Categoria: Giurisprudenza civile di merito
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Tribunale di Modena, Sez. Lav., 03 marzo 2017, n. 3 - Infortunio in caso di distacco. Responsabilità


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MODENA

SEZIONE LAVORO CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Valeria Vaccari ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. X promossa da: K. B. H. (C.F.), nato in Tunisia il X e residente a Sassuolo,  rappresentato e difeso per procura a margine del ricorso introduttivo dall' avv. P. R. ed elettivamente domiciliato in MODENA  presso il difensore avv. P.XXXXXX R.XXXXX RICORRENTE - contro - B. I. A. M. E C. in liquidazione con sede in Sassuolo (MO), in persona del liquidatore e legale rappresentante V. N. M., rappresentata e difesa per procura a margine della memoria di costituzione dall' avv. T. U., dall' avv. L. e dall' avv. T. B. L. ed elettivamente domiciliata in MODENA presso i difensori, I.N.A.I.L. (C.F.) con sede in Roma  in persona del Direttore Regionale per l' Emilia Romagna, rappresentato e difeso per procura genere alle liti dall' avv. C. M. ed elettivamente domiciliato in MODENA  C/O INAIL presso l' ufficio dell' avvocatura della sede INAIL RESISTENTI - M. SRL M. con sede in Formigine (MO), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante G. B., rappresentata e difesa per procura in calce alla memoria di costituzione dall' avv. C. S. ed elettivamente domiciliata in MODENA  presso il difensore avv. C. S. SOCIETA' R. con sede in Torino, in persona del Direttore Sinistri R. P., rappresentata e difesa per procura in calce alla copia notificata dell' atto di citazione di terzo dall' avv. A. P. B. ed elettivamente domiciliata in MODENA  CHIAMATI  Sentenza n. 3/2017 pubbl. il 03/03/2017 RG n. X

CONCLUSIONI
Conclusioni di parte ricorrente come da pag. 5-6 del ricorso introduttivo Conclusioni di parte resistente B. I. come da pag. 15-17 della memoria di costituzione Conclusioni di parte resistente INAIL come da pag. 7 della memoria di costituzione Conclusioni della parte chiamata M. come da pag. 17-21 della memoria di costituzione Conclusioni per la parte chiamata R. come da pag. 2 della memoria di costituzione

FattoDiritto

 

In data 15/10/2009, nella tarda mattinata, presso il cantiere edile sito in S. G. di Prato presso il centro commerciale di via X si verificava un infortunio ai danni di B. H. K., all' epoca dipendente della B. I. di A. M. & C. s.a.s.. dal 10/12/2007 con qualifica di operaio montatore e livello 2 (vedasi indicazioni contenute nelle buste paga doc. 7 parte resistente B.) che si trovava all' interno del cantiere intento ad attività di lavoro. Il ricorrente a seguito dell' infortunio era condotto presso l'"U.O. Emergenza ed Accettazione"dell' azienda U.S.L. n. 4 di Prato dove faceva ingresso alle ore 12.04. Nella cartella clinica di pronto soccorso era annotato in sede di anamnesi "Caduta da circa due metri di altezza durante l' attività lavorativa, riferisce trauma contusivo cranio non chiaro se con perdita di coscienza e trauma del torace, nega patologie di rilievo in anamnesi"e quindi in sede di esame obiettivo "all' ingresso vigile lievemente confuso nel tempo lamenta dolore emitorace sx eupnoico porta collare vescicale che non viene rimosso, dolore alla palpazione emitorace sinistro con attenuazione del mv, toni cardiaci validi ritmici pause libere, addome trattabile non dolente né dolorabile, organi ipocondriaci in sede, peristalsi presene, bacino stabile, genitali indenni, non deficit a carico degli arti, presenta ferita lacera da scoppio del vertice ..."A seguito di visita specialistica chirurgica era poi evidenziato "paziente politraumatizzato, con pneumotorace parziale a sinistra. Si consigli ricovero. Da vedere il referto della TC effettuata in P. S"ed a seguito della consulenza specialistica rianimatoria "paziente con esiti di trauma toracico e cranico. Segni di sanguinamento intracranico evidenziati alla TAC. Cranio da valutare dal punto di vista neurochirurgico. Pneumotorace sinistro associato a fratture costali multiple. Non segni di impegno addominale. Si consiglia valutazione neurologica e chirurgica. Al momento non indicazioni al ricovero presso rianimazione". B. H. era quindi ricoverato e poi trasferito in data 21/10/2009 presso l' Ospedale X di Modena ove giungeva alle ore 3.51. Nel verbale di ricovero urgente redatto in data 21/10/2009 presso il quest' ultimo nosocomio risulta in A.P.P. ed Esame obiettivo "P. che il giorno 15/10 è stato portato al PS di Prato per politrauma in infortunio sul lavoro con caduta da circa due metri ha riportato trauma toracico e cranico: Riscontro di esteso PNX sx con multiple fratture costali (4-5-6+ diastasi fratt. X) e focolai multipli di contusione polmonare, falda di ESA bilaterale ed emorragia intraparenchimale temporo-parietale dx. TC controllo 16/10 aumento dimensionale falde emorragiche intraparenchimali con iniziale edema perilesionale. Si associa ematoma extradurale frontotemporale sx (spessore 12 mm) + frattura temporoparietale sx. In asse le strutture mediane (.) Il paziente in serata di oggi si autodimette dall' Ospedale di Prato (.) Il paziente giunge accompagnato dai soccorsi per riferiti intensi dolori a carico di torace e cefalea" Sentenza n. 3/2017 pubbl. il 03/03/2017 RG n. X. Veniva poi emessa diagnosi di "Recente politrauma con focolai lacero-contusivi multipli cerebrali e trauma toracico chiuso con fratture costali multiple a sx, contusione polmonare sx e pnx sx"e prognosi di giorni 25. Dalla lettera di dimissione del 29/10/2009, per quanto di interesse in questa sede, si legge come accertati a seguito di Tc Cranio-Encefalo "focolai contusivi temporali a destra, a carico del