Cassazione Penale, Sez. 4, 13 ottobre 2017, n. 47252 - Caduta dall'alto. Ruoli e responsabilità in caso di appalto


Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: CENCI DANIELE Data Udienza: 19/04/2017

 

 

 

Fatto

 

1. La Corte di appello di Brescia il 22 marzo 2016, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo del 14 ottobre 2014, appellata dalla parte civile, B.A., ha condannato, ai soli effetti civili, l'imputata A.A., confermando la condanna già disposta in primo grado nei confronti del coimputato EB.C. ed aumentando la somma dovuta a titolo di provvisionale in solido a carico di entrambi e a favore dell'appellante parte civile.
2. Si premettono alcune informazioni fattuali tratte dalle sentenze di merito.
Ad EB.C. e ad A.A. si contesta di avere, in cooperazione colposa tra di loro, cagionato, il 27 ottobre 2010, lesioni gravi a B.A., operaio edile dipendente dell'impresa individuale "Eurocoop di EB.C.", che era caduto dall'altezza di circa sette metri: al primo - EB.C. - in qualità di datore di lavoro in quanto titolare della ditta che stava eseguendo lavori di rifacimento del tetto di un immobile mediante collocazione di nuove lastre coibentate, in sostituzione della copertura di cemento amianto già presente; alla seconda - A.A. - in qualità di legale rappresentante della ditta "Lattoneria 2001", titolare di contratto di appalto e che si avvaleva per l'esecuzione dei lavori di posa in opera in regime di subappalto, appunto, della ditta di EB.C..
Quanto alla dinamica dell'infortunio, è risultato pacificamente che il lavoratore, che si trovava in quota, colto dalla necessità cogente di recarsi in bagno, si è slacciato la cintura e si è messo alla ricerca di un punto dal quale scendere avviandosi lungo alcune assi di legno posizionate lungo la campata che non erano idonee a fungere da passarella, perché troppo strette e non provviste di parapetti, e, dopo avere messo un piede in fallo, si è trovato ad insistere con il peso su di una vecchia lastra di eternit non ancora sostituita, che ha ceduto provocando la precipitazione.
E' anche emerso che la superficie del tetto era protetta, dal basso, da reti anti-caduta, che però non potevano coprire l'intera area, a causa della sottostante presenza di un silos, e che il punto in cui la copertura si è spaccata per il peso dell'operaio era proprio in corrispondenza della, necessitata, mancanza di rete: correlativamente, era stata prevista nel PSC la realizzazione di linee-vita, in effetti rinvenute in loco.
2.1. Il profilo di colpa addebitato a EB.C., in veste di datore di lavoro, ritenuto sussistente sia in primo che in secondo grado, consiste nella omissione della doverosa attività di formazione e di informazione, con particolare riferimento ai rischi di caduta dall'alto, essendo, tra l'altro, il 27 ottobre 2010 il primo giorno di lavoro per la persona offesa in un cantiere sconosciuto. In particolare, è emerso che il datore di lavoro EB.C., rivelatosi, secondo i giudici di merito, non in grado di offrire informazioni pertinenti circa la sicurezza, non avrebbe in alcun modo formato il dipendente, appunto al primo giorno di lavoro ed alla prima esperienza lavorativa in quel cantiere, limitandosi a mandarlo a lavorare in quota con l'imbracatura di sicurezza ma senza dirgli a che cosa agganciare la stessa.
2.2. Il profilo di colpa contestato nell'editto ad A.A., legale rappresentante della ditta che aveva affidato in subappalto i lavori, consiste:
a) nella omessa verifica delle condizioni di sicurezza sul cantiere;
b) nella omessa applicazione delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento PSC, che prevedeva la predisposizione di passarelle larghe un metro e provviste di parapetti per il raggiungimento del colmo e l'aggancio alla linea vita;
c) nel mancato coordinamento e nella mancata attuazione del controllo periodico degli interventi e della manutenzione riguardanti le passarelle sul tetto in relazione alla sicurezza sul lavoro;
d) infine, nella omessa verifica della congruenza del piano operativo di sicurezza POS della ditta appaltatrice Eurocoop, con particolare riferimento alla formazione di base dei lavoratori ed all'utilizzo di imbracature di sicurezza.
