Categoria: Cassazione penale
Visite: 7943

Cassazione Penale, Sez. 4, 08 febbraio 2018, n. 6133 - Lavoratore schiacciato da una benna miscelatrice durante i lavori di pavimentazione della sede stradale. Carico eccessivo e mancata formazione 


Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 16/11/2017

 

 

 

Fatto

 

 

 

l. La Corte di Appello di Trieste con sentenza in data 26.10.2016, sull'appello dell'imputato, confermava la sentenza del Tribunale di Udine che aveva riconosciuto P.A. colpevole del reato di lesioni colpose gravi ai danni di S.C. il quale era rimasto schiacciato sotto il peso di una benna miscelatrice nel corso della esecuzione di lavori di pavimentazione della sede stradale.
2. In particolare il P.A. era chiamato a rispondere quale titolare della impresa Extrem s.r.l. esecutrice delle opere e datrice di lavoro del dipendente infortunato per avere omesso di fornire complete e idonee informazioni ai dipendenti chiamati ad operare con mezzo meccanico abbinato alla benna che miscelava il calcestruzzo, con particolare riferimento al massimo riempimento della benna per evitare problemi di stabilità del mezzo meccanico il quale appunto, in presenza di irregolarità della sede stradale, e in ragione del superamento della capacità operativa della minipala associata alla benna, finiva per flettersi in avanti, andando a colpire il lavoratore intento a seguire e ad agevolare da terra le operazioni di riempimento con il calcestruzzo.
3. La corte territoriale riconosceva la relazione causale tra la impennata del mezzo e il peso della benna, sottoposta a carico eccessivo, evidenziando che se l'evento era stato occasionato dalla irregolarità del fondo stradale, nondimeno alla base sussisteva un rilevante superamento della capacità operativa del mezzo meccanico, in ragione del sovraccarico della benna miscelatrice.
4. Quanto ai profili di colpa assumeva che dall'istruttoria dibattimentale era emerso che ai dipendenti chiamati ad operare non era stata fornita una tempestiva, corretta ed esaustiva informazione sui limiti di carico cui la macchina avrebbe potuto operare in condizioni di sicurezza, essendo risultato che il mezzo era stato preso a noleggio e che pertanto non ricorreva una abitudine all'utilizzo da parte dell'operatore, così come nessuna prescrizione era stata fornita sui pericoli di operare su fondo dissestato, laddove la capacità operativa del mezzo evidenziata dal manuale di istruzioni, peraltro non posto a disposizione delle maestranze, evidenziava che la capacità operativa della minipala fissata in 737 Kg si riferiva a superfici dure, lisce e
5. Quanto ai profili sanzionatori escludeva il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in assenza di particolari profili di meritevolezza da valorizzare a favore dell'imputato.
6. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell'imputato deducendo cinque motivi di ricorso nei quali si deduceva vizio di mancanza di motivazione e di violazione nella valutazione della prova in relazione alla sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta del ricorrente e l'evento, atteso che l'impennata del mezzo era dipesa da manovra dell'operatore e dalla irregolarità del fondo stradale, laddove al contrario nessun oggettivo accertamento era stato eseguito per stabilire l'effettiva portata della benna e la ricorrenza di un sovraccarico rispetto ai valori indicati nel manuale di istruzioni;
6.1 Con due distinte articolazioni il ricorrente era poi a dolersi in punto a riconoscimento della colpa, lamentando l'omessa considerazione del fatto che il P.A. aveva fornito adeguate istruzioni sui limiti di carico della benna, laddove era emerso che il maggiore carico era dipeso da una libera scelta dei dipendenti al fine di ridurre il numero dei viaggi per caricare la sabbia; rappresentava inoltre che, in assenza dell'accertamento del superamento del range di sicurezza, in ragione del mancato accertamento sulla consistenza del carico, era impossibile riconoscere una imputazione causale della colpa; con una quarta articolazione deduceva mancanza e contraddittorietà della motivazione e violazione di legge in relazione alla riconosciuta attendibilità degli esiti peritali a fronte delle lacune e delle contraddizioni pure evidenziate dalla difesa.
6.2 Con una ultima articolazione lamentava vizio motivazionale in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
 

 

Diritto

 


