Cassazione Penale, Sez. 4, 11 luglio 2017, n. 33758 - Infortunio con la macchina fustellatrice durante i lavori di movimentazione dello stampo. La nomina di un RSPP non esclude la posizione di garanzia del DL


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: CENCI DANIELE Data Udienza: 17/05/2017

 

 

 

Fatto

 


l. Il 17 giugno 2016 la Corte di appello di Torino ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall'imputato, con la quale il Tribunale di Torino il 29 aprile 2015 aveva riconosciuto S.F. responsabile del reato di lesioni colpose, con violazione della disciplina antinfortunistica, fatto contestato come commesso il 24 novembre 2009.
2. In particolare, l'imputato, in qualità di presidente e di amministratore delegato della s.r.l. Socons e, quindi, di datore di lavoro, per colpa, sia generica che specifica, in particolare in violazione dell'art. 168, comma 1, del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (secondo cui «Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori»), consentendo ovvero non impedendo che gli addetti alle macchine fustellatrici presenti nel reparto "fastellatura coni" eseguissero manualmente i lavori di movimentazione dello stampo, eseguiti senza predisporre sistemi di presa utili ad estrarre lo stampo in condizioni di sicurezza, cagionava lesioni personali all'operaio L.A., il quale, addetto alla macchina fustellatrice, per estrarre lo stampo introduceva entrambe le mani nei fori della matrice che in conseguenza le schiacciava, riportando l'operaio lesioni di durata superiore a cinque mesi.
3. Ricorre tempestivamente per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite difensore, che si affida a due motivi, con i quali denunzia difetto della motivazione, anche sotto il profilo della mancanza della stessa, oltre che mancata assunzione di prova ritenuta decisiva.
3.1. Con il primo motivo, in particolare, censura manifesta illogicità e contraddittorietà dell'apparato argomentativo, con riferimento alla ritenuta - da parte del ricorrente - abnormità della condotta del lavoratore infortunato.
Premesso che la Corte territoriale ha escluso l'abnormità del comportamento di L.A. sul rilievo che l'operazione che l'operaio stava compiendo non poteva avvenire in modo sicuro, in assenza di golfari (cioè anelli che vengono fissati a cassoni, macchinari o altri oggetti pesanti allo scopo di agevolarne o permetterne il sollevamento o l'ancoraggio) per la presa del pezzo (p. 7 della sentenza impugnata), si sottolinea che siffatta argomentazione non terrebbe in alcuna considerazione la circostanza, riferita dall'imputato (e di cui si dà atto alla p. 6 della stessa sentenza), che le procedure di cambio fustella contemplavano anche la necessaria presenza di due operatori, procedura che il lavoratore non aveva seguito, pur essendone a conoscenza, in quanto si era autonomamente determinato ad effettuare il cambio di fustella da solo.
Ciò posto, sottolinea il ricorrente che il lavoratore avrebbe utilizzato impropriamente il macchinario, ponendo in essere una condotta scientemente diretta a violare le cautele imposte allo stesso, condotta idonea, in quanto tale, ad interrompere il nesso causale tra la condotta addebitata al datore di lavoro e l'evento-infortunio: si richiama, al riguardo, la nozione di abnormità e di esorbitanza fatta propria da giurisprudenza di legittimità e di merito.
3.2. Si denunzia, inoltre, mancanza di motivazione con riferimento alla posizione di garanzia in capo al responsabile del servizio di prevenzione e di protezione (acronimo: R.S.S.P.) e mancata assunzione di prova decisiva.
Richiamata, infatti, la motivazione della Corte di appello, che ha escluso la individuazione della posizione di garanzia in capo al personale addetto alla sicurezza, ritenendola sussistente in capo al datore di lavoro, non ricorrendo le condizioni individuate dalla giurisprudenza di legittimità affiche si abbia un valido trasferimento ad altri degli obblighi che incombono sul datore di lavoro - nel caso di specie S.F. - quale garante dell'incolumità dei lavoratori (v. p. 8 della sentenza impugnata), si sottopone da parte del ricorrente tale affermazione a censura, ritenendo la stessa «tautologica, dal momento che non indica per quale ragione la posizione di garanzia, nel caso di specie, non sarebbe stata trasferita in capo al RSSP» (così alla p. 4 del ricorso).
Richiamato, poi, il precedente di legittimità reso da Sez. 4, n. 15241 del 28/02/2008, Dadda, Rv. 240211, rileva il ricorrente che «nel caso di specie, al di là di quanto emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale circa il nominativo del RSSP, in persona di tale M.M. - che la difesa dell'imputato, all'udienza del 26/02/2015, chiedeva di sentire ex art. 507 [cod. proc. pen.]; richiesta respinta dal Tribunale (e, tacitamente, anche dalla Corte di Appello) - il Giudicante non ha nessun altro dato su cui fondare la ricorrenza o meno del trasferimento della posizione di garanzia del datore di lavoro al RSSP» (così alla p. 4 del ricorso).
Si chiede, in definitiva, l'annullamento della sentenza.
 

