Rassegna giurisprudenziale
a cura di Arianna Arganese
IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE DOPO IL D.LGS. n. 81/2008 |
Aggiornata al 18.05.2017
Indice
1. Comunitarie e Internazionali
2. Nazionali e Regionali
3. Decreti, circolari e note ministeriali e accordi Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano
4. Interpelli
5. Prassi amministrativa
6 Accordi, contrattazione collettiva e documentazione sindacale
2) Percorsi di lettura
3) Giurisprudenza: Rassegna
1. Il Servizio di prevenzione e protezione ed il suo Responsabile: definizioni, requisiti, compiti, ruolo e rapporti con il datore di lavoro
2. Designazione del RSPP non equivale a delega di funzioni
3. Incompatibilità fra la funzione di RLS e di coordinatore per l’esecuzione dei lavori con il RSPP
4. RSPP e DL: principio di affidamento ed esenzione dalla responsabilità del DL
5. Ipotesi di responsabilità del RSPP
6. Ipotesi di esonero dalla responsabilità del RSPP
4) Giurisprudenza di riferimento
1. Corte di Giustizia della Comunità Europea
2. Cassazione penale
3. Cassazione Civile
4. Giurisprudenza Penale di merito
5. Giurisprudenza Civile di merito
6. Giurisprudenza Amministrativa
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3. Decreti, circolari, note ministeriali e accordi Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano
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6. Accordi, contrattazione collettiva e documentazione sindacale |
• 2011 |
• 2017 - CASARRUBIA S. (a cura di), Rassegna della giurisprudenza: Il RSPP non è delegato di funzioni, ma può risultare corresponsabile dell'infortunio insieme al datore di lavoro; Oneri per la sicurezza: necessario il soccorso istruttorio, se la loro indicazione non è specificata nella legge di gara; Il D.V.R., la formazione del lavoratore e le misure di protezione vanno adeguate al mutare delle condizioni di lavoro; Sulle posizioni di garanzia del lavoratore verso i suoi colleghi, in Ambiente e sicurezza sul lavoro, EPC, 3, 2017, 114-116 • 2016 - AA.VV., Interpello sullo svolgimento dei corsi e-learning per RSPP e ASPP, in Puntosicuro, 28.10.2016 • 2015 - AA.VV., Interpello: la formazione RSPP e i nuovi codici Ateco, in Puntosicuro, 05.11.2015 • 2014 - ARGANESE A., Le posizioni di garanzia (originaria e derivata) in particolare nell’ambito delle organizzazioni complesse: datore di lavoro, dirigente, preposto (anche di fatto) e responsabile del servizio di prevenzione e protezione (punti 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 in diritto), Cassazione Penale, Sez. Unite, 18.09.2014, n. 38343 - Thyssenkrupp, in Guida alla lettura, http://olympus.uniurb.it • 2013 - ALLEGREZZA R., Applicazione delle norme di cui al d.lgs. n. 81/2008 nella gestione dei reparti “Stuntmen” e “addetto effetti speciali”, Interpello n. 06/2013 del 02.05.2013, in Guida alla lettura, http://olympus.uniurb.it • 2012 - DE PAOLIS A., Il decreto legislativo n. 81 del 2008 e le Forze armate - 3.4. Servizio di prevenzione e protezione, in http://olympus.uniurb.it • 2011 - ALLEGREZZA R., La responsabilità penale del RSPP, Cass. Pen., sez. 4, 27.01.2011, n. 2814, in Guida alla lettura, http://olympus.uniurb.it • 2010 - LAZZARI C., Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, in ZOPPOLI L., PASCUCCI P., NATULLO G. (a cura di), Le nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori, II ed., IPSOA, 2010, 414-438 • 2009 - SCARCELLA A., Unico ma sicuro. Il servizio centralizzato di prevenzione e protezione, in Ambiente & sicurezza sul lavoro, 2009, n. 1, 24 • 2008 - PASCUCCI P., Dopo la legge n. 123 del 2007. Prime osservazioni sul Titolo I del D.Lgs. 81 del 2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (parte III), in http://olympus.uniurb.it |
1. Il Servizio di prevenzione e protezione ed il suo Responsabile: definizioni, requisiti, compiti, ruolo e rapporti con il datore di lavoro
