Corte dei Conti, Sez. Reg. Basilicata, 29 luglio 2015, n. 50 - Il Segretario Comunale è il datore di lavoro?


 

REPUBBLICA ITALIANA
CORTE DEI CONTI
LA SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO
PER LA BASILICATA

 


 

 

Nella Camera di consiglio del 29 luglio 2015
composta dai magistrati:
Rosario Scalia;
Giuseppe Teti - relatore; Vanessa Pinto;
VISTO l'art. 100, comma 2, della Costituzione;
VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni ed integrazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni ed integrazioni;
VISTA la legge 11 novembre 2000, n. 340;
VISTO l'art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
VISTA la deliberazione n. 14/2000 in data 16 giugno 2000 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, con la quale è stato deliberato il regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, e successive modificazioni ed integrazioni;
VISTI gli indirizzi ed i criteri generali per l'esercizio dell'attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie nell'adunanza del 27 aprile 2004 e le successive modifiche ed integrazioni approvate con deliberazione n. 9/SEZAUT/2009/INPR nell'adunanza del 4 giugno 2009;
VISTO l'art. 17, comma 31, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;
VISTA la delibera n. 54/CONTR/10 delle Sezioni Riunite in sede di controllo, depositata il 17 novembre 2010;
VISTA la richiesta formulata dal Sindaco del comune di Pomarico con nota n. 2288 del 10 marzo 2015; 
VISTA l'ordinanza del Presidente di questa Sezione regionale di controllo con la quale è stata deferita la questione all'esame collegiale della Sezione per l'odierna seduta e con la quale è stato anche nominato relatore il dott. Giuseppe Teti;
UDITO nella Camera di consiglio il relatore;
 

 

Fatto

 


Con la nota in epigrafe il Sindaco del Comune di Pomarico ha chiesto a questa Sezione di esprimere un parere circa la possibilità di individuare nel Segretario Comunale il "datore di lavoro", ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs.vo n. 81/2008, nell'ambito della normativa sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, soprattutto laddove, in luogo delle figure dirigenziali mancanti, le posizioni apicali siano state assegnate a responsabili di area e di posizione organizzativa. Chiede di sapere, inoltre, se tale attribuzione di funzioni determini una maggiorazione della retribuzione di posizione.
 

 

Diritto
 

 

In via preliminare, sull'ammissibilità
1. Nell'esercizio della funzione consultiva, prevista dall'art. 7, comma 8, della Legge n. 131 del 2003 che dispone che le Regioni e le Autonomie Locali, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, possano chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica, l'organo magistratuale non può esimersi dal considerare i requisiti di legittimazione dei soggetti che promuovono detta funzione e le condizioni oggettive per l'attivazione della stessa.

 

Requisito soggettivo
2. Sotto il profilo soggettivo, considerata la mancata istituzione del Consiglio delle Autonomie Locali, la richiesta di parere - provenendo dal Sindaco di un comune, nella sua qualità di legale rappresentante dell'Ente - è ammissibile sotto il profilo soggettivo, come precisato - tra l'altro - dal citato documento approvato dalla Sezione delle Autonomie nell'adunanza del 27 aprile 2004.

 


