Tribunale ordinario di Trento, Sez. Lav., 24 gennaio 2017, n. 14 - Caduta dalla scala. Onere probatorio


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO

 

Sezione lavoro

 


Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott.Giorgio Flaim pronunzia la seguente

 


SENTENZA

 


nella causa per controversia in materia di lavoro promossa con ricorso depositato in data 2.9.2015 da C. N. rappresentato e difeso dall'avv. C. Z., pec ricorrente contro P. R. rappresentato e difeso dall'avv. E. D., pec convenuta e con la chiamata in causa A. s.p.a. rappresentata e difesa dall'avv. G. F. pec chiamata in causa

 

CONCLUSIONI DEL RICORRENTE

 

"Accertata e dichiarata la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio sul lavoro accaduto a C. N. in data 18.10.2013, condannare P. R. al pagamento, a titolo di risarcimento del danno differenziale, della somma di € 38.900,00 o della maggiore o minore somma emergente in seguito all'istruttoria, comprensiva della c.t.u. medico-legale. Spese, compensi di lite, 15% spese generali, oltre CNPA e IVA, se dovuta, rifusi

 


CONCLUSIONI DEL CONVENUTO

 

"In via principale: dichiarare l'inammissibilità delle domande avanzate dal ricorrente C. N. e respingere, per i motivi dedotti, in ogni caso le domande formulate nei confronti del convenuto P. R. perché infondate in fatto in diritto. In via subordinata: nella denegata ipotesi di accoglimento " in toto o in parte - delle domande formulate nei confronti del convenuto P. R., condannare, per i motivi esposti, A. s.p.a. a manlevare lo stesso da ogni esborso al quale dovrà essere condannato. In ogni caso: con vittoria di spese, diritti e onorari di giudizio"

 

CONCLUSIONI DELLA SOCIETÀ CHIAMATA

 

"In via principale: respingersi le domande tutte formulate dal ricorrente C. N. nei confronti del convenuto P. R., dichiarando assorbita nel rigetto la domanda di manleva di quest'ultimo nei confronti di A. s.p.a.. In via subordinata: nella non creduta ipotesi di accoglimento anche parziale della domanda del ricorrente, contenersi la condanna in manleva di A. s.p.a. entro i limiti della copertura assicurativa, come evidenziato in narrativa e risultante dal contratto di assicurazione in essere tra P. R. e A.s.p.a.. In ogni caso con vittoria di spese e compensi di giudizio"

 


MOTIVAZIONE

 