Definizioni. Il d.lgs. n. 81/2008 conferma la centralità del servizio di prevenzione e protezione (SPP), quale «insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori» (art. 2, c. 1, lett. l), nella gestione del sistema prevenzionale aziendale. Il SPP è composto da personale qualificato: tanto gli addetti (ASPP) che vi fanno parte, quanto il suo Responsabile (RSPP), che lo coordina, devono essere infatti «in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’art. 32» (art. 2, c. 1, rispettivamente lett. g, f). Il legislatore, pertanto, sulla spinta della direttiva quadro n. 391/1989 CEE, ha affiancato alla linea operativa (DL, dirigente e preposto), destinata a garantire l’attuazione delle condizioni di sicurezza, un servizio tecnico di staff (il SPP), composto da persone esperte e formate (ASPP e RSPP), cui sono affidati compiti di mera consulenza del DL, specificando espressamente che la nomina del SPP non lo esonera comunque da responsabilità (art. 31, c. 5). Il legislatore, dando seguito alla sentenza di condanna della Corte di giustizia della Comunità europea, sez. V, 15.11.2001, causa C-49/00, contro la Repubblica Italiana, per inadempimento ed incompleta trasposizione dell’art. 7, punto 8), della Direttiva quadro CEE n. 89/391, nella parte in cui richiede agli Stati membri di individuare le “capacità ed attitudini necessarie” dei collaboratori di cui si avvalga il DL per l’assolvimento dell’obbligo di sicurezza, ritenendo inadeguati i requisiti originariamente previsti dall’art. 8, d.lgs. n. 626/1994, era già intervenuto con il d.lgs. n. 195/2003, introducendo l’art. 8-bis e rinviando, per le specifiche determinazioni, ad appositi accordi finalizzati alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per RSPP e ASPP, da sottoscriversi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in tal modo costruendo il ruolo di RSPP come corrispondente ad una precisa qualifica professionale. Tale impianto ha ricevuto piena conferma nell’art. 32 del d.lgs. n. 81/2008, ove si ribadisce, non solo, che le capacità ed i requisiti professionali degli addetti e responsabili (interni o esterni) del SPP devono essere «adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative» e, quindi, tali da consentire loro di poter effettuare una valutazione dei rischi presenti sul luogo di lavoro; ma anche che per lo svolgimento delle loro funzioni tali soggetti devono essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore, nonché di un attestato di frequenza a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative e, in ogni caso, coerenti con quanto previsto in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da ultimo, con il recente accordo del 07.07.2016 (che ha superato l’originario Accordo del 26.01.2006 e le sue linee guida interpretative del 05.10.2006), entrato in vigore il 03.09.2016. La frequenza ai corsi di formazione, in particolare, costituisce un vero e proprio obbligo previsto a carico degli ASPP e dei RSPP (art. 32, c. 6), anche nell’ipotesi in cui, ricorrendone i presupposti, il DL svolga direttamente i compiti propri del SPP, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione (art. 34, c. 2). L’inadempimento dell’obbligo formativo da parte del datore di lavoro/RSPP, peraltro, è espressamente sanzionato dall’art. 55, c. 1, lett. b, con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda e comporta la sua condanna in caso di accertamento della violazione di tale obbligo (Cass. pen., sez. 4, 24.04.2012, n. 15748). La giurisprudenza, peraltro, ha condannato il DL per violazione dell’obbligo formativo anche in caso di mancata designazione del RSPP, ritenendo, in tale ipotesi, che i compiti del SPP dovessero essere svolti direttamente dal DL, il quale, pertanto, avrebbe dovuto munirsi dell'attestato di frequenza dell'apposito corso di formazione (Cass. pen., sez. feriale, 22.10.2008, n. 39513). L’art. 33 specifica quelli che sono i compiti affidati al SPP, la cui inosservanza, in ogni caso, non è sanzionata penalmente. Il SPP, in particolare, è chiamato a provvedere: alla individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi, alla individuazione e conseguente elaborazione delle misure di prevenzione e protezione e delle procedure di sicurezza per le varie