Requisito oggettivo:
3. Sotto il profilo oggettivo, la funzione consultiva della Corte dei conti è circoscritta alla "materia di contabilità pubblica". La perimetrazione del significato e della portata dell'espressione "materia di contabilità pubblica" è stata oggetto di specifici interventi - in chiave ermeneutica - della Corte dei conti (cfr. tra le altre, deliberazione della Sezione Autonomie del 27 aprile 2004 così come integrata e modificata dalla deliberazione della medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9; deliberazione della Sezione Autonomie n. 5/2006; deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo, n. 54 del 2010; deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 27/2011; deliberazione della Sezione Autonomie n. 3/2014). Alla luce dei suddetti approdi ermeneutici, rientrano nel perimetro della materia della contabilità pubblica "la normativa ed i relativi atti applicativi che disciplinano in generale l'attività finanziaria che precede o che segue i relativi interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci ed i relativi equilibri, l'acquisizione delle entrate, l'organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l'indebitamento, la rendicontazione ed i relativi controlli "(cfr. deliberazione della Sezione Autonomie n. 5/2006 cit.). Peraltro, in una visione dinamica della materia che abbia per oggetto non solo la gestione del bilancio, ma anche la tutela dei suoi equilibri e della finanza pubblica in generale, la funzione consultiva delle Sezioni regionali della Corte dei conti può estendersi sino a ricomprendere tutti quei "quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell'Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio" (cfr. deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n.54/2010 cit.), e ciò anche se tali materie risultino estranee nel loro nucleo originario alla "materia della contabilità pubblica".
4. Quanto ai contenuti, la richiesta di parere dovrà concernere l'interpretazione e/o la portata di un determinato assetto normativo che possa avere un impatto sulla sana gestione finanziaria dell'Ente e sui generali equilibri di bilancio; essere finalizzata ad ottenere un esame della questione da un punto di vista astratto e su temi di carattere generale; essere adeguatamente motivata, e ciò al fine di perimetrare o rendere possibile la perimetrazione dell'oggetto stesso del quesito. Al contrario, le richieste di parere non sono ammesse se sollecitano valutazioni su casi o atti gestionali specifici. L'ausilio consultivo, inoltre, non può costituire un'interferenza con le funzioni requirenti e giurisdizionali di questa Corte ovvero di altri organi giurisdizionali e deve essere preventivo rispetto all'esecuzione da parte dell'Ente di atti e/o attività connessi alla/e questione/i oggetto di richiesta di parere. Non è, quindi, ammissibile l'esercizio ex post della funzione consultiva.
5. Alla luce di quanto sopra, fermo restando che le scelte gestionali e organizzative sono di competenza degli organi dell'Ente che se ne assumono anche la responsabilità, la richiesta di parere in esame è ammissibile, con i limiti di cui si è detto, nella parte in cui chiede un chiarimento interpretativo circa l'attribuzione di specifiche funzioni previste da legge sul piano organizzativo. È invece parzialmente inammissibile nella parte in cui pretende una risposta puntuale circa l'eventuale spettanza di maggiorazioni retributive, sia pure accessorie, collegate all'assunzione della funzione di "datore di lavoro".
 

 