polso e della convessità medio-posteriore, minimamente scomposta. Minima falda di igroma in entrambi i lobi frontali. Parziale opacamento del seno sfenoidale"Dalla lettera di dimissione del 7/11/2009, conseguente ad ulteriore ricovero subito emerge inoltre come al ricorrente siano stati diagnosticati "esiti frattura malleolo tibiale e frattura articolare testa F1 alluce sx". B. H. K. in ricorso afferma che al momento dell' infortunio si trovava nel cantiere predetto in quanto "comandato"dal datore di lavoro B. I. s.a.s. e che era stato incaricato di svolgere delle operazioni di montaggio di impianti elettrici ad una altezza di 2/3 metri circa su di un ponteggio non saldamente ancorato al suolo e non fornito di parapetto idoneo al contenimento in caso di scivolamento, dotato di un caschetto privo di sottogola e di una corda di ritenzione di lunghezza tale da non consentire l' arresto di un corpo in caduta prima dell' impatto con il terreno. Secondo quanto affermato poi egli nel corso del lavoro era caduto all' indietro dal ponteggio causandosi le gravi lesioni descritte nella documentazione medica prodotta. La B. M I. nella memoria di costituzione assume di essere stata incaricata dalla M. s.r.l. M. di installare alcuni cupolini in policarburato nell' immobile adibito a centro commerciale, che il lavoratore era stato dotato di idonei presidi antinfortunistici e che il lavoro doveva svolgersi su un ponteggio predisposto dalla M. rispondente a tutti i requisiti di legge, sicchè la caduta è stata conseguente ad una fatale disattenzione del ricorrente al momento della discesa dal ponteggio al termine della lavorazione. La M. s.r.l., chiamata in causa, nella memoria di costituzione nega la sottoscrizione di alcun contratto di appalto o subappalto con la B. impianti e afferma di non essere proprietaria, né realizzatrice, né fornitrice di alcun ponteggio utilizzato presso il cantiere di cui al sinistro in quanto presente nel cantiere quale subappaltatrice per le opere di carpenteria della M. Società Cooperativa, a sua volta appaltatrice di tali opere dalla stazione appaltante Consorzio E. scarl, e pertanto solita utilizzare dotazioni strutture ed opere provvisionali fornite da altre società presenti nel cantiere. Riferisce poi come la dinamica del sinistro sia del tutto difforme da quanto indicato dal ricorrente secondo quanto emerso dalle indicazioni dei propri dipendenti testimoni oculari del sinistro. In particolare affema che K. quel giorno era stato incaricato di realizzare 3-4 aperture nel solaio del centro commerciale sulle quali sarebbero stati istallati dei cupolini per fare entrare luce nei locali sottostanti e che egli, dopo avere terminato la prima, nell' atto di realizzare la seconda era caduto nella apertura da lui stesso realizzata da una altezza di circa 2, 5 metri precipitando quindi all' interno del locale sottostante. Affermava poi che una volta soccorso K. emergeva indossare regolarmente l' imbragatura dotata di un cordino della lunghezza di 1, 5 metri il cui cordino peraltro era arrotolato intorno al corpo e non agganciato ai punti si sicurezza presenti sul solaio e non avere sul capo il casco. Quanto alla causale della presenza del ricorrente sul cantiere la B. I. ha prodotto agli atti un Piano Operativo per la Sicurezza (doc. 3 ) recante la data del 12/10/2010 riferito a lavori inerenti il montaggio di cupolini nel quale viene indicato come committente M. s.r.l. e l' ubicazione del cantiere presso il Centro Commerciale Le Prato , località S. G. Il P. prodotto è privo peraltro di elementi dai quali attribuire una data certa di redazione, né anche sotto il profilo testimoniale ne è stata dimostrata l' epoca di compilazione e le concrete circostanze relative alla sua predisposizione. I testi sentiti hanno riferito quanto segue. De V. S., dipendente della M. con mansioni di responsabile di cantiere per la datrice di lavoro nel cantiere in cui l' infortunio si è verificato ha affermato "L' infortunato era uno dei lavoratori che io coordinavo. Il giorno dell' infortunio avevo dato indicazioni al ricorrente sul lavoro da svolgere in sicurezza. (...) Prima di affidargli il lavoro ho verificato che avesse il patentino per operare in altezza e che fosse dotato di cintura di sicurezza e di caschetto. Ho accompagnato il ricorrente sul solaio insieme a C. P. che doveva svolgere sul solaio un altro tipo di lavoro. (.) Ho spiegato il lavoro e detto al ricorrente che doveva agganciarsi con il cordino della cintura. (.) lo sapevo che doveva recarsi in cantiere per svolgere questa lavorazione un dipendente della B. impianti quale capo squadra di sé stesso al quale io dovevo dare le indicazioni su come svolgere i lavori. (.) Il caschetto e l' imbragatura erano del ricorrente e non sono state fornite dal M. (.) Il ricorrente era l' unico lavoratore della B. impianti e come tale era capo squadra di sé stesso". C. P., dipendente della M.. Montaggi, ha riferito "Non sono a conoscenza della ditta per cui lavorava. (.) Non sono a conoscenza se K. fosse l' unico operaio della ditta di cui era dipendente. Per quanto mi risulta era in prestito alla M. Mi pare che fosse previsto che lavorasse un paio di mesi Al momento dell' infortunio mi pare che fossero circa 2 settimane dacchè aveva iniziato a lavorare nel cantiere a Prato". Orbene gli elementi raccolti accreditano come Ben H. K. sia stato coordinato e diretto nel cantiere da personale della M. In tal senso appare del tutto chiara la deposizione del D. V. che indica il ricorrente come uno dei lavorati da lui coordinati e che individua precisa indicazioni da lui date al K. il giorno dei fatti e segnatamente la specifica individuazione del lavoro da svolgere, la spiegazione delle relative modalità, la individuazione