attività aziendali, ed alla proposizione di programmi di informazione e formazione, fornendo ai lavoratori tutte le informazioni di cui all’art. 36, nonché a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro ed alla riunione periodica. Non si tratta, quindi, di funzioni operative, quanto di attività complementari o preparatorie a quelle proprie del DL, il quale, pertanto, si avvale del SPP (art. 33, c. 3) per adempiere agli obblighi di sicurezza di cui è destinatario, a conferma della natura strumentale del servizio SPP che, infatti, non può adottare misure di sicurezza né, tanto meno, disporre di poteri di spesa, bensì soltanto assicurare una consulenza tecnica al DL. Il legislatore, quindi, assegnando al SPP compiti tendenzialmente propositivi e programmatici, ma non di autonomia decisionale ed operativa, ha concepito la collaborazione prestata dal RSPP a favore del DL quale obbligazione di mezzi e non di risultato, spettando al RSPP, di assolvere ai compiti di cui all’art. 33, c. 1, di valutazione, programmazione e consulenza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ed al DL (direttamente o tramite i componenti dell’organizzazione aziendale), di ottemperare all’obbligo di sicurezza, assumendo tutte le iniziative necessarie per eliminare o quanto meno minimizzare le situazioni di rischio evidenziate dal SPP. Il legislatore ha inteso la figura del Responsabile quale soggetto che funge da “coordinatore funzionale” degli interventi del Servizio, presupponendo una situazione organizzativa complessa, in cui operino una pluralità di addetti i quali, per l’appunto, necessitino di essere coordinati;viceversa, laddove le dimensioni dell’azienda siano tali per cui il RSPP sia anche l’unica persona designata, questi potrà identificarsi singolarmente con il servizio stesso e ad esso verranno addebitati i compiti previsti, nel suo complesso, per il SPP. Il rapporto che lega il RSPP al DL è diretto e di tipo fiduciario: il RSPP è “designato” dal DL, a cui risponde direttamente del proprio operato, per coordinare il SPP; la sua nomina è necessaria e costituisce un obbligo indelegabile del DL (art. 17, c. 1, lett. b); il suo nominativo va indicato nel documento di valutazione dei rischi e comunicato ai lavoratori, unitamente a quello degli addetti (art. 36, c. 1, lett. d), a testimonianza del rapporto fiduciario sotteso alla sua designazione. La nomina del RSPP, cui sono demandati dalla legge compiti di studio, di valutazione, elaborazione, proposta di misure prevenzionali e procedure di sicurezza (non già poteri direttamente operativi, gestori e di spesa), non fa in ogni caso venire meno gli obblighi di vigilanza e controllo, che gravano sul DL (Cass. Pen., sez. 4, 04.07.2008, n. 27420). Il rapporto del RSPP con il DL, quindi, si svolge secondo due direttrici fondamentali: dipendenza e collaborazione. La prima fa da cornice al rapporto, mentre la seconda ne fissa i contenuti: La giurisprudenza ha ormai definitivamente chiarito che il RSPP, al pari dei suoi componenti, è «un mero ausiliario del datore di lavoro, privo di poteri decisionali» (Cass. pen., sez. 4, 25.03.2010, n. 11582), «una sorta di consulente … ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell’amministrazione dell’azienda (…) vengono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest’ultimo delle eventuali negligenze del consulente è chiamato comunque a rispondere» (Cass. pen., sez. 4, 15.01.2010, n. 1834; v. anche Cass. pen., sez. 4, 17.12.2012, n. 49031; Cass. pen., sez. feriale, 26.08.2010, n. 32357; Cass. pen., sez. 4, 20.08.2010, n. 32195; Cass. pen., sez. 4, 20.06.2008, n. 25288; Cass. pen., sez. 4, 15.05.2008, n. 19523). Il RSPP è, dunque, il soggetto che, in quanto sprovvisto di potere decisionale in ordine alle spese da effettuare ed alle misure di sicurezza da adottare, è privo di una responsabilità diretta (e quindi di una posizione di garanzia) rispetto all’osservanza della norma antinfortunistica, pertanto opera in qualità di semplice soggetto ausiliario e con funzioni meramente consulenziali, per conto del