Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 20 marzo 2017, n. 13204 - Accesso ispettivo ed omessa consegna della documentazione richiesta


 

 

Presidente: AMORESANO SILVIO Relatore: RENOLDI CARLO Data Udienza: 23/11/2016

 

 

 

Fatto

 


1. Con sentenza in data 6/03/2015 del Tribunale di Oristano, S.M. fu condannato alla pena di 500,00 euro di ammenda in quanto riconosciuto colpevole della contravvenzione di cui all'art. 4, comma 7, della legge 22 luglio 1961, n. 628, per avere, nella sua qualità di amministratore unico della Felix commerciale S.r.L, omesso di fornire al Servizio Ispezione del lavoro della Direzione provinciale del lavoro di Oristano, la documentazione richiesta con verbale di accesso ispettivo del 20/01/2011 e con nota raccomandata in data 1/03/2011 (e segnatamente: copia dei libretti di circolazione degli automezzi in uso, elenco degli autisti in forza con generalità complete, registrazioni digitali o stampe dei tachigrafi degli automezzi, relativi al periodo da settembre a dicembre 2010); fatti accertati in epoca antecedente e prossima al 16/05/2011 in Oristano. 
Infatti, in occasione del controllo da parte del personale dell'Ufficio del lavoro di Oristano, l'imputato non era stato in grado di esibire la documentazione che gli era stata richiesta in quanto, a suo dire, la medesima gli era stata sequestrata dalla Guardia di Finanza. Successivamente, nonostante i ripetuti solleciti da parte dell'Ispettorato del lavoro, egli non aveva provveduto ad esibire la documentazione richiesta. Tale condotta omissiva fu ritenuta integrare l'art. 4, comma 7 della legge n. 628 del 1961 sussistente, secondo il primo giudice, anche nel caso di mancata esibizione di documenti richiesti dall'Ispettorato del lavoro nell'esercizio dei compiti di vigilanza ad esso demandati dalla legge.
2. Avverso la predetta sentenza, S.M. aveva proposto appello a mezzo del proprio difensore fiduciario. Il gravame deve ritenersi convertito in ricorso per cassazione alla stregua dei principi generali in materia di impugnazione enunciati dall'art. 568, comma 5, cod. proc. pen..
Preliminarmente, l'imputato rileva di non avere mai ricevuto la notifica del verbale contenente la richiesta dell'Ispettorato del lavoro, sicché, a suo dire, mancherebbe l'elemento soggettivo del reato contestato. Infatti, dopo avere rappresentato agli operanti, in occasione dell'accesso ispettivo, di non essere nella disponibilità della "documentazione del lavoro" richiestagli, in precedenza acquisita dalla Guardia di Finanza, l'Ufficio del lavoro avrebbe provveduto, dapprima ad inviargli la diffida all'indirizzo della sede operativa (in Omissis) e non presso la sede legale (in Omissis), diffida rimasta giacente sino alla data del 5/04/2011; e, quindi, a trasmettergli il verbale di prescrizioni all'indirizzo dell'abitazione privata (in Omissis), senza che il relativo plico, anche in questo caso rimasto in giacenza presso le Poste fino al 4/10/2011, recasse l'indicazione di un qualunque collegamento con la Felix commerciale S.r.l. (e, dunque, con le vicende della ispezione).
Nel merito, si opina che la fattispecie contestata non possa essere realizzata dal datore di lavoro nei confronti del quale, a fronte di quel tipo di violazione, dovrebbe farsi luogo all'applicazione dell'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 463 del 1983 (convertito nella legge n. 638 del 1983).
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato.
2. Preliminarmente occorre ricordare che il reato di cui all'art. 4, comma 7 della legge n. 628 del 1961, consiste nel fatto di colui il quale, legalmente richiesto dall'Ispettorato del lavoro, di fornire notizie sulle materie indicate nel medesimo articolo, non le fornisca o le dia scientemente errate od incomplete.
La norma incriminatrice, dunque, sanziona l'inosservanza di obblighi di informazione strumentali a consentire alla competente autorità amministrativa di esercitare le funzioni di vigilanza e controllo alla stessa attribuite dalla legge, a condizione che la richiesta rivolta dall'Ispettorato sia stata legalmente formulata.