2.2.1. In primo grado si sono esaminati tali profili e ne è stata esclusa la sussistenza, conseguentemente assolvendo la donna con la formula "per non aver commesso il fatto", in quanto (pp. 8-10 della sentenza di primo grado):
a) è stato escluso che l'imputata abbia omesso di verificare le condizioni di sicurezza sul cantiere e, anzi, sono risultati effettuati plurimi (ben undici) accessi da parte dei collaboratori dell'imputata (direttore dei lavori e responsabile del cantiere nonché socio della A.A.);
b) quanto al piano PSC, esso è stato ritenuto congruo da parte dei tecnici della ASL;
c) in reazione alla contestazione di mancato coordinamento e di mancata attuazione del controllo periodico degli interventi e della manutenzione riguardanti le passarelle sul tetto in relazione alla sicurezza sul lavoro, si è osservato che le passerelle erano in regola e che quella che il lavoratore aveva percorso per cercare di scendere a terra non era tale ma che la carenza di formazione emersa al riguardo era addebitabile non già all'imputata quanto al datore di lavoro EB.C., poiché, in ogni caso, era il primo giorno di lavoro in assoluto per la vittima ed A.A., non certo tenuta a "piantonare" il cantiere, non poteva avere assunto alcuna posizione di garanzia quanto a B.A.; 
d) anche circa l'adeguatezza del POS, peraltro in un primo momento non accettato dal coordinatore per la sicurezza per l'esecuzione dei lavori e, quindi, dopo il rifiuto, modificato, la valutazione dei tecnici ASL è stata positiva.
Inoltre, l'argomento sostenuto in primo grado dalla parte civile e volto a dimostrare che la mancata formazione dell'infortunato sarebbe da addebitare anche ad A.A., in quanto quello tra Lattoneria 2001 s.r.l. ed Eurocoop sarebbe, in realtà, un mero appalto di manodopera, come si desumerebbe dal pagamento del corrispettivo in termini orari (ergo: dall'assenza di rischio economico in capo al subappaltatore), dalla genericità del contratto e dall'assunzione in capo alla committente degli oneri per la sicurezza, è stato respinto dal Tribunale, ritenendosi al contrario che la circostanza non è emersa in alcun modo dal dibattimento né è stata sostenuta dal coimputato EB.C. e che oggetto del subappalto era unicamente una parte delle lavorazioni; inoltre, quanto agli oneri per la sicurezza, si è rilevato come essi siano stati contrattualmente attribuiti ad Eurocoop, ovviamente per la parte di lavorazione di competenza di quest'ultima (pp. 10-11 della sentenza del Tribunale).
2.2.2. Accogliendo l'appello della parte civile, la Corte di appello ha ritenuto, invece, sussistente la corresponsabilità di A.A., svolgendo le seguenti considerazioni, in diritto ed in fatto.
2.2.2.1. In diritto, esclusa la decisività del motivo di impugnazione della parte civile, incentrato sulla pretesa esistenza di un mero appalto di manodopera, ha ritenuto la Corte territoriale che, avendo la "Lattoneria 2001" s.r.l. stipulato con la s.p.a. CO.PI.CI. Immobiliare un contratto di appalto in forza del quale la prima (da qualificarsi impresa "affidataria" ex artt. 88 e ss. d. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) si obbligava ad eseguire sull'immobile di proprietà della committente, lavori di bonifica della copertura in lastre di cemento-amianto e di successiva posa di un nuovo manto di copertura, ed avendo poi la "Lattoneria 2001" stipulato con la "Eurocoop di EB.C." (da stimarsi impresa "esecutrice" ex artt. 88 e ss. d. Lgs. n. 81 del 2008) un contratto di opera affidando a quest'ultima una parte del lavoro ad essa commissionato, precisamente la posa in opera della nuova copertura, consegue che al datore di lavoro dell'impresa Lattoneria 2001 "affidataria" incombono gli obblighi previsti dagli artt. 97 e ss., 27 ss., 95-96 d.lgs. n. 81 del 2008, dunque, rispettivamente: la verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e dell'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e di coordinamento;
la verifica dell'idoneità tecnico-professionale delle imprese subappaltatrici o dei lavori autonomi in relazioni ai avori, ai servizi e alle forniture da affidare in subappalto; 