DL, offrendo competenze tecniche professionali in materia e specifica professionalità non ravvisabili in capo al DL, sul quale, pertanto, continuano direttamente ad incombere tutti gli obblighi relativi alla prevenzione (art. 31, c. 5). Essendo concepita quale obbligazione di mezzi e non di risultato, la collaborazione prestata dal RSPP al DL non può costituire fonte autonoma di responsabilità: dunque, il profilo di (penale) responsabilità fa capo esclusivamente al DL, il quale, pur avvalendosi della collaborazione del RSPP, rimane in ogni caso libero di non condividerne, in tutto o in parte, il risultato, qualora non lo soddisfi. Coerentemente, l’apparato sanzionatorio approntato dal d.lgs. n. 81/2008 non include il RSPP (né gli ASPP) tra i soggetti direttamente destinatari, sul piano contravvenzionale, degli obblighi prevenzionali di salute e sicurezza, riconoscendo che solo il DL, i dirigenti e i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, sono titolari, anche di fatto (art. 299), di una autonoma posizione di garanzia, che impone loro l’obbligo di agire per attuare i precetti contenuti nella normativa sulla sicurezza sotto il profilo della programmazione, esecuzione e vigilanza sulla loro corretta applicazione e, conseguentemente, di risponderne personalmente penalmente, in caso di violazione. La giurisprudenza unanime ha escluso che la “designazione” del RSPP equivalga ad una “delega di funzioni”, pertanto, a differenza della delega, che consente al DL di trasferire ad altri (il delegato), la sua posizione di garanzia, la designazione del RSPP non esonera il DL dal rispetto degli obblighi prevenzionali in materia di sicurezza. La giurisprudenza, durante la vigenza del d.lgs. n. 626/1994, aveva affermato l’incompatibilità fra la funzione di RSPP, con quella di RLS (Cass. civ., sez. lav., 15.09.2006, n. 19965), attualmente disposta dall’art. 50, c. 7, del d.lgs. n. 81/2008, che l’ha estesa anche alla nomina degli ASPP; analoghe considerazioni possono essere svolte a proposito del cumulo delle funzioni di RSPP designato dal DL delle imprese esecutrici e, dopo il d.lgs. n. 106/2009, altresì di quelle affidatarie, con il ruolo di coordinatore per l’esecuzione dei lavori secondo quanto previsto dall’art. 89, c. 1, lett. f. Come confermato da alcuni interventi della giurisprudenza, il riconoscimento operato a partire dal d.lgs. n. 195/2003 del RSPP in termini di qualifica professionale, ha prodotto inevitabili ripercussioni anche sul principio di affidamento del datore di lavoro (Cass. pen., sez. 4, 08.02.2008, n. 6277, confermata da Cass. pen., sez. 4, 15.01.2010, n. 1834; Cass. pen., sez. 4, 04.02.2010, n. 4939), tanto da arrivare ad indicare esplicitamente nel decreto del 2003 la fonte della costituzione, in capo al RSPP, di una vera e propria posizione di garanzia, con la conseguente assunzione di responsabilità ogni qualvolta un infortunio sia riconducibile anche alla mancata segnalazione di una situazione di pericolo che il responsabile avrebbe avuto l’obbligo di evidenziare (Cass. pen., sez. 4, 10.06.2009, n. 23929). Così, è stato affermato che «il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà, insieme a questi, dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo» (Cass. pen., sez. 4, 20.04.2005, n. 11351). Particolarmente significativa è la sentenza delle SS.UU. pen., 24.04.2014, n. 38343 (“Thyssenkryupp”), la quale, al paragrafo 21, si occupa della posizione del RSPP, quale «peculiare figura istituzionale del sistema prevenzionistico che, insieme al medico competente, svolge un importante ruolo di collaborazione con il datore di lavoro». Le SS.UU., in particolare, richiamandosi sul punto a consolidata giurisprudenza «che ravvisa la responsabilità anche in capo al RSPP qualora si accerti che la mancata adozione di una misura precauzionale da parte del datore di lavoro è il frutto dell'omissione colposa di un suo compito professionale», chiariscono che «Il servizio, ora previsto dagli artt. 31 e ss. del T.U, deve essere composto da persone munite di specifiche capacità e requisiti