Cassazione Civile, Sez. 6, 05 maggio 2017, n. 10948 - Rendita a seguito di infortunio sul lavoro


 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 05/05/2017

 

 

Rilevato:
che, con sentenza del 12 febbraio 2015, Corte di appello di Potenza confermava la decisione del Tribunale di Matera di rigetto della domanda proposta da N.D. nei confronti dell'INAIL volta al riconoscimento della rendita a seguito dell'infortunio sul lavoro occorsogli il 4 agosto 2006;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il N.D. affidato ad un unico articolato motivo cui resiste con controricorso l'INAIL;
che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio; che il N.D. ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui si ribadiscono le argomentazioni di cui al ricorso evidenziandosi come la censura alla impugnata sentenza concernesse la violazione dell'art. 2 , all. 1 del DM 12.7.2000 e che il fatto il cui esame era stato omesso era l'attività espletata da esso ricorrente; che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
 

 

Considerato:
che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, all. 1 del DM. 12 luglio 2000 (in relazione all’art. 360, primo comma n.3, cod. proc. civ.) ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (in relazione all’art. 360, primo comma, n.5 cod. proc. civ.) per avere la Corte di Appello omesso di procedere ad una stima complessiva del danno con riferimento all’entità del pregiudizio effettivo limitandosi ad operare una somma delle singole menomazioni tabellate, peraltro attribuendo una percentuale di riduzione della attitudine lavorativa del 5% con una motivazione viziata dal non aver considerato l’incidenza dei postumi invalidanti riscontrati con riferimento al tipo di attività (muratore specializzato) svolta dal ricorrente;
che il motivo è inammissibile in quanto: riguardo alla dedotta violazione di legge, perché l’impugnata sentenza ha sottolineato come il consulente tecnico nominato in primo grado avesse equiparato i postumi funzionali residuati al N.D. a seguito dell’infortunio (lesione dei tendini flessori delle falangi distali del quarto e quinto dito della mano destra con un’anchilosi flessoria delle inter-falangee distali) alla tabellata ben più grave perdita anatomica delle falangi ungueali dell’anulare e del mignolo ragion per cui la censura secondo cui si sarebbe dovuto procedere ad una valutazione complessiva del danno risulta generica non riportando, neppure nei passi salienti, il contenuto della consulenza tecnica al quale il giudice del gravame si è uniformato (v., ex multis, Cass. n. 21632 del 20/09/2013; Cass. n. 4201 del 22/02/2010); il dedotto vizio di motivazione non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 - così come novellato dall’art. 54, comma 1° lett. b) d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012 n. 134, applicabile all’impugnata sentenza pubblicata dopo 11 settembre 2012 ( ai sensi dell’art. 54, comma 3° d.l. cit.) — nella interpretazione fornitane dalle Sezioni Unite di questa Corte ( SU n. 8053 del 7 aprile 2014); peraltro, nella decisione impugnata emerge con evidenza che il giudice del gravame ha tenuto conto dell’attività svolta dal N.D. di cui dà atto nello “svolgimento del processo” ed in motivazione in cui si fa riferimento al danno funzionale sottolineandosi come lo stesso sia stato valutato ed equiparato a quello, ben più grave, derivato da perdita anatomica;
che, pertanto, la proposta del relatore è pienamente condivisibile ragion per cui il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a tìtolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notìfica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell'atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014).
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017.