Cassazione Penale, Sez. 4, 14 giugno 2018, n. 27389 - Crollo di un muro di sostegno e pericolo per la sicurezza pubblica


 

 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: RANALDI ALESSANDRO Data Udienza: 08/03/2018

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 3.3.2016 la Corte di appello di Milano, per quanto qui interessa, ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Lecco, emessa in sede di giudizio abbreviato, che ha dichiarato la penale responsabilità di G.S. per il reato di disastro colposo avvenuto in Mandello del Lario il 13.7.2008, in relazione al crollo di un muro di sostegno del terreno a ridosso del fabbricato di civile abitazione costituito da villette a schiera, costruito in assenza di permesso di costruire e senza il deposito dei relativi progetti presso l'autorità competente.
2. Si rimprovera al G.S., nella sua qualità di progettista e direttore dei lavori strutturali, la realizzazione del suddetto muro di contenimento senza il rispetto delle più elementari regole dell'arte e dei presidi precauzionali necessari ad assicurare la stabilità e la sicurezza per la tutela della pubblica incolumità, trattandosi fra l'altro di opera ineludibile, giacché coessenziale all'edificazione del complesso residenziale, per cui il G.S. non doveva né poteva limitarsi alla progettazione e realizzazione delle strutture cementizie delle abitazioni, ma doveva anche provvedere alle opere di contenimento del versante collinare inciso e sbancato a ridosso di queste, da considerarsi inscindibili strutture dell'opera, secondo il disposto normativo di cui all'art. 64 del d.P.R. n. 380/2001.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo dei suoi difensori, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art.173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) quanto segue.
I) Violazione di legge per inosservanza dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen., in quanto il capo di imputazione ha ad oggetto una condotta commissiva, mentre la sentenza di condanna ha ad oggetto una condotta omissiva.
Deduce che la contestazione addebita al prevenuto essenzialmente di aver malamente progettato l'opera di contenimento crollata, mentre il Giudice nella sentenza di primo grado ha condannato il G.S. per aver omesso di estendere la progettazione, correttamente espletata per le unità abitative, anche al muro edificato abusivamente a monte del complesso edilizio. La sentenza di appello glissa sulla questione, limitandosi a sottolineare che il fatto attribuitogli in sentenza è comunque riferibile al G.S. nella sua qualità di progettista e direttore dei lavori delle opere strutturali, ma nulla dice sulla questione se quel fatto corrisponda ancora a quello dell'imputazione.
Rileva che aver progettato male un'opera è cosa diversa dal non averla progettata e tale diversità si riverbera sul piano dell'accertamento della
responsabilità, con particolare riguardo, trattandosi di reato colposo, alle norme che si ritengono violate.
II) Violazione di legge in relazione all'erronea applicazione dell'art. 64, comma 4, d.P.R. 380/2001, laddove ha individuato una posizione di garanzia rispetto ad un'opera non contemplata nella denuncia ex art. 65 d.P.R. cit.
Deduce che le figure del progettista e del direttore dei lavori strutturali sono individuate con la denuncia dei lavori presentata ex art. 65 d.P.R. 380/2001, con cui il costruttore comunica all'Ufficio tecnico comunale i nominativi dei soggetti responsabili e allega, a firma del progettista architettonico, il progetto analitico dell'opera. Afferma, dunque, che è la denuncia ex art. 65 cit. che delimita l'incarico e, quindi, la responsabilità del progettista-direttore dei lavori strutturali. Per le opere eventualmente realizzate al di fuori della denuncia ex art. 65 cit. risponderà il costruttore, nonché il direttore dei lavori responsabile dell'intero cantiere. Espandere la responsabilità del progettista direttore dei lavori strutturali, al di fuori del perimetro delle opere denunciate dal costruttore, comporta pretendere una condotta che non dipende dalla sua volontà, ma da quella del costruttore.
Nel caso concreto è pacifico in giudizio che la denuncia ex art. 65 cit. non contemplasse il muro crollato, edificato abusivamente.