professionali adeguati ai bisogni dell'organizzazione; ed ha rilevanti compiti, che consistono nell'individuazione e valutazione dei rischi, nonché nel proporre le misure preventive e protettive di cui all'art. 28. Questa figura svolge una delicata funzione di supporto informativo, valutativo e programmatico ma è priva di autonomia decisionale: essa, tuttavia coopera in un contesto che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e competenze. In breve, un lavoro in équipe. Alla luce di tali considerazioni è possibile rispondere alla ricorrente domanda se i componenti dell'organo possano assumere la veste di garante. Si è tratto argomento negativo dal fatto che tali soggetti non sono destinatari in prima persona di obblighi sanzionati penalmente; e svolgono un ruolo non operativo ma di mera consulenza. L'argomento non è tuttavia decisivo. In realtà, l'assenza di obblighi penalmente sanzionati si spiega agevolmente proprio per il fatto che il servizio è privo di un ruolo gestionale, decisionale, e svolge solo una funzione di supporto alle determinazioni del datore di lavoro. L'assenza di sanzioni penali, tuttavia, non è risolutiva per escludere il ruolo di garante. Ciò che importa è che i componenti del SPP siano destinatari di obblighi giuridici; e non può esservi dubbio che, con l'assunzione dell'incarico, essi assumano l'obbligo giuridico di svolgere diligentemente le funzioni che si sono viste. D'altra parte, il ruolo svolto da costoro è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro. La loro attività può ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell'evento illecito. Si pensi al caso del SPP che manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da competenze specialistiche. In situazioni del genere pare ragionevole pensare di attribuire, in presenza di tutti i presupposti di legge ed in particolare di una condotta colposa, la responsabilità dell'evento ai soggetti di cui parliamo. Una diversa soluzione rischierebbe di far gravare sul datore di lavoro una , responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza tecnico-scientifica. La responsabilità di tale figura è stata del resto ammessa da diverse pronunzie della Corte di cassazione (Sez. 4, n. 25288 del 23/04/2008, Maciocia, Rv. 240297; Sez. 4, n. 16134 del 18/03/2010, Santoro, Rv. 247098; Sez. 4, n. 32195 del 15/07/2010, Scagliarini, Rv. 248555; Sez. 4, n. 2814 del 21/12/2010, Di Mascio, Rv. 249626; Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison, Rv. 254094)». Ne concludono le SS.UU. che riconosciuto al RSPP il ruolo di garante, ne consegue, a suo carico, l’obbligo «di svolgere in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro e di dissuaderlo da scelte magari economicamente seducenti ma esiziali per la sicurezza». Altro recente caso di condanna del RSPP ascrivibile all'orientamento qui ricostruito è Cass. pen., sez. 4, 22.03.2016, n. 12223, resa nel caso del crollo del soffitto del Liceo "Darwin" di Torino in cui perse la vita uno studente e un altro riportò lesioni permanenti. In tale occasione la Suprema Corte, ha condannato tutti e tre i RSPP succedutisi nel tempo per non aver segnalato la condizione di pericolo della scuola (consistente nel rischio di crolli a seguito di lavori svolti), causando, in tal modo, il mancato adeguamento strutturale della scuola, sottolineando il fatto che un professionista come un RSPP deve svolgere la sua funzione con la massima attenzione, se del caso rivolgendosi a soggetti terzi per approfondire condizioni di rischio per le quali non si disponga di sufficiente competenza. Da ultimo, si richiama Cass. pen., sez. 4, 23 gennaio 2017, n. 3313, la quale, chiamata a valutare la posizione del RSPP, rilevava che «nel caso di specie, le carenze riscontrate erano state indubbiamente rilevanti, sotto il profilo causale, rispetto all'evento mortale occorso, in quanto questo aveva per l'appunto rappresentato la "concretizzazione del rischio" che le regole cautelari violate (ovvero la doverosa attività di valutazione del rischio, formazione ed informazione dei