la cooperazione all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e il coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva;
nonché la manutenzione ed il controllo degli apprestamenti, delle attrezzature di lavoro degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Ciò posto, ha richiamato la Corte territoriale il principio giurisprudenziale secondo il quale, quanto al rapporto tra impresa affidataria ed impresa esecutrice, in caso di subappalto dei lavori, ove questi si svolgano nello stesso cantiere predisposto dall'appaltatore, in esso inserendosi anche l'attività del subappaltatore per l'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, e non venendo meno l'ingerenza dell'appaltatore e la diretta riconducibilità anche a lui del comune cantiere, sussiste la responsabilità di entrambi i soggetti in relazione agli obblighi infortunistici, alla loro osservanza ed alla dovuta sorveglianza al riguardo, mentre una esclusione di responsabilità dell'appaltatore è invece configurabile soltanto ove al subappaltatore sia affidato lo svolgimento dei lavori, ancorché determinati e circoscritti, che svolga in assoluta e piena autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all'appaltatore, situazione da escludersi allorché la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti escluda ogni estromissione dell'appaltatore dall'organizzazione del cantiere.
2.2.2.2. Tanto premesso in diritto, osserva in punto di fatto la Corte di appello che sia dalle fotografie in atti sia dall'istruttoria testimoniale, con particolare riferimento alla deposizione di P.S. (p. 11 della sentenza impugnata), dipendente di Lattoneria 2001, si desume che la piccola compagine lavorativa facente capo a EB.C. (tre persone in tutto, compreso il titolare e l'infortunato) fosse priva di attrezzature proprie e fosse funzionalmente inserita nell'organizzazione del lavoro predisposta e gestita da Lattoneria 2001, tanto da comportare la compresenza sullo stesso cantiere delle maestranze di entrambe le imprese. Da ciò deriverebbe la conseguenze che tutti i dipendenti indistintamente obbedissero ad un cronoprogramma dei lavori che non poteva non essere determinato che dalla Lattoneria 2001, nel senso che l'opera di Eurocoop di installazione di nuove lastre necessariamente procedeva a mano a mano che gli operai della Lattoneria 2001 asportavano le vecchie copertura in cemento-amianto.
2.2.3. Dalle considerazioni riferite la Corte di appello trae la conclusione che anche la ditta affidataria, della quale era legale responsabile l'imputata, fosse destinataria del complesso degli obblighi in materia antinfortunistica anche con riferimento ai dipendenti della ditta di EB.C., tra cui l'infortunato.
2.2.4. Ciò posto, rilevato che il lavoratore infortunato aveva percorso il tratto più breve, ma insicuro, per scendere e che il PSC aveva ben valutato il tema dell'accesso dei lavoratori alla rischiosa area operativa, prescrivendo esattamente le cautele da adoperare per tornare a terra, la Corte di appello compie un altro passo argomentativo e, alla stregua di alcune tra le immagini fotografiche acquisite e del contenuto concreto della testimonianza dell'ufficiale di polizia giudiziaria Irene T. (pp. 13-14 della sentenza impugnata) e di quella dell'operaio P.S. (p. 14 della sentenza impugnata), ritiene dimostrato che quel giorno le passarelle di sicurezza prescritte dal PSC per consentire il passaggio dei lavoratori non fossero presenti sul cantiere ma che vi fosse, invece, l'estemporaneo posizionamento di assi di legno malamente giustapposte sopra lastre non pedonabili, senza parapetti, quindi una situazione di mancanza di sicurezza.
2.2.5. Per concludere (p. 14 della sentenza impugnata) che «Dell'assenza di quell'opera provvisionale, indispensabile per la sicurezza delle lavorazioni che dovevano eseguirsi, deve rispondere non solo il datore di lavoro di B.A. ma anche il legale rappresentante della impresa affidataria e questo per le ragioni che più sopra si sono esposte analizzando gli obblighi dell'impresa stessa per il caso in cui essa si serva dell'attività di imprese esecutrici in regine di subappalto e, a maggior ragione, nell'ipotesi in cui la forza lavoro di queste ultime si trovi ad operare nel medesimo cantiere approntato dall'affidataria medesima»
