Cassazione Penale, Sez. 4, 20 luglio 2016, n. 31237 - Lavori in quota. Violazione del principio del contraddittorio che comporta la nullità dell'ordinanza di archiviazione impugnata


Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: PEZZELLA VINCENZO Data Udienza: 16/06/2016

 

FattoDiritto


1. IL GIP presso il Tribunale di Roma, con ordinanza ex art. 409 cod. proc. pen. del 24.12.2015, dato atto di avere esaminato la richiesta di archiviazione presentata dal PM e l'opposizione della persona offesa, all'esito dell'udienza camerale del 26.11.2015, a scioglimento della riserva, accoglieva la richiesta di archiviazione nei confronti di F.F.+3 per il reato di cui all'art. 589 cod. pen. nel procedimento NRG 7128/13 PM e 20990/13 GIP.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, G.C., moglie della persona offesa deceduta D.M.I., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'alt. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen..
Con un primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge del provvedimento impugnato nella parte in cui lo stesso avrebbe omesso di pronunciarsi sulla opposizione alla richiesta di archiviazione. Lamenta che il GIP si sarebbe limitato ad un giudizio relativo alla sola insufficienza degli elementi probatori acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio, omettendo di pronunciarsi sulle richieste di integrazioni istruttorie indicate nella memoria di opposizione alla richiesta di archiviazione. Ricorda la giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui l'omessa pronuncia sull'opposizione all'archiviazione si traduce in una violazione sostanziale, oltre che formale, del diritto al contraddittorio della persona offesa, vizio correttamente deducibile In cassazione.
In ricorso si lamenta che, nel caso di specie, era evidente che l'opposizione alla richiesta di archiviazione era stata proposta al fine principale di integrare le carenti -quasi inesistenti- indagini operate dal pubblico ministero, il quale aveva motivato la richiesta di archiviazione sulla base delle sole dichiarazioni degli indagati. Anche il gip - ci si duole - ha ritenuto di considerare quale elemento fondante della richiesta di archiviazione le sole dichiarazioni degli indagati, i quali peraltro non sono stati testimoni oculari del sinistro ma riferiscono solo su deduzioni. Ma soprattutto, si lamenta che il provvedimento impugnato non abbia dato alcun conto di quanto richiesto dalla persona offesa nell'atto di opposizione.
Con un secondo motivo si deduce violazione di legge sotto il profilo della abnormità del provvedimento impugnato. Si contesta il punto in cui il GIP ha rilevato, secondo il ricorrente in maniera assolutamente apodittica, come "...gli elementi acquisiti siano insufficienti ed inidonei a sostenere in dibattimento il sussistere di profili di responsabilità penale colposa nei confronti degli indagati, considerato che dalla valutazione degli stessi non è evincibile la circostanza che la persona offesa, quando è caduto dalla scala, stesse lavorando con la mola”. 
Si evidenzia che il fatto che il D.M.I. stesse lavorando con la mola e non stesse semplicemente operando delle misurazioni emergerebbe anche dalla circostanza che nel locale bagno, al momento del sopralluogo, vi era una notevole quantità di polvere (segno evidente che il D.M.I. stesse lavorando con la mola per effettuare le tracce sul muro necessarie agli impianti elettrici).
Per di più, sarebbe da escludere che il D.M.I. sia caduto per un malore, come erroneamente ritenuto dal GIP, in quanto le indagini tossicologiche effettuate dal PM portano ad escludere tale evenienza, soprattutto alla luce della consulenza medico-legale a firma del dottor C. ove si legge che "la morte del D.M.I. è stata causata da un grave politraumatismo corporeo e che tale lesività è compatibile con una precipitazione realizzatasi nel corso di una dinamica che configura la nozione tecnico giuridica di infortunio sul lavoro". Si sottolinea che, peraltro, la stessa PG aveva avanzato l'ipotesi che si fosse trattato di un infortunio sul lavoro nell'informativa del 13/10/2011.
Il provvedimento del GIP motiverebbe solo apoditticamente e quindi sarebbe viziato da motivazione abnorme, e quindi da carenza assoluta di motivazione, al punto tale, quindi, da essere censurabile in Cassazione.
Per questi motivi, chiede annullarsi il provvedimento impugnato e disporsi la trasmissione degli atti al Tribunale di Roma per l'ulteriore corso; ordinare al PM di formulare l'imputazione o comunque disporre gli approfondimenti istruttori indicati nell'opposizione alla richiesta di archiviazione.