lavoratori) miravano a prevenire», e conclude affermando che «Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri» (v. anche Cass. pen., sez. 4, 18.01.2017, n. 2406). Ai fini della valutazione circa l’adeguatezza dei comportamenti assunti da RSPP, un ruolo decisivo può essere giocato dalla verifica del corretto adempimento dell’obbligo informativo che, ai sensi dell’art. 18, c. 2, d.lgs. n. 81/2008, impone al DL di fornire al SSP (oltre che al medico competente) tutte le notizie idonee a favorire l’espletamento della sua attività (v. Cass. pen., sez. 4, 04.02.2010, n. 4917, a proposito della mancata segnalazione al RSPP della specificità della mansione svolta da alcuni operai all’interno dei silos, con conseguente omissione di ogni valutazione dei rischi collegabili alla stessa; mentre, con riferimento all’esonero della responsabilità del medico competente che non sia stato informato dal datore di lavoro circa l’inserimento nell’attività lavorativa dei soggetti da sottoporsi a visita, v. Trib. Arezzo, 03.10.2008). 5. IPOTESI DI RESPONSABILITÀ DEL RSPP Responsabilità penali e civili del RSPP. La mancata inclusione del RSPP tra i soggetti penalmente responsabili in caso di inadempimento delle obbligazione di cui al d.lgs. n. 81/2008, non significa che questi non possa essere chiamato a rispondere sia penalmente (per i reati di omicidio colposo o di lesioni colpose ex artt. 589 e 590 cp), che civilmente (a titolo di responsabilità contrattuale, nei confronti del datore di lavoro ed extracontrattuali, nei confronti dei terzi danneggiati), qualora dalla sua condotta siano conseguiti danni. Responsabilità per reati colposi di evento. La giurisprudenza è chiara nel distinguere il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo quali sono le contravvenzioni, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o malattie professionali, rispetto ai quali possono essere ravvisati profili di responsabilità a carico del RSPP (in tal senso Cass. pen., sez. 4, 10.02.2015, n. 5983; Cass. pen., sez. 4, 27.01.2011, n. 2814; Cass. pen., sez. 4, 20.08.2010, n. 32195). A partire dal 2002, la giurisprudenza si è sostanzialmente uniformata al seguente principio di diritto secondo cui il RSPP «risponde, insieme al datore di lavoro, per il verificarsi di un infortunio ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare» (Cass. pen., sez. 4, 27.01.2011, n. 2814), confermato da Cass. pen., sez. 4, 09.01.2002, n. 500, Di Grezia, secondo cui «una compiuta lettura della normativa consente di affermare che i precetti normativi in argomento hanno per destinatario oltre il datore di lavoro anche il responsabile della sicurezza, in posizione di solidarietà e quindi di compartecipazione concorsuale» e da Tribunale Milano, sez. 9 penale, 27 settembre 2002, n. 3895, Galeazzi, che era arrivata a ravvisare in capo al RSPP un vero e proprio onere, al momento dell’accettazione dell’incarico, di valutare le proprie competenze specialistiche per evitare di poter essere successivamente ritenuto responsabile delle conseguenze di un incarico accettato con leggerezza, precisando che «il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può essere scelto soltanto tra persone aventi qualità e doti professionali all’altezza del compito ed egli risponde secondo i canoni tradizionali della colpa professionale se con le proprie omissioni o azioni negligenti, imprudenti, imperite cagiona, o contribuisce a cagionare, fatti costituenti reato», superando, così, i primi arresti giurisprudenziali tutti orientati nel senso di escludere una corresponsabilità penale del RSPP (cfr. Pret. di Trento, sez. Mezzolombardo, 25.01.1999 che sosteneva come il RSPP avesse «il mero obbligo nei confronti del datore di lavoro di segnalare la presenza di omissioni in materia, dovendo poi il datore di lavoro stesso provvedere all’applicazione delle prescrizioni del caso» e Trib. Milano, 09.02.2001 che esplicitamente ribadiva come il RSPP «non potesse essere chiamato a rispondere del delitto di lesioni colpose»). La giurisprudenza, pur rimarcando la differenza tra gli istituti