L'ordinamento, se da un lato attribuisce al datore di lavoro il potere di organizzazione e direzione dell'attività d'impresa (art.2086 cod.civ.), dall'altro gli impone il dovere di "adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (art. 2087 cod.civ.) , ma nel più ampio quadro costituzionale di cui agli artt.32 e 35 Cost. alla luce dei quali è stata elaborata la nozione del "dovere di sicurezza" correlato ad un diritto della personalità riconosciuto, come garanzia apprestata a favore di chi esplica attività lavorativa, grazie al rilievo costituzionale attribuito alla salute, da un lato, ed al lavoro, dall'altro). Secondo l'opinione dominante (explurimi-Cass. 19.2.2016, n. 3291Cass. 23.9.2010, n. 20142; Cass. 8.2.2005, n. 2444; Cass. 30.8.2004, n. 17314; Cass. 30.7.2003, n. 11704; Cass. 23.5.2003, n. 8204; Cass. 22.3. 2002, n. 4129; Cass. 8.4.2002, n. 5024; Cass. 5.3.2002, n. 3162; Cass. 20.6.2001, n. 8381; Cass. 2.5.2000, n. 5491; Cass. 20.1.2000, n. 602;) l'art. 2087 cod. civ. costituisce la norma di chiusura del sistema normativo antinfortunistico, della quale le disposizioni che impongono delle cautele particolareggiate costituiscono una specificazione. Si è, quindi, ritenuto integri la violazione dell'obbligo di sicurezza imposto al datore di lavoro dall'art.2087 cod.civ. la mancata adozione sia delle particolari misure preventive previste dalle norme speciali in relazione a ciascun tipo di attività esercitata, sia di tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per la tutela dell'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori in base all'esperienza ed alla tecnica finanche alla comune prudenza. Secondo orientamenti consolidati (Cass. S.U. 12.3.2001, n.99; Cass. 7.11.2007, n. 23162; Cass. 24.2.2006, n. 4184; Cass. S.U.14.12.1999, n. 900; Cass. 25.5.2006, n. 12445; Cass. 20.2.2006, n. 3650; Cass. 14.11.2005, n. 22929; Cass. 23.4.2004, n. 7730; Cass. 21.4.2004, n. 7629; Cass.25.5.1999, n. 291; Cass.7.11.2000, n.14469; Cass.10.6.2000, n.7937; Cass. 4.3.2000, n.2455; Cass.5.2.2000, n.1307; Cass.20.1.2000, n.602; Cass.20.12.1998, n.12763; Cass.7.8.1998, n.7792;), inerendo l'obbligo ex art.2087 cod.civ. al rapporto di lavoro subordinato, la sua violazione integra un inadempimento contrattuale; tuttavia ciò non esclude che, qualora siano lesi diritti spettanti alla persona indipendentemente dal contratto, concorra, in base al precetto generale del neminem laedere, anche l'azione extracontrattuale di responsabilità ex art.2043 cod.civ. (con diverso regime in ordine all'onere della prova - nella contrattuale a carico del danneggiane che deve provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, nella extracontrattuale a carico del danneggiato che deve provare la colpa od il dolo dell'autore della condotta lesiva, oltre all'inadempimento, al danno ed al nesso causale tra questi due elementi - ed in ordine al termine prescrizionale - decennale nella contrattuale, quinquennale nella extracontrattuale). Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (ex multi-Cass. S.U. 4.5.2004, n. 8438; Cass. S.U. 4.11.1996, n. 9522; Cass. S.U. 2.8.1995, n. 8459; Cass. S.U. 23.1.2004, n. 1248; Cass. 19.2.2016, n. 3291; Cass. 5.8.2002, n. 11756; Cass. 25.7.2002, n. 10956; Cass. 29.1.2002, n. 1147; Cass. 22.7.2001, n. 9385; Cass. 12.3.2001, n. 99) si deve ritenere esercitata soltanto l'azione extracontrattuale tutte le volte in cui non emerga una precisa scelta del danneggiato in favore dell'azione contrattuale. Quanto al caso in esame, oltre a essere presente nel ricorso introduttivo un espresso riferimento all'obbligo di sicurezza ex art. 2087 cod.civ., il ricorrente ha allegato in limine la sua qualità di lavoratore stagionale alle dipendenze del convenuto, rendendo così evidente fin da subito che egli agisce nei confronti di P. R. non già come quivi-de populo, ma quale soggetto legato al convenuto da un preesistente rapporto giuridico scaturente da un contratto di lavoro subordinato.Lla distribuzione degli oneri probatori secondo un tradizionale orientamento della Suprema Corte (ex multi-Cass. 17.2.2009, n. 3788; Cass. 7.3.2006, n. 4840; Cass. 20.2.2006, n. 3650,) di recente tornata in auge (Cass. 4.2.2016, n. 2209Cass. 29.1.2013, n. 2038;) tutt'ora in tema di responsabilità ex art. 2087 cod.civ., incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro nonché il nesso di causalità fra l'una e l'altro; solo ove tale prova venga fornita sorge la responsabilità a carico del datore