 

Diritto

 


l. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
1.1.Quanto al primo motivo, il dubbio circa l'abnormità della condotta della vittima, avanzato nell'atto di appello (pp. 7-8 dell'impugnazione di merito), è stato già sciolto, in senso negativo, da parte della Corte di appello, con congrua motivazione (pp. 7-8 della sentenza impugnata), anche mediante richiamo di pertinente giurisprudenza di legittimità. Il passaggio motivazionale al riguardo presuppone, peraltro, la ricostruzione in fatto già operata dal giudice di primo grado (pp. 4-6), completamente validata da quello dell'impugnazione di merito (pp. 6-7), secondo cui è da escludersi che il lavoratore potesse in concreto scegliere tra più modalità di esecuzione, da solo ovvero in coppia con un collega, non risultando la prova che fosse stato informato della necessità di compresenza di due operai: con il che viene radicalmente meno la stessa ipotesi difensiva della abnormità-esorbitanza della condotta della vittima.
1.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, la Corte di appello ha escluso, anche in questo caso con motivazione adeguata e logica (pp. 6-8), che dall'istruttoria sia emerso, in punto di fatto, un trasferimento della posizione di garanzia dal datore di lavoro al responsabile del servizio di responsabile del servizio di prevenzione e di protezione (R.S.S.P.) ovvero a chiunque altro, richiamando al riguardo precedente di legittimità delle Sezioni Unite, secondo cui «In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa» (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261108).
Il ricorso, invocando come "salvifica" la (meramente) ipotizzata nomina da parte dell'imprenditore di un responsabile del servizio di prevenzione e di protezione, non tiene peraltro in alcuna considerazione i principi più volte affermati in materia dalla Corte di legittimità, secondo cui:
il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione è un mero consulente e non ha ruolo gestionale (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261107; Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison e altri, Rv. 254094; Sez. 4, n. 1841 del 16/12/2009, dep. 2010, Sarno, Rv. 246163);
«In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile dei servizio di prevenzione e protezione, il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti» (Sez. 4, n. 50605 del 05/04/2013, Porcu, Rv. 258125; nello stesso senso, Sez. 4, n. 27420 del 20705/2008, Verderosa e altro, Rv 240886); 
«In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la responsabilità penale del datore di lavoro non è esclusa per il solo fatto che sia stato designato il responsabile dei servizio di prevenzione e protezione, trattandosi di soggetto che non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all'osservanza della normativa antinfortunistica e che agisce, piuttosto, come semplice ausiliario del datore di lavoro, il quale rimane direttamente obbligato ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio» (Sez. F, n. 32357 del 12/08/2010, Mazzei e altro, Rv. 247996);
«La mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro» (Sez. 4, n. 6277 del 06/12/2007, dep. 2008, P.M. in proc. Oberrauch e altro, Rv. 238750);
inoltre, «In materia di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro non può andare esente da responsabilità, sostenendo esservi stata una delega di funzioni a tal fine utile, per il solo fatto che abbia provveduto a designare il responsabile del servizio prevenzione e protezione, trattandosi di figura, questa, obbligatoriamente prescritta dall'articolo 8 del D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 per l'osservanza di quanto previsto dai successivo articolo 9, ma non confondibile con quella, del tutto facoltativa ed eventuale, del dirigente delegato all'osservanza delle norme antinfortunistiche ed alla sicurezza dei lavoratori» (Sez. 4, n. 47363 del 10/11/2005, Oberrauch e altro, Rv. 233181; nello stesso senso, v. Sez. 4, n. 37861 del 10/07/2009, Pucciarini, Rv. 245276, secondo cui «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non corrisponde a quella meramente eventuale di delegato per la sicurezza, poiché quest'ultimo, destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con modalità rigorose»).
In ogni caso, la delega, per comportare un trasferimento della posizione di garanzia, deve essere espressa ed effettiva, non equivoca e diretta ad un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, di controllo e di spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261108, cit.);
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur privo dei poteri decisionali e di spesa, può, comunque, essere ritenuto corresponsabile, insieme al datore di lavoro, in relazione al verificarsi di un infortunio per la mancata segnalazione di situazioni pericolose e/o per avere fornito suggerimenti sbagliati (Sez. 4, n. 2814 del 21/12/2010, dep. 2011, Di Mascio, Rv. 249626; nello stesso senso cfr. Sez. 4, n. 32195 del 15/07/2010, Scagliarmi, Rv. 248555; Sez. 4 n. 25288 del 23/04/2008, Maciocia e altri, Rv. 240297; Sez. 4., n. 15226 del 15/02/2007, Fusilli, Rv, 236170).
Ebbene, alla stregua di tutti i principi richiamati, non può certo ritenersi "decisiva", ma, al più, meramente "esplorativa" (ergo: inammissibile), nei termini in cui concretamente avanzata nel processo di merito, l'iniziativa tesa ad ascoltare nel processo tale M.M., per l'evenienza che lo stesso fosse stato incaricato quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione (R.S.S.P.), la cui ipotetica nomina, anche ove eventualmente rituale, non escluderebbe (in linee di massima e con le precisazioni di cui sopra), di per sé, la posizione di garanzia del datore di lavoro.
In conclusione, risulta destituito di ogni fondamento anche il secondo motivo di doglianza.
2. Discende dalle considerazioni svolte il rigetto del ricorso e, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/05/2017.