dei presidi antinfortunistici da utilizzare, la spiegazione in ordine alle modalità di utilizzo, il controllo sul possesso del patentino per operare in altezza. De V. attesta poi come K. fosse l' unico dipendente della B. I. presente in cantiere. Emerge pertanto un quadro nel quale la prestazione lavorativa del ricorrente era resa apparentemente non per iniziativa autonoma e mediante la realizzazione di una attività gestita secondo modalità indipendenti e separate da quello dei dipendenti di M., ma nell' ambito della attività della M. con messa a disposizione della propria forza lavoro in accordo con le richieste del capocantiere della M. e per realizzare il piano di lavoro in coordinamento con i lavoratori della M. Il ricorrente assume in ricorso di essere stato comandato presso la M.. Secondo la giurisprudenza prevalente a cui si ritiene di aderire "Il "comando"o "distacco"di un lavoratore disposto dal datore di lavoro presso altro soggetto, destinatario delle prestazioni lavorative, è configurabile quando sussista oltre all' interesse del datore di lavoro a che il lavoratore presti la propria opera presso il soggetto distaccatario, anche la temporaneità del distacco, che non richiede una predeterminazione della durata, più o meno lunga, ma solo la coincidenza della durata stessa con l' interesse del datore di lavoro allo svolgimento da parte del proprio dipendente della sua opera a favore di un terzo, e che permanga in capo al datore di lavoro distaccante, il potere direttivo, eventualmente delegabile al distaccatario, e quello di determinare la cessazione del distacco" (Cassazione civile, sez. lav., 25/11/2010, n. 23933). "La figura del "distacco"o "comando"del lavoratore comporta un cambio nell' esercizio del potere direttivo - perché il dipendente viene dislocato presso altro datore di lavoro, con contestuale assoggettamento al comando ed al controllo di quest' ultimo - ma non incide sulla titolarità del rapporto, in quanto il datore di lavoro distaccante continua ad essere titolare del rapporto di lavoro, con la conseguenza che il rapporto di lavoro resta disciplinato ai fini economici dalle regole applicabili al datore distaccante" (Cassazione civile, sez. lav., 06/06/2013, n. 14314) "La dissociazione fra il soggetto che ha proceduto all' assunzione del lavoratore e l' effettivo beneficiario della prestazione (c.d. distacco o comando) è consentita soltanto a condizione che essa realizzi, per tutta la sua durata, uno specifico interesse imprenditoriale tale da consentirne la qualificazione come atto organizzativo dell' impresa che la dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e la conseguente temporaneità del distacco, coincidente con la durata dell' interesse del datore di lavoro allo svolgimento della prestazione del proprio dipendente a favore di un terzo. Il relativo accertamento è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi" (Cassazione civile, sez. lav., 15/05/2012, n. 7517). La B. sostiene viceversa la sussistenza di un appalto, negato dalla M. C. I la quale assume la mancanza di prova documentale del contratto. Il rilievo della M. non appare peraltro dirimente laddove il contratto di appalto non necessita di forma scritta né ad substantiam, né ad probationem. Invero "Il contratto d' appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, né ad substantiam, né ad probationem, potendo dunque essere concluso anche per facta concludentia" (Cassazione civile, sez. I, 26/10/2009, n. 22616). Orbene deve escludersi che, come indicato dal ricorrente, il suo utilizzo presso il cantiere possa essere ricondotto ad una ipotesi di comando o distacco. Giova, al riguardo, premettere che, per risalente opinione della giurisprudenza di legittimità, la fattispecie del comando o distacco del dipendente privato, e cioè di quel particolare atto organizzativo dell' impresa che determina una mera modifica, con carattere non definitivo, delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, che viene a svolgersi presso un terzo, rinviene nell' interesse del datore di lavoro (a che la prestazione sia resa anche a favore del terzo) l' elemento di reale qualificazione della fattispecie oltre che il criterio distintivo dalla variegata fenomenologia dell' interposizione illecita, unitamente alla temporaneità (ma non anche alla occasionalità o episodicità) che tale assegnazione deve rivestire. La configurazione del distacco quale atto organizzativo dell' impresa che lo dispone, giustificato, sul piano funzionale, dalla permanente connessione con la causa del contratto di lavoro in corso con il distaccante, ha portato progressivamente la giurisprudenza a precisare, infatti, che la temporaneità della destinazione del lavoratore a prestare la propria opera a favore di un terzo, che configura, comunque, uno dei presupposti di legittimità dell' istituto, non richiede che tale destinazione abbia una durata predeterminata, nè che esse sia più o meno lunga o sia contestuale all' assunzione del lavoratore, ovvero persista per tutta la durata del rapporto (v. ad es. Cass. n. 17748/2004), richiedendosi solo che la durata del distacco coincida con quella dell' interesse del datore di lavoro alla destinazione della prestazione di lavoro a favore di altra organizzazione d' impresa. Tali caratteristiche della fattispecie, frutto dell' elaborazione giurisprudenziale, hanno rinvenuto nella successiva evoluzione normativa (D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 30,) sostanziale conferma, ancorchè il legislatore abbia avuto cura di precisare con puntualità non solo che il distacco deve soddisfare un "interesse proprio"del datore di lavoro, ma anche che il lavoratore possa essere messo a disposizione presso altro soggetto solo "temporaneamente"e