Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 08 gennaio 2018, n. 201 - Domanda di unificazione dei postumi invalidanti derivanti da due malattie professionali


 

 

Presidente: MAMMONE GIOVANNI Relatore: BERRINO UMBERTO Data pubblicazione: 08/01/2018

 

 

 

Fatto

 


C.R. si è visto respingere dal giudice del lavoro del Tribunale di Brindisi la domanda di unificazione dei postumi invalidanti derivanti da due malattie professionali. Per effetto della prima malattia gli era stata liquidata una rendita del 16% di invalidità permanente sin dal mese di maggio del 1982, mentre rispetto alla seconda non gli era stata riconosciuta alcuna rendita, ma solo una invalidità permanente pari al 9%.
La Corte d'appello di Lecce (sentenza depositata il 24.1.2012), nel respingere l'impugnazione dell'assicurato, ha confermato che era corretto quanto ritenuto dal primo giudice circa la inutilizzabilità della sentenza di rigetto n. 1251/2004 posta a base della domanda di unificazione, dal momento che quest'ultima decisione poteva far stato solo in ordine alla circostanza che la malattia lamentata non raggiungeva la soglia minima prevista dell'11%. Inoltre, essendo l'appellante già titolare di rendita per malattia professionale al momento della presentazione del ricorso nel giudizio conclusosi con la predetta sentenza di rigetto, il medesimo avrebbe potuto formulare domanda di unificazione in quello stesso giudizio e non limitarsi a chiedere l'accertamento di postumi pari almeno all'11%, con ciò esaurendo il suo potere d'azione nel giudizio conclusosi col rigetto della domanda.
Per la cassazione della sentenza ricorre C.R. con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
Resiste con controricorso l'Inail.
 

 

Diritto

 


