Cassazione Civile, Sez. 6, 01 giugno 2018, n. 14055 - Indennizzo in capitale rapportato al danno biologico in conseguenza di un infortunio sul lavoro


 

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: GHINOY PAOLA Data pubblicazione: 01/06/2018

 

 

Rilevato che:

 

1. il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto riconosceva a carico dell'Inail, in favore di A.T., l'indennizzo in capitale rapportato ad un danno biologico del 7%, in conseguenza dell' infortunio sul lavoro subito in data 17/10/2009;
2. la Corte di Appello di Messina, disposta nuova c.t.u. che riconosceva la sussistenza di postumi nella misura del 4%, inferiore al minimo indennizzabile, accoglieva l'appello dell'Inail e rigettava la domanda;
3. A.T. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, affidato a 2 motivi;
4. l'Inail ha resistito con controricorso.
 

 

Considerato che:
1. con il primo motivo di ricorso è prospettata, ex art. 360 n. 3 c.p.c., l'errata applicazione dell'art. 195 della legge 18 giugno 2009 n. 69, per avere la Corte d'appello ritenuto inammissibili le note alla CTU depositate oltre il termine previsto dall'art. 195 c.p.c. , ed averle conseguentemente espunte dal giudizio.
2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell'art. 112 c.p.c. e - ex art. 360 n. 5 c.p.c.- l'omesso esame circa un fatto decisivo della controversia. Il ricorrente riferisce che il c.t.u. aveva riconosciuto il nesso eziologico tra le malattie e l'infortunio, così smentendo la prospettazione assunta dall'Inail in sede di gravame, e riconosciuto i presupposti per l'indennità per inabilità temporanea per il periodo dal 18/02/2010 al 16/04/2014, successivo a quello già riconosciuto in sede amministrativa. Sostiene che la Corte d'appello avrebbe dunque dovuto riconoscere il diritto a tale indennità ed esonerare il ricorrente dal pagamento delle spese di lite.
3. Il primo motivo è inammissibile, in quanto le argomentazioni ivi formulate non sono idonee a revocare in dubbio la soluzione adottata dalla Corte territoriale. Questa infatti ha riferito in motivazione che le note critiche alla c.t.u. venivano espunte in quanto depositate in cancelleria dalla difesa del A.T. al di fuori dalla scansione temporale prevista dall'art. 195 c.p.c. ed in difetto di ogni autorizzazione del giudice, autorizzazione che neppure si riferisce essere stata richiesta e che sarebbe stata necessaria per attivare sul contenuto delle note suddette il contraddittorio processuale.
4. Anche il secondo motivo di ricorso risulta inammissibile.
Costituisce principio consolidato di questa Corte quello secondo il quale affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l'una o l'altra erano state proposte, onde consentire alla Corte di verificarne sulla base degli atti la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività (vedi Cass. 5/12/2014 n. 25761, Cass. 4/07/2014 n. 15367, Cass. n. 5070 del 2009, n. 20518 del 2008).
Nel caso in esame, il ricorrente riferisce che il Tribunale aveva accolto la (sola) domanda avente ad oggetto l'indennizzo in capitale e riconosciuto le spese legali, ma non dice se ed in che modo la domanda per l'indennità di inabilità temporanea sia stata riproposta in secondo grado, riferendo solo di avere ivi chiesto la conferma della sentenza del Tribunale. Non risulta quindi che la domanda avente ad oggetto l'indennità per invalidità temporanea sia stata devoluta al giudice del gravame, in considerazione della presunzione di rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado e non riproposte in grado d'appello, sancita dall'art. 346 c.p.c. (sulla quale da ultimo v. Cass, n. 413 del 11/01/2017).
Né può censurarsi la condanna alle spese, che costituisce esito normale della soccombenza ex art. 91 c.p.c..
5. Il Collegio, condividendo la proposta del relatore, notificata ex art. 380 bis comma 2 c.p.c., all'esito della quale le parti non hanno formulato memorie, ritiene pertanto che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 comma 1 n. 1 c.p.c., e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio;
6. La regolamentazione delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
7. Risultando ammesso al patrocinio a spese dello stato, il ricorrente non deve invece allo stato essere onerato delle conseguenze amministrative previste dall'alt. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (v. in tal senso da ultimo Cass. ord., n. 21/02/2017 n. 4493).
 

 

P.Q.M.

 


dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5.4.2018