Cassazione Civile, Sez. Lav., 14 dicembre 2017, n. 30085 - Incidente stradale del lavoratore in pausa pranzo: illogica la motivazione della sentenza di appello che afferma che poteva prendere i mezzi pubblici


 

 

Presidente D’Antonio – Relatore Cavallaro

 

 

Fatto

 



che, con sentenza depositata il 14.5.2012, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di A.E. volta a conseguire le prestazioni previdenziali dovutegli per l’infortunio in itinere occorsogli il 12.9.2008, allorché, nel far ritorno a casa con il proprio scooter alla fine dell’orario di lavoro, era rimasto coinvolto in un sinistro stradale;
che avverso tale statuizione A.E. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;
che l’INAIL ha resistito con controricorso;
che il Pubblico ministero ha concluso per l’accoglimento dell’impugnazione;

 

 

Diritto

 



che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 342 e 436 c.p.c. e del principio tantum devolutum quantum appellatum, per avere la Corte di merito fondato la propria decisione su di una circostanza (segnatamente, la ritenuta carenza di prova in ordine alla disponibilità di mezzi pubblici compatibili con le sue esigenze lavorative) che non aveva formato oggetto di gravame da parte dell’INAIL;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, per avere la Corte territoriale ritenuto che, anche a voler concedere che non vi fosse disponibilità di mezzi pubblici idonei a consentirgli il rientro a casa durante la pausa pranzo, non si poteva escludere l’uso del mezzo pubblico per gli spostamenti mattutini e serali e di quello privato per quelli pomeridiani;
che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione degli artt. 437 e 421 c.p.c. per non avere la Corte di merito comunque esercitato i propri poteri ufficiosi per accertare l’incompatibilità del servizio pubblico con le sue esigenze lavorative;
che, con riguardo al primo motivo, il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o a quello del tantum devolutum quantum appellatum (artt. 342 e 437 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo che attribuisce a questa Corte di legittimità il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (cfr., fra le tante, Cass. nn. 17109 del 2009 e 21421 del 2014);
che, nella specie, l’INAIL ha appellato la sentenza di primo grado sul rilievo che la mancanza di un servizio di mensa aziendale non poteva in specie giustificare l’uso del mezzo privato per far rientro a casa durante la pausa pranzo, in quanto il ricorrente, essendo dipendente di un istituto di credito, poteva fruire dei buoni pasto utilizzabili presso esercizi convenzionati presenti nelle vicinanze del luogo di lavoro e non erano state in alcun modo dimostrate altre motivazioni di tipo personale (accudimento della prole, condizioni di salute, ecc.) che potessero giustificarlo (cfr. ricorso in appello, riprodotto a pagg. 7 ss. del ricorso per cassazione);
che, pertanto, non avendo formato oggetto di gravame l’accertamento relativo all’impossibilità del ricorrente di avvalersi dei mezzi pubblici per far rientro a casa durante la pausa pranzo (motivata dal primo giudice sul rilievo che, disponendo egli di una pausa pranzo di 55 minuti, "non ne poteva impiegare 25 a spostamento": cfr. ricorso per cassazione, pag. 5), l’affermazione della Corte di appello secondo cui "sarebbe stato onere dello stesso appellato dimostrare con la dovuta precisione la disponibilità o meno dei mezzi pubblici e il relativo orario di servizio, onde evidenziarne l’affermata incompatibilità con le sue esigenze lavorative" (così la sentenza impugnata, pag. 3) ha certamente violato il principio secondo cui tantum devolutum quantum appellatum, non potendo ritenersi che la questione della possibilità o meno di avvalersi dei mezzi pubblici per far rientro a casa durante la pausa pranzo fosse in rapporto di diretta connessione con quella della giustificabilità o meno del rientro a casa durante detta pausa per un lavoratore che fruisca di buoni pasto;
che parimenti fondato è il secondo motivo, risultando palesemente illogica l’affermazione dei giudici di merito secondo cui, anche a voler concedere che non vi fosse disponibilità di mezzi pubblici idonei a consentire all’odierno ricorrente il rientro a casa durante la pausa pranzo, non si poteva escludere l’uso del mezzo pubblico per gli spostamenti mattutini e serali e di quello privato per quelli pomeridiani, dal momento che - come evidenziato anche dal Pubblico ministero nella sua requisitoria - implica necessariamente che il ricorrente dovesse lasciare il proprio scooter costantemente parcheggiato nei pressi dell’istituto di credito e servirsene unicamente per rientrare a casa per la pausa pranzo e ritornare in ufficio subito dopo;
che, pertanto, assorbito il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

 



P.Q.M.

 



La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.