di lavoro in relazione al suddetto danno, ed il conseguente onere di provare l'avvenuta adozione di tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno alla salute dei propri dipendenti; in un'occasione (Cass. 26.6.2004, n. 11932; la Suprema Corte ha chiarito che l'onere di provare la nocività dell'ambiente di lavoro presuppone quello di identificare le modalità del fatto e le cause che lo hanno determinato. Tale statuizione deve essere valutata in collegamento con le conclusioni cui sono pervenute le Sezioni Unite (Cass. 30.10.2001, n. 13533;) in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, secondo le quali il creditore che agisce per il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (ciò alla luce sia del principio della presunzione di persistenza del diritto, desumibile dall'art. 2697 cod.civ., in virtù del quale, una volta provata dal creditore l'esistenza di un diritto, grava sul debitore l'onere di dimostrare l'esistenza del fatto estintivo, costituito dall'adempimento, sia del principio di riferibilità o di vicinanza della prova, in forza del quale la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto azionato dal creditore, spetta al debitore convenuto, che dovrà quindi dare la prova diretta e positiva dell'adempimento, trattandosi di fatto riferibile alla sua sfera di azione); di tali principi hanno fatto applicazione sempre le Sezioni Unite (Cass. 11.1.2008, n. 577;), statuendo che, ai fini del riparto dell'onere probatorio, il danneggiato attore (quale creditore) deve limitarsi a provare il sinistro nella sua oggettività , l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed il nesso causale tra i due elementi nonché ad allegare l'inadempimento del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato (e non qualunque inadempimento), rimanendo a carico del presunto danneggiante (quale debitore) dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante; più di recente la Suprema Corte (Cass. 26.6.2009, n. 15078; Cass. 13.8.2008, n. 21590;), ha accolto tale impostazione anche in riferimento all'obbligazione di sicurezza, così statuendo: "La responsabilità conseguente alla violazione dell'art. 2087 cod. civ., ha natura contrattuale, perché il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge (ai sensi dell'art. 1374 c.c.) dalla disposizione che impone l'obbligo di sicurezza (art. 2087 c.c.) (Cass. 25 maggio 2006 n. 12445), che entra così a far parte del sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno differenziale da infortunio sul lavoro proposta dal lavoratore si pone negli stessi termini che nell'art. 1218 cod. civ., sull'inadempimento delle obbligazioni (Cass. 8 maggio 2007 n. 10441, Cass. 24 febbraio 2006 n. 4184). La regola sovrana in tale materia, desumibile dall'art. 1218 cod. civ., è che il creditore che agisca per il risarcimento del danno deve provare tre elementi: la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, il danno, e la sua riconducibilità al titolo dell'obbligazione; a tale scopo egli può limitarsi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre è il debitore convenuto ad essere gravato dell'onere di provare il proprio adempimento, o che l'inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile (Cass. Sez. un. 30 ottobre 2001 n. 13533, cui si è conformata tutta la giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte successiva: ex plurimi-Cass. 25 ottobre 2007 n. 22361, Cass. 19 aprile 2007 n. 9351, Cass. 26 gennaio 2007 n. 1743). Nell'applicare tali fondamentali civilistici alle complesse obbligazioni scaturenti dal contratto di lavoro, in particolare alla distribuzione degli oneri probatori per la responsabilità del danno da infortunio sul lavoro, questa