1. Col primo motivo, dedotto per vizio di motivazione ex art. 360 n. 3 c.p.c., il ricorrente sostiene che ha errato la Corte di merito nell'affermare che egli non potesse presentare la domanda di unificazione dei postumi ed al riguardo assume che se, per un verso, era vero che la sentenza n. 1251/04 aveva rigettato la domanda di condanna dell'Inail al pagamento di una rendita, d'altro canto, era pur certo che nella stessa sentenza era stata riconosciuta l'esistenza della lamentata malattia professionale.
Il ricorrente chiarisce, altresì, che in data 21.6.2004, sul presupposto dell'esistenza del secondo evento invalidante, egli presentò richiesta all'Inail di unificazione dei postumi ed aggiunge che in ordine a tale capo di domanda il Tribunale di Brindisi e la Corte d'appello di Lecce avevano omesso qualsiasi giudizio.
A conclusione del motivo il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: "L'evento infortunistico posto a base di una domanda giudiziale, anche se conclusosi con sentenza di rigetto, può essere oggetto di domanda all'Inail per unificazione di postumi con rendita complessiva ex art. 80 T. U. : in tale sede l'Istituto deve procedere ad una valutazione complessiva dei postumi."
2. Il motivo è infondato.
Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare (Sez. L, n. 128 del 9/1/2003), "in tema di rendita per malattia professionale, l'accertamento (contenuto in sentenza di rigetto della relativa domanda) di una infermità in percentuale non indennizzabile (nella specie l'8 per cento) non può essere utilizzato al fine di ottenere l'unificazione con rendita già in godimento, atteso che il giudicato di rigetto fa stato solo in ordine alla circostanza che la patologia lamentata non raggiunge la soglia prevista dell'll per cento, restando irrilevante quale sia la percentuale in concreto riscontrata, ed attesa altresì l'inammissibilità di azioni di mero accertamento di infermità inferiori all'11 per cento, onde, al fine dell'unificazione della rendita, è necessario procedere ad un nuovo accertamento della percentuale relativa all'infermità dedotta."
Pertanto, correttamente la Corte di merito, nel condividere il convincimento del primo giudice, ha ritenuto che la sentenza di rigetto n. 1251/2004, posta dall'assicurato a base della domanda di unificazione dei postumi invalidanti, non poteva essere utilizzata al fine di ottenere l'unificazione dei postumi, in essa menzionati, con quelli relativi ad una rendita già in godimento, atteso che la stessa decisione di rigetto poteva fare stato solo in ordine alla circostanza che la patologia lamentata non raggiungeva nella fattispecie la soglia minima di indennizzabilità dell'11% del grado di inabilità permanente.
Né coglie nel segno la censura laddove si assume che la Corte di merito sarebbe incorsa in errore nell'affermare che non poteva essere presentata la domanda di unificazione dei postumi: in realtà, una tale affermazione non è affatto contenuta nella sentenza impugnata, avendo la Corte territoriale semplicemente condiviso il convincimento del primo giudice che faceva leva sul predetto orientamento di legittimità al fine di negare ingresso alla sentenza di rigetto invocata dall'assicurato per la riunificazione dei postumi, tanto che la Corte di merito richiama anche quanto statuito nella citata sentenza n, 128/2003 circa la necessità, in tali casi, di un nuovo accertamento della percentuale relativa all'infermità dedotta.
In sostanza la peculiarità del caso di specie risiede nel fatto, chiaramente evincibile dall'impugnata sentenza, che il C.R. si limitò a chiedere l'accertamento della riunificazione dei postumi invalidanti esclusivamente sulla base di un preteso giudicato derivante da una sentenza di rigetto che, tutt'al più, poteva far stato, in quanto tale, solo riguardo al fatto che in quel processo non era stata raggiunta la prova della soglia minima indennizzabile ai fini della rendita Inail.
Orbene le doglianze espresse col presente motivo non scalfiscono tale precipua "ratio decidendi" che sfugge, pertanto, ai rilievi di legittimità.
3. Col secondo motivo, formulato egualmente per vizio di motivazione, il ricorrente assume che la Corte salentina è incorsa in errore nell'affermare che nel giudizio d'appello egli non aveva riproposto la richiesta di espletamento di consulenza tecnica d'ufficio, avendo insistito solo per il riconoscimento del giudicato in ordine al presupposto dell'azione. Al contrario C.R. sostiene che, una volta ritenuta l'esistenza del secondo evento invalidante (infortunio o malattia professionale), i giudici di merito di entrambi i gradi di giudizio avrebbero dovuto ammettere d'ufficio tale mezzo istruttorio al fine di accertare il grado complessivo di inabilità. Inoltre, secondo il ricorrente, egli non avrebbe potuto chiedere nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 1251/04 l'unificazione dei postumi invalidanti, perché alla base di tale capo di domanda mancava la necessaria domanda amministrativa, proposta regolarmente solo in data 21.6.2004.
4. Il motivo è infondato.
Invero, la Corte d'appello ha spiegato, con motivazione congrua ed esente da vizi di carattere logico-giuridico, le ragioni della mancata ammissione della consulenza tecnica d'ufficio, volta alla quantificazione dei postumi derivanti dalla seconda malattia professionale, attraverso due ordini di ragioni. Anzitutto, quella basata sulla constatazione che la censura, attraverso la quale C.R. si era doluto della mancata ammissione in prime cure di un tale mezzo istruttorio, non era stata prospettata in sede d'appello, ove il ricorrente aveva continuato a sostenere l'efficacia di giudicato della sentenza di rigetto nella parte ritenuta a sé favorevole, senza richiedere un nuovo accertamento medico dei postumi; inoltre, per la ragione che l'assicurato, già titolare di rendita per malattia professionale al momento della presentazione del ricorso nel giudizio conclusosi con la predetta sentenza di rigetto, non aveva chiesto in quello stesso procedimento l'accertamento, con efficacia di giudicato, dell'esistenza di postumi che, seppur inferiori alla soglia indennizzabile dell'11% di invalidità permanente, fossero comunque unificabili, nel suo stesso interesse, a quelli già riconosciutigli, che avevano dato luogo all'attribuzione della rendita in godimento.
Invece, come evidenziato dai giudici d'appello, il ricorrente si era limitato a chiedere l'accertamento, con efficacia di giudicato, solo di postumi pari almeno all'l 1%, finendo per esaurire, in tal modo, il suo potere d'azione, rispetto alla situazione giuridica tutelata, nel giudizio conclusosi con la predetta sentenza di rigetto.
Né è condivisibile l'assunto difensivo del ricorrente secondo il quale non gli era stato possibile chiedere nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 1251/04 l'unificazione dei postumi invalidanti a causa della mancata proposizione della domanda amministrativa, proposta regolarmente solo in data 21.6.2004. Invero, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, si è avuto modo di spiegare (Cass. sez. lav. n. 637 del 22.1.1997 e n. 6459 del 29.10.1983) che ai fini della valutazione dell'inabilità conseguente all'ultimo infortunio occorso al lavoratore interessato alla costituzione di un'unica rendita da inabilità per infortunio sul lavoro ai sensi dell'art. 80 del T.U. n. 1124 del 30.6.1965, per effetto di lesioni multiple policrone, non è necessario il preventivo espletamento della procedura amministrativa.
5. In definitiva il ricorso va rigettato.
Motivi di equità, dovuti alla particolarità delle questioni giuridiche trattate, inducono questa Corte a ritenere interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate. Così deciso in Roma il 13 settembre 2017