La Corte di Appello di Catania, in sede di giudizio di rinvio, con la sentenza indicata in epigrafe ha confermato la sentenza del GUP presso il Tribunale di Ragusa in data 14/1/2009 che aveva accertato la responsabilità a carico di M.S., M.G. e M.R.R., in ordine al reato di omicidio colposo (capi a) e b) della rubrica), in danno di P.F. (fatto del 19/12/2005), e li aveva condannati alla pena di un anno di reclusione ciascuno, oltre al pagamento di una provvisionale in favore delle parti civili. L'imputazione attiene ad un incidente verificatosi, nel corso di un contratto di prestazione d'opera, in un fabbricato di proprietà degli imputati, lavori durante i quali il P.F. precipitava dall'alto della copertura di un fabbricato adibito a magazzino-garage.
Agli imputati è stato contestato di avere omesso di verificare l'idoneità tecnico professionale del prestatore d'opera, di non avere fornito al medesimo dettagliate informazioni sui rischi connessi alla precarietà della copertura e di non avere predisposto idonei parapetti atti ad impedirne la caduta dall'alto.
La Corte di Appello etnea ha evidenziato che l'infortunio si verificò durante l'esecuzione del contratto d'opera e non per una autonoma iniziativa della vittima, che si era recata sui luoghi per verificare il motivo della permanenza delle denunciate infiltrazioni d'acqua dal tetto dell'immobile ove il P.F. aveva in precedenza applicato una guaina catramata e che l'incidente era riconducibile all'omesso adempimento degli obblighi di prevenzione, in materia di sicurezza sul lavoro, gravanti sugli imputati nella qualità di committenti, come loro contestato nel capo di imputazione, che erano perfettamente consapevoli dell'assenza di qualsiasi struttura idonea ad evitare il pericolo di caduta, essendo invece da escludere qualsiasi comportamento abnorme della vittima.
Ricorrono per cassazione gli imputati, tramite difensore fiduciario, articolando quattro motivi. Con il primo motivo deducono, ai sensi dell'art. 606, c.l, lett. b) ed e), c.p.p., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norma giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte territoriale confermato nuovamente la sentenza di primo grado, senza uniformarsi al principio di diritto enunciato da questa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3512/2012 - che aveva annullato la precedente sentenza di appello dell'1/3/2009 - prendendo in considerazione, al fine della equiparazione degli obblighi fra datore di lavoro e committente, solo l'indice della professionalità del prestatore d'opera e dell'ingerenza dei committenti nell'esecuzione dei lavori, senza nulla aggiungere in ordine alla specificità dei lavori da eseguire. Evidenzia la difesa dei ricorrenti che, nel caso di specie, si trattava di semplici lavori di ristrutturazione edilizia di un immobile in comproprietà dei committenti e, segnatamente, della verifica delle cause della persistenza di infiltrazioni d'acqua, intervento non complesso e non richiedente l'impiego di manodopera specializzata, per cui la motivazione della impugnata sentenza presenta profili di illogicità laddove grava gli imputati di una posizione di garanzia pur in assenza di una ingerenza degli stessi nella conduzione dei lavori. Con il secondo motivo lamentano inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 533, comma 1, 546, comma 1, lett. e), c.p.p., 41,comma 2, c.p., mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, in punto di responsabilità dei ricorrenti, per non avere la Corte territoriale adeguatamente considerato il comportamento tenuto dalla vittima, atteso che l'attività commissionata era stata già eseguita e retribuita, sicché l'intervento del 19/12/2005 era del tutto imprevisto ed imprevedibile, frutto di un'autonoma iniziativa dell'artigiano, come dimostrato dal fatto che quello stesso giorno il P.F. era atteso da Omissis per iniziare un nuovo lavoro, che la vittima utilizzò la bombola del gas prelevata dall'abitazione dei M., in quanto in possesso di attrezzi propri, che nessuno degli imputati era presente sul luogo per cui il P.F., per sua scelta, non si limitato alla semplice verifica della causa delle infiltrazioni manifestatesi dopo l'applicazione della guaina impermeaabilizzante sul tetto dell'edificio.