Il primo elemento strutturale della fattispecie incriminatrice è, dunque, che vi sia stata una richiesta di informazioni, da parte del soggetto competente, nelle materie specificamente previste dall'art. 4 della legge n. 628 del 1961.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ritiene che l'Ispettorato del lavoro possa, nell'esercizio del potere di informazione strumentale all'accertamento dell'osservanza delle norme in materia di igiene e di sicurezza sui luoghi di lavoro, stabilire il contenuto, il tempo ed il luogo dell'adempimento dell'obbligo avente per oggetto le informazioni richieste (Sez. 3, n. 13406 del 11/10/2000, dep. 28/12/2000, Dami, Rv. 219090). E sempre con riferimento ai contenuti della richiesta si ritiene che essa possa avere ad oggetto semplici notizie, ma anche l'esibizione di documentazione, necessaria all'Ispettorato del lavoro per la vigilanza sull'osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria (Sez. 3, n. 6644 del 2/12/2011, dep. 20/02/2012, Di Stefano, Rv. 252336) e anche quando la richiesta non avvenga nel contesto delle indagini di polizia amministrativa disciplinate dall'art. 8 del d.P.R. n. 520 del 1955 (Sez. 3, n. 42334 del 26/06/2013, dep. 15/10/2013, Tamburrino, Rv. 257225; Sez. 3, n. 7106 del 18/01/2007, dep. 20/02/2007, Debernardis, Rv. 236083). Peraltro, la richiesta deve avere ad oggetto informazioni specifiche e strumentali rispetto ai compiti di vigilanza e di controllo dell'Ispettorato, sicché non integra il reato de quo la condotta omissiva del datore di lavoro al quale sia stata genericamente richiesta la trasmissione della "documentazione di lavoro" (Sez. 3, n. 26974 del 30/05/2001, dep. 4/07/2001, P.G. in proc. Di Marco M, Rv. 219645).
In secondo luogo è necessario che la richiesta sia stata "legalmente" data. Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte si è assestata nel ritenere innanzitutto che il destinatario della richiesta da parte dell'Ispettorato sia il legale rappresentante della ditta, anche quando essa non sia stata rivolta al datore di lavoro personalmente, in quanto è sufficiente che la richiesta venga notificata alla sede dell'azienda perché sia comunque conoscibile dal legale rappresentante di essa (Sez. 3, n. 28701 del 25/05/2004, dep. 1/07/2004, D'Ambra, Rv. 229432).
La richiesta, inoltre, deve considerarsi "legalmente" data anche se effettuata a mezzo lettera raccomandata, in quanto si tratta di un mezzo legale di interpello che offre garanzia di accertamento sulla data di spedizione e di ricevimento (Sez. 3, n. 12923 del 20/02/2008, dep. 27/03/2008, Terranova, Rv. 239353), sicché il reato è pienamente configurabile, non essendone necessaria la notifica nelle forme previste dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 2337 del 14/12/2010, dep. 25/01/2011, Cassano, Rv. 249314). 
In terzo luogo, ai fini dell'integrazione del reato in questione è necessario che vi sia una mancata risposta alla richiesta oppure che la risposta fornita contenga dati non rilevanti e/o non pertinenti rispetto a quelli richiesti. (Sez. 3, n. 2272 del 11/12/2007, dep. 16/01/2008, Procacciante, Rv. 238631, resa in un caso in cui alla richiesta di fornire la documentazione inerente a dimostrare la regolarità contrattuale, previdenziale ed assicurativa del rapporto di lavoro con un dipendente, l'imputato aveva fatto rispondere dal proprio legale, informando l'organo richiedente di essere stato citato in giudizio dal dipendente per questioni attinenti al rapporto di lavoro).
In ultimo, giova ricordare che la fattispecie in esame configura, nella sua forma omissiva, un reato permanente, la cui consumazione si protrae fino all'osservanza della disposizione ovvero alla data della relativa denuncia penale in danno del responsabile (Sez. 3, n. 4687 del 10/12/2002, dep. 31/01/2003, Parmegiani, Rv. 227175) o, secondo altro indirizzo, con il decreto penale di condanna o con la sentenza di primo grado (Sez. 3, n. 753 del 21/02/1997, dep. 14/03/1997, P.M. in proc. Saracino, Rv. 207639). Pertanto, allorché sia previsto un termine per l'adempimento, il reato si perfeziona alla scadenza di detto termine e si protrae per tutto il tempo in cui il destinatario omette volontariamente di adempiere (Sez. 3, n. 13406 del 11/10/2000, dep. 28/12/2000, Dami, Rv. 219090).
3. Sotto altro profilo, giova rilevare, sempre in premessa, che secondo quanto stabilito dall'art. 20 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (intitolato "Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro"), nel caso in cui l'organo di vigilanza abbia accertato la commissione di un reato in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, esso impartisce al contravventore, allo scopo di eliminare la contravvenzione, un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario (comma 1); prescrizione con la quale l'organo può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro (comma 3).
Secondo quanto stabilito dall'art. 21, rubricato "verifica dell'adempimento", del d.lgs. n. 758 del 1994, entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione (comma 1). E quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione accertata. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al Pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione, nonché l'eventuale pagamento della predetta somma (comma 2). Quando, invece, risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al Pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione (comma 3).
