Cassazione Civile, Sez. Lav., 08 marzo 2017, n. 5862 - Revisione della rendita da infortunio sul lavoro


 

 

 

 

 

Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: RIVERSO ROBERTO Data pubblicazione: 08/03/2017

 

 

 

Fatto

 


Con la sentenza n. 9737/2012 la Corte d'Appello di Roma, pronunciando in sede di rinvio successivamente alla sentenza n. 19277/2005 emessa da questa Corte, accoglieva parzialmente l'appello dell'INAIL avverso la sentenza del Pretore di Roma dichiarando che DG.P. aveva diritto alla rendita complessiva del 41% dall'01/01/2004 fino al decesso.
A fondamento della sentenza la Corte sosteneva, da una parte, che a seguito di nuova ctu era emersa la correttezza della revisione della rendita operata a suo tempo dall'INAIL con la riduzione della percentuale di invalidità permanente complessiva dal 41% al 31%; e dall'altra parte affermava che il ctu aveva indicato che dall'1.1.2004 l'Inail stesso avesse riconosciuto un aggravamento che riportava la rendita al 41%.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione DG.C., DG.L. e DG.LU., nella loro qualità di eredi legittimi del DG.P., affidandosi a due motivi di censura, cui resiste l'INAIL con controricorso.
 

 

Diritto

 


1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano l'errata applicazione, sia del principio affermato dal giudice di legittimità circa l'intangibilità della misura della rendita consolidata, sia della tabella (allegato n. 1 al T.U. 1124/1965, e successive integrazioni e modifiche) relativa alle valutazioni dei postumi causati da infortuni e malattie professionali da quantificare sulla scorta del criterio riduzionistico del Balthazard anche in relazione al pregiudizio connesso all'attività svolta o ad altra della medesima categoria di appartenenza (art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.), sostenendo che le considerazioni del ctu sono contrarie alle più elementari nozioni medico legali.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l'errata applicazione ed interpretazione degli artt. 78, 83 e 137 del T.U. 1124 del 30.6.1965 in relazione al termine, da calcolare a decorrere dalla costituzione della rendita, entro il quale va apprezzato il miglioramento dei postumi da infortunio e da malattia professionale (art., n. 3 e 5, c.p.c.).
3. I motivi, da esaminare unitariamente per la connessione che li correla, sono infondati.
4. La valutazione della Corte territoriale rispetta la sentenza emessa nella precedente fase del giudizio da questa Corte (n. 19277/2005) e l'orientamento affermato dalle Sez. unite con sentenza n. 6043/2005, in quanto, come correttamente affermato nella stessa pronuncia impugnata, in data 23.5.1988, a seguito di visita di revisione, non si era perfezionato il limite esterno della revisione e quindi ben poteva l'INAIL ridurre la complessiva invalidità dal 41% al 34% (superiore comunque al 21% originariamente ricollegato ai postumi derivanti dall'infortunio sul lavoro). Dopo di che il giudice territoriale ha pure accertato sulla scorta di ctu che il miglioramento fosse effettivamente intervenuto, salvo il successivo aggravamento.
5. In effetti, come pure correttamente ricordato dalla Corte d'appello, la sentenza di questa Corte n. 19277/2005 richiamando il precedente cit. delle Sez. Unite aveva affermato che sussistesse il limite esterno della revisione rappresentato dalla data di unificazione della rendita che non può essere inferiore a quella precedentemente consolidata, ma non sussistesse il limite interno ossia l'intangibilità dei postumi stabilizzati del singolo evento lesivo in ragione del suo autonomo regime di consolidamento.
6. Le Sez. unite avevano infatti affermato che "In tema di revisione della rendita unica da infortunio sul lavoro, è consentito procedere a nuova valutazione medico legale del risultato inabilitante complessivo, che può essere accertato anche in misura inferiore a quello provocato dall'infortunio i cui postumi sono consolidati, purché la rendita complessiva da erogare non sia inferiore a quella precedentemente consolidata. I medesimi principi vanno applicati anche nell'ipotesi di revisione di rendita unica (v. Corte costituzionale n. 318 del 1989), essendo anche in tal caso consentito il riesame dei postumi di tutti gli infortuni e la valutazione della complessiva riduzione dell'attitudine al lavoro, purché la rendita unica così ricostituita non sia inferiore a quella liquidata per i precedenti infortuni e già consolidata, mentre l'intangibilità della misura dei postumi stabilizzati del singolo evento lesivo (cosiddetto limite interno) osterebbe alla possibilità di rivalutare il complessivo risultato inabilitante, stabilitosi nel tempo, in base ad un giudizio di sintesi. Dalla data di costituzione della rendita unica, pertanto, comincia a decorrere un nuovo termine per la revisione, che, una volta maturato, rende immodificabile la misura della rendita da erogare".
7. Le censure formulate in ricorso laddove contestano l'individuazione del grado di inabilità fissato dall'INAIL e confermato dalla CTU, in ragione del periodo trascorso dalla visita collegiale, sono anzitutto contrarie ai principi di diritto fissati dalla giurisprudenza in ordine alla legittimità di una nuova valutazione medico legale del risultato Inabilitante complessivo, che può essere invece accertato anche in misura inferiore a quello provocato dall'infortunio i cui postumi si siano consolidati, purché la rendita complessiva da erogare non sia inferiore a quella precedentemente consolidata.
8. Inoltre, laddove mirano a rimettere in discussione la plausibilità del provvedimento riduttivo nel periodo di 11 mesi trascorsi dal 18.5.1994 al 7.4.1995, le stesse censure si risolvono in una critica della valutazione di merito effettuata dal giudice competente sulla scorta della ctu e pertanto in un mero dissenso diagnostico inammissibile in questa sede. Per giurisprudenza consolidata, invero, quando il giudice del merito si basa sulle conclusioni dell'ausiliario, gli eventuali errori e lacune della consulenza si riverberano sulla sentenza soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione. Ma perché ciò possa verificarsi e necessario che si tratti di carenze o deficienze diagnostiche, o di affermazioni illogiche o scientificamente errate, non già di semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l'entità e l'incidenza del dato patologico e il valore diverso allo stesso attribuito dalla parte (ex plurimis, Cass. 11 gennaio 2000 n.225; Cass. 8 agosto 1998 n. 7798).
9. Con la sentenza n.22863/2013 questa Corte ha pure ribadito che in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell'assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, traducendosi, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr., ex plurimis, Cass. 9988/09; Cass. 22707/10; Cass. 569/11; Cass.1652/12).
10. Infine quanto alla censura relativa alla mancata utilizzazione della formula del Balthazard per l'individuazione del grado di invalidità in caso di invalidità multiple va osservato che, come eccepito dall'Inail, la stessa censura risulta inammissibile perchè nuova, non essendo comunque indicato in ricorso dove e quando la stessa doglianza, la quale implica una particolare allegazione di fatto, abbia formato oggetto del contraddittorio nelle pregresse fasi del giudizio.
11. Per i motivi sopra esposti il ricorso deve essere quindi respinto. Nessun provvedimento deve essere adottato sulle spese processuali ai sensi dell'articolo 152 disp. att. c.p.c., nel testo precedente la modifica introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, rientrando la causa ratione temporis nel regime di esenzione (di spese, competenze ed onorari a favore degli istituti di assistenza e previdenza) stabilito da detta normativa, non apparendo la stessa causa temeraria e manifestamente infondata.
11. Sussistono invece i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte del ricorrente ai sensi degli artt. 10 e 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228,
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi dell'art. 13,comma 1-quater D.P.R. n.115 del 2002 si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 6.12.16.