per l' esecuzione di una "determinata attività lavorativa". Precisazioni tutte che appaiono strumentali a sottolineare il carattere eccezionale, e, comunque, rigorosamente nominato, che assumono, pur in un contesto normativo particolarmente sensibile alle esigenze di flessibilità organizzativa delle imprese, le ipotesi di deviazione dalla normale coincidenza fra la titolarità del rapporto di lavoro e la utilizzazione e destinazione della prestazione di lavoro e la perdurante rilevanza che assume tale criterio rispetto alla ricostruzione della fattispecie lavoristica. In ogni caso, resta fermo che l' esistenza di un interesse qualificato del datore di lavoro a che il dipendente svolga la prestazione di lavoro presso altro soggetto costituisce requisito qualificante della fattispecie del distacco e presuppone che tale interesse sussista non solo allorchè il provvedimento organizzativo venga adottato, ma anche nel corso della sua esecuzione, dovendo trovare il soddisfacimento dell' interesse del terzo a utilizzare la prestazione del lavoratore distaccato perdurante giustificazione causale nell' esistenza di un interesse organizzativo proprio del datore di lavoro distaccante. Nel caso di specie appare evidente come non emerga dalla complessiva prova raccolta alcun interesse della B. I. ad un comando del proprio lavoratore, interesse che non è stato neppure dedotto ed a maggior ragione non provato. La prestazione resa dal K., il quale dalle testimonianze acquisite ha operato sotto il coordinamento del capo cantiere della M. dietro precise direttive sui lavori da farsi ed a completamento dell' attività subappaltata alla M., appare rapportabile ad un contratto di subappalto, seppure con evidente ingerenze della subappaltatrice e di cui meglio oltre, apparendo viceversa certamente da escludersi la tesi sostenuta dalla M.X mirante a tratteggiare l' assenza di interessenze tra le due società meramente presenti al lavoro sullo stesso cantiere in via indipendente. Quanto alle concrete modalità con cui l' infortunio è occorso i testi si sono espressi come segue. De V. S. ha affermato "Il giorno dell' infortunio avevo dato indicazioni al ricorrente sul lavoro da svolgere in sicurezza. In particolare egli doveva aprire dei cupolini su un solaio composto da pannelli sandwich mediante esecuzione di buchi quadrati della lunghezza di un metro e mezzo per un metro e mezzo circa. Per raggiungere il solaio era messa a disposizione una piattaforma elevabile in altezza. Il punto di esecuzione dell' intervento aveva un altezza di 2.5-3 metri. Tutto il solaio era stato perimetrato poiché vi erano più ditte coinvolte nei lavori. Prima di affidargli il lavoro ho verificato che avesse il patentino per operare in altezza e che fosse dotato di cintura di sicurezza e di caschetto. Ho accompagnato il ricorrente sul solaio insieme a C. P. che doveva svolgere sul solaio un altro tipo di lavoro. Sul solaio era possibile agganciarsi con la cintura di sicurezza alle travi. Ho spiegato il lavoro e detto al ricorrente che doveva agganciarsi con il cordino della cintura. Alla mia presenza il ricorrente si è attaccato con il cordino della cintura di sicurezza e indossava l' elmetto. Poi mi sono allontanato per andare ad assegnare il lavoro ad altre squadre. L' affidamento dell' incarico mi pare che sia avvenuto verso le 9.30 -10.00 circa. Successivamente sono stato chiamato poiché si era verificato l' infortunio circa un' ora dopo da C. P. che non vedendo più il ricorrente ha verificato che era caduto al suolo sotto il solaio su cui stava lavorando. P. mi ha riferito che il ricorrente chiacchierando aveva detto il lavoro in esecuzione del tutto facile. Al mio arrivo era già stato realizzato il buco del primo cupolino ed il ricorrente era caduto nel vano sottostante. Si trovava per terra piegato e si lamentava, aveva la cintura addosso ed il cordino legato a fianco e non aveva in testa l' elmetto. Non ricordo se l' elmetto fosse al suolo. La cintura di sicurezza era composta da una imbragatura che prendeva le spalle e le gambe e da due codini della lunghezza di 1 metro e mezzo non riavvolgibili che servivano ad assicurare il lavoratore. I cordini finiscono con dei moschettoni. Il ricorrente dopo il sinistro aveva i cordini di sicurezza avvolti intorno al corpo ed il moschettone finale agganciato alla sua cintura. Per salire sul solaio non vi era né ponteggio né scala , ma si utilizzava per la piattaforma. Per l' esecuzione dei lavori della società di cui sono dipendente utilizza solo piattaforme. (...) Vi erano travi in ferro imbullonate che erano pienamente utili ad essere utilizzate per l' aggancio della cintura del lavoratore. Il tetto era formato da queste travi e dal materiale in sandwich. Non ricordo la presenza di ponteggi nel cantiere. Certamente non erano ponteggi della M. ed accessibili alla maestranze della M.. La lavorazione prevedeva che si operasse il taglio con una sega circolare od un flessibile, che il materiale tagliato fosse rimosso e che il buco ottenuto fosse perimetro con dei parapetti a vite". P. C. ha riferito "Il giorno dell' infortunio mi trovavo a lavorare sullo stesso solaio del locale poi da adibirsi a bar gelateria sul quale stava operando il ricorrente. Ero a pochi metri da lui. Il ricorrente stava realizzando delle aperture sul solaio delle dimensioni di circa cm. 90 x 90 per la realizzazione di bocche d' aria lucernai per il locale sottostante. Il solaio era realizzato con pannelli di poliuretano ed il ricorrente era dotato di un flessibile. Ricordo che indossava l' elmetto e l' imbragatura con il cordino di sicurezza. Peraltro il cordino non era assicurato ma era avvolto attorno al corpo. Sul solaio vi erano dei paletti ai quali era possibile l' aggancio. Mentre