Corte ha ritenuto, ad es., in caso di infortunio provocato dall'uso di un macchinario, che il lavoratore deve provare il nesso causale tra uso del macchinario ed evento dannoso, restando gravato il datore di lavoro dell'onere di dimostrare di avere osservato le norme stabilite in relazione all'attività svolta, nonché di avere adottato, ex art. 2087 c.c., tutte le misure necessarie per tutelare l'integrità del lavoratore (Cass. 1 ottobre 2003 n. 14645, Cass. 28 luglio 2004 n. 14270); analoga soluzione in caso, ad es., di caduta accidentale di operaio edile da palazzo in costruzione, dove nessuno sostiene che tocchi al lavoratore provare l'inadempimento del datore di lavoro all'obbligo di sicurezza nell'apprestamento delle opere provvisionali. La formulazione che si rinviene in alcune pronunce di questa Corte, secondo cui il lavoratore infortunato ha l'onere di provare il fatto costituente l'inadempimento del datore di lavoro all'obbligo di sicurezza (Cass. 24 febbraio 2006 n. 4184, Cass. 11 aprile 2006 n. 8386, Cass. 25 maggio 2006 n. 12445, Cass. 8 maggio 2007 n. 10441, 19 luglio 2007 n. 16003) non appare conforme al principio enunciato dalle Sezioni Unite (e con l'applicazione coerente che ne ha fatto questa Sezione Lavoro nei casi sopra citati), e non può pertanto più essere seguita. Il principio sopra esposto non comporta l'affermazione di una responsabilità oggettiva ex art. 2087 cod. civ., nella stessa misura in cui l'allegazione del mancato pagamento di una somma di denaro non comporta una responsabilità oggettiva del debitore, ai sensi dell'art. 1218 cod. civ.. La colpa del danneggiante è essenziale per qualsiasi tipo di responsabilità civile... ". Analogamente, più di recente Cass. 26.6.2009, n. 15078 , ha ulteriormente precisato, con specifico riferimento alla responsabilità ex art. 2087 cod.civ., che "ai sensi dell'art. 1218 c.c., in linea con quanto affermato in generale nell'interpretazione di tale norma codicistica da Cass. S.U. 30 ottobre 2001 n. 13533 nonché secondo quanto applicato nello specifico dalla giurisprudenza recente di questa sezione (cfr. Cass. 13 agosto 2008 n. 21590), grava sul lavoratore l'onere di dedurre e provare l'esistenza della obbligazione lavorativa, del danno e del nesso di causalità tra quest'ultimo e la prestazione mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e pertanto di avere adempiuto interamente all'obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misura per evitare il danno." In definitiva, alla luce di questi insegnamenti, può sinteticamente concludersi che: sul lavoratore infortunato, che agisce a tutela del diritto alla sicurezza ex art. 2087 cod.civ., grava l'onere: 1) di provare l'esistenza (a) del titolo contrattuale da cui scaturisce l'obbligo di sicurezza ex art. 2087 cod.civ. e del suo contenuto concretamente assunto al momento dell'infortunio, (b) del danno subito, (c) del nesso causale tra lo svolgimento della prestazione ed il danno, nonché 2) di allegare l'inadempimento del datore di lavoro astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, sul datore di lavoro presunto danneggiante (e sui soggetti parimenti assoggetti all'obbligo di sicurezza ) grava l'onere di dimostrare di aver adempiuto l'obbligo di sicurezza o che l'eventuale inadempimento non è stato eziologicamente rilevante nella produzione del danno o che le prestazioni in cui consisteva l'adempimento sono divenute impossibili per causa a lui non imputabile. L'infortunio occorso al ricorrente in data 18.10.2013 insufficiente prova, da parte del ricorrente, delle modalità di svolgimento della prestazione all'atto dell'infortunio che, conformando il concreto contenuto dell'obbligazione di sicurezza,
