Categoria: Cassazione penale
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  • Datore di Lavoro
  • Prevenzione Incendio
 
Responsabilità del legale rappresentante della C.A. ar.l per aver effettuato lavorazioni pericolose insalubri in ambiente unico ed in assenza di alcuna captazione localizzata; per aver omesso di adottare nei lavori di resinatura provvedimenti idonei ad evitare la diffusione di gas o vapori tossici ed infiammabili; per aver omesso di fornire ai dipendenti le dotazioni personali antinfortunistiche idonee; per aver omesso di attuare tutte le misure tecniche ed organizzative adeguate al fine di ridurre al minimo i rischi; per aver omesso di adottare le misure necessarie alla prevenzione incendi.
 
Ricorre in Cassazione lamentando il mancato riconoscimento della continuazione tra le contravvenzioni di cui era stato ritenuto responsabile e la mancata concessione delle attenuanti generiche. 
 
Ricorso inammissibile per manifesta infondatezza.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente -
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere -
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere -
Dott. MARMO Margherita - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Z.A., n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 29 gennaio 2008 del tribunale di Lodi;
Udita la relazione fatta in Pubblica Udienza dal Consigliere Dott. Amoroso Giovanni;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. Izzo Gioacchino che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito l'avv. Aiello Maria Donatella per l'imputato che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
La Corte osserva:

Fatto

1. Z.A., era imputato:
a) del reato p. e p. dal D.P.R. n. 303 del 1956, art. 19, per aver, nella sua qualità di legale rappresentante della C.A. ar.l. di (OMISSIS), effettuato lavorazioni pericolose insalubri ed in particolare la resinatura e la pulizia di attrezzi (pistola a spruzzo ecc.) in ambiente unico ed in assenza di alcuna captazione localizzata;
b) del reato p. e p. dal D.P.R. n. 303 del 1956, art. 20, per aver, nella sua qualità indicata al capo che precede, omesso di adottare nei lavori di resinatura, pulizia della pistola a spruzzo e di attrezzi e di saldatura elettrica idonei provvedimenti atti ad impedirne lo sviluppo e la diffusione di gas o vapori tossici ed infiammabili;
c) del reato p. e p. dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 43, comma 3, per aver, nella sua qualità di cui al capo a) e di datore di lavoro, omesso di fornire ai dipendenti le dotazioni personali antinfortunistiche idonee al tipo di lavorazione da svolgersi (resinatura);
d) del reato p. e p. dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 2, per aver, nella sua, qualità di cui al capo a) omesso di attuare tutte le misure tecniche ed organizzative adeguate al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature da lavoro da parte dei dipendenti addetti alle puntatrici e piantatrici;
e) del reato p. e p. del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, lett q, per aver omesso di adottare le misure necessarie al fini della prevenzione incendi - riscontrata presenza di mezzi di estinzione in parte scaduti, non idoneamente segnalati e comunicazione di ambienti non idoneamente compartimentati avendo installato porte di comunicazione in materiale non idoneo (condotta accertata in (OMISSIS)).

Z.A. quindi veniva rinviato a giudizio con citazione diretta dal Procuratore della Repubblica di Lodi per rispondere dei reati ascritti nel capo di imputazione.
In presenza dell'imputato, il difensore munito di procura speciale avanzava istanza di patteggiamento e stante il dissenso del p.m. di rito abbreviato.
Il tribunale di Lodi con sentenza del 29.1.2008 dichiarava Z. A. responsabile dei reati a lui ascritti e lo condannava alla pena di Euro 600 di Ammenda per il reato di cui al capo a); di Euro 900 di Ammenda per il reato di cui al capo b); di Euro 3000 di Ammenda per il reato di cui al capo c); di Euro 3000 di Ammenda per il reato di cui al capo d); di Euro 3000 di ammenda per il reato di cui al capo e); per una pena complessiva di Euro 10.500 di Ammenda ridotta per il rito alla pena di Euro 7.000 di Ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena condonata.

2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con due motivi.
 
Diritto

1. Il ricorso è articolato in due motivi con cui si lamenta rispettivamente il mancato riconoscimento della continuazione tra le contravvenzioni di cui era stato ritenuto responsabile e della mancata concessione delle attenuanti generiche.

2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

Quanto alla continuazione è sufficiente ribadire (Cass., sez. 2^, 8 settembre 1994 - 20 settembre 1994, n. 9994) che l'art. 81 c.p., anche se non pone alcuna distinzione tra delitti e contravvenzioni in quanto la norma si riferisce ai reati in genere e tali sono sia gli uni che le altre, tuttavia la unicità di trattamento sanzionatorio è comunque subordinato alla condizione che l'elemento soggettivo comune sia il dolo e non la colpa.
Cfr. anche Cass., sez. 4^, 25 novembre 2004 - 19 gennaio 2005, n. 1285, secondo cui la continuazione può essere ravvisata tra contravvenzioni solo se l'elemento soggettivo ad esse comune sia il dolo e non la colpa, atteso che la richiesta unicità del disegno criminoso è di natura intellettiva, e consiste nella ideazione contemporanea di più azioni antigiuridiche programmate nelle loro linee essenziali.
Correttamente quindi il tribunale ha escluso la continuazione tra contravvenzioni che prevedevano condotte addebitate a titolo di colpa.

3. Anche quanto alla concessione delle attenuanti generiche deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 2^, 25 gennaio 2006, Caruso) che ha più volte affermato che la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale, nel giustificare l'uso di tale potere non deve rendere un'analitica valutazione di tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p., essendo sufficiente l'indicazione degli elementi ritenuti decisivi.

4. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.
 
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2009