entro intento al lavoro girando le spalle al K. ho sentito un tonfo e ho notato che egli non era più presente. Incuriosito su quanto poteva essere successo mi sono sporto nel buco che K. aveva realizzato è ho visto egli al suolo all' interno del locale sotto l' apertura. K. era sdraiato in posizione laterale con la testa appoggiata ad uno dei muri perimetrali e aveva un respiro affannoso. Il casco era per terra a fianco a lui. Ho provveduto pertanto a chiamare D. V. S. che era il responsabile di cantiere. L' altezza del solaio era di circa 3-4 metri. Ritengo che i dispositivi di sicurezza fossero stati forniti al K. dalla sua datrice di lavoro. Non sono a conoscenza della ditta per cui lavorava. La apertura attraverso la quale è precitato era la seconda che era stata realizzata da lui quel giorno. In precedenza ne aveva già aperto un' altra. lo e K. siamo saliti insieme sul solaio utilizzando una scala allungabile che era appoggiata e legata in alto. Non rammento se vi fosse un ponteggio che comunque non è stato utilizzato da noi. Prima di salire il capo cantiere D. V. S. mi aveva detto di fare le quattro aperture e mi aveva detto di farmi aiutare dal K. per compiere l' attività. Ho chiesto a K. se sapesse usare il flessibile e lui ha confermato aggiungendo che il mio lavoro gli pareva sciocco. Lui di solito montava nastri trasportatori per i silos utilizzati nelle industrie ceramiche. Non sono a conoscenza se K. fosse l' unico operaio della ditta di cui era dipendente". M. B., tecnico della prevenzione presso la AUSL 4 di Prato, ha affermato "Non ho mai svolto attività connessa con un infortunio occorso in data 15/9/2009 ai danni di K. B. H. Nell' archivio elettronico dell' ufficio presso il quale opero non vi alcun documento connesso con tale infortunio. Non ricordo di essere intervenuto sui luoghi ed il nome del ricorrente". Quanto agli adempimenti per la prevenzione ed alle misure di sicurezza approntate nel cantiere dall' istruttoria è emerso quanto segue. De V. S. ha riferito "L. S. era un geometra dipendente del Consorzio E. per la sicurezza sul cantiere. Ogni giovedì si tenevano riunioni sulla sicurezza ed inoltre S. tutti i giorni girava per il cantiere per verificare il rispetto della normativa sulla sicurezza nel corso delle lavorazioni"C. P. ha affermato "Il coordinatore della sicurezza del cantiere L. S. era solito vigilare quotidianamente e controllava il rispetto dalla normativa di sicurezza. Il pomeriggio dei fatti allorchè è avvenuto l' infortunio non è passato. Se notava qualcuno non in regola disponeva l' immediata cessazione della attività ed allontanava l' operatore dal cantiere oltre alla sanzione amministrativa. Ogni settimana poi era effettuata una riunione sulla sicurezza a cui partecipava il capo cantiere D. V. Nella riunione si faceva il punto sui lavori e sulla messa in sicurezza di essi. All' inizio del cantiere vi è stata una riunione della sicurezza a cui avevano partecipato gli addetti in cui erano state indicate le modalità di lavoro per operare in sicurezza. Per i lavoratori giunti dopo S. provvedeva alla registrazione ed al controllo del possesso degli attestati e quindi indica le condotte da tenere per la sicurezza sul lavoro. K. ha partecipato alla riunione iniziale sulla sicurezza. Nessuno era ammesso al lavoro se non aveva ricevuto le indicazioni in materia di sicurezza". La B. I. ha poi prodotto dichiarazione del ricorrente recante data del 17/9/2008 in cui K. dichiara di essere stato informato dei rischi e di avere ricevuto informazioni sui propri diritti e doveri in merito alla sicurezza e alla salute sul luogo di lavoro, di essere al corrente che l' uso dei D. P. I è obbligatorio e di avere ricevuto una pluralità di dispositivi antinfortunistici tra i quali casco di protezione e dispositivi anticaduta e si impegna all' utilizzo del materiale nelle lavorazioni che espongano a rischi, a segnalare immediatamente le deficienze riscontrate nei dispositivi, a non rimuovere o modificare i dispositivi, a richiedere nuovi mezzi di protezione ad osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro. Ha inoltre prodotto un attestato di partecipazione del ricorrente ad un corso tenutosi nell' ottobre 2008 in materia di rischi di caduta dall' alto e corretto utilizzo DPI 3 categoria. Orbene l' odierno procedimento è stato introdotto dal ricorrente nei confronti della società datrice di lavoro profilando a carico di essa una responsabilità ex art. 2087 c.c. per violazione dell' obbligo di sicurezza riferito alle condizioni di lavoro. Secondo il costante insegnamento della Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. 13 agosto 2008 n. 21590) la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ. è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell' art. 1374 cod. civ., dalla disposizione che impone l' obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini dell' art. 1218 cod. civ., circa l' inadempimento delle obbligazioni, da ciò discendendo che il lavoratore, il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro, deve allegare e provare l' esistenza dell' obbligazione lavorativa, l' esistenza del danno ed il nesso causale tra quest' ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all' obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno (c.f.r. Cassazione civile, sez. lav. 22/12/2011 n. 28205). "La responsabilità dell' imprenditore ex art. 2087 cod. civ. non configura un' ipotesi di responsabilità oggettiva, ma non è circoscritta alla violazione di regole d' esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, essendo sanzionata dalla norma l' omessa predisposizione di tutte le misure e cautele atte a preservare l' integrità psicofisica del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della