E' altrettanto pacifico che la prima e unica elaborazione grafica del muro compare nelle tavole accompagnatorie della DIA di variante in corso d'opera, presentata dal progettista architettonico arch. Castelnuovo il 17/5/2007, allorché il G.S. aveva già depositato da mesi (18/1/2007) la sua relazione finale concernente le strutture progettate delle unità abitative.
Deduce, inoltre, che erroneamente i giudici di merito hanno inteso il muro crollato come una struttura ricompresa nelle opere edilizie abitative, trattandosi invece di un'opera a sé stante, in nessun modo collegata fisicamente alle abitazioni, la cui stabilità ne prescinde.
III) Vizio di motivazione con riguardo all'affermazione secondo cui il muro sarebbe stato edificato in costanza di incarico e che il G.S. di fatto ne avrebbe assunto la responsabilità.
Deduce che la difesa ha sempre sostenuto che quando il G.S. depositò la sua relazione finale in data 18/1/2007, il muro crollato non era ancora stato edificato e che, quindi, il medesimo ignorasse in quale modo il costruttore e il progettista architettonico - direttore dei lavori avrebbero posto in sicurezza la ripa a monte dei fabbricati.
Secondo la Corte territoriale invece il muro sarebbe stato elevato in costanza di incarico del G.S., posto che nelle tavole progettuali della DIA in variante del 17.5.2007, nelle quali per la prima e unica volta viene rappresentato il muro di contenimento, esso non risulta evidenziato in rosso, quale opera aggiuntiva, per cui ciò consentirebbe di inferire la preesistenza del muro.
Il ricorrente ritiene che la predetta affermazione sia contraddittoria ed illogica, in quanto proprio la circostanza che il muro non sia in alcun modo mai stato rappresentato in nessuna tavola o relazione tecnica prima del 17.5.2007 induce a ritenere il contrario, e cioè che il muro prima della DIA non era stato edificato né ideato.
L'ulteriore richiamo nella sentenza di appello alla documentazione fotografica che conforterebbe la tesi che i manufatti abusivi sarebbero anteriori al gennaio del 2007 è apodittico e contraddittorio, in quanto le fotografie prodotte agli atti non recano alcuna data.
IV) Violazione di legge per erronea applicazione dell'art. 64, comma 4, d.P.R. 380/2001, laddove estende la responsabilità del progettista strutturale rispetto ad un'opera realizzata abusivamente dopo la cessazione dell'incarico.
Deduce che se la progettazione strutturale del muro crollato non rientrava nell'incarico conferito al G.S. e considerato che il muro era stato edificato dopo l'espletamento del suo incarico, la condotta ritenuta dovuta dal G.S. di progettare comunque la struttura in conglomerato cementizio dell'opera di contenimento in disamina non fosse esigibile.
Infatti, essa da un lato dipendeva dalla volontà di altri soggetti (costruttore, progettista architettonico e direttore lavori) di coinvolgerlo nella progettazione di un'opera abusiva; dall'altro, avrebbe comportato la violazione della norma penale, rispetto alla quale è stato assolto proprio per non aver progettato la struttura dell'opera abusiva.
4. Con memoria aggiuntiva depositata il 1.3.2017, il ricorrente rileva che proprio la Quarta Sezione della Corte di cassazione (cfr. Sez. 4, n. 18122 del 18/03/2015, Pmt e altri, Rv. 26344101) ha sollevato la questione di costituzionalità dell'art. 157, comma sesto, cod. pen., in relazione al raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di disastro colposo di cui al combinato disposto di cui agli artt. 434 e 449 cod. pen. Cita anche provvedimenti di merito che hanno sollevato la stessa questione dinanzi alla Consulta.
Trattandosi di questione rilevante anche nel presente giudizio, poiché qualora venisse accolta il reato in disamina si sarebbe prescritto alla data del 10.1.2017, il ricorrente ha avanzato istanza di sospensione del processo fino all'esito del giudizio incidentale già rimesso alla valutazione della Corte costituzionale. 
5. Con memoria depositata il 6.3.2018 il ricorrente ribadisce che non può configurarsi la posizione di garanzia del G.S. in relazione ad un'opera abusiva e non denunciata dal costruttore ai sensi dell'art. 65 d.P.R. 380/2001.
 

