Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 19 gennaio 2018, n. 2257 - Omessa indicazioni nel DVR delle misure per l'accesso alla vasca dei liquami e per la produzione, svuotamento e pulizia di pompe energia. Risoluzione del contratto di appalto e procedura di estinzione


 

Presidente: SAVANI PIERO Relatore: GALTERIO DONATELLA Data Udienza: 05/10/2017

 

 

 

Fatto

 


l. Con sentenza in data 19.1.2015 il Tribunale di Rieti ha condannato D.C. alla pena di € 200,00 di ammenda essendo stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art.17 comma 1 lett. a) d. lgs. 81/2008 per non aver indicato, in qualità di titolare di un'azienda di gestione di impianti biogas, nel documento di valutazione dei rischi le misure di sicurezza da adottare in relazione all'accesso alla vasca dei liquami ed all'attività di produzione di svuotamento e pulizia di alcune pompe energia. A fondamento dell'affermazione di colpevolezza il Tribunale ha chiarito che l'imputato, pur essendo stato impossibilitato ad adempiere alle prescrizioni impartitegli ai sensi dell'art. 20 d.lgs. 758/1994 dall'ispettore del lavoro per aver interrotto il rapporto di subappalto relativo ala fornitura di energia, era stato comunque ammesso al pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta, senza avervi adempiuto.
Avverso la suddetta sentenza il D.C. ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art.173 disp. att. c.p.p.. Con il primo motivo deduce in relazione al vizio motivazionale l'illogicità in cui è incorso il Tribunale che, nel dare atto dell'impossibilità per l'imputato di attenersi alle prescrizioni impartitegli dall'ispettore ASL non avendo più in quel luogo alcun lavoratore alle sue dipendenze a seguito della cessazione del rapporto contrattuale intercorso con la ditta appaltante, non aveva pronunciato sentenza di assoluzione così come avrebbe dovuto, ma al contrario di condanna. Illogicità questa che si profila, ad avviso del ricorrente, nello stesso antefatto, atteso che l'impossibilità di adempiere alle prescrizioni a suo carico, non consentiva di ammetterlo al pagamento dell'oblazione in via amministrativa, la quale presuppone la positiva verifica dell'adeguamento alle disposizioni impartitegli dalla ASL.
2. Con il secondo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all'art. 20 d. lgs. 758/1994, che configurando l'invito all'integrazione del Documento Valutazione Rischi una misura reale e non personale, il Tribunale aveva erroneamente applicato la condizione di procedibilità di cui al d. lgs. 758/1994 indirizzandola nei confronti di un soggetto non più operante in condizioni di insicurezza. Pertanto una volta che l'imputato aveva cessato la propria attività in favore della ditta appaltante l'invito all'integrazione del DVR avrebbe potuto essere indirizzato soltanto al proprietario degli impianti ovvero ad altre ditte subapaltatrici che fossero subentrate a quella nella titolarità dell'imputato.
3. Con il terzo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all'art. 17 d. lgs. 758/1994, che l'imputato già disponeva del DVR emesso nel 2010 ed aggiornato nel 2013, mentre le integrazioni pretese dalla ASL corrispondevano alle istruzioni preliminari per il corretto utilizzo dell'impianto, in suo possesso. Lamenta pertanto l'omessa valutazione della prova fornita a suo discarico.
4. Con il quarto motivo censura la determinazione della pena in misura superire al minimo malgrado "la modestia del fatto e delle relative conseguenze" di cui contraddittoriamente dava atto la stessa sentenza impugnata.
 

