Cassazione Penale, Sez. 4, 25 settembre 2018, n. 41367 - Mancanza di idoneo parapetto e di tavola fermapiede: caduta nell'apertura del solaio e responsabilità del datore di lavoro


 

 

 

Presidente: DOVERE SALVATORE Relatore: MICCICHE' LOREDANA Data Udienza: 14/06/2018

 

 

 

Fatto

 


1. La Corte d'Appello di L'Aquila, con sentenza del 26 settembre 2016, confermava integralmente la sentenza del Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, del 10 settembre 2015, con la quale A.G. veniva condannato alla pena di anni uno di reclusione per il reato p. e p. dall'art. 590, c. 3, cod.pen., nonché alla pena di euro 1.500,00 di ammenda per la contravvenzione p. e p. dagli artt. 146, c. 1 e 159, c. 2, lett. c), d.lgs. n. 81/2008, perché, in qualità di legale rappresentante della Euroimmobiliare S.r.l. e datore di lavoro, avendo omesso di dotare di idoneo parapetto e di tavola fermapiede l'apertura lasciata nel solaio di copertura di un erigendo fabbricato, o comunque non avendola coperta con tavole saldamente fissate, in modo che non si discostassero al passaggio degli addetti ai lavori, cagionava per colpa la caduta dell'operaio F.I., il quale precipitava da tale apertura, per circa tre metri, così provocandosi lesioni personali giudicate guaribili in giorni sessanta e consistite in politrauma da precipitazione, fratture multiple della teca cranica, della rocca petrosa e dell'orecchio destro, emorragia subaracnoidea, frattura L1-L3 e focolai contusivi polmonari multipli. L'imputato veniva altresì condannato, in solido con la responsabile civile Euroimmobiliare S.r.l., al risarcimento del danno nei confronti della persona offesa e dell'INAIL, e veniva liquidata una provvisionale di 30.000,00 euro a favore della prima. L'imputato veniva poi assolto perché il fatto non sussiste dall'ulteriore contravvenzione contestata al capo B) dell'Imputazione.
2. Il fatto veniva pacificamente ricostruito dai giudici di merito. Il giorno 27 settembre 2011, nel corso dei lavori presso il cantiere della Euroimmobiliare S.r.l., sito in Francavilla al Mare, l'operaio F.I., che stava lavorando sul solaio del piano terra della palazzina identificata con la sigla Al, facente parte del complesso immobiliare in corso di costruzione denominato "Stella di mare di Francavilla", mentre transitava sul piano solaio, copertura del sottostante piano garage con un dislivello di oltre tre metri, improvvisamente precipitava all'interno della buca, sprofondando per oltre tre metri nel piano garage, e riportando le lesioni di cui al capo di imputazione.
2.1. Dall'istruttoria dibattimentale emergeva con chiarezza che la persona offesa era andata a prelevare del materiale per sistemare gli infissi a cui stava lavorando, e che tale materiale era posizionato su una copertura ad una "bocca di lupo" da cui prendeva luce il sottostante piano seminterrato dedicato al garage. Tale copertura era composta da pannelli in metallo, simili a quelli usati per il passaggio sui ponteggi, che erano incastrati tra due guide formate da pezzi di legno infissi nel solaio con dei chiodi che ne impedivano lo spostamento. Si accertava, tuttavia, che una di queste guide era stata divelta ed il fissaggio da un lato risultava completamente distrutto, tanto che il legno era ancora sparso, cosicché da quel lato il pannello era libero di spostarsi.
2.2. Si accertava la presenza di diversi materiali utilizzabili nel corso delle lavorazioni poggiati in prossimità della botola, nonché la mancanza di alcuna protezione o fermapiede o cartello di pericolo vicino alla botola stessa, né di altre opere realizzate allo scopo di impedire la precipitazione dall'alto, a parte le assi di metallo anzidette, chiaramente inidonee da sole a contenere il rischio di caduta. Al contrario, la sistemazione del cantiere era tale per cui nei pressi dell'apertura si passava e si poteva addirittura lavorare con mezzi pesanti (bobcat), che ripetutamente passavano e posizionavano i materiali edili che le squadre dovevano utilizzare, realizzando così un vero e proprio cumulo di materiali, nelle immediate vicinanze della botola, materiali che i lavoratori dovevano andare a recuperare per compiere le lavorazioni giornaliere. Causa dell'evento veniva dunque considerata indubbiamente la violazione dell'art. 146, d.lgs. n. 81/2008, non essendo stata prevista una corretta copertura dell'apertura in discorso, in relazione ai lavori che dovevano avvenire in quella zona. La copertura apprestata, infatti, non era assolutamente idonea ad impedire l'evento caduta dall'alto.