maggiore o minore possibilità di indagare sull' esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico" (Cassazione civile, sez. lav., 05/08/2013, n. 18626). Inoltre "La responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell' obbligo di prevenzione di cui all' art. 2087 c.c. non è una responsabilità oggettiva, essendone elemento costitutivo la colpa, quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore" (Cassazione civile, sez. lav., 07/08/2012, n. 14192) e "Il carattere contrattuale dell' illecito e dell' operatività della presunzione di colpa stabilita dall' art. 1218 c.c. non escludono che la responsabilità dell' imprenditore ai sensi dell' art. 2087 c.c. in tanto possa essere affermata in quanto sussista una lesione del bene tutelato che derivi casualmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche. Peraltro, neanche la verificazione dell' evento lesivo sarebbe di per sé sufficiente per fare scattare a carico dell' imprenditore l' onere probatorio di avere adottato ogni sorta di misura idonea a evitare l' evento, atteso che la prova liberatoria a suo carico presuppone sempre la dimostrazione, da parte dell' attore, che vi è stata omissione nel predisporre le misure di sicurezza necessarie a evitare il danno e non può essere estesa a ogni ipotetica misura di prevenzione, a pena di far scadere una responsabilità per colpa in responsabilità oggettiva" (Cassazione civile, sez. lav., 20/07/2012, n. 12699). Nel caso di specie emerge immediatamente una rilevante difformità tra la ricostruzione dell' infortunio fornita dal ricorrente in ricorso e quella descritta dai due testimoni escussi presenti nel cantiere il giorno dei fatti in maniera convergente. La difformità risulta ad ampio raggio laddove non coincide né la lavorazione assegnata, né la dinamica del sinistro, né la collocazione del lavoratore allorchè è precipitato, né tantomeno i presidi antinfortunistici messi a sua disposizione. La versione dei fatti resa dal ricorrente è rimasta del tutto sfornita di prova atteso che egli non ha addotto alcun teste a conferma della ricostruzione fornita. La documentazione prodotta da esso riferita alla dinamica dell' infortunio si sostanzia nella documentazione medica afferente agli esiti lesivi residuati dopo il sinistro che per la pluralità dei siti coorporei attinti non appare di per sé univocamente orientare per una valutazione delle modalità di precipitazione. Peraltro gli esiti appaiono per lo più riferiti all' emisoma sinistro al capo ed al tronco e pertanto apparentemente non pienamente compatibili con una caduta all' indietro come quella descritta che avrebbe dovuto interessate maggiormente la schiena nella sua totalità. I testi escussi su istanza della M. hanno reso dichiarazioni convergenti che, sottoposte al vaglio di credibilità, emergono lineari, prive di contraddizioni, fornite di logica interna nel racconto e come tali idonee ad essere poste a fondamento della decisione. sulla base di esse emerge come il ricorrente si sia effettivamente infortunato nel corso della prestazione di attività di lavoro che ad esso era stata assegnata nel cantiere e come il danno conseguente all' infortunio attestato dalla documentazione medica in atti sia in evidente nesso causale con l' evento occorso durante il lavoro. Ed invero è emerso come il ricorrente sia precipitato all' interno di una apertura del soffitto da lui stesso realizzata mentre egli si trovava sul solaio dell' immobile in corso di costruzione riferito al centro commerciale in corso di realizzazione a Prato. Le lesioni riportate e sopra compiutamente descritte emergono pienamente compatibili con la precipitazione dall' alto con attingimento al suolo in via prioritaria del capo e del torace e pertanto apparentemente con perdita dell' equilibrio implicante una caduta di testa. Questa risulta del tutto coerente con la lavorazione descritta come in essere nella quale il lavoratore, intento a aprire con una sega circolare il solaio di copertura composto da pannelli in sandwich, doveva operare chino in avanti con possibilità di perdita di equilibrio correlata. Si ritiene peraltro come l' istruttoria consenta di reputare assolto da parte del datore di lavoro l' obbligo di sicurezza sullo stesso gravante. Il ricorrente è emerso sulla base della documentazione in atti essere stato formato rispetto alle lavorazioni in altezza frequentando un corso mirato proprio alla prevenzioni della caduta dall' alto ed ai mezzi di protezioni da utilizzarsi. Il teste D. V. ha poi indicato di avere controllato il possesso da parte del ricorrente del patentino per operare in altezza. Il teste P. ha riferito che il ricorrente aveva partecipato alla riunione iniziale sulla sicurezza e che nessuno era ammesso al lavoro nel cantiere se non aveva ricevuto le indicazioni sulla sicurezza. Il cantiere dalle testimonianze è emerso essere quotidianamente controllato dal coordinatore della sicurezza con applicazione anche per gli inadempienti di sanzioni amministrative e con allontanamento dal cantiere. P. ha precisato come S. provvedesse al momento dell' arrivo di nuove maestranze alla registrazione ed al controllo del possesso degli attestati e che egli provvedeva anche alla indicazione delle condotte da tenere per la sicurezza sul lavoro. Entrambi i testi hanno accreditato poi come il ricorrente il giorno dei fatti fosse in possesso della attrezzatura antinfortunistica utile a fini preventivi rispetto alla mansione quel giorno affidata ed in particolare del casco protettivo e della imbragatura dotata di due cordini di sicurezza che terminavano con dei moschettoni Inoltre dall' istruttoria è emerso come il soffitto sul quale doveva operare il ricorrente era stato perimetrato e come sul