 

Diritto

 


1.Il primo ed il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente attenendo entrambi all'esercizio dell'azione penale per la contravvenzione ascrittagli. Quello che lamenta il ricorrente è che la violazione della norma penale non fosse al momento dell'esercizio dell'azione penale ed ancor prima dell'ammissione del trasgressore alla procedura di oblazione, più in atto, ma non contesta che prima della risoluzione del contratto di appalto l'illecito, allorquando ancora gestiva l'impianto di produzione di energia elettrica della ditta committente, fosse stato commesso, essendo la condotta criminosa, di natura omissiva, cessata contestualmente al contratto di appalto. Muovendo da tale fondamentale premessa che necessariamente consegue alla natura di reato permanente che caratterizza la contravvenzione per omessa indicazione nel DVR delle misure di sicurezza da adottare nella gestione dell'impianto di produzione dell'energia elettrica in gestione, le doglianze del ricorrente si rivelano manifestamente infondate. Di nessuna illegittimità può essere tacciata la sua ammissione alla procedura di oblazione che, consentendogli mediante il pagamento della somma dovuta di estinguere il reato incontestabilmente perfezionatosi ancorché non più in essere, così precludendo l'esercizio dell'azione penale, si traduce in una condizione di favore per il trasgressore, quantunque egli non avesse ottemperato alle prescrizioni dell'organo di vigilanza: proprio in ragione dell'intervenuta cessazione del rapporto di sub-appalto è stato ammesso al pagamento della sola sanzione amministrativa senza che gli fosse stata preventivamente richiesta la prova dell'intervenuto adeguamento alle prescrizioni dell'Ispettorato del Lavoro, adeguamento al quale non poteva all'evidenza più provvedere per non essere i propri dipendenti più impegnati nella gestione del relativo impianto.
E' stato già affermato da questa Corte che la procedura di estinzione prevista dagli artt. 20 e segg. del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, trova applicazione, ai sensi dell'art. 15, comma terzo, del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, anche per le fattispecie cosiddette a condotta esaurita, ossia in presenza di reati istantanei già perfezionatisi, nonché di già avvenuta, spontanea regolarizzazione delle pregresse violazioni da parte del trasgressore, senza attendere l'imposizione della prescrizione da parte dell'organo di vigilanza (Sez. 3, n. 34750 del 03/05/2011 - dep. 26/09/2011, Costantini, Rv. 251229 in fattispecie in cui la sentenza di condanna, annullata per il mancato esperimento della procedura di estinzione, era stata pronunciata per l'assunzione di una dipendente minorenne in difetto di visita medica preventiva, in violazione del combinato disposto degli artt. 8 e 26 della l. 17 ottobre 1967, n. 977; Sez.3, n.39400 del 6/6/2007. Pm in proc. Loi, Rv. 237198 in cui la Corte ha ritenuto che legittimamente il giudice di merito avesse dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di impiego di lavoratori minorenni non preventivamente sottoposti a visita medica, previsto dagli artt. 8, comma primo, e 26, comma secondo, L. 17 ottobre 1967 n. 977, per mancanza della condizione di procedibilità costituita dal previo espletamento della procedura di estinzione). Occorre a tale riguardo considerare che la procedura di estinzione di cui agli artt.20 ss d. lgs 758/1994, che a sua volta si articola in una duplice fase, ovverosia nella previa imposizione al trasgressore di un termine fissato dall'organo di vigilanza entro il quale provvedere alla regolarizzazione necessaria all'eliminazione della contravvenzione prevista dalla normativa in materia di sicurezza ed igiene delle condizioni di lavoro, e nella successiva ammissione di costui, a seguito dell'adempimento, al pagamento di una sanzione amministrativa pari ad 1/4 del massimo della contravvenzione contestata, configura condizione di procedibilità dell'azione penale nei reati in esame, ma che l'art.15, 3 comma d. lgs. 15/2004, nel richiamare la suddetta procedura di estinzione, consente di prescindere dalle prescrizioni dell'ispettorato del lavoro, ammettendo ciò nondimeno il trasgressore al pagamento della sanzione amministrativa, volta ad estinguere il reato, allorquando la fattispecie è a condotta esaurita, ovvero il trasgressore abbia autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all'emanazione della prescrizione. Risulta quindi che, a seguito della modifica legislativa, è ormai superata la giurisprudenza di questa Corte che aveva ritenuto non applicabile la procedura di estinzione delle contravvenzioni di cui al D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20 