imponevano l'osservanza delle misure di prevenzione asseritamente violate dal convenuto insufficiente allegazione, da parte del ricorrente, dell'inadempimento del convenuto astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato; assolvimento, da parte del convenuto, dell'adempimento dell'obbligo di sicurezza in relazione ai "frammenti" di fatti allegati dal ricorrente A1) gli oneri probatori a carico del ricorrente Oltre ad essere provato per tabula-che il ricorrente, all'esito dell'infortunio, è stato soccorso e ricoverato presso l'ospedale di Cle (cartella clinica in doc. 2 fasc. ric.) ed è affetto, a causa delle lesioni subite nell'infortunio de quo, come documentate nella già richiamata cartella clinica, di menomazione permanente (esiti morfo-disfunzionali alla caviglia sinistra), in relazione alla quale l'I.N.A.I.L. ha riconosciuto l'origine professionale dell'infortunio (doc. 5 fasc. ric.), di talché risulta assolto dal lavoratore danneggiato l'onere di provare il danno, il nesso causale tra lo svolgimento della prestazione lavorativa ed il danno - è incontestato: -che il ricorrente all'epoca dell'infortunio del 18.10.2013 lavorava alle dipendenze del convenuto P. R., con mansioni di addetto alla raccolta delle mele; -che al momento dell'infortunio il ricorrente si trovava presso un fondo coltivato dal convenuto al fine di svolgere le prestazioni di lavoro subordinato in favore del medesimo. Quindi il ricorrente C. N. era, in via generale, certamente titolare del credito di sicurezza ex art. 2087 cod.civ. nei confronti del proprio datore di lavoro P. R.. Tuttavia, al fine di allegare l'inadempimento di specifiche misure di prevenzione (su cui infra), egli indica alcune peculiari modalità di svolgimento della prestazione all'atto dell'infortunio che avrebbero imposto l'adozione di quelle misure (e, quindi, modalità che, determinando la conformazione del concreto contenuto dell'obbligazione di sicurezza, costituivano oggetto dell'onere probatorio a carico del prestatore). In particolare egli afferma che "cadeva dalla scala" (cui correla il mancato utilizzo di una piattaforma), a causa dell' "instabilità della scala" (provocata dalla mancanza di puntali di sicurezza, di laccio di sicurezza e di un terzo piede) e dei "movimenti dell'albero sul quale [la scala] era appoggiata" (determinati dal fatto che "a causa dell'assenza di alcuni operai, il datore di lavoro aveva intimato a quelli presenti di aumentare la velocità di raccolta e di procedere in coppia dallo stesso albero, uno da una parte e l'altro dalla parte opposta, con conseguente continuo movimento dell'albero sul quale le scale erano appoggiate"). Orbene, in primo luogo, anche perché non stato dichiaratamente in grado di citare i testimoni indicati, il ricorrente non ha provato la circostanza della sua caduta dalla scala. Inoltre, anche da ciò prescindendo, la mera locuzione "cadeva dalla scala" appare troppo generica, atteso che un siffatto evento può essere determinato da molteplici fattori, o collegati alle specifiche modalità di svolgimento del lavoro imposte dal datore (come quella di operare in coppia sullo stesso albero, con conseguente continuo movimento della pianta) o imputabili alla mancata adozione di misure di sicurezza (ad esempio un improvviso spostamento della scala perché non apposta stabilmente al suolo per la mancanza dei prescritti puntali, una manovra errata nella raccolta della frutta da parte di un lavoratore non sufficientemente informato, come uno scorretto posizionamento della scala in basso e/o in alto o il tentativo di raccogliere frutti situati a distanza eccessiva dalla scala) o imputabili all'inescusabile negligenza del prestatore (ad esempio una manovra errata nella raccolta della frutta da parte di un lavoratore sufficientemente informato, quali quelle appena ricordate oppure un colpevole inciampo nel salire e nello scendere la scala). Era onere del ricorrente allegare e provare le specifiche modalità con cui sarebbe avvenuta la caduta dalla scala in quanto solo alla luce delle relative circostanze sarebbe stato possibile individuare quali misure di prevenzione eziologicamente collegate all'infortunio il datore di lavoro era tenuto ad adottare per evitare la caduta e/o accertare quali fatti organizzativi imputabili al datore l'avevano provocata. Invece il ricorrente non è comparso a rendere l'interrogatorio libero, il che ha precluso la possibilità di avere chiarimenti a specificazione delle allegazioni svolte in ricorso, né è riuscito a citare i testimoni da lui indicati, i quali avrebbero potuto dare utili indicazioni in ordine alle modalità di caduta dalla scala. Inoltre siffatta condotta processuale
