Cassazione Civile, Sez. 6, 06 giugno 2017, n. 14042 - Rendita per invalidità derivata da infortunio sul lavoro


 

 

 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 06/06/2017


 

 

Rilevato
che, con sentenza del 1° dicembre 2015, la Corte di Appello di Catanzaro confermava la decisione del Tribunale di Castrovillari - di rigetto della domanda proposta da A.G.L. nei confronti dell’INAIL ed intesa ad ottenere la rendita per invalidità derivata dall'infortunio sul lavoro occorsogli l’8 gennaio 2003 nella misura del 22% e l’indennità per 251 giorni di inabilità temporanea - avendo ritenuto, all’esito dell’espletamento di una nuova consulenza tecnica d’ufficio, che la “sublussazione dell’anca” diagnosticata al ricorrente non fosse eziologicamente riconducibile al detto infortunio;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il A.G.L. affidato a due motivi cui l’INAIL resiste con controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio; che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;

 


Considerato
che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 79 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (in relazione all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ.) per avere la Corte di Appello acriticamente ritenuto di non dover applicare la formula di Gabrielli perché non vi sarebbe stato danno biologico; con il secondo motivo viene lamentata omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ( in relazione all’art. 360, primo comma n.5, cod. proc. civ.) in quanto la Corte territoriale non avrebbe valutato l’effettivo pregiudizio patito dal A.G.L. a seguito dell’infortunio in questione anche in relazione alle sue attitudini lavorative;
che il primo motivo è inammissibile perché non conferente con la motivazione dell’impugnata sentenza che, aderendo alle conclusioni della consulenza tecnica nuovamente espletata in appello, ha escluso la ricorrenza del nesso di causalità tra l’infortunio de quo e la “sublussazione della testa” del femore spiegando anche che la formula del Gabrielli non era applicabile non sussistendo postumi permanenti ascrivibili all’infortunio;
che il secondo motivo è inammissibile in quanto non ricorre una ipotesi di omessa motivazione in quanto la Corte di Appello ha escluso, con una motivazione adeguata, l’esistenza di qualsiasi efficacia causale dell’infortunio rispetto ai postumi lamentati dal A.G.L. ed in considerazione del fatto che il vizio di motivazione insufficiente non è contemplato dall’art. 360, primo comma , n.5 , così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte ( SU n. 8053 del 7 aprile 2014 secondo cui il controllo della motivazione è ora confinato sub specie nullitatis, in relazione al n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione);
che, dunque, il ricorso va dichiarato inammissibile; che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore dell’INAIL;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell'atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014); inoltre, il presupposto di insorgenza dell'obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014);
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater., del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2017.