Cassazione Civile, Sez. 6, 22 giugno 2018, n. 16489 - Domanda di indennizzo per riduzione della capacità lavorativa in conseguenza di infortunio sul lavoro


 

 

 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: ESPOSITO LUCIA Data pubblicazione: 22/06/2018

 

Rilevato

 

che DG.G. formulava nei confronti dell'INAIL domanda di indennizzo o rendita per riduzione della capacità lavorativa, in relazione a danno biologico subito in misura superiore alla percentuale del sei per cento riconosciuta, oltre che di danno patrimoniale, morale ed esistenziale in conseguenza di infortunio sul lavoro occorsogli;
che il Tribunale di Potenza respingeva le domande di indennizzo per danno biologico in misura superiore a quella riconosciuta, nonché quella di danno non patrimoniale, morale ed esistenziale, accogliendo le pretese concernenti la prestazione per inabilità temporanea assoluta e le spese mediche odontoiatriche e protesiche sostenute;
che la Corte territoriale, in riforma della sentenza impugnata dall'Inail, rigettava integralmente le domande proposte dal DG.G., osservando che la prestazione per inabilità temporanea assoluta era stata già corrisposta dall'Inail per un numero di giorni superiore a quello accertato dal CTU officiato (novantanove in luogo di novantacinque) e che per spese mediche odontoiatriche e protesiche era congrua la liquidazione da parte dell'Inail a tale titolo per € 5.800,00, non superata da documentazione comprovante maggiori esborsi;
che la Corte fondava la decisione sul rilievo che le prestazioni per inabilità temporanea assoluta per 95 giorni e per spese odontoiatriche e protesiche sostenute, riconosciute in sentenza, erano state già corrisposte dall'ente, quanto all'inabilità temporanea, per un numero di giorni superiore a quello accertato dal ctu officiato e, quanto alle spese, nella misura di € 5.800,00 giudicata congrua dal predetto consulente;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il DG.G. sulla base di tre motivi, illustrati con memoria;
che l'Inail ha resistito con controricorso;
che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata;
 

 

Considerato

 

che il ricorrente deduce con il primo motivo violazione o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento alla l. 134/2012 e delle norme successive, nonché ex art. 342 cod. proc. civ., osservando che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto ammissibile l'appello nonostante che, non risultando nell'atto l'indicazione delle modifiche da apportarsi alla sentenza, non fossero rispettati i requisiti imposti dal citato art. 342 nella nuova formulazione, la quale prevede che l'appello debba contenere una sorta di proposta di nuova sentenza, recante anche la ricostruzione fattuale che si auspica sia accolta dal giudice dell'impugnazione;
con il secondo motivo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando che la Corte territoriale aveva ritenuto un presupposto fattuale del tutto inesistente, identificato nella circostanza che il primo giudice avesse determinato la durata dell'inabilità temporanea in novantanove giorni in luogo di novantacinque;
con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. - Violazione dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. - omessa contraddittoria o insufficiente motivazione con riferimento alla quantificazione delle spese di lite e violazione delle norme sulla quantificazione delle spese e competenze di giudizio. In proposito osserva A) che la condanna dell'appellato alla rifusione delle spese nel confronti dell'Inail era stata determinata dalla ritenuta mancanza della dichiarazione ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., laddove il giudizio di primo grado era stato instaurato precedentemente all'introduzione delle norme che prevedono la menzionata dichiarazione; B) che la Corte, rilevando l'assenza di gravi ed eccezionali ragioni di compensazione delle spese, non aveva considerato che la soccombenza, ove ritenuta esistente, era stata determinata da errore del primo giudice, che non aveva considerato gli elementi addotti dalle parti; C) che l'entità delle spese era stata raddoppiata rispetto alla determinazione del primo grado, adducendo motivazioni insufficienti e contraddittorie; D) che la norma prevedente l'esenzione richiede apposita dichiarazione nell'atto introduttivo, laddove nella fattispecie il DG.G. era appellato, essendo stato introdotto il giudizio d'appello dall'INAIL e, pertanto, non era tenuto a fare alcuna dichiarazione sostitutiva nell'atto di costituzione in appello; E) che, in violazione dell'indicata norma, il DG.G. era stato condannato al pagamento di spese competenze ed onorari in misura superiore a quanto effettivamente versato dall'INAIL in suo favore a causa dell'infortunio;
che il primo motivo di ricorso è infondato sulla base del principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in forza del quale <Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di "revisio prioris instantiae" del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata> (Cass. n. 27199 del 16/11/2017);
che non è ravvisabile il denunciato vizio connesso alla considerazione di un presunto fatto inesistente, poiché, in realtà, la censura si fonda su un equivoco circa l'interpretazione del contenuto della sentenza impugnata, la quale aveva affermato che la prestazione per inabilità temporanea assoluta era stata già corrisposta dall'Inail per un numero di giorni (novantanove) superiore a quello accertato dal CTU officiato (novantacinque) e non già che il primo giudice avesse determinato erroneamente la durata dell'Inabilità temporanea assoluta;
che del pari è infondato il terzo motivo: i rilievi di cui ai punti A e D perché dalla sentenza risulta che l'originario ricorso è stato depositato il 1 ottobre 2009, sicché la controversia rientra nel regime della formulazione della norma come modificata dal DL 269/2003, convertito in l. 326/2003, che prevede l'esenzione in presenza della prescritta dichiarazione, da effettuare sin dal ricorso introduttivo (e non già in sede di gravame); il rilievo sub B) è pure infondato, poiché, secondo costante orientamento di legittimità, solo la compensazione deve essere sorretta da motivazione e non l'applicazione della regola della soccombenza (cfr. Cass. n. 2730 del 23/02/2012); il rilievo sub c) è assolutamente generico, perché non si precisano i termini della eccessiva determinazione delle spese, con espressa indicazione delle eventuali voci non conformi ai parametri tariffari; altrettanto generico è il rilievo sub E, in mancanza di indicazione degli importi erogati dall'INAIL, comunque corrisposti fuori dal processo, nonché tenuto conto che nel caso di specie non si verte in ambito di decisione di condanna, talché non vi è possibilità di effettuare alcun confronto tra entità della prestazione e spese legali;
che in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato, con condanna della parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in difetto della dichiarazione ax art. 152 disp. att. cod. proc. civ.;
 

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 1.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/3/2018.