Le differenti valutazioni del Tribunale vengono superate ritenendo che il Giudice di primo grado che non abbia tenuto presente l'effettivo stato dei luoghi, poiché la via intuitivamente più breve, ma più insicura, per i lavoratori avrebbe dovuto essere munita di pedane sicure e non già di assi malsicure.
Da ciò consegue, ad avviso della Corte territoriale, la violazione da parte dell'impresa affidataria dell'art. 97 d. lgs. n. 81 del 2008, per non avere curato le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e di coordinamento PSC.
2.2.6. I giudici di appello ritengono altresì fondato l'addebito di non avere verificato la conformità del POS di Eurocoop sotto il profilo della omessa verifica della formazione dei lavoratori da questa impegnati in cantiere: infatti, secondo la lettura che la Corte di appello effettua delle deposizione resa dall'ufficiale di polizia giudiziaria Irene T. (pp. 15-16 della sentenza impugnata: «Ma, leggendo attentamente la testimonianza di T., ...»), il POS di Eurocoop non sarebbe stato, diversamente da quanto ritenuto in primo grado, completo ma, invece, incompleto e lacunoso quanto alla formazione, mancando proprio gli attestati di formazione dei lavoratori.
2.2.7. La Corte di appello ritiene, infine, di distaccarsi dalle valutazioni del Tribunale anche perché al rilievo che l'infortunio si verificò proprio il primo giorno in cui B.A. si trovò a lavorare nel cantiere e, quindi, l'imputata non avrebbe avuto né il tempo né il modo di verificare la sua formazione, oppone la seguente osservazione: «se l'impresa affidataria era la responsabile del cantiere, al datore di lavoro della stessa incombeva comunque l'obbligo, da assolvere personalmente ovvero mediante i preposti, di verificare costantemente e giorno per giorno se da parte delle imprese esecutrici venissero impiegati in quei lavori certamente pericolosi lavoratori non in possesso dei necessari requisiti di professionalità e di formazione. In sostanza, non può ammettersi che l'accesso a quella copertura nella quale erano in cosi lavorazioni appaltate a Lattoneria 2001 ed eseguite anche dalla stessa fosse sostanzialmente incontrollato [...]» (così alla p. 16 della sentenza impugnata).
In conclusione, l'emerso disinteresse della legale rappresentante della Lattoneria 2001 s.r.l. per le concrete problematiche della sicurezza dei lavoratori e la non validità della pretesa "delega" al socio S. (in realtà, secondo la Corte di merito, una mera distribuzione interna dei compiti) comporterebbero la necessità di affermazione di responsabilità della stessa, sia pure ai soli fini civili.
2.3. La Corte di appello di Brescia, infine, in accoglimento di ulteriore motivo di appello, ha aumentato l'importo della provvisionale, da 4.000,00 euro a 70.000,00 euro, a carico solidalmente di EB.C. e di A.A..
3. Ricorre per la cassazione della sentenza, tramite difensore, A.A., che si affida a due motivi, con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e difetto motivazionale.
3.1. Con il primo motivo censura erronea applicazione degli arti. 89, 95, 96 e 97 del d. Lgs. n. 81 del 2008 e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione circa la sussistenza di responsabilità in capo alla donna. Sottolinea al riguardo:
che sul tetto dell'immobile erano montate le linee vita prescritte;
che già in precedenza il coordinatore per la sicurezza geometra SP. aveva inibito l'accesso al cantiere a tutti i lavoratori non in regola, ergo: anche alla vittima;
che la p.o. ha consapevolmente deciso, dovendo raggiungere il bagno chimico presente a terra, di scendere percorrendo trasversalmente la vetusta campata del tetto, non oggetto di lavorazione, anziché camminare lungo il perimetro del tetto rimanendo agganciato alla linea-vita in sicurezza;
che l'infortunato, come si desume dalla forma e dalle dimensioni nel buco della copertura, non sarebbe scivolato dalla tavole ma avrebbe, invece, camminato scientemente sul materiale, poi sbriciolatosi sotto il suo peso;
che tale condotta sarebbe, oltre che avventata, imprevista, imprevedibile ed esorbitante;