 

Diritto

 


1. Preliminarmente si osserva che sulla questione di costituzionalità dell'art. 157, comma sesto, cod. pen., in relazione al raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di disastro colposo di cui al combinato disposto di cui agli artt. 434 e 449 cod. pen., la Corte costituzionale, con la sentenza n. 265/17, si è pronunciata, rigettando la questione.
Ne discende che per il reato in disamina non può dirsi ancora maturato il termine di prescrizione previsto dalla legge.
2. Passando ai dedotti motivi di censura, si ritiene che gli stessi non possano trovare accoglimento perché infondati; conseguentemente il ricorso deve essere rigettato.
3. Il primo motivo non considera che la contestazione del reato è stata formulata anche in termini di colpa generica, in relazione al crollo del muro, sicché, stante la posizione del ricorrente di progettista e direttore dei lavori strutturali, non si configura nel caso alcuna trasformazione dei contenuti essenziali dell'addebito mosso al medesimo, che è quello, in definitiva, di aver contribuito colposamente, con il suo comportamento, alla realizzazione di un'opera malamente progettata e costruita.
Al riguardo, è noto il principio per cui, una volta contestata la condotta colposa e ritenuta dal giudice di primo grado la sussistenza di un comportamento omissivo, la qualificazione in appello della condotta medesima anche come colposamente commissiva non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, qualora l'imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione ad ogni possibile profilo dell'addebito (Sez. 4, n. 41674 del 06/07/2004, Ryan ed altri, Rv. 22989301; in un caso in cui i profili di colpa commissiva individuati nella sentenza impugnata non potevano considerarsi estranei alla imputazione originaria, in quanto ricompresi nel fatto storico in essa delineato e, soprattutto, rientranti nella colpa generica contestata all'imputato). Analogamente, in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014, Denaro e altro, Rv. 26016101)
Tanto vale, mutatis mutandi, anche nel caso di specie in cui, a ben vedere, la contestazione attiene sin dall'origine a profili di colpa omissivi, in relazione al mancato rispetto, nella realizzazione del muro successivamente crollato, delle regole dell'arte e dei presidi precauzionali necessari ad assicurarne la stabilità e la sicurezza per la tutela della pubblica incolumità, indipendentemente dalla condotta di "cattiva" progettazione materialmente riconducibile al prevenuto.
Del resto, nell'analisi dei reati colposi non vanno mai confusi i profili della condotta attiva attribuita all'agente dalle connesse componenti omissive della colpa (cfr. Sez. 4, n. 15002 del 01/03/2011, Reif e altri), nel caso indubbiamente presenti e tali da connotare la condotta colposa del G.S. come essenzialmente omissiva, tenuto conto del contenuto complessivo della contestazione a lui mossa, sulla quale - ed è questo ciò che conta ai fini che qui rilevano - l'imputato ha avuto modo di esercitare in concreto ampia facoltà di difesa.
In tale prospettiva, i profili omissivi di colpa generica e specifica che sono stati indubbiamente contestati al G.S. devono ritenersi adeguatamente trattati nelle sentenze di merito, sul piano dell'accertamento della responsabilità, secondo un iter processuale che non può ritenersi viziato sotto il profilo della prospettata violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
4. Il secondo motivo, pur suggestivo, è parimenti infondato.
E' vero che il muro di che trattasi non era stato denunciato ai sensi dell'art. 65 d.P.R. 380/2001, trattandosi di costruzione pacificamente abusiva. Ma nel caso la posizione di garanzia del G.S. è stata correttamente individuata in concreto, quale soggetto gestore del rischio in relazione alla sua qualifica di progettista strutturale dell'opera edilizia nel suo complesso ed in considerazione di quanto previsto dall'art. 64, comma 4, d.P.R. 380/2001, che attribuisce al progettista una responsabilità diretta in relazione a «tutte le strutture dell'opera comunque realizzate»; quindi anche in relazione al muro in questione, la cui funzione esclusiva - secondo quanto incontestabilmente accertato in sede di merito - era quella di proteggere le villette a schiera da rischi di smottamento del terreno sovrastante, a tutela delle stesse e della pubblica incolumità.