solaio vi fossero punti per l' utile aggancio alle travi dei dispositivi di sicurezza (teste D. V.) e paletti ai quali era possibile l' aggancio (teste P.). Il teste D. V. ha poi riferito il giorno dei fatti di avere personalmente rammentato al K. l' obbligo di agganciarsi con il cordino della cintura e di avere inoltre verificato prima di allontanarsi che il ricorrente si fosse effettivamente attaccato e che indossasse il casco protettivo. Sono stati prodotti i P. da parte della B. I. e della M. che contemplano il rischio di caduta dall' alto. Non è infine emerso che siano stati svolti rilievi da parte del servizio di prevenzione e protezione a seguito del sinistro. Il teste M. B. ha sotto tale profilo negato che presso la AUSL 4 di Prato risulti svolta attività connessa all' infortunio di che trattasi. Deve ritenersi pertanto assolto l' obbligo di sicurezza nei confronti del lavoratore che era stato congruamente formato, dotato di presidi antifortunistici idonei rispetto alla lavorazione affidata, avvertito anche il giorno stesso dell' obbligo di utilizzali, controllato in ordine all' effettivo utilizzo. Inoltre il cantiere risulta, per quanto riferito, congruamente organizzato con predisposizione di presidi di protezione collettiva quali la perimetrazione del solario e gestito in accordo alle norme di sicurezza. Alcun addebito rispetto a condotte omissive e commissive appare pertanto elevabile alla parte datoriale poiché non sono emerse mancanze ad essa riferibili agli obblighi sulla stessa gravanti ex art. 2087 c.c. e non è risultata alcuna omissione in materia antinfortunistica e di prevenzione sul lavoro addebitabile in nesso causale con il sinistro occorso. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità anche da ultimo ribadita il disposto di cui all' art. 2087 c.c. non configura una ipotesi di responsabilità oggettiva ed è richiesta la prova del nesso di causalità tra evento e danno subito, in costanza di una condotta colposa del datore di lavoro (Cassazione civile, sez. lav., 19/06/2014, n. 13957Cassazione civile, sez. lav., 11/04/2013, n. 8855. L' infortunio emerge viceversa occorso in ragione della condotta del ricorrente che nel corso della prestazione di lavoro, ha scollegato il cordino di sicurezza dall' aggancio, operando quindi in assenza di protezione, e poi ha perso l' equilibrio precipitando quindi al suolo nel vano sottostante a mezzo della apertura da lui stesso creata senza essere tutelato e trattenuto dai presidi messi a sua disposizione. I testi invero hanno indicato come al momento del rinvenimento del K. dopo l' infortunio il cordino di sicurezza fosse avvolto intorno al corpo del K., circostanza chiaramente indicativa di come questo fosse stato volutamente reso inoperativo e scollegato. Con riferimento al casco nessun elemento milita per ritenere questo non consono o presentante vizi. De V. afferma che il ricorrente lo indossava al momento in cui ha dato inizio all' attività di lavoro, entrambi i testi descrivono invece K. al momento del rinvenimento dopo l' infortunio senza il casco, il solo P. indica il casco all' interno del vano dove era precipitato il ricorrente. Il casco pertanto ben potrebbe essere stato tolto o slacciato dal ricorrente e quindi precipitato insieme a lui trascinato dal corpo del K. nel corso della caduta per essere posto in prossimità del foro ovvero perduto nella precipitazione perché non congruamente allacciato. In assenza di ogni elemento preciso non pare anche sotto tale profilo possibile reputare accertata una qualche carenza attribuibile alle condizioni di esso. Quanto alla valutazione della posizione di M. la società come sopra indicato deve dirsi avere subappaltato una porzione dei lavorio alla B. I. Peraltro la istruttoria come sopra ricostruita accredita come vi sia stata una evidente ingerenza nella attività del K. che era di fatto diretto e coordinato dal personale della M. e operava in stretta contiguità con i dipendenti M. nell' ambito di una organizzazione del lavoro a questa demandata. Del resto per quanto emerso lo stesso giorno dei fatti a K. era stato espressamente indicato il lavoro da svolgere da parte del capocantiere della M., individuate le modalità operative, svolta un' opera di formazione e controllo rispetto alle condotte preventive e richiesto di prestare attività unitamente ad altro dipendente della M. per analoghe mansioni. Ne consegue secondo la giurisprudenza del tutto consolidata la sussistenza di un concorrente obbligo di sicurezza gravante sull' appaltante o sul subappaltante rispetto ai lavoratori dipendenti della appaltatrice. Invero "Il subappaltante è esonerato dagli obblighi di protezione solo nel caso in cui i lavori subappaltati rivestano una completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto ai compiti del subappaltatore" (Cassazione penale, sez. IV, 24/11/2015, n. 49817 e numerose conformi). La chiamata in garanzia svolta dalla B. I. nei confronti della M. appare pertanto correttamente svolta essendo configurabile nel caso di specie una responsabilità solidale della M. in ragione della ingerenza svolta nella attività di lavoro del K. Peraltro in assenza di ogni addebito rispetto all' obbligo di sicurezza anche la M. deve essere mandata esente dalle domande proposte dal ricorrente ad essa estese a seguito della chiamata in garanzia svolta. Parimenti deve dirsi corretta la chiamata in manleva proposta da M. impianti nei confronti della R. Risulta invero provata in atti la intervenuta stipulazione da parte della M. di un contratto di assicurazione, non negato dalla compagnia assicurativa costituita, nell' ambito del quale al punto 6.5 è previsto che siano considerati terzi e ricompresi in polizza gli appaltatori e subappaltatori nonché i loro