che l'infortunato era stato adeguatamente informato dal coimputato EB.C.;
che la signora A.A. ha dichiarato di avere delegato per il cantiere l'altro socio della Lattoneria 2001, Michele S.;
che la mancanza di adeguate passarelle, circostanza valorizzata dalla Corte territoriale, sarebbe in realtà ininfluente, in quanto nella zona in concreto attraversata da B.A. quel giorno per scendere non sarebbe dovuto passare nessuno né si sarebbero dovuti svolgere lavori;
che il coordinatore per la sicurezza dei lavori, oltre a far rettificare la prima versione del PSC, aveva inibito l'ingresso nel cantiere di chi non fosse in regola;
che la mattina dell'infortunio erano presenti sul cantiere, oltre al datore di lavoro EB.C., che lavorava insieme ai suoi operai, anche il coordinatore per la sicurezza, Sp., ed il socio della Lattoneria, S.;
che le due società erano - sì - compresenti nel cantiere ma con mansioni differenti, badando gli operai dell'una alla rimozione della vecchie lastre di amianto e quelli dell'altra alla sostituzione con materiale nuovo non nocivo;
che né A.A. né S. avevano potere di supervisione o di comando sui dipendenti della ditta Eurocoop e che, in ogni caso, i relativi dipendenti, comprendendo poco la lingua italiana, ricevevano specifiche direttive nella loro lingua madre dal coimputato EB.C.;
che mancherebbe, secondo la ricorrente, la prova in atti del contrario, cioè che Lattoneria 2001 si sia mai comportata quale datore di lavoro rispetto ai dipendenti di EB.C. e che abbia assunto nei loro confronti posizioni di garanzia;
che, una volta vietato da parte del geometra Sp., in veste di coordinatore per la sicurezza, l'accesso al cantiere a tutti i lavoratori non regolarmente registrati su libro matricola, nulla di diverso o di ulteriore sarebbe stato esigibile da parte dell'imputato, salva, ipotizza la difesa, impedire fisicamente all'operaio di salire sul tetto ovvero chiamare la Polizia;
infine, che la mattina dell'infortunio l'altro socio della Lattoneria 2001, Michele S., presente sul cantiere, aveva ammonito EB.C. circa la presenza del suo lavoratore non registrato sul libro matricola.
3.2. Mediante il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione delle regole civilistiche in tema di liquidazione del danno e della provvisionale e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere i Giudici di appello, senza adeguata spiegazione, aumentato di venti volte l'importo della provvisionale concessa in primo grado senza neppure indicare la percentuale di invalidità e con semplice richiamo alle tabelle del Tribunale di Milano.
4. Resiste la parte civile B.A. che, con memoria difensiva pervenuta il 4 aprile 2017, svolge argomento a confutazione delle richieste di parte avversa, di cui domanda rigettarsi il ricorso.
 

 

Diritto

 


l. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto tutto costruito in fatto (a mero titolo di esempio, deducendo determinate conseguenze dalle pretese forma e posizione del buco nel solaio provocato dal peso della p.o.) e basato sulla rilettura, in chiave favorevole alla difesa dell'imputato, di passaggi istruttori, con rilevanti parti meramente assertive (a mero titolo di esempio, che erano stati adempiuti da chi vi era tenuto gli obblighi formativi ed informativi).
2. Quanto all'ulteriore motivo, osserva il Collegio che il ricorso per cassazione circa il quantum della provvisionale non è esperibile, essendo la statuizione con cui si concede la provvisionale o la relativa quantificazione insuscettibile di passare in giudicato e destinata, in quanto costituente un mero "acconto", ad essere definitivamente risolta dal giudice civile, cui è rimessa la definitiva decisione sulle conseguenze civili del reato (cfr., ex plurimis, Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, D.G., Rv. 263486; Sez. 2, n. 49016 del 06/11/2014, Patricola e altro, Rv. 261054; Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G., Rv. 261536; Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010, Mazzamurro, Rv. 248348).
3. Discende, in conclusione, la decisione in dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che liquida in € 2.000,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 19/04/2017.