Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 22 novembre 2006, n. 38430 - Infortunio alle Terme. Se non esiste una delega, la responsabilità è del datore di lavoro


In materia di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro può trasferire la propria posizione di garanzia, relativa agli obblighi di prevenzione e sorveglianza imposti dalle norme antinfortunistiche, solo attraverso un formale provvedimento di delega ad altro soggetto subentrante, con esplicita indicazione delle funzioni ed accettazione della delega che preveda l'attribuzione al delegato di poteri autoritativi e decisori autonomi, pari a quelli dell'imprenditore, che consenta anche l'accesso ai mezzi finanziari. Non essendo emerso che, nel caso di specie, sia stata attribuita ad altro soggetto una delega nei termini sopra specificati, correttamente la Corte del merito ha attribuito all'imputato, in funzione della qualifica ricoperta all'interno della società, la posizione di garanzia e dunque la responsabilità dell'infortunio.


 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARINI Lionello – President - del 20/06/2006 -
Dott. CAMPANATO Graziana – Consiglie - SENTENZA -
Dott. MARZANO Francesco – Consiglie - N. 961 -
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe – Consiglie - REGISTRO GENERALE -
Dott. FOTI Giacomo – Consiglie - N. 016648/2006 -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA

 


sul ricorso proposto da:
G.L., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 27/09/2005 della CORTE d’APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. FOTI Giacomo;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FERRI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

 


Fatto
 

 



Il 26 dicembre 1998, A.M., dipendente delle "Terme di Salsomaggiore S.P.A.", trovandosi a percorrere, per motivi di lavoro, un corridoio del seminterrato di una galleria di servizio posta all'interno della struttura termale, nel transitare su una grata metallica, a seguito di cedimento della struttura muraria che la sosteneva, precipitava nella sottostante vasca di recupero dell'acqua condensa, che aveva una temperatura compresa tra i 70 ed i 90 gradi, riportando gravi ustioni di primo e secondo grado agli arti inferiori. Secondo l'accusa, l'incidente era stato determinato dall'omessa manutenzione ordinaria della struttura muraria sulla quale poggiava la grata, di guisa che si procedeva per il delitto di lesioni personali colpose gravi, aggravate ex art. 590 c.p., comma 3, a carico di G.L., legale responsabile della società termale, e di F.N., responsabile del servizio tecnico e del servizio prevenzione e protezione contro gli infortuni sul lavoro della società.

Il Tribunale di Parma, sezione staccata di Fidenza, con sentenza del 14.5.04, assolveva ambedue gli imputati per non avere commesso il fatto. Con riguardo all'assoluzione del G., il giudice motivava la propria decisione sostenendo che, avendo l'imputato delegato ad apposito servizio la manutenzione ordinaria, non poteva essere ritenuto responsabile dell'incidente.

Su appello proposto dal P.M. limitatamente all'assoluzione del G., la Corte d'Appello di Bologna, con sentenza del 27 settembre 2005, affermava la responsabilità di costui e lo condannava, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti all'aggravante contestata, alla pena di Euro 300,00 di multa, con i benefici della non menzione e della sospensione condizionale della pena. Premesso e ribadito che l'infortunio del quale era rimasto vittima l' A. era stato determinato dal cedimento della struttura muraria sulla quale poggiava la grata metallica, provocato dall'omessa manutenzione della struttura stessa, tanto più necessaria in quanto si trovava in luogo destinato al transito del personale, la Corte territoriale sosteneva che dell'incidente dovesse ritenersi responsabile proprio il G., nella sua qualità di legale rappresentante della predetta società. Il giudice dell'impugnazione respingeva, quindi, la tesi dell'imputato - secondo cui l'organigramma aziendale prevedeva una ripartizione della struttura in molteplici servizi, tra i quali quelli manutentivi, di guisa che al responsabile di tale servizio incombeva di intervenire sulla struttura pericolante - sul rilievo che nell'organigramma prodotto ed acquisito agli atti, pur emergendo l'indicazione di persone addette a diversi servizi, non veniva in alcun modo chiarito chi, in concreto, fosse il responsabile della sicurezza. Tale non poteva ritenersi, in particolare, secondo i giudici del merito, l'Ing. F., definitivamente assolto, posto che costui, pur investito del servizio di protezione e prevenzione, non aveva compiti operativi ma meramente consultivi. La stessa Corte concludeva, quindi, nel senso che, non essendo state documentate deleghe specifiche, accompagnate da autonomia decisionale e di spesa, la manutenzione ordinaria dei locali poteva avvenire solo sulla base di occasionali segnalazioni, attraverso un sistema, cioè, non idoneo a garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro. L'incidente doveva, quindi, essere attribuito ad una carente organizzazione del servizio, la cui responsabilità non poteva che ricadere sul legale rappresentante dello stabilimento, cioè del G..