Ai sensi del successivo art. 23, rubricato "sospensione del procedimento penale", il procedimento penale per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen., fino al momento in cui il Pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3.
A mente dell'art. 24, rubricato "estinzione del reato", se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2, la contravvenzione si estingue e il Pubblico ministero richiede l'archiviazione della notitia criminis.
4. Tanto premesso, deve ritenersi infondata la tesi difensiva secondo cui non avendo il ricorrente mai ricevuto la notifica del verbale contenente la richiesta dell'Ufficio del lavoro, mancherebbe l'elemento soggettivo del reato contestato.
Sul punto, osserva il Collegio che la questione posta dal ricorrente, benché apparentemente riferibile al profilo sostanziale dell'elemento soggettivo della fattispecie contravvenzionale ascrittagli, attiene, in realtà, al profilo processuale dell'avvenuto esperimento della procedura di definizione amministrativa, il quale, come già osservato, configura una condizione di procedibilità dell'azione. Ciò in quanto, dal punto di vista sostanziale, il reato de quo fu integrato allo scadere del termine per la produzione della documentazione, stabilito alla data del 21/02/2011 (v. pag 3 del verbale), che lo stesso Ispettorato del lavoro aveva indicato, in sede di accesso ispettivo, come quello per l'adempimento degli obblighi informativi.
Pertanto, a tale data, il reato era già stato perfezionato, avendo l'imputato omesso di esibire, nel termine assegnatogli, la documentazione richiesta (copia dei libretti di circolazione degli automezzi in uso, elenco degli autisti in forza con generalità complete, registrazioni digitali o stampe dei tachigrafi degli automezzi, relativi al periodo da settembre a dicembre 2010) e non essendo stati allegati concreti elementi alla stregua dei quali ipotizzare una omissione incolpevole.
Sul punto, infatti, è appena il caso di rilevare che S.M. fosse pienamente a conoscenza del contenuto delle legittime richieste rivolte dall'autorità amministrativa (concernenti non il rilascio di informazioni, ma l'esibizione di documenti) e del termine entro il quale avrebbe dovuto provvedere a rispondere, essendo presente al momento dell'accesso ispettivo e avendo ricevuto copia del relativo verbale, che, peraltro, gli operanti avevano provveduto a rileggergli su sua espressa richiesta.
5. Tanto osservato, sono infondate le doglianze relative alla mancata conoscenza del contenuto del verbale di prescrizioni, che, in ipotesi, avrebbe potuto impedire il verificarsi della ricordata condizione di procedibilità dell'azione penale, la cui sussistenza il giudice è tenuto ad accertare anche d'ufficio (Sez. 3, n. 43825 del 4/10/2007, dep. 26/11/2007, Di Santo, Rv. 238260).
In argomento, giova premettere che secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro non richiede una formale notificazione del verbale di ammissione al pagamento redatto dalla pubblica amministrazione successivamente alla verifica della avvenuta eliminazione della violazione, essendo sufficiente una modalità idonea a raggiungere il risultato di notiziare il contravventore della ammissione al pagamento e del relativo termine (Sez. 3, n. 5892 del 24/06/2014, dep. 10/02/2015, Giordano, Rv. 264062; Sez. 3, n. 43839 del 24/10/2007, dep. 26/11/2007, Paiano, Rv. 238271; Sez. 3, n. 38680 del 8/07/2004, dep. 1/10/2004, Coscia, Rv. 229628).
Nel caso di specie, entrambe le comunicazioni - sia la diffida a esibire la documentazione già richiesta in occasione dell'accesso nella sede operativa, sia il verbale di prescrizioni - sono state notificate a mezzo posta, senza che peraltro il destinatario abbia mai provveduto al ritiro del plico. In entrambi i casi, peraltro, la notifica risulta effettuata presso un luogo nel quale l'interessato aveva la possibilità di pacifico accesso agli atti a lui destinati: in un caso la sede operativa della ditta, ove S.M. si trovava il giorno dell'accesso da parte dell'Ispettorato; e, nell'altro caso, addirittura presso l'abitazione privata, rispetto alla quale l'imputato non ha dedotto alcun concreto elemento idoneo a comprovare l'esistenza di specifici ostacoli al ricevimento della missiva. Corretta deve, dunque, ritenersi la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha rilevato la correttezza della notifica esperita, nelle forme della "compiuta giacenza", dovendo il mancato ritiro delle missive imputarsi alla esclusiva decisione di S.M..
6. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23/11/2016