dipendenti relativamente alle attività sussidiarie ed accessorie all' attività principale dichiarata nel modulo di polizza. Al punto 6.1 inoltre è previsto che l' assicurazione valga anche per la responsabilità civile derivante agli assicurati per fatto di eventuali appaltatori o subappaltatori in relazione a tutti i rischi, anche quelli sussidiari ed accessori, alla normale conduzione dell' azienda ed inoltre comprenda la responsabilità del contraente nella sua qualità di committente o responsabile dei lavori ai sensi della legislazione sulla sicurezza e salute nei cantieri temporanei o mobili oltre che la responsabilità civile ai sensi del D.Lgs. 626/94. Poiché come visto il rapporto intercorso tra M. e B. impianti è da ricondurre ad un subappalto la polizza risulta operante. Peraltro in assenza di responsabilità della M. e pertanto di oneri risarcitori alcuna statuizione deve essere emessa nei confronti della compagnia assicurativa chiamata in causa. In assenza di prova di responsabilità in capo al datore di lavoro deve inoltre rigettarsi la domanda proposta da INAIL nei confronti di B. impianti contenente azione di regresso per gli importi liquidati al K. a seguito del sinistro occorso. Ai sensi dell' art. 10 legge 1124/65 nel testo come risultante a seguito degli interventi della Corte Costituzionale, per quanto qui rileva, il giudice civile, anche in ipotesi di intervenuta archiviazione del reato, accerta il fatto reato e la conseguente responsabilità civile del datore di lavoro per fatto proprio ovvero di coloro che egli ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro. La valutazione rimessa al giudice civile attiene alla valutazione della ricorrenza degli estremi per la configurazione di una condotta costitutiva di un reato perseguibile d' ufficio a cui si ricolleghi la pretesa risarcitoria fatta valere di regresso. Nel caso di specie, in assenza di addebiti riferiti alla violazione degli obblighi di garanzia gravanti sul datore di lavoro nella predisposizione di idonei presidi per la tutela della salute sul lavoro elevabili alla B. Impianti, secondo quanto sopra motivato, non appare neppur configurabile alcun reato perseguibile di ufficio derivante dalla omessa predisposizione da parte del datore di lavoro delle cautele ex lege dovute per la tutela della salute del lavoratore e tanto meno un nesso causale tra condotte datoriali e l' evento lesivo. La domanda deve essere rigettata. Procedendo infine all' esame della domanda proposta dal ricorrente nei confronti di INAIL questa è riferita all' adeguamento della indennità mensilmente corrisposta al grado di invalidità che sarà effettivamente accertato in corso di causa. Il ricorrente peraltro non contesta in alcun modo la valutazione dell' INAIL effettuata in via amministrativa, né offre elementi per fare emergere un eventuale aggravamento tale da implicare una maggiore percentuale di invalidità riferita al sinistro nulla argomentando neppure nel corpo del ricorso presentato rispetto ad una erronea quantificazione del grado di invalidità. Né dalla documentazione prodotta appare riscontrabile alcun utile elemento a supporto della domanda proposto non rinvenendosi documentazione sanitaria utile e neppure una consulenza di parte che supporti una diversa quantificazione del danno. La mera richiesta di C.T.U. meramente esplorativa non può dirsi idonea a supportare la domanda. Anche tale domanda deve essere respinta. Quanto alle spese il ricorrente soccombe rispetto a tutte le domande proposte e la versione sostenuta in ricorso è risultata del tutto non corrispondente ai fatti occorsi, circostanza di cui deve tenersi conto anche rispetto alla liquidazione delle spese risultando la domanda, oltre che infondata, prospettata secondo modalità manipolatorie rispetto ai fatti accaduti. Secondo i consolidati principi giurisprudenziali poi "In tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l' attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo" (Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2016, n. 2492). Il ricorrente deve pertanto essere condannato al pagamento delle spese di causa sostenute dalla M. e dalla R. Quanto alla B. Impianti, poiché anche l' INAIL soccombe con riferimento alla domanda di regresso proposta la condanna al pagamento delle spese deve essere disposta a carico di B. H. K. e di INAIL. Si reputa inoltre che sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra il ricorrente e l' INAIL le spese del giudizio laddove l' Istituto costituendosi ha proposto domanda di regresso, in accordo con le domande del ricorrente e fondata sulla ricostruzione da questo fornita, risultata poi infondata. Le spese sono quantificate come in dispositivo.

P.Q.M.

Visto l' art. 429 cpc, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa e respinta, rigetta le domande di cui al ricorso; rigetta la domanda di regresso proposta da INAIL; condanna B. H. K. alla rifusione delle spese processuali nei confronti di M. M. s.r.l. che liquida in complessivi 2.000 oltre al 15% di rimborso spese forfettarie ed oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge ed alla rifusione delle spese processuali  n favore di R. che liquida in complessivi 1.800 oltre al 15% di rimborso spese forfettarie ed oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge; condanna B. H. K. ed INAIL in solido tra loro alla rifusione delle spese processuali di B. I. di A. M. s.a.s. in liquidazione che liquida in 2.200 oltre al 15% di rimborso spese forfettarie ed oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge; dichiara interamente compensate tra B. H. K. e INAIL le spese del processuali. Indica in giorni 60 il termine per il deposito della sentenza. Modena 10/1/2017 Il Giudice dott. Valeria Vaccari.