e segg., nelle ipotesi di reati istantanei già perfezionatisi (Sez. 3, n. 47228 del 04/11/2005 - dep. 28/12/2005, Greco, Rv. 233190) o nelle ipotesi in cui l'organo di vigilanza non abbia impartito al contravventore alcuna prescrizione, per la già avvenuta spontanea regolarizzazione (Sez. 3, n. 9474 dell'1/2/2005, , Pesciaroli, Rv. 231217), dovendosi ritenere che, secondo la normativa vigente, la finalità dell'istituto non possa più essere individuata solo nello scopo di interrompere l'illegalità e di ricreare le condizioni di sicurezza previste dalla normativa a tutela dei lavoratori, bensì anche in quello di permettere in via generale l'estinzione amministrativa del reato, sebbene non vi siano regolarizzazioni da effettuare (cfr. sentenza n.39400/2007 cit.). Se tale principio è stato affermato con riferimento all'ipotesi di reati già consumatisi, per i quali la regolarizzazione era già avvenuta, quali quelli relativi alla visita medica dei minori effettuata in ritardo, siffatta opzione interpretativa ben può essere estesa al caso di specie, dovendo, all'ipotesi in cui la regolarizzazione sia già avvenuta, essere, pertanto, parificata quella in cui la stessa non possa più avvenire, non trovandosi il trasgressore più nelle condizioni di adempiere. Diversamente opinando e dunque precludendo al trasgressore di beneficiare della procedura di estinzione del reato, configurante condizione di procedibilità della stessa azione penale, si perverrebbe infatti alla paradossale conclusione o di lasciare impunite le condotte penalmente rilevanti che, in quanto esauritesi, non siano perciò suscettibili regolarizzazione da parte di costui o di pronunciarne la condanna in sede penale annullando la suddetta condizione di procedibilità.
Correttamente è stata pertanto azionata nei confronti dell'odierno ricorrente la procedura prevista dagli artt. 19 ss. D.Lvo 758/1994 essendo stato il suo inadempimento ritenuto incolpevole, così come correttamente il giudice di merito ha pronunciato nei suoi confronti, a fronte dell'omesso pagamento dell'oblazione, sentenza di condanna. Il venir meno dello stato antigiuridico in conseguenza della cessazione della qualifica per lungo tempo rivestita di gestore dell'impianto, fonte di potenziale pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori, non determina il venir meno dell'antigiuridicità della condotta antecedente, con la quale il ricorso non si confronta, consistita nella mancata redazione e sottoposizione a periodico aggiornamento del documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008 nella parte relativa all'indicazione delle misure precauzionali e dei dispositivi di protezione adottati al fine di scongiurare i rischi derivanti dai fattori di pericolo concretamente rinvenuti nell'azienda.
2. Manifestamente infondato è il terzo motivo. La circostanza che l'imputato disponesse del DVR risalente al 2010 ed aggiornato nel 2013 non vale a superare lo specifico accertamento in ordine all'omessa indicazione delle misure di sicurezza da adottare per l'accesso alla vasca dei liquami ed alla pulizia e svuotamento delle pompe, tenuto conto che la contravvenzione in esame si perfeziona con la violazione dell'obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori gravante sul datore di lavoro che è conseguentemente tenuto ad analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'Interno dell'azienda e ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per prevenirli (Sez.4, n. 20129 del 10/03/2016 - 16/05/2016, Serafica, Rv. 267253).
3. La stessa sorte segue anche il quarto motivo.
Dal momento che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., ne consegue che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità del trattamento sanzionatorio la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Cass. sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrano, Rv. 259142). L'evidenziazione da parte del Tribunale ratino della modestia del fatto e delle relative conseguenze non si pone in antitesi, ma costituisce, al contrario, la coerente esplicitazione delle ragioni, concernenti la non particolare gravità del reato, che lo hanno indotto a fissare la pena assestandosi nella media edittale che, in quanto tale, non richiede comunque specifiche e dettagliate motivazioni essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Rv. 245596; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 - dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283).
Non sussistendo pertanto i presupposti per invocare l'intervento di questa Corte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000 in favore della Cassa delle Ammende Così deciso il 5.10.2017