Nel Merito
6. L'art. 3 della Direttiva 12/6/1989, n. 89/391/CEE (prima di una serie di direttive riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro) definiva "datore di lavoro" qualsiasi persona, fisica o giuridica, che fosse titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore e avesse la responsabilità dell'impresa e/o dello stabilimento. A sua volta, l'art. 2, lett. b), del D.Lgs. 626/1994, come sostituito dal D.Lgs. n. 242/1996, in attuazione delle direttive comunitarie, specificava le caratteristiche del datore di lavoro: tale è il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Dovendo, le norme di tutela, applicarsi anche alle amministrazioni pubbliche, con le eccezioni giustificate da specifiche funzioni, il legislatore nazionale aggiungeva il seguente periodo: "Nelle pubbliche amministrazioni di cui all' art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale". L'art. 30 (Disposizioni transitorie e finali) stabiliva, ancora, che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, gli organi di direzione politica o, comunque, di vertice delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 29/1993 (allora vigente, oggi n. 165/2001), avrebbero proceduto all'individuazione dei datori di lavoro, di cui all'art. 2, comma 1, lettera b), secondo periodo, tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività.
L'art. 2, lett. b), del d.lgs. n. 81/2008, fondendo le disposizioni precettive sopra riportate, ha individuato il «datore di lavoro» nel contesto delle pubbliche amministrazioni, nel "dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo". È questa la fonte oggi vigente cui occorre prestare attenzione.
Le successive lettere d) ed e) del medesimo art. 2, aggiungono ulteriori definizioni. È «dirigente» la persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa. È «preposto» la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.
Particolarmente significative sono, poi, le sanzioni, anche penali, che colpiscono le figure del datore di lavoro, del dirigente e del preposto (artt. 55 e 56).
A chiusura del sistema, vale la pena aggiungere che l'art. 299 del d.lgs. n. 81/2008, ha stabilito che le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.
7. Mentre il D.Lgs. n. 626/1994 nulla diceva circa l'individuazione del datore di lavoro, il D.Lgs. n. 242/1996, con riferimento alle amministrazioni pubbliche, ha onerato sia gli organi di direzione politica che gli organi comunque di vertice, di procedere a tale adempimento (art. 30). Con l'art. 2, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008, che rappresenta la vigente norma, è venuta meno la competenza dell'organo di direzione politica mentre è rimasta quella dell'organo di vertice, onerato di individuare, conformemente ai criteri previsti, il "datore di lavoro".
Non è compito di questa Sezione, per i limiti dell'attività consultiva intestata sopra richiamati, entrare nel dibattito, dottrinario e giurisprudenziale, se il datore di lavoro, indipendentemente da un atto espresso dell'organo di vertice politico dell'ente, si identifichi ex se nel dirigente "al quale spettano i poteri di gestione", lasciando all'organo di vertice l'onere di identificare il datore di lavoro nei soli casi in cui tale figura dirigenziale non sia presente, come nel caso degli EE.LL. di minori dimensioni; ovvero, se tale designazione occorra che sia fatta in ogni caso, sicché, "in caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo".
Quel che sembra indiscutibile, sia che si acceda all'una o all'altra soluzione, è che il "datore di lavoro" deve essere fornito di tutti quei poteri gestionali autonomi che lo contraddistinguono come tale e sui quali si radica la sua responsabilità. In questo senso la norma è chiara nel vincolare la idoneità e la "genuinità" della nomina alla effettiva autonomia gestionale e di spesa in capo al prescelto.
In altre parole, quale che sia la modalità e la fonte che lo individua, deve escludersi che il datore di lavoro possa essere solo il soggetto, dirigente o preposto, da responsabilizzare senza, nel contempo, dotarlo di tutti quei poteri gestionali e di spesa sui quali si fondano, nella evidente intenzione del legislatore, le responsabilità che è chiamato ad assumersi. Ancor più chiaramente, proprio il richiamato art. 299 del d.lgs. n. 81/2008, spiega che l'organo di vertice dell'amministrazione pubblica non si libera delle responsabilità conseguenti dall'essere, sia pure in via residuale, il "datore di lavoro" se si limita ad attribuire tale qualifica ad altro soggetto, rimanendo ad un tempo egli il dominus effettivo dell'organizzazione gestionale e di spesa. È, in altre parole, il criterio dell'effettività sostanziale che prevale rispetto all'individuazione per indici formali del datore di lavoro (vds., Cass. pen. n. 34804/2010).
8. Così strutturato il sistema della responsabilità è coerente con l'attribuzione di effettivi poteri gestori. Da un lato, responsabilizza solo coloro che hanno la concreta possibilità di valutare i rischi e di assumere le decisioni idonee a ridurlo. Dall'altro, rispetta l'ordinamento degli EE.LL. che, pur rinvenendo negli Statuti e nei Regolamenti la disciplina delle funzioni dei dirigenti, subordina tali atti normativi secondari al principio per cui la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Sono questi, dunque, i medesimi poteri richiamati dalla disposizione del D.Lgs. n. 81/2008 che rendono effettiva, e non formale, la individuazione del datore di lavoro.
Se poi, nella realtà del singolo Ente, i dirigenti, o quanti svolgono in loro mancanza le funzioni dirigenziali, sono privi del potere gestionale autonomo o di spesa, perché, ad esempio, non sono stati loro assegnati gli obiettivi e gli strumenti e le dotazioni per raggiungerli, è un problema che, prima di tutto, potrebbe mettere in discussione l'adeguatezza della individuazione del datore di lavoro rispetto al paradigma normativo e al criterio sostanzialistico sopra richiamato e, d'altro canto, potrebbe incidere, in concreto, sul riparto delle responsabilità connesse alla qualifica.