della “designazione” e della “delega”, ha avvallato la prassi invalsa di conferire di incarichi operativi al RSPP mediante delega, orientandosi nel senso di condannare il RSPP tutte le volte in cui fossero provate le deleghe destinate ad assegnargli compiti operativi in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro. Con specifico riferimento alla posizione del RSPP interno, la giurisprudenza ha ritenuto che qualora questi sia dipendente dell’azienda e sia collocato all’interno della linea, dell’organigramma aziendale con precisi compiti operativi, assumerà, a seconda delle competenze svolte di fatto, l’eventuale responsabilità per la posizione di garanzia propria del dirigente o del preposto e sarà, dunque, tenuto non solo a proporre, ma anche all’adempimento degli obblighi discendenti dalla sua posizione gerarchica quali quelli di vigilanza e controllo, e dunque dovrà dare attuazione a quanto ha previsto di realizzare come RSPP. A favore dell’assoluzione del RSPP si è espressa la giurisprudenza, nella sentenza Cass. pen., sez. 4, 21.01.2016, n. 2536 (crollo del convitto dell'Aquila, in occasione del terremoto del 6 aprile 2009), evidenziando che tale soggetto aveva ripetutamente e da anni segnalato la pericolosità dell'edificio (definito più volte "fatiscente") senza dimettersi pure a seguito della mancanza di intervento da parte dei soggetti a ciò tenuti e poi per questo condannati (il dirigente scolastico, nella sua qualità di datore di lavoro a fini di salute e sicurezza sul lavoro e un dirigente della Provincia, ente proprietario dell'immobile), e confermando il principio per cui il RSPP non può essere ritenuto responsabile se, in difetto di poteri di intervento per rimuovere condizioni di rischio, segnali ai titolari delle "posizioni di garanzia" (a partire dal datore di lavoro) le condizioni di pericolo delle quali venga a conoscenza avendo svolto in modo corretto ed attento le funzioni affidate e ciò senza necessità di rinunciare all'incarico conferito in caso di reiterazione della segnalazione senza alcun esito. Il RSPP è stato ugualmente assolto con la sentenza della Cass. pen., sez. 4, 03.03.2016, n. 8883, osservando come, nel caso di specie, il lavoratore poi deceduto «era un soggetto particolarmente esperto di sicurezza sul lavoro essendo stato egli stesso nominato responsabile della sicurezza dei lavoratori della sua azienda, il quale decide, forse per fare più in fretta, o comunque incautamente, di salire sul tetto per meglio posizionare i fili, percorre il tratto ricoperto da sottili lastre di eternit, che inevitabilmente si sfondano, e precipita al suolo». In una simile situazione, argomenta la Suprema Corte, «che tipo di rimprovero può rivolgersi ad un datore di lavoro o a un responsabile aziendale per la sicurezza che ha dotato il dipendente, esperto e formato in materia di sicurezza del lavoro, di tutti i presidi antinfortunistici e della strumentazione necessaria per effettuare il lavoro in sicurezza, analogo a quello che egli era chiamato a compiere da cinque anni, rispetto a siffatto comportamento? Hanno potuto incolpevolmente il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza della (omissis) fare affidamento sul fatto che un soggetto così esperto non ponesse in essere il comportamento che ha cagionato l'incidente?». Nessuna responsabilità penale, pertanto, può essere mossa a carico del RSPP, il quale ha diligentemente svolto i compiti di cui all'art. 33 del d.lgs. n. 81/2008, segnalando tutte le situazioni di pericolo in sede di valutazione dei rischi. |
1. Corte di Giustizia della Comunità Europea |
1. Corte di Giustizia della Comunità Europea CGCE, 15.11.2001, causa C49/00 (censura il non corretto recepimento della Direttiva europea 89/391/CEE del 12.06.1989, imponendo all’Italia l’obbligo di definire con esattezza le “capacità e le attitudini” necessarie per lo svolgimento del ruolo di RSPP e ASPP) |
2017 |
3. CASSAZIONE CIVILE |
4. GIURISPRUDENZA PENALE DI MERITO |
5. GIUSPRUDENZA CIVILE DI MERITO |
6. GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA |