Cassazione Penale, Sez. 4, 11 maggio 2017, n. 23088 - Caduta dall'alto del lavoratore e responsabilità del datore di lavoro per omessa valutazione dei rischi e mancata formazione


 

Penale Sent. Sez. 4 Num. 23088 Anno 2017 Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA Data Udienza: 01/02/2017

 

 

 

Fatto

 


M.B. ha proposto ricorso per mezzo del difensore avverso la sentenza della Corte di appello di Milano emessa, in data 11.9.2013, in parziale riforma, limitatamente al trattamento sanzionatorio, della sentenza del Tribunale di Milano con la quale il predetto, in qualità di legale rappresentante della COTRA snc, per colpa consistita in negligenza, imperizia e violazione delle leggi in materia di infortuni sul lavoro (in particolare art. 17 co. 1 lett. a) e 37 D.Lgs. 81/2008, art. 2087 c.c.), cagionava a M.G., autista alle sue dipendenze, lesioni personali consistite in una frattura della rotula sinistra e del polso destro giudicate guaribili in giorni 241.
Come risulta dalla ricostruzione dell’infortunio sul lavoro riportata nella sentenza impugnata, il M.G. - autista della Cotra da circa venti anni con le funzioni di conduzione di un camion per il trasporto di agglomerati di rifiuti (cd. ecoballe) - il giorno 23.11.2010, mentre era impegnato nel carico delle ecoballe all’interno dell’Azienda, raggiunta la sommità del rimorchio con una scala a disposizione per collocare le reti di protezione del carico, poggiò il piede su una lastra di plexiglas, perse l’equilibrio, cadendo da un’altezza di quattro metri e riportando le lesione suindicate.
I giudici di merito ritennero che la responsabilità dell’incidente fosse da addebitarsi al M.B. in quanto legale rappresentante della COTRA e datore di lavoro del dipendente infortunasi; peraltro, in assenza di delega di funzioni ex art. 16 d.lgs 81/2008, doveva essere ritenuto responsabile della sicurezza e, dunque titolare di una posizione di garanzia per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Quanto alle cause dell’incidente, ritenevano che esso si fosse verificato per la mancata predisposizione di determinate cautele ed accorgimenti nello svolgimento della mansioni affidate al M.G. che era quella di posizionare le ecoballe sul rimorchio e di collocare le reti di protezione, quali, ad esempio, passerelle mobili per raggiungere quella altezza o una scala diversa da quella usata dal lavoratore per arrivare sulla sommità del carico, più sicura, dotata di piedistallo su cui lavorare in sicurezza; inoltre era stato accertato dal tecnico della USL, che il datore di lavoro non aveva predisposto il documento di valutazione dei rischi in violazione dell’art. 17 D.lvo 81/2008, né aveva predisposto corsi di formazione ed informazione dei rischi connessi alle lavorazioni per i dipendenti.
A sostegno del ricorso la difesa del ricorrente ha dedotto vizio di motivazione con riguardo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omessa predisposizione delle misure antinfortunistiche e l’evento dannoso limitandosi a dedurlo dalla generica violazione delle norme antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Secondo la difesa, non si è proceduto all’accertamento della condotta colposa che ha determinato la caduta del lavoratore e, in secondo luogo, non si è effettuato il giudizio contraffattuale indicato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di causalità omissiva, per verificare se, realizzata la condotta doverosa omessa, l’evento dannoso si sarebbe comunque verificato.
 

 

Diritto

 


Il ricorso è infondato data l’eccessiva genericità delle censure mosse.
Quanto ai profili di colpa dell’imputato occorre precisare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte di appello si è soffermata sul punto con argomentazioni del tutto logiche ed adeguate. In particolare i giudici di seconde cure si sono soffermati sulla mancata valutazione del rischio non avendo il datore neppure predisposto il documento di valutazione dei rischi (DVR). Dunque non era stata fatta alcune valutazione del rischio di caduta dall’alto e nel caso di specie l’incidente si è verificato proprio nel corso di lavori in quota superiori a due metri; lavori per i quali il D.lvo 81/2008 prescrive la previsione e predisposizione di specifiche misure antinfortunistiche. Inoltre la Corte territoriale ha rilevato l’assenza di adeguata istruzione ed informazione dei lavoratori sui rischi della lavorazione.
Secondo l’assunto difensivo, inoltre, la Corte non avrebbe individuato il nesso di causalità tra la condotta doverosa omessa - adozione del DVR e adempimento obblighi informativi nei confronti dei lavoratori - e l’infortunio del M.G. non avendo specificato i singoli rischi che l’adozione del predetto documento avrebbe potuto scongiurare e le misure da adottare. Certamente il nesso di causalità, per potersi accertare presuppone la individuazione di misure antinfortunistiche la cui omessa predisposizione deve essere verificata al pari della colpa ma la censura mossa dalla difesa non risponde a verità. La sentenza di appello contiene un elenco - chiaramente non esaustivo - delle misure atte a proteggere il lavoratore dal rischio di caduta nei lavori in quota, misure che avrebbero dovuto essere indicate nel documento di valutazioni rischi ed adottate dal M.B..
In particolare i giudici di appello hanno precisato, come il rischio connesso ai lavori effettuati in quota - cioè ad un’altezza pari/superiore ai due metri - sia particolarmente elevato e richieda, quindi, l’adozione quanto meno di una serie di “cautele minime” atte ad evitare la caduta dall’alto. Tali cautele consistono nell’apposizione di protezioni esterne laterali situate all’altezza dei lavori e per l’intero perimetro del rimorchio in modo da limitare/neutralizzare le conseguenze di eventuali cadute del lavoratore da altezze considerevoli (come quella del caso di specie); nell’impiego di tra battelli per salire da spostarsi secondo l’avanzamento dei lavori; nell’utilizzo di una cintura di sicurezza da agganciare ad elemento fisso . A ciò si aggiunga la necessaria formazione del lavoratore che deve essere reso edotto di tutti i rischi generali e specifici connessi alle mansioni svolte: una formazione che, evidenziano i giudici di appello, è del tutto mancata nei confronti del M.G. nonostante il medesimo fosse da tempo preposto ad un’attività intrinsecamente rischiosa sotto il profilo della caduta dall’alto svolgendosi la stessa per lo più in quota.
Tanto premesso il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 


P.Q.M.
 

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, in data 1 febbraio 2017.