3. L'imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ricorre per cassazione, elevando tre motivi.
4. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 197 e 197-bis cod.proc.pen. La difesa si duole, infatti, dell'estromissione, disposta dal giudice di prime cure, dei testimoni, regolarmente citati dalla difesa, O.R., responsabile del cantiere, e N.G., coordinatore della sicurezza, dovuta alla concessione della facoltà di non rispondere in quanto presunti correi dell'A.G.. Tuttavia, la decisione risulterebbe censurabile, non avendo tali due soggetti mai ricoperto il ruolo di imputati e nemmeno quello di indagati. Le loro testimonianze, sottratte al processo, dovevano essere considerate necessarie ed imprescindibili, al fine di avvalorare le dichiarazioni della persona offesa, costituitasi parte civile, e perciò soggetta a vaglio di attendibilità maggiore.
5. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge in ordine all'estromissione da ogni decisione delle due figure sopra richiamate, benché perfettamente individuate nelle proprie funzioni da entrambi i giudici di merito. È infatti compito del coordinatore per l'esecuzione dei lavori quello di adeguare i piani di sicurezza e le misure antinfortunistiche predisposte dal datore di lavoro secondo le esigenze derivanti dall'evoluzione dei lavori stessi. 
6. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta difetto di motivazione in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, ritualmente richiesta in grado di appello.
7. La parte civile INAIL, con memoria ritualmente depositata, evidenzia l'inammissibilità del primo motivo di ricorso, in quanto caratterizzato da novità e da carenza di autosufficienza, avendolo il ricorrente sollevato per la prima volta in sede di legittimità e non avendone sostenuto adeguatamente la decisività in riferimento alla sentenza impugnata. Parimenti inammissibile deve considerarsi il secondo motivo di ricorso, in quanto viziato da mancanza di specificità e comportante una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede. Ad ogni modo, la parte civile sostiene che la nomina di un coordinatore per l'esecuzione e la presenza di un responsabile dei lavori non possano valere ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, non risultando nel caso di specie presente alcuna delega di funzioni, la cui prova, peraltro, graverebbe sullo stesso A.G..
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo è infondato.
2. Si duole il ricorrente della mancata audizione, in qualità di testi, del responsabile di cantiere e del coordinatore per la sicurezza. Orbene, perché sia lamentato il vizio relativo alla mancata assunzione di una prova, occorre che la parte ne abbia fatto richiesta ai sensi del secondo comma dell'art. 495 cod.proc.pen. (Sez. 3, n. 18065 del 3 marzo 2004, Albano, Rv. 228626); e, in secondo luogo, che la prova risulti decisiva, vale a dire suscettibile di determinare una decisione del tutto diversa da quella assunta (Sez. 6, n. 37173 del 11 giugno 2008, Ianniello, Rv. 241009; Sez. 2, n. 21884 del 20 marzo 2013, Cabras, Rv. 255817).