non ha consentito al ricorrente di assolvere l'onere (certamente a suo carico, costituendo una modalità di svolgimento della prestazione idonea a conformare il concreto contenuto dell'obbligazione di sicurezza) in ordine al fatto che "a causa dell'assenza di alcuni operai, il datore di lavoro aveva intimato a quelli presenti di aumentare la velocità di raccolta e di procedere in coppia dallo stesso albero, uno da una parte e l'altro dalla parte opposta, con conseguente continuo movimento dell'albero sul quale le scale erano X. Alla luce del contesto allegatorio e probatorio appena descritto (nonché di quello emergente dalle risultanze delle prove espletate su istanza del convenuto, su cui infra) questo giudice ha ritenuto superfluo disporre la c.t.u. richiesta dal ricorrente al fine di accertare la causa delle lesioni subite dal lavoratore, incompatibili con una scivolata infatti, se anche si fosse dimostrato che quelle lesioni potevano essere state cagionate soltanto da una caduta, sarebbe stato necessario, al fine di individuare gli inadempimenti eziologicamente collegati all'infortunio, accertare le specifiche modalità con cui la caduta del ricorrente dalla scala era avvenuta; ciò stante la già evidenziata molteplicità dei possibili fattori eziologici. A2) l'onere di allegazione a carico del ricorrente. Al fine di verificare se il ricorrente abbia assolto l'onere, su di lui incombente come più sopra già evidenziato, di allegazione degli inadempimenti della società convenuta astrattamente e idonei a provocare l'infortunio, occorre, ovviamente esaminare il contenuto del ricorso. Si è già visto nel paragrafo precedente che il ricorrente non ha assolto l'onere (a suo carico, concernendo modalità che conformavano il concreto contenuto dell'obbligazione di sicurezza) di provare che egli è effettivamente caduto dalla scala e con quali modalità ciò è avvenuto. Ciò inficia anche la possibilità di stabilire se le circostanze allegate dal lavoratore quali inadempimenti del convenuto costituiscano effettivamente violazioni dell'obbligo di sicurezza in concreto gravante sul datore in ragione delle modalità di svolgimento del lavoro ed, in caso positivo, se effettivamente collegate all'infortunio (ad esempio: se il ricorrente non è riuscito a provare di essersi infortunato cadendo dalla scala e con quali modalità ciò è avvenuto, non è possibile affermare con certezza che l'allegata mancanza dei puntali antiscivolo abbia fornito un contributo eziologico all'infortunio). Ad ogni buon conto il ricorrente ha allegato quali inadempimenti dell'obbligo di sicurezza imputabili al convenuto: a) il mancato utilizzo di una piattaforma, b) la mancanza, quanto alla scala (assertamente) utilizzata al momento dell'infortunio, di puntali di sicurezza, di un terzo piede e di laccio di sicurezza, quali fattori di instabilità della scala; (si è già visto che l'ulteriore asserita causa di instabilità della scala, rappresentata dal fatto che "a causa dell'assenza di alcuni operai, il datore di lavoro aveva intimato a quelli presenti di
aumentare la velocità di raccolta e di procedere in coppia dallo stesso albero, uno da una parte e l'altro dalla parte opposta, con conseguente continuo movimento dell'albero sul quale le scale erano appoggiate", costituendo una modalità di svolgimento della prestazione idonea a conformare il concreto contenuto dell'obbligazione di sicurezza, era oggetto dell'onere a carico del ricorrente non solo di allegazione, ma anche di prova, che non è stata raggiunta a causa della condotta processuale del ricorrente che non ha intimato i testimoni da lui indicati). ad A) Il mancato utilizzo di una piattaforma (circostanza pacifica) costituirebbe un inadempimento datoriale qualora per la raccolta della frutta dagli alberi (in particolare delle mele) fosse vietato, per ragioni di sicurezza, l'utilizzo di scale laddove sia possibile ricorrere a