È da osservare, peraltro, che la presenza del datore di lavoro non manleva di ogni responsabilità i soggetti obbligati, da altre fonti normative, a intervenire. Ai sensi dell'art. 18, commi 3 e 3bis, gli "interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico. 3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l'esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti."
9. Da quanto precede può trarsi una prima conclusione: il datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni può essere un dirigente o un preposto ma, d'altro lato, non tutti i dirigenti e non tutti i preposti sono, per ciò stesso, datori di lavoro. Quest'ultima qualificazione, in definitiva, non accede necessariamente alla qualifica di "dirigente" e a quella di "preposto". Occorre che il "datore di lavoro" sia specificamente individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tra quei dirigenti o quei preposti dotati di autonomi poteri decisionali e di spesa, tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività. Ciascuna di queste figure è, del resto, destinataria di specifiche funzioni e obblighi, con conseguenti responsabilità. Peraltro, a fronte della possibilità di delegare e sub-delegare alcune delle funzioni proprie del datore di lavoro (art. 16), nel rispetto di rigorosi presupposti e formalità, non è attività delegabile la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28, nonché la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (cfr. Cass. Penale, Sez. 4, 27 maggio 2015, n. 22415).
10. Dalla considerazione che precede può ulteriormente argomentarsi che, se può essere designato "datore di lavoro" solo chi è dirigente o funzionario fornito di tutti i poteri gestionali e di spesa autonomi, in tanto si può porre il problema se è designabile il segretario comunale in quanto si dia per verificato e accertato, nel concreto, che al segretario comunale siano stati conferiti, se sono conferibili, quei poteri autonomi di gestione e di spesa che sono propri del dirigente. In altre parole, la questione di fondo non è se il segretario comunale possa essere designato "datore di lavoro" ma, prima ancora, se e in che misura il segretario comunale possa assumere le funzioni proprie e piene del dirigente così da poter attrarre in questo ambito funzionale anche le attribuzioni del datore di lavoro.
11. Non rientra nel tema posto dal quesito in esame la questione se il segretario comunale possa assumere anche, e contemporaneamente, una funzione gestoria di livello dirigenziale e se questa funzione sia compatibile con le attribuzioni istituzionali che il segretario deve adempiere. In questa sede ci si può solo limitare a offrire alcuni spunti di riflessione sul tema.
11.1. In coerenza col principio già affermato dall'art. 3 del D.Lgs. n. 29/1993, poi trasfuso nell'art. 4 del D.Lgs. n. 165/ 2001, è indiscusso che anche gli EE.LL. si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. In questo senso dispone l'art. 107 del TUEL che assegna ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3, possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione.
Secondo l'art. 97, comma 2, del TUEL, il segretario comunale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. Salvo il caso in cui sia stato nominato il Direttore Generale (per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti), è al segretario che spetta, negli altri casi, sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e coordinarne l'attività. Il segretario inoltre (...) "d) esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia".
11.2 Ora proprio la previsione dell'art. 97, comma 4, lettera d), ha costituito argomento per sostenere la possibilità di attribuire funzioni dirigenziali al segretario comunale. Ad esempio, nel parere del 9.10.2009, reso dal Ministero dell'Interno, si legge che "tale norma, come evidenziato anche nella circolare di questo Ministero del 15.7.1997 n. 1/1997, citata dall'esponente, ha valenza di clausola di salvaguardia ai fini del buon andamento della macchina organizzativa, amministrativa e gestionale dell'ente. Infatti, occorre rilevare che le assegnazioni di ulteriori funzioni al segretario può avvenire solo nel momento in cui l'ente locale risulti privo sia di personale di qualifica dirigenziale sia di responsabili dei servizi, ovvero qualora l'ente intenda fare una specifica scelta gestionale in tal senso. Bisogna, difatti, rammentare che i dirigenti - ovvero i dipendenti nominati responsabili degli uffici e dei servizi - sono titolari delle funzioni loro attribuite, risultando, quindi, residuale l'applicazione della citata disposizione di cui al comma 4 lett. d) dell'art. 97. Ciò posto, poiché ai sensi dell'art. 89 del D.lgs. 267/2000 l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi è coperto da riserva di tipo regolamentare, si deve ritenere che l'eventuale attribuzione di specifiche funzioni gestionali o di titolarità degli uffici o dei servizi al segretario sia necessariamente da prevedere attraverso una specifica disposizione regolamentare, previa un'attenta verifica dell'assenza all'interno dell'ente di adeguate figure professionali; mentre il conferimento delle funzioni, riservato al Sindaco o al presidente della Provincia, non può che essere temporaneo e limitato all'espletamento di una prestazione nell'ambito di una funzione (ad esempio la presidenza di una gara per temporanea assenza del dirigente)".
Rammenta, infine, il citato parere che le stesse disposizioni contrattuali, contenute nell'art. 1 del CCNL dei segretari comunali e provinciali del 22.12.2003, stabiliscono che, relativamente agli incarichi per attività di carattere gestionale, occorre che gli stessi siano conferiti in via temporanea e dopo aver accertato l'inesistenza delle necessarie professionalità all'interno dell'Ente, anche in relazione al fatto che per l'esercizio delle funzioni aggiuntive affidate al segretario è prevista una maggiorazione della retribuzione di posizione in godimento.