Con il terzo motivo lamentano inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, in relazione all'art. 192 c.p.p., mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, sempre in punto di responsabilità dei ricorrenti, per non avere la Corte territoriale disatteso le doglianze degli appellanti con una motivazione insufficiente e con affermazioni del tutto congetturali.
Con il quarto motivo lamentano inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, in relazione all' art. 600, comma 3, c.p.p., mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, in punto di statuizioni civili, per non avere la Corte territoriale considerato le circostanze, rappresentate dalla difesa dei M., concernenti l'incapacità dei condannati a provvedere al pagamento della provvisionale immediatamente esecutiva, immotivatamente rigettando l'istanza di sospensione della esecuzione provvisoria, per mancanza degli estremi della gravità ed irreparabilità del danno conseguente.
 

Diritto


I primi tre motivi di ricorso, che possono essere scrutinati congiuntamente, attesa l'omogeneità delle censure, sono infondati.
Giova premettere che questa Corte, annullando la sentenza in data 1/3/2011 della Corte di Appello di Catania, che aveva confermato la sentenza condannatoria di primo grado, ha avuto modo di affermare che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera, è riferibile, oltre che al datore di lavoro (di regola l'appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche), al committente, anche se detto principio non conosce una applicazione automatica, non potendo esigersi da quest'ultimo un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull'andamento dei lavori.
Ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare, in concreto, quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez. 4, n. 3563 del 18/1/2012, Rv. 252672).
Nel caso di specie, alla Corte territoriale, quale giudice di rinvio, è stato chiesto di colmare le carenze motivazionali rilevabili nella sentenza annullata mediante un più approfondito e specifico esame delle circostanze fattuali rilevanti ai fini della individuazione di profili di colpa nella condotta dei committenti, in relazione ai principi di diritto appena ricordati e, segnatamente, avuto riguardo alle capacità tecniche ed organizzative della ditta del prestatore d'opera, circostanza questa che, se accertata, assume rilievo in relazione al profilo di colpa concernente la "culpa in eligendo", ed anche alla eventuale ingerenza da parte dei committenti nell'esecuzione dei lavori, circostanza questa che se concretamente accertata rileva in relazione alla ravvisabilità di una responsabilità concorrente dei committenti che avessero assunto di fatto una posizione direttiva nei confronti del prestatore d'opera.
Sui punti oggetto d'indagine, la Corte di Appello etnea ha evidenziato che non corrisponde alle emergenze probatorie la circostanza, da sempre prospettata dalla difesa dei ricorrenti, che il P.F. si fosse recato di propria ed autonoma iniziativa sul luogo dove aveva eseguito i precedenti lavori commissionati dagli imputati, essendo stato al medesimo richiesto, una settimana prima dell'incidente, come peraltro confermato da M.S., di verificare le ragioni delle persistenti infiltrazioni d'acqua lungo le pareti dell'immobile sul cui tetto era stata posata la guaina impermeabilizzante, tant'è che anche il mezzadro, N.S., presente sul luogo, era stato informato del fatto che il P.F. doveva sistemare tale guaina. Orbene, del tutto correttamente il Giudice del rinvio ha considerato, per un verso, la sussistenza dello specifico incarico dei committenti di verificare - al fine evidentemente di eliminare il difetto - la corretta esecuzione dei precedenti lavori e, per altro verso, la consapevolezza da parte dei medesimi della necessità - per fare ciò - che il P.F. doveva salire nuovamente sul tetto, pur in assenza di qualsiasi struttura idonea ad evitare pericoli di caduta. Tutto ciò nell'ambito di un quadro probatorio dal quale emergeva con evidenza "la qualifica di lavoratore-artigiano della vittima", descritta come persona "priva di una complessa dotazione di mezzi, circostanza quest'ultima ben nota ai committenti" e resa - drammaticamente - evidente dall'uso della bombola di gas prelevata dall'abitazione dei M. allo scopo di "fissare" a caldo la guaina su un cornicione del tetto, con una condotta sicuramente imprudente ma, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, non certo abnorme.