3. Il PG preso questa Suprema Corte ha rassegnato in data 10.9.2015 le proprie conclusioni scritte ex art. 611 cod. proc. pen. chiedendo che questa Corte Suprema voglia annullare senza rinvio il provvedimento impugnato e disporre la trasmissione degli atti al GIP presso il Tribunale di Milano per l'ulteriore corso.
4. In data 31.5.2016 veniva depositata una prima memoria difensiva a firma del difensore di A.G. incentrata sulla ricorribilità dell'ordinanza di archiviazione e tesa a contestare nel caso che ci occupa l'abnormità del provvedimento impugnato.
In data 31.5.2016 veniva anche depositata memoria nell'interesse della persona offesa ricorrente con cui venivano illustrate e meglio spiegate le ragioni del ricorso.
In data 10.6.2016 risulta depositata memoria di replica a firma del difensore di A.G. con cui si chiede dichiararsi inammissibile il ricorso della proposto nell'interesse della persona offesa. La stessa è incentrata su due punti: 1. Sulla presunta abnormità del provvedimento e sulla nozione di lavoro in quota; 2.
Sull'eventuale rimessione degli atti in caso di annullamento dell'ordinanza di archiviazione.
5. Il ricorso, tempestivamente proposto, è fondato, nei termini di seguito esposti. Il provvedimento impugnato, pertanto, va annullato senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Roma per una nuova valutazione della richiesta di archiviazione avanzata dal PM che dia conto dell'esame dell'opposizione proposta dalla persona offesa.
Emerge exactis, infatti, cui questa Corte ha ritenuto di accedere in ragione del tipo di doglianza proposta, che l'odierno ricorrente propose formale e tempestiva opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal PM con la quale, tra l'altro, chiedeva l’accertamento, anche tramite nomina di un consulente tecnico: a) della predisposizione da parte del datore di lavoro e del responsabile della sicurezza di misure idonee ed efficaci ex art 18 — 19 d.lgs. 81/08 per la prevenzione di infortuni sul lavoro; b) del rischio di caduta al quale era esposto il D.M.I. in considerazione delle lavorazioni che lo stesso stava eseguendo; c) che le attrezzature utilizzate dal D.M.I., con particolare riferimento alla scala, fossero conformi alla normativa antinfortunistica e che tali attrezzature erano state correttamente utilizzate dall’operaio.
Ora, è pur vero che non è ammissibile il ricorso per Cassazione avverso il decreto o l'ordinanza di archiviazione per vizio di motivazione o per travisamento dell'oggetto o per omessa considerazione di circostanze di fatto già acquisite, dal momento che l'impugnativa innanzi a questa Corte di legittimità è consentita rispetto ai provvedimenti suddetti solo per il mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio. Non possono, perciò, essere censurate le valutazioni espresse dal giudice a fondamento della ordinanza di archiviazione e neppure le considerazioni in base alle quali il P.M. abbia richiesto l’archiviazione, essendo il giudice investito della richiesta del tutto libero di motivare il proprio convincimento anche prescindendo dalle valutazioni dell’organo titolare dell’azione penale (cfr. ex multis, sez. 1 n. 8842 del 7.2.2006). Non è quindi consentito il ricorso per cassazione per motivi diversi da quelli concernenti la citazione e l’intervento delle parti in camera di consiglio, vale a dire per motivi attinenti al merito della notitìa criminis (sez. 6 n. 436 del 5.12.2002).
Tuttavia, nel caso che ci occupa, pur essendo stata citata la parte offesa ed essendosi svolta l'udienza camerale, è stato sostanzialmente negato il contraddittorio, in quanto il GIP, nell’emettere il provvedimento di archiviazione, ha completamente omesso di esaminare l’opposizione proposta (non risulta spesa, invero, la benché minima argomentazione, sia pure per ritenere la non pertinenza delle, richieste istruttorie avanzate dalla medesima parte offesa). Il contradittorio non si realizza soltanto con la presenza delle parti in udienza, ma dandosi conto in motivazione, in termini sostanziali, di averne valutato le questioni proposte. Pertanto, nel caso che ci occupa, l'omessa valutazione dell'atto di opposizione proposto dalla persona offesa avverso la richiesta di archiviazione ha determinato la lamentata violazione del principio del contraddittorio, che comporta la nullità dell'ordinanza di archiviazione impugnata.
 

P.Q.M.
 

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma per l'ulteriore corso.
Così deciso in Roma il 16 giugno 2016