Del resto, è indubbio che in tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia - che può essere generata da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante - opera purché l'agente assuma in concreto la gestione dei rischi connessi all'attività assunta, non estendendosi oltre la sua sfera di governo degli stessi (Sez. 4, n. 48793 del 11/10/2016, P.C. in proc. Petrillo e altri, Rv. 26821601).
Nel caso, i giudici di merito - con argomentazioni congrue e logiche, come tali insindacabili in cassazione - hanno inteso il muro crollato come una struttura ricompresa nelle opere edilizie abitative, in quanto funzionale, come già osservato, alla loro realizzazione e protezione. La sentenza impugnata ha coerentemente osservato che il G.S. non doveva né poteva limitarsi alla progettazione e realizzazione delle strutture cementizie delle abitazioni, ma (avrebbe dovuto) anche ingerirsi nella costruzione del muro di contenimento del versante collinare inciso e sbancato a ridosso di queste, da ritenersi struttura inscindibile delle opere («comunque realizzate»), secondo quanto previsto dall'art. 64 cit.
In punto di fatto la Corte territoriale ha accertato, secondo un percorso motivazionale congruo e non manifestamente illogico, che il muro di contenimento di che trattasi è stato elevato in costanza d'incarico del G.S., sulla base dell'esame delle tavole progettuali della denuncia di inizio attività in variante del 17.5.2007, su cui i muri di contenimento non erano evidenziati in rosso (come abitualmente si verifica per le opere aggiunte e non previste nei titoli abilitativi precedenti), a conferma della loro preesistenza alla domanda di variante, confermata dal riferimento del funzionario dell'Ufficio Tecnico agli elaborati grafici allegati alla stessa come "raffiguranti situazioni preesistenti". D'altro canto, che l'opera fosse coessenziale alla lottizzazione emergeva sin dall'analisi geologica del 2004 a firma del geologo A.; inoltre, nella stessa relazione tecnica del G.S. (depositata dal costruttore sin dal 4.8.2005) si faceva riferimento a "muri di contenimento realizzati contro il terrapieno", vale a dire a muri di sostegno diretti a contenere la spinta del terreno. Si tratta di elementi sui quali la Corte di merito ha coerentemente fondato la posizione di garanzia del prevenuto quale progettista strutturale delle opere, e quindi come soggetto garante del rischio poi realizzatosi.
5. Quanto sopra vale anche per rispondere al terzo motivo di censura.
Non si ravvisa alcuna manifesta illogicità della sentenza con riguardo all'affermazione secondo cui il muro sarebbe stato edificato in costanza di incarico del G.S., e sotto la sua piena responsabilità.
In proposito, come già detto, i giudici di merito non si sono limitati a richiamare la mancata evidenziazione in rosso del muro nelle tavole grafiche, ma hanno valorizzato gli ulteriori elementi già citati nel paragrafo che precede, con riferimento all'esistenza, allegata alla DIA del 13.5.2004, di una analisi di fattibilità geologica e geotecnica che prescriveva, anche in relazione alle caratteristiche idrogeologiche del terreno, le metodologie di scavo e le necessarie misure di protezione relative; e, soprattutto, richiamando la denuncia (risalente al 4.8.2005) dell'impresa appaltatrice, relativa alle opere di conglomerato cementizio armato, corredata di relazione tecnica ed elaborati progettuali, redatta proprio dal G.S., in cui era indicato in dettaglio l'oggetto della progettazione, fra cui erano ricompresi proprio i "muri di contenimento", vale a dire l'opera di sostegno successivamente crollata.
Si tratta di una ricostruzione fattuale plausibile, che va esente dai vizi motivazionali prospettati dal ricorrente, in quanto esauriente, congrua e priva di evidenti aporie logiche, come tale insindacabile in cassazione.
6. Il quarto motivo non può trovare accoglimento, in quanto si fonda su un presupposto che è stato motivatamente escluso dalla Corte di appello, e cioè che il muro fosse stato realizzato quando l'incarico del G.S. era già cessato. Così non è stato, secondo le ragioni che sono state ampiamente e plausibilmente evidenziate nelle due conformi sentenze di merito, ragioni che non è qui il caso di ripercorrere in quanto già sinteticamente richiamate nei paragrafi che precedono.
7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna processuali.
Così deciso il 8 marzo 2018