• Infortunio sul Lavoro

Domanda per risarcimento dei danni subiti per la morte del proprio marito e padre dei figli minori avvenuto a causa delle gravissime lesioni riportate dal C. in un infortunio sul lavoro verificatosi mentre, alle dipendenze della società convenuta, svolgeva le mansioni a lui affidate.
La Corte di appello riformava la sentenza e dichiarava la TIR TAXI responsabile del sinistro nella misura del 60%, con conseguente condanna della stessa al risarcimento dei danni - Ricorre in Cassazione la società - Rigetto.

Una volta accertata la omissione di alcune misure di sicurezza, la Corte del merito ne ha dedotto che, dovendosi applicare nella specie l'art. 2087 c.c., la TIR TAXI "non ha fornito alcuna dimostrazione di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all'attività svolta nè di aver adottato tutte le misure, che, in considerazione della peculiarità dell'attività e tenuto conto dello stato della tecnica siano necessarie per tutelare l'integrità fisica del lavoratore".
Il giudice di appello ha rinvenuto anche un grado di prevedibilità dell'evento dannoso a carico della TIRTAXI ed ha sottolineato che è mancata la diligenza del buon imprenditore aggiornato a quanto la tecnologia e l'esperienza fornissero in quel momento, come si esprimono i resistenti nel loro controricorso.
D'altro canto, ha anche accertato e poi valutato la negligenza e la imprudenza del C., che pure aveva contestato "un paio di giorni prima dell'incidente" il non regolare funzionamento del compressore e della valvola dello stesso" e che incorse nella fatale distrazione di dimenticarsi di aprire la valvola di sfiato, ma passò direttamente alla operazione di apertura del coperchio.
Tra le due condotte omissive, comparate tra di loro, vi è una evidente preponderanza e prevalenza delle "omissioni tecniche e di vigilanza" della TIR TAXI rispetto a quelle del C..
Viene, così, smentita la tesi della abnormità e della imprevedibilità dell'atto omissivo del lavoratore.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente -
Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere -
Dott. UCCELLA Fulvio - rel. Consigliere -
Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere -
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2128/2007 proposto da:
TIR TAXI DI CERE' CLAUDIO & C SAS, in persona del socio accomandatario e legale rappresentante pro tempore Signor. C. C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VARRONE 9, presso lo studio dell'avvocato MARANELLA STEFANO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato TESTA GIANANTONIO giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro T.G. in proprio e quale legale rappresentante del figlio minore C.M., e CU.Ma., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo studio dell'avvocato OTTAVI LUIGI, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato CALABRO' LUIGI giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrenti -
e contro RAS ASSICURAZIONI SPA;
- intimata -
avverso la sentenza n. 2197/2006 della CORTE D'APPELLO di MILANO, SEZIONE SECONDA CIVILE emessa il 5/7/2006, depositata il 13/09/2006;
RG. 512/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/02/2009 dal Consigliere Dott. UCCELLA FULVIO;
udito l'Avvocato MARANELLA STEFANO;
udito l'Avvocato OTTAVI LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Fatto

1.- Con ricorso notificato tra il 4 e 5 gennaio 2007 la società TIR TAXI sas di Cere Claudio & C. (d'ora in avanti TIR TAXI) impugna per cassazione la sentenza del 13 settembre 2006, resa dalla Corte di appello di Milano nel giudizio di appello vertente tra T. G. in proprio e quale legale dei figli minori C. M. e C.M. e l'attuale ricorrente nonchè la RAS Assicurazioni s.p.a..

2.- In punto di fatto, con citazione notificata il 11 luglio 2000, la T., in proprio e nella qualità sopra indicata, conveniva avanti al Tribunale di Como la TIR TAXI, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per la morte del proprio marito e padre dei figli minori avvenuto il 30 marzo 1995 a causa delle gravissime lesioni riportate dal C. in un infortunio sul lavoro verificatosi mentre, alle dipendenze della società convenuta, svolgeva le mansioni a lui da questa affidate.
La TIR TAXI si costituiva e contestava ogni responsabilità in merito e, in subordine, chiedeva la condanna in manleva della sua assicurazione la RAS spa, che chiamava in causa.
La RAS spa si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda ed, in subordine, il contenimento della garanzia nei limiti del massimale assicurativo di L. 300.000.000.
Con sentenza del 25 settembre 2003 il Tribunale di Como, ritenuto che l'infortunio fosse stato determinato esclusivamente da un errore di manovra del Cartoni e fosse da escludere ogni responsabilità per colpa della convenuta, rigettava la domanda.
Contro questa decisione proponeva appello la T. in proprio e nella qualità.
Si costituivano sia la TIR TAXI che la RAS, con due atti separati.
All'esito della assunzione delle prove dedotte dalle parti ed ammesse, nonchè della consulenza tecnica di ufficio, disposta con ordinanza del 6 ottobre 2004, la Corte di appello riformava la sentenza e dichiarava la TIR TAXI responsabile del sinistro nella misura del 60%, con conseguente condanna della stessa al risarcimento dei danni per complessive Euro 390.000,00, oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo; condannava la RAS spa a rifondere alla TIR TAXI le somme da essa come sopra dovute agli appellanti sino alla concorrenza dell'importo di Euro 154.937,07, maggiorato degli interessi legali dal 28 luglio 2000 al saldo e statuiva anche in ordine alle spese, ponendo, peraltro, a carico della RAS spa le spese per la consulenza, già liquidate in Euro 4.562,47, oltre accessori come per legge.

3.- Avverso questa sentenza, come già evidenziato, propone ricorso la TIR TAXI, articolato in tre motivi, di cui il primo presenta molteplici profili.
Resiste con controricorso la T. in proprio e nella qualità.
La TIR TAXI ha presentato istanza il 24 novembre 2008 per la sollecita fissazione dell'udienza: istanza accolta dal Presidente titolare il 4 dicembre 2008 per questa udienza e nei termini ha depositato memoria.
Non risulta aver svolto attività difensiva per questo grado di giudizio la RAS spa.
 
Diritto

1.- Con il primo motivo (illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla valutazione delle risultanze istruttorie e alla CTU in ordine a fatti controversi e decisivi per il giudizio) la società ricorrente fa riferimento alla prova testimoniale (p. 4-10 ricorso), alla tempestività degli accertamenti tecnici e alle risultanze della CTU.
1.1.- In merito alla prova testimoniale ritiene il Collegio che questo profilo sia inammissibile, in quanto il riesame delle risultanze testimoniali non è consentito in sede di legittimità, ove la Corte di cassazione è chiamata a valutare il percorso logico- giuridico intrapreso dal giudice del merito nell'esaminare le prove addotte.

1.2.- In merito all'altro profilo sulla tempestività degli accertamenti tecnici e sulle risultanze della CTU è sufficiente scorrere la sentenza impugnata per convincersi che il giudice di appello ha tenuto conto di tutto quanto documentato, onde pervenire con congrua motivazione alla statuizione delle concorrenti responsabilità nella causazione del sinistro, dando, percentualmente e correttamente, prevalenza alla responsabilità della società datrice di lavoro.
Di vero, il giudice di appello si sofferma sulla CTU, sulle prove testimoniali, trascritte nei verbali di causa e a questo "materiale " attribuisce piena validità anche perchè il CTU "non ha affatto fondato le sue indagini sull'esame della cisterna quale si presentava all'epoca della perizia, bensì su dati di fatto oggettivi forniti dalle fotografie scattate dai Carabinieri nell'immediatezza del sinistro, nonchè dai rilievi ed attestati di fatto all'epoca raccolti dagli inquirenti" (p. 14 sentenza impugnata).
Ed inoltre, il giudice di appello esamina dette risultanze, quasi puntigliosamente, per dedurre sia il nesso di causalità tra l'utilizzo del macchinario e l'evento dannoso sia la imprudenza del lavoratore, che non aprì la valvola di sfiato (il rubinetto della cisterna era chiuso, come accertato dal CTU), ma "passò direttamente alle operazioni di apertura del coperchio, che, ancora sotto pressione e non più trattenuto dai bulloni aperti" dal C., "scoppiò colpendolo violentemente" (p. 17 sentenza impugnata).
Su tale motivazione, peraltro, la società ricorrente si limita a proporre una diversa interpretazione di tutto il materiale probatorio, senza affatto censurarne il contenuto e cioè che la dinamica del mortale incidente era già stata evidenziata dal rapporto, corredato di fotografie, dei Carabinieri intervenuti sul posto.
Corretta, quindi, la decisione anche lì dove ha disatteso le istanze istruttorie dell'attuale ricorrente perchè superflue e, comunque, in contrasto con i dati obbiettivi documentali e documentati (p. 20 sentenza impugnata).

2.- Una volta rigettato il primo motivo, per ragioni logiche va esaminato il terzo, che si sofferma sulla asserita responsabilità esclusiva del lavoratore, disconosciuta dalla corte territoriale.
Al riguardo, va detto che, una volta accertata la omissione di alcune misure di sicurezza (quali evidenziate dalla CTU, dal rapporto dei Carabinieri), la Corte del merito ne ha dedotto che, dovendosi applicare nella specie l'art. 2087 c.c., la TIR TAXI "non ha fornito alcuna dimostrazione di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all'attività svolta nè di aver adottato tutte le misure, che, in considerazione della peculiarità dell'attività e tenuto conto dello stato della tecnica siano necessarie per tutelare l'integrità fisica del lavoratore" (con puntuali richiami della giurisprudenza di legittimità (p. 15 sentenza impugnata).
Infatti, il giudice di appello non solo ha accertato che l'appellata, ora ricorrente, non ha fornito tale prova, ma ha accertato che risulta provato che "mancava la strumentazione prescritta dalla normativa vigente e dalle regole; che quella esistete era guasta; che era stato impropriamente modificato il dispositivo di chiusura del coperchio; che la cisterna non era stata sottoposta alla prescritta verifica dell'Ispels; che le istruzioni fornite al dipendente erano insufficienti e che lungi dal vigilare sull'adozione delle cautele necessarie per la tutela dell'integrità dei dipendenti, la datrice di lavoro era consapevole dell'irregolare modalità di aperta dei bulloni con un martello, praticata dai dipendenti e, peraltro, indotta dalla modifica da essa stessa apportatavi e non si curò neppure dell'avvertimento ricevuto circa il cattivo funzionamento dell'apparecchiatura (non conforme a normativa) esistente" (p. 15 sentenza impugnata).
In sostanza, il giudice di appello ha rinvenuto anche un grado di prevedibilità dell'evento dannoso a carico della TIRTAXI ed ha sottolineato che è mancata la diligenza del buon imprenditore aggiornato a quanto la tecnologia e l'esperienza fornissero in quel momento, come si esprimono i resistenti nel loro controricorso.
D'altro canto, ha anche accertato e poi valutato la negligenza e la imprudenza del Cartoni, che pure aveva contestato "un paio di giorni prima dell'incidente" il non regolare funzionamento del compressore e della valvola dello stesso" (p. 12 sentenza impugnata) e che incorse nella fatale distrazione di dimenticarsi di aprire la valvola di sfiato, ma passò direttamente alla operazione di apertura del coperchio (p. 17 sentenza impugnata).
Tra le due condotte omissive, comparate tra di loro, vi è una evidente preponderanza e prevalenza delle "omissioni tecniche e di vigilanza" della TIR TAXI rispetto a quelle del C..
Viene, così, smentita la tesi della abnormità (v. Cass. n. 5493/06) e della imprevedibilità dell'atto omissivo del lavoratore, deponendo le prove acquisite in senso nettamente contrario a quanto in sede della presente impugnazione, ma già in sede di appello, sostenuto dalla TIR TAXI (Cass. n. 4184/06).

3.- Ma anche il secondo motivo di ricorso non merita di essere accolto.
In sintesi, con esso si deduce l'assoluta indeterminatezza del petitum.
Al riguardo, è giurisprudenza costante di questa corte nello statuire che l'onere della determinazione dell'oggetto della domanda può considerarsi assolto anche in difetto di quantificazione monetaria della pretesa dedotta con l'atto introduttivo del giudizio, purchè l'attore provveda ad indicare i relativi titoli dai quali la pretesa tragga fondamento (potendo, così, essere quantificato), ponendo in tal modo il convenuto nella condizione di formulare in via immediata ed esauriente le proprie difese (Cass. n. 7507/01, puntualmente richiamata assieme a Cass. n. 7221/94 nella sentenza impugnata).
Ed è proprio questo che è avvenuto nel caso in esame, allorchè nell'atto di citazione gli attuali resistenti chiedevano il risarcimento dei danni da imputare alla TIR TAXI, per aver violato le norme in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro e, quindi, che essa fosse condannata a risarcire tutti i danni (patrimoniali, biologici, morali ed esistenziali) provati in corso di causa o in via equitativa.
Ed il giudice di appello segue il criterio equitativo, attuando una valutazione espressamente prevista dalla legge (art. 1226 c.c., richiamato dall'art. 2056 c.c.) nella ipotesi in cui il danno, pur essendo certo, non è provabile nel suo vero ammontare o la prova è difficoltosa.
Di vero, sostenere che il rimettersi alla valutazione equitativa del giudice per l'ammontare del danno comporti la nullità della domanda significherebbe la inoperatività delle suddette norme, in quanto il giudice, prima ancora di procedere alla valutazione equitativa dovrebbe dichiarare la nullità della domanda per mancata specificazione del petitum (v. par. 12, in motivazione Cass. n. 7507/01).
Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza, così come dal dispositivo.

P.Q.M.
La Corte:
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese a favore delle resistenti che liquida in Euro 10.100,00, di cui cento euro per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2009