Avverso tale decisione ricorre l'imputato e deduce: a) inosservanza ed erronea applicazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 374, avendo il giudice dell'appello omesso di considerare che l'incidente era stato determinato dal cedimento non della grata metallica, bensì della struttura muraria che la sorreggeva, ed avendo attribuito al Presidente del Consiglio di Amministrazione della società una responsabilità alla quale egli non poteva essere chiamato, non essendo nelle condizioni di conoscere le cattive condizioni di stabilità della citata struttura; b) manifesta illogicità della motivazione, non avendo la Corte territoriale preso in considerazione la delega di funzioni che era stata conferita al servizio "esercizio e manutenzione impianti"; c) illogicità della motivazione per non avere la predetta Corte preso atto dell'avvenuta prescrizione del reato.

Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

 

 

 

Diritto

 



Il ricorso è infondato.

Certamente inesistenti sono i vizi di motivazione e di violazione di legge, dedotti con riferimento al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 374. In realtà, premesso che tale norma dispone, tra l'altro, che gli edifici, le opere destinate ad ambienti di lavoro siano "mantenuti in buono stato di stabilità, di conservazione e di efficienza in relazione alle condizioni di uso e alle necessità della sicurezza del lavoro", non v'è dubbio che l'infortunio patito dall' A. sia stato provocato dall'omessa manutenzione del corridoio di servizio, interno alla struttura termale; in particolare (come viene specificato anche nella motivazione della sentenza impugnata), della struttura muraria sulla quale poggiava la grata metallica lungo la quale il dipendente si trovava a transitare per ragioni del suo lavoro; omissione della quale non può che essere chiamato a rispondere il datore di lavoro, proprietario di detta struttura, cioè la "Terme di Salsomaggiore S.P.A." e, dunque, il legale rappresentante della stessa.

Quanto al tema della delega, la Corte territoriale, dopo avere esaminato le risultanze processuali, ha ritenuto, con motivazione adeguata e coerente sotto il profilo logico, di escludere l'esistenza di una delega formale a terzi del servizio di manutenzione ordinaria, di guisa che legittimamente è stata affermata la responsabilità del G., legale rappresentante della società. La decisione è perfettamente in sintonia con i principi, sul punto, affermati da questa Corte, secondo i quali, in materia di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro può trasferire la propria posizione di garanzia, relativa agli obblighi di prevenzione e sorveglianza imposti dalle norme antinfortunistiche, solo attraverso un formale provvedimento di delega ad altro soggetto subentrante, con esplicita indicazione delle funzioni ed accettazione della delega che preveda l'attribuzione al delegato di poteri autoritativi e decisori autonomi, pari a quelli dell'imprenditore, che consenta anche l'accesso ai mezzi finanziari. Non essendo emerso che, nel caso di specie, sia stata attribuita ad altro soggetto una delega nei termini sopra specificati, correttamente la Corte del merito ha attribuito all'imputato, in funzione della qualifica ricoperta all'interno della società, la posizione di garanzia e dunque la responsabilità dell'infortunio.

Ugualmente infondato è anche il motivo di ricorso relativo all'omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. In realtà la prescrizione, seppur prossima, non è, ancora oggi, maturata, posto che, trattandosi di delitto consumato il 26.12.98, punito con pena inferiore a cinque anni, il periodo prescrizionale si compie con il decorso di cinque anni, prolungati della metà, ex artt. 157 e 160 c.p. Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
 

 


P.Q.M.


 

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2006.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2006