1. Va preliminarmente evidenziato che in ossequio a principi ripetutamente affermati da questa Corte, che, in punto di vizio motivazionale, compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti. Neppure il giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell'ambito di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (ex pluribus: Cass. n. 12496/99, 2.12.03 n. 4842, rv 229369, n. 24201/06); pertanto non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. È stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma del citato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (Cass. SU n. 47289/03 rv 226074). Detti principi sono stati ribaditi anche dopo le modifiche apportate all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) dalla L. n. 46 del 2006, che ha introdotto il riferimento ad "altri atti del processo", ed ha quindi, ampliato il perimetro d'intervento del giudizio di cassazione, in precedenza circoscritto "al testo del provvedimento impugnato". La nuova previsione legislativa, invero, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane comunque un giudizio di legittimità, nel senso che il controllo rimesso alla Corte di cassazione sui vizi di motivazione riguarda sempre la tenuta logica, la coerenza strutturale della decisione. Così come sembra opportuno precisare che il travisamento, per assumere rilievo nella sede di legittimità, deve, da un lato, immediatamente emergere dall'obiettivo e semplice esame dell'atto, specificamente indicato, dal quale deve trarsi, in maniera certa ed evidente, che il giudice del merito ha travisato una prova acquisita al processo, ovvero ha omesso di considerare circostanze risultanti dagli atti espressamente indicati; dall'altro, esso deve riguardare una prova decisiva, nel senso che l'atto indicato, qualunque ne sia la natura, deve avere un contenuto da solo idoneo a porre in discussione la congruenza logica delle conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito.
2. Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta alcuno dei vizi dedotti dai ricorrenti, atteso che l'articolata valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a ritenere la responsabilità del ricorrente, mentre le censure da questo proposte finiscono sostanzialmente per riproporre argomenti già esposti in sede di appello, che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, fondata su una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal modo richiedendo uno scrutinio improponibile in questa sede.
3. In particolare la Corte territoriale ha indicato una serie di elementi a sostegno del proprio convincimento in punto a sussistenza tanto del rapporto di causalità omissiva quanto dell'elemento soggettivo del reato, argomenti con i quali la difesa della ricorrente non mostra di confrontarsi ma finisce per riproporre il contenuto dei motivi di gravame già articolati dinanzi al giudice di appello.
3.1 Sotto il profilo causale è indubbio che il lavoratore era intento a svolgere un'attività lavorativa commissionata al datore di lavoro per il quale lavorava in assenza di adeguata formazione e informazione sulla specifica metodica da seguire, sui carichi massimi sostenibili dal mezzo, sulle caratteristiche meccaniche del mezzo (minipala) utilizzato, sulle regole di operatività e sui limiti di carico per operare in sicurezza, e tale deficit di conoscenze risultava certamente imputabile ad una incompleta e carente organizzazione del datore di lavoro, che non aveva reso edotti gli operai, e in particolare l'operatore addetto alla movimentazione della macchina e della benna ad essa associata, dei pericoli derivanti dall'eccesso di carico del macchinario impastatore del calcestruzzo. In termini pertanto del tutto coerenti con le emergenze processuali è stato riconosciuto il profilo della colpa, anche specifica, in capo al datore di lavoro.
4. Sotto diverso profilo poi, in relazione alla deduzione del comportamento abnorme del lavoratore, è stato evidenziato dal S.C. che la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento-morte o -lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. (La Suprema Corte ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, nel segmento di lavoro attribuitogli (vedi sez.IV, 28.4.2011 23292; 5.3.2015 n. 16397). Non pare dubbio - e il giudice di appello ne ha dato conto in motivazione - che il lavoratore sia stato intento alla esecuzione di un lavoro allo stesso demandato, in quanto rientrante nell'ambito di attribuzioni che gli venivano richieste, con la conseguenza che il sinistro è certamente riconducibile, sotto il profilo eziologico, allo svolgimento della prestazione lavorativa, né può ragionevolmente affermarsi che la condotta del lavoratore si pose in termini del tutto eccentrici rispetto ai compiti assegnati, atteso che la deviazione dal corretto agire dipese esclusivamente da un deficit di formazione-informazione allo stesso non rimproverabile.
5. Va infine rilevato che nei motivi di ricorso il ricorrente neppure fornisce una ricostruzione causale alternativa della vicenda, limitandosi ad affermare che la informazione vi era stata ed era stata completa, in tal modo risultando contraddetto da tutti i lavoratori escussi e dalla stessa dinamica del sinistro che, in accordo degli esiti peritali, aveva visto il ribaltamento del mezzo a causa dell'eccessivo carico della benna.
5.1 Tale ribaltamento era dipeso dal mancato rispetto dei limiti di operatività del mezzo meccanico, peraltro indicati nel manuale di istruzioni laddove, come rappresentato dai giudici di merito, la irregolarità del terreno aveva rappresentato la mera occasione del sinistro, in quanto determinava la impennata della motopala, fatto certamente imprevedibile per l'operatore, in assenza di adeguato bagaglio di conoscenze sulle capacità del mezzo di mantenere stabilità in presenza di un eccessivo sovraccarico delle componenti mobili.
6. Devono pertanto essere rigettati i primi tre motivi di ricorso volti ad aggredire la sentenza impugnata con riferimento alla sussistenza ai profili causali e soggettivi del fatto reato ascritto al P.A..
7. Sotto diverso profilo il giudice di appello ha del tutto adeguatamente motivato in punto di coerenza, logicità ed esaustività delle risultanze della consulenza tecnica eseguita e della riconducibilità dell'evento al superamento dei limiti per il mantenimento del mezzo all'interno di range di sicurezza, essendo risultato dimostrato che la benna aveva un peso superiore al modello standard e che la stessa era chiamata a operare con un rilevante sovraccarico (sabbia e acqua) da miscelare. Di talché risulta infondato anche il prospettato rilievo sulla incertezza ed inattendibilità dei risultati peritali di cui al quarto motivo di doglianza. 
7. Anche il motivo di ricorso in punto di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi infondato, atteso che il giudice di appello ha fornito sintetica ma esaustiva motivazione sulla mancanza di elementi positivi, di rilievo processuale, da valorizzare a favore dell'imputato a prescindere dal dato, da ritenersi ormai da solo non sufficiente ai fini che qui rilevano, dello stato di incensuratezza.
8. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e la parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 16.11.2017