La motivazione, ancorché sintetica, è perfettamente in linea con la giurisprudenza " - che qui interessa - elaborata da questa Corte in relazione ai casi di c.d. committenza "non qualificata" e cioè quando non ricorre la figura del vero e proprio datore di lavoro-committente, assoggettata alle rigorose disposizioni antinfortunistiche, in quanto non v'è dubbio che la richiesta rivolta dagli odierni ricorrenti al prestatore d'opera fosse essa stessa fonte di pericolo, avendo determinato il P.F., tenuto contrattualmente a garantire la qualità esecutiva dell'intervento eseguito sul tetto dell'immobile di proprietà dei M., ad intervenire nuovamente, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, dovendosi realizzare, senza opere provvisionali o altra misura di sicurezza, una lavorazione non ad altezza uomo ma ad un'altezza dal suolo che ne rendeva più difficile e rischiosa la esecuzione, specie per un soggetto privo di una reale - e comunque adeguata - struttura organizzativa di tipo imprenditoriale (Sez. 4, n. 44131 del 15/7/2015, Rv. 264974).
Non v'è dubbio che gli imputati hanno finito per esigere dal prestatore d'opera che si comportasse in quel determinato modo, per conseguire il risultato voluto - l'eliminazione delle infiltrazioni - con conseguente efficacia causale della violazione delle obbligazioni di garanzia di cui si discute rispetto all'evento mortale occorso al P.F..
Quanto alla colpa nella scelta del soggetto a cui affidare i lavori, la giurisprudenza di questa Corte ha statuito che il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, ma non esclusivamente in tal modo (Sez. 4, sent. n. 8589 del 14/1/2008, Rv. 238965).
Va disatteso anche il quarto motivo di ricorso in quanto, per costante giurisprudenza di legittimità, l'accoglimento della richiesta di sospensione dell'esecuzione della condanna civile al pagamento di una somma di denaro postula la prova, ad onere dell'interessato, dell'assoluta necessità della somma stessa al soddisfacimento di bisogni essenziali non altrimenti fronteggiabili (Sez. 5, n. 48115 del 06/11/2009, Rv. 245531).
Nel caso di specie, la parte istante, secondo quanto motivatamente osservato dalla Corte territoriale nell' impugnata sentenza, non ha soddisfatto l'onere probatorio ora richiamato, posto che i ricorrenti non hanno indicato, né allegato, elementi dai quali inferire che il versamento delle somme dovute potesse pregiudicare il soddisfacimento di bisogni essenziali. Questa Corte regolatrice ha chiarito che l'accoglimento della richiesta di sospensione dell'esecuzione della condanna civile al pagamento di una somma di denaro postula la prova, ad onere dell'interessato, dell'assoluta necessità della somma stessa al soddisfacimento di bisogni essenziali, non altrimenti fronteggiabili, che nella nozione di grave e irreparabile danno, rilevante per la sospensione dell'esecuzione della condanna civile, rientra anche il versamento di una somma di denaro particolarmente elevata in rapporto alle disponibilità dell'obbligato, tale da comprometterne le esigenze esistenziali, e che ai fini dell'accoglimento della richiesta di sospensione dell'esecuzione della condanna civile (ex art. 612 c. p. p.), nel caso del pagamento di una somma di denaro, l'istante deve dimostrare che la somma da versare in esecuzione della condanna abbia una incidenza rilevante sul proprio patrimonio (Sez. 2, Sentenza n. 4188 del 14/10/2010, dep. 04/02/2011, Rv. 249401).
In applicazione dei richiamati principi di diritto, la Corte di Appello di Catania ha respinto la richiesta formulata ai sensi dell'art. 612 c.p.p. e gli odierni ricorrenti i quali, a ben vedere, si limitano a riproporre le stesse doglianze, senza neppure adeguatamente confutare le ragioni poste a fondamento della impugnata decisione.
Segue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna al pagamento delle spese del procedimento.
 

P.Q.M.
 

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed la rimborso delle spese del grado sostenute dalle parti civili Omissis che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2016.