Cassazione Civile, Sez. Lav., 22 dicembre 2016, n. 26801 - Invalidità conseguente ad infortunio: rendita in aggiunta a quella già goduta


 

 

Presidente: BRONZINI GIUSEPPE Relatore: LEO GIUSEPPINA Data pubblicazione: 22/12/2016

 

 

 

Fatto

 


La Corte di Appello di Ancona, con sentenza depositata il 16/2/2011, pronunziando sul gravame interposto da I.A., nei confronti dell'INAIL, avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede resa in data 4/6/2007, in parziale riforma della sentenza di primo grado, compensava le spese di entrambi i gradi di giudizio. Nella sostanza, la Corte di merito confermava la statuizione di prime cure che, a sua volta, aveva respinto la domanda di I.A. intesa ad ottenere il riconoscimento del gradiente invalidante del 6% conseguente a sindrome neurasténica invalidante, con decorrenza dal 26/7/1995, e la condanna dell’Istituto al pagamento della relativa rendita in aggiunta a quella in godimento per il 16% di invalidità conseguente ad infortunio del 29/10/1990.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso I.A. articolando tre motivi ulteriormente illustrati da memoria. LTNAIL resiste con controricorso.
 

 

Diritto

 


1. Con i primi due motivi, che il ricorrente dichiara che debbano essere trattati congiuntamente, “stante la loro inscindibilità nel caso di specie”, viene denunciata, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. la violazione dell’art. 2909 c.c. e la violazione della sentenza n. 379/04 della Corte di Appello di Ancona, stante il valore di giudicato della medesima. In sostanza, si lamenta che la Corte territoriale abbia motivato il rigetto interpretando in modo non corretto la sentenza n. 379/04 che, secondo la Corte di merito, avrebbe statuito, con efficacia di giudicato, sulla questione relativa ai postumi permanenti riattribuiti all’I.A., ritenendo, in tal modo, che il giudice del 2004 abbia accertato, con decisione passata in giudicato, che il 16% di invalidità fosse comprensivo anche del 6% per la sindrome neurasténica. Ciò, senza tenere in alcun conto, a parere del ricorrente, che se la Corte, nel 2004 avesse voluto statuire con effetto di giudicato che il 16% di invalidità per postumi ortopedici e/o traumatologici fosse anche comprensivo del 6% per la sindrome neurasténica lo avrebbe detto espressamente nel dispositivo.
1.1 I motivi non sono fondati, poiché la Corte ha esaminato la sentenza del 2004, rilevando correttamente che la stessa, seppure ha accolto la domanda dell’I.A. intesa al ripristino del trattamento commisurato al gradiente inabilitante del 16% già in godimento, ritenendo non consentita ai sensi dell’art. 83 d.P.R. n. 1124/65, la disposta revisione a seguito della quale il gradiente era stato ridotto all’11% ed era stata disposta la cessazione della rendita per liquidazione in capitale a decorrere dal 1/1/2001, ha altresì rilevato che l’INAIL, in prime cure, aveva subordinatamente chiesto di accertare in sede giudiziale, mediante apposita c.t.u. la natura e l’entità dei postumi dell’infortunio, inclusa la sindrome neurasteniforme riscontrata in sede di primo accertamento dei postumi. La Corte distrettuale ha poi sottolineato che l’I.A. aveva appellato la sentenza che, in primo grado, ne aveva respinto il ricorso, tra l’altro sul rilievo che l’avvenuto miglioramento delle condizioni durante il decennio della costituzione della rendita “doveva essere provato dalla parte che intendeva avvalersene”. Pertanto, secondo quanto correttamente sostenuto nella sentenza oggetto del ricorso di legittimità, nella sentenza del 2004 si è ritenuto che la mancata indicazione della sindrome neurasténica nella comunicazione del 30.1.1996, che confermava il gradiente del 16% sia stata solo frutto di un errore materiale; la stessa inoltre ha anche accertato che la rendita del 16% era stata accertata anche in considerazione del danno neurologico. Correttamente, pertanto, la Corte distrettuale ha reputato che l’accertamento di tale circostanza (che la rendita del 16% già in godimento comprende anche il danno neurologico che il ricorrente pretenderebbe di fare accertare quale autonoma e distinta causa di danno indennizzabile) ha rappresentato indefettibile premessa logica del decisum, compresa quindi nell’oggetto di cosa giudicata che preclude l’accertamento del diritto ad ulteriore indennizzo. Pertanto, poiché vi è stato accertamento in ordine al tipo di danno ed all’entità dello stesso, non può ritenersi fondato quanto sostenuto dal ricorrente circa il fatto che questo non avrebbe costituito oggetto della controversia, in riferimento al quale non è stata avanzata domanda specifica.
2. Con il terzo motivo si lamenta in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 167 c.p.c., nonché, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omessa e/o insufficiente motivazione e si lamenta che la Corte non si soffermi in alcun modo sulla riconvenzionale dell’INAIL valutando se rientrasse o meno nella previsione di cui all’art. 36 c.p.c..
2.2. Tale motivo presenta evidenti profili di inammissibilità, poiché si fonda su una doglianza attinente ad una dedotta errata interpretazione degli atti di causa e, più specificamente, della domanda riconvenzionale spiegata dall'INAIL in prima istanza che, però, non viene riportata nel suo tenore e neppure genericamente enunciata, in violazione del principio, più volte ribadito da questa Corte che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (Cass. n. 14541/2014, cit.). Il ricorso per cassazione deve, pertanto, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni di cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 23675/2013; Cass. n. 1435/2013).
Per tutto quanto esposto, il ricorso va respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, da liquidare in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, 24 febbraio 2016