Cassazione Civile, Sez. 3, 26 ottobre 2017, n. 25430 - Infortunio sul lavoro e manleva in relazione al risarcimento danni. Prescrizione del diritto


 

 

 

Presidente: VIVALDI ROBERTA Relatore: SESTINI DANILO Data pubblicazione: 26/10/2017

 

 

 

Rilevato che:
la S.I.S.M.I. - Società Italiana Saldature Industriali s.r.l. convenne in giudizio la F.A.T.A. Assicurazione s.p.a. e la F.A.T.A. Fondo Assicurativo tra gli Agricoltori s.p.a. per sentirle condannare, in solido, a manlevarla in relazione al risarcimento da essa corrisposto in via transattiva agli eredi di O.M., deceduto a seguito di infortunio sul lavoro per il quale era stata definitivamente accertata la responsabilità dell'attrice;
si costituì in giudizio la sola F.A.T.A. Assicurazioni, eccependo preliminarmente l'avvenuta prescrizione del diritto, in quanto la prima pretesa dell'assicurata era stata avanzata nel marzo 1998, a distanza di dodici anni dal decesso del O.M.;
il Tribunale rigettò la domanda per intervenuta prescrizione, con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma;
ha proposto ricorso per cassazione la S.I.S.M.I., affidandosi a tre motivi; ad esso ha resistito la F.A.T.A. Ass.ni Danni s.p.a..
 

 

Considerato che:
la Corte ha rilevato che le richieste di risarcimento degli eredi del O.M. risalivano agli anni 1986 e 1991, che gli stessi avevano promosso azione avanti alla Pretura di Ravenna nell'ottobre 1993 e che la prima richiesta di indennizzo all'assicuratrice era stata avanzata dalla S.I.S.M.I. soltanto nel 1998, in violazione delle clausole contrattuali che imponevano all'assicurato di comunicare le domande ed azioni avanzate dall'infortunato e dai suoi aventi causa e quando la prescrizione era ormai maturata;
col primo motivo (che deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2952 e 2935 cod. civ.), la ricorrente lamenta che la Corte, pur avendo correttamente rilevato che la prescrizione non poteva decorrere dal momento in cui si era verificato il decesso, ma da quello -successivo- della richiesta di risarcimento, non aveva considerato che «il diritto della S.I.S.M.I. ad essere tenuta indenne dall'Assicuratore [...] poteva essere fatto valere nel confronti di F.A.T.A. solo ed esclusivamente nel momento in cui l'evento lesivo si fosse tradotto in uno dei fatti coperti dalla garanzia assicurativa»; e ciò si era verificato solo a seguito dell'accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso fra la società e il O.M., avvenuto con sentenza del Pretore di Ravenna depositata nel febbraio 1998;
col secondo motivo (che denuncia la violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366 e 1371 cod. civ.), la ricorrente lamenta l'errata interpretazione del contratto di assicurazione, in relazione all'oggetto della polizza e agli obblighi di denuncia gravanti sull'assicurata: assume che previsione dell'art. 11 del contratto -comportante l'obbligo dell'assicurato di comunicare al Fondo «qualunque domanda od azione proposta dall'infortunato o dai suoi aventi diritto»- doveva essere coordinata con quella dell'art. 1 delle Condizioni generali -che individuava l'oggetto della garanzia nella responsabilità conseguente ad infortuni subiti da lavoratori dipendenti- e censura la Corte per non avere considerato che l'obbligo di comunicazione all'assicuratrice poteva concernere solo un fatto che risultasse qualificato come infortunio del dipendente (e non anche altri eventi lesivi, finché gli stessi non si fossero connotati, in concreto, come coperti dalla specifica garanzia assicurativa);
col terzo motivo (che denuncia la violazione dell'art. 2952, co. 4° cod. civ. e l'omesso esame di un fatto decisivo), la ricorrente censura la Corte «per aver omesso di considerare l'effetto sospensivo derivante dalla partecipazione di F.A.T.A. Assicurazioni al giudizio di risarcimento danni promosso dagli eredi del sig. O.M. per ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza del decesso di quest'ultimo»;
il ricorso è infondato, atteso che:
a fronte del chiaro tenore letterale dell'art. 2952, co. 3 cod. civ. («nell'assicurazione della responsabilità civile, il termine decorre dal giorno in cui il terzo ha richiesto il risarcimento all'assicurato o ha promosso contro di questo l'azione») e della finalità ad esso sottesa (di porre celermente l'assicuratore in condizione di compiere gli accertamenti necessari e di determinarsi in ordine all'indennizzo), non appare sostenibile che la decorrenza del termine di prescrizione presupponga il preventivo accertamento della riconducibilità del sinistro nell'ambito della copertura assicurativa: un siffatto accertamento è sicuramente preliminare alla successiva liquidazione del sinistro, ma non incide -a monte- sulla decorrenza del termine, giacché il solo fatto che sia stata avanzata una richiesta risarcitoria con cui si faccia valere una responsabilità astrattamente rientrante fra quelle assicurate pone in condizione (e onera) il responsabile di attivare il proprio assicuratore e comporta -di conseguenza- la decorrenza del termine prescrizionale, «assumendo rilievo non il fatto che l'infortunio indiscutibilmente rientri fra quelli coperti dalla assicurazione, ma che possa ragionevolmente rientrarvi» (Cass. n. 19660/2014);
è inconferente il richiamo all'art. 2935 cod. civ., atteso che tale norma è derogata, quanto allo specifico ambito dell'assicurazione della responsabilità civile, dalle previsioni dell'art. 2952 cod. civ. (cfr. Cass. n. 17834/2007, Cass. n. 10595/2000 e Cass. n. 4548/2014);
né ricorre la violazione dei criteri ermeneutici denunciata col secondo motivo, che è dedotta (in modo generico) sulla base di una premessa interpretativa (della necessità del previo accertamento del rapporto di dipendenza al fine di qualificare l'infortunio) che non trova riscontro nelle clausole richiamate;
del tutto inconferente risulta, infine, la circostanza che la F.A.T.A. abbia partecipato ad un giudizio in cui era parte anche la S.I.S.M.I; a prescindere dalla novità della questione (che non risulta trattata dalla sentenza impugnata e rispetto alla quale l'odierna ricorrente non ha dedotto se, come e quando l'abbia dedotta), tale partecipazione risulta irrilevante se -come nel caso- non risulti avvenuta ad istanza della S.I.S.M.I. (e, comunque, in relazione alla polizza oggi invocata) e prima che fosse maturato il termine di prescrizione;
al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese di lite;
trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l'applicazione dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
 

 

P.Q.M.

 


la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.