piattaforme su mezzi meccanici. Tuttavia nessun elemento di diritto in tal senso è stato indicato dal ricorrente. Analogamente, il mancato utilizzo di una scala priva di un terzo piede e di laccio di sicurezza costituirebbe un inadempimento datoriale qualora per la raccolta della frutta dagli alberi (in particolare delle mele) fosse vietato, per ragioni di sicurezza, l'utilizzo di scale prive di quei dispositivi. Tuttavia anche in proposito alcun elemento di diritto in tal senso è stato indicato dal ricorrente; inoltre la documentazione prodotta dal convenuto (doc. 3) circa la conformità della scala utilizzata dal ricorrente (su cui infra) orienta in senso opposto; così anche le disposizioni dettate dall'art. 113 d.lgs. 9.4.2008, n. 81 che non impongono che le scale portatili siano composte da due elementi (co.8) e che siano dotate di laccio di sicurezza (il co.3 lett. b) richiede la presenza di "ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori", ma solo "quando sia necessario per assicurare la stabilità della scala"", ipotesi che, di regola, non ricorre nel caso di raccolta delle mele, essendo scongiurata in radice da un corretto posizionamento (specie in ordine all'indinazione) della scala (mentre l'assunto, svolto dal ricorrente a pag. 4-5 delle note finali autorizzate, secondo cui i fili di ferro (di regola di consistente diametro) che uniscono i pali di cemento che sostengono le piante non sarebbero appoggi stabili, appare smentita dalla prassi normalmente adottata, senza che ciò sia causa di sinistri). B) gli oneri probatori a carico del convenuto La dotazione di puntali antiscivolo costituisce, invece, un requisito di sicurezza delle scale di legno, le quali devono essere provviste di "dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori dei due montanti" (art. 113 d.lgs. lett. a) d.lgs. 81/2008), specie se utilizzate in agricoltura. Fermo restando che, come si è ormai più volte evidenziato, non avendo il ricorrente assolto l'onere (a suo carico, concernendo modalità che conformavano il concreto contenuto dell'obbligazione di sicurezza) di provare che egli era effettivamente caduto dalla scala e con quali modalità ciò era avvenuto, è impossibile stabilire se l'eventuale mancanza di tali dispositivi avrebbe costituito nel caso concreto una violazione dell'obbligo di sicurezza eziologicamente collegata all'infortunio - in ogni caso il convenuto ha provato per tabula-che in azienda vi erano a disposizione almeno due scale dotate di puntali (doc. 3) e per testimoni (deposizione S. D., che certo non è teste del tutto attendibile, trattandosi della madre del convenuto, ma il ricorrente nulla vi ha opposto, se non mere congetture - pag. 5-6 delle note finali autorizzate), che il ricorrente aveva in dotazione una scala con puntali. In definitiva le domande proposte dal ricorrente C. N. devono esser rigettate a causa della carenze prima di tutto allegatorie e poi (inevitabilmente) anche probatorie da cui sono affette le sue difese e non tanto per effetto dell'assolvimento degli oneri probatori da parte del convenuto in ordine alla versione alternativa da lui data dell'accaduto (caduta a terra scivolando su una mela mentre si recava al cassone per conferire quanto raccolto nella borsa "T."). Ogni altra questione trattata risulta assorbita. Le spese, come liquidate in dispositivo in relazione all'effettiva importanza e difficoltà delle questioni trattate, non possono che seguire la soccombenza, stante il rigore del novellato art. 92 cod. proc.civ..

 

P.Q.M.

 


Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide: 1. Rigetta le domande proposte dal ricorrente C. N. nei confronti di P. R.. 2. Condanna il ricorrente C. N. alla rifusione, in favore del convenuto P. R. e della chiamata A. s.p.a. delle spese di giudizio, che liquida nella somma complessiva di € 1.800,00, maggiorata del 15% per spese forfettarie ex art. 2 co.2 d.m. 10.3.2014, n. 55, oltre ad IVA e CNPA. Trento, 24 gennaio 2017

 

IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO

 

dott. Giovanni Zorzi

 

IL GIUDICE

 

dott. Giorgio Flaim