Fermo che, nel parere in questione, le funzioni aggiuntive alle quali si collega la maggiorazione della retribuzione si riferiscono all'attività gestoria attribuita e non alla qualificazione di "datore di lavoro", che neppure potrebbe attribuirsi scissa dalla funzione gestoria piena, a venire in rilievo è la fonte normativa, che l'art. 97, comma 4, lettera d) individua nello Statuto o nel Regolamento dell'Ente, alla quale occorre fare esclusivo riferimento per verificare la possibilità di attribuire al Segretario comunale specifiche funzioni gestionali o la titolarità di uffici o servizi. Occorre cioè che sia lo Statuto o il Regolamento (sull'ordinamento degli uffici e dei servizi) a prevedere la conferibilità al Segretario di dette funzioni (sulla esclusione di una "incompatibilità" ex lege all'assunzione di funzioni dirigenziali, vsd. Sezione controllo per la Sardegna, delibera n. 28/2013).
Tale previsione, tuttavia, a parere di questa Sezione, non potrebbe che essere residuale, per il caso in cui l'Ente non rinvenga al proprio interno figure professionali adeguate all'affidamento degli incarichi e delle funzioni. Si tratta, in effetti, di una soluzione di estremo compromesso, volta a mantenere ferma la funzionalità dell'Ente, soprattutto di minori dimensioni, senza sacrificare, oltre la misura minima consentita dalle circostanze, la distinzione che deve essere mantenuta tra gli ambiti propri dell'attività gestoria e quelli propri del sistema dei controlli interni all'ente medesimo, controlli che hanno visto il segretario comunale assumere, di recente, un ruolo sempre più centrale. In altre parole, la evoluzione della normativa in tema di controlli interni e di contrasto alla corruzione sembra esercitare una forza di attrazione delle funzioni del segretario comunale, già in origine prevalentemente di coordinamento e di assistenza, verso un'area caratterizzata da funzioni più spiccatamente di garanzia e di controllo interno, che finiscono per relegare al margine la possibilità di un coinvolgimento di tale figura professionale nell'attività gestoria piena.
In questo senso, se è vero che il citato art. 97 del TUEL non esclude che il segretario comunale possa esercitare ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco, è anche vero che è lo stesso articolo ad affermare, poco prima, l'esigenza di disciplinare i rapporti tra il segretario e il direttore generale, ove nominato, secondo l'ordinamento dell'ente e "nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli".
Del resto, rispetto a una sorta di generica idoneità del segretario ad assumere funzioni dirigenziali giova osservare che il nuovo articolo 49, comma 2, del TUEL, così come riscritto dal D.L. 174/2012, introduce il principio per cui la funzione eventualmente conferita al segretario deve essere adeguata alle sue competenze. Ed infatti, su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo, è richiesto il parere di regolarità tecnica al responsabile del servizio interessato, che se ne assume la responsabilità amministrativa e contabile. In sostanza, il segretario comunale è chiamato, in assenza del responsabile del servizio, a rendere il parere di regolarità tecnica solo se ha le competenze adeguate a quel servizio. Se ciò è vero per il rilascio del parere, vera è anche la conclusione che non ogni servizio potrebbe essere affidato alla direzione del segretario comunale, ma solo quel servizio adeguato alle sue competenze. Sembra infatti contraddittorio ammettere che possa affidarsi al segretario la responsabilità di un servizio per il quale lo stesso segretario, mancando di adeguata competenza, non potrebbe neppure rendere il parere di regolarità tecnica previsto dal citato art. 49 TUEL.
Ed ancora, secondo l'art. 147-bis, commi 2 e seg., anche esso introdotto dal citato D.L. n. 174/2012, il controllo di regolarità amministrativa è assicurato, nella fase successiva all'adozione dell'atto, per le determinazioni di impegno di spesa, i contratti e gli altri atti amministrativi, scelti secondo una selezione casuale effettuata con motivate
tecniche di campionamento, "sotto la direzione del segretario". Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono, poi, trasmesse periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili dei servizi, unitamente alle direttive cui conformarsi in caso di riscontrate irregolarità, nonché ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la valutazione, e al consiglio comunale. Ora, se anche non si può ritenere l'attività di controllo qui descritta senz'altro incompatibile con quella di responsabile delle medesime attività gestionali svolte, non di meno, sempre per i comuni di minori dimensioni e con minori risorse da destinare alle funzioni di controllo interno, è da ritenere una anomalia il fatto che l'ordinamento consenta di unificare in capo al medesimo soggetto le funzioni di controllo e di gestione.
12. Ora, tornando al tema del parere, si ritiene di poter affermare, in via conclusiva, che l'attribuzione della qualifica di "datore di lavoro" in capo al segretario comunale presuppone la mancanza di figure dirigenziali in seno all'Ente o di funzionari che, pur non avendo la qualifica dirigenziale, siano preposti ad un ufficio avente autonomia gestionale e di spesa.
In tali fattispecie, nei limiti e con le cautele che si impongono per la peculiarità della situazione, secondo le considerazioni che precedono, il segretario comunale al quale sia conferita con atto formale la titolarità effettiva del potere gestionale adeguato alle sue competenze, con attribuzione di poteri di spesa (Cass. Pen. Sez. VI, 7.10. 2004), può essere anche espressamente designato "datore di lavoro", ai fini e con le responsabilità di cui alla D.Lgs. n 81/2008.
 

 

P.Q.M.

 


La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Basilicata, ritenuta la parziale ammissibilità oggettiva della richiesta formulata dal Sindaco del Comune di Pomarico (MT) con la nota in epigrafe citata, rende nelle sopra esposte considerazioni il proprio parere.
DISPONE
Che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura della segreteria della Sezione, all'Amministrazione richiedente.
Così deciso in Potenza, nella Camera di consiglio del 29 luglio 2015.