3. Nel caso odierno, il ricorrente si limita a censurare la mancata assunzione della testimonianza in discorso in maniera assai generica, ritenendola indispensabile per avvalorare le dichiarazioni della persona offesa. Deve, tuttavia, considerarsi inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l'omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, 30918 del 7 maggio 2015, Falbo ed altro, Rv. 264441). Nella specie, infatti, le generiche asserzioni del ricorrente non sono in grado di porre in predicato l'affermazione di responsabilità dell'A.G., dal momento che la stessa si fonda su un corredo probatorio molto più ampio delle mere dichiarazioni della persona offesa, potendo contare, oltre che sugli accertamenti e sulle relative ricognizioni fotografiche effettuate nell'immediatezza dell'incidente, anche sulle dichiarazioni di diversi colleghi del F.I., quali i testi F., P. e G., oltreché su parte delle dichiarazioni dello stesso imputato, che ha ammesso di avere utilizzato il bobcat, la mattina del sinistro, per scaricare del materiale da un autocarro.
4. Inammissibile deve essere considerato il secondo motivo di ricorso, in quanto manifestamente infondato. Come già in appello, anche con l'impugnazione odierna il prevenuto lamenta la mancata valutazione delle posizioni di garanzia gravanti sul coordinatore per la sicurezza e sul responsabile del cantiere, sostenendo che esse siano tali da escludere quella del datore di lavoro. È tuttavia principio generalissimo ed incontestato quello per cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod.civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (Sez. 4, n. 4361 del 21 ottobre 2014, Ottino, Rv. 263200; Sez. 4, n. 37840 del 1 luglio 2009, Vecchi ed altro, Rv. 245274; Sez. 4, n. 20595 del 12 aprile 2005, Castellani ed altro, Rv. 231370). Come altrettanto pacificamente affermato, la posizione di garanzia del datore di lavoro può venire meno, in presenza di altre figure professionali deputate all'osservanza delle misure poste a salvaguardia della sicurezza sul lavoro, solamente in caso di valida, rigorosa e rituale delega di funzioni, configurandosi altrimenti mero concorso di colpe fra il datore di lavoro e gli altri soggetti (Sez. Un., n. 38343 del 24 aprile 2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261108). Peraltro, l'esistenza di valida delega di funzioni deve sempre essere provata da chi la invoca, trattandosi di causa di esclusione di responsabilità (Sez. 3, n. 14352 del 10 gennaio 2018, Bulfaro, Rv. 272318; Sez. 4, n. 39158 del 18 gennaio 2013, Zugno ed altri, Rv. 256878).
5. Tanto premesso, nel caso odierno l'evento si verificava proprio a causa dell'omessa adozione di quelle misure imposte al datore di lavoro dall'art. 2087 cod.civ., atteso che l'infortunio non si sarebbe realizzato se la botola fosse stata dotata di un idoneo parapetto e di una tavola fermapiede. Correlativamente, come rilevato dalla Corte territoriale, la nomina di un coordinatore per la sicurezza nella fase esecutiva e la presenza di un responsabile dei lavori nel cantiere non possono valere ad escludere la penale responsabilità dell'imputato, non risultando in alcun modo che ad essi siano stati delegati anche obblighi di prevenzione e sorveglianza propri del datore di lavoro.
6. Fondato risulta invece il terzo motivo di ricorso, relativo alla sospensione condizionale della pena. L'omessa applicazione di ufficio della sospensione condizionale della pena, o del beneficio della non menzione della condanna, da parte del giudice d'appello ai sensi dell'art. 597 cod.proc.pen, sollecitato a tal proposito dalla parte interessata, è sindacabile in cassazione per omessa motivazione solo se dedotta con specifico motivo di ricorso (Sez. 1, n. 34661 del 30 giugno 2015, Mandelli, Rv. 264759; Sez. 5, n. 11099 del 29 gennaio 2015, El Baghdadi, Rv. 263271). Nel caso odierno la richiesta della sospensione era stata effettivamente avanzata dinanzi al giudice d'appello, il quale aveva assolutamente taciuto sul punto. Conseguentemente, il ricorrente, con specifico motivo, ha sollevato la questione anche in questa sede.
7. Nel caso in cui l'imputato abbia chiesto con specifico motivo d'appello la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena inflittagli dal giudice di primo grado e il giudice d'appello non abbia preso in considerazione tale richiesta, omettendo qualsiasi motivazione sul punto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, potendo il predetto beneficio essere direttamente disposto dalla Corte di cassazione alle condizioni di legge (Sez. 5, n. 44891 del 