Cassazione Civile, Sez. 6, 29 maggio 2018, n. 13439 - Infortunio e postumi


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: DE MARINIS NICOLA Data pubblicazione: 29/05/2018

 

 

 

Rilevato
- che con sentenza del 5 gennaio 2016, la Corte d’Appello di Ancona, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Ascoli Piceno, accoglieva la domanda proposta da P.F. nei confronti dell'INAIL, determinando nel 7%, anziché nel 6% riconosciuto dal primo giudice, i postumi permanenti dell'infortunio sul lavoro subito dal primo in data 4.8.2007 e dell’infortunio in itinere occorso al medesimo il 21.12.2007 e fissando a quest’ultima data la decorrenza dell’indennizzo in capitale del danno subito;
- che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, alla luce della rinnovata CTU, con esito simile alla precedente e non contestato, che assumeva come pacifica la preesistenza di menomazioni di comprovata origine extralavorativa implicante la riduzione della valutazione della menomazione, non elevabile oltre il gradiente di invalidità ;
- che per la cassazione di tale decisione ricorre il P.F., affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, l’INAIL;
- che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
- che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata
 

 

Considerato 
- che, con l’unico motivo, il ricorrente, nel denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta il recepimento da parte della Corte territoriale di una relazione peritale dal quale non emerge l’esame di una patologia viceversa rilevata nella documentazione medica prodotta (verbale della Commissione medica di verifica di Ascoli Piceno ai fini della concessione dell’equo indennizzo per causa di servizio) e sottoposta alla valutazione del CTU;
- che il motivo deve ritenersi inammissibile per genericità, incentrandosi le censure mosse sull’asserita contraddittorietà di accertamenti medico-legali che in sede di valutazione dell’equo indennizzo per causa di servizio confermerebbero, mentre, in questa sede, escludono la sussistenza di una ernia discale con danno neurogeno, quando viceversa nella specie è in gioco la valutazione dell’intensità dell’esito erniario della discopatia comunque riconosciuta, su cui il ricorrente non offre alcun elemento che giustifichi l’asserita inesattezza dell’accertamento, avendo di mira il solo obiettivo di sollecitare una rivalutazione nel merito del giudizio;
- che, pertanto, condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;
- che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
 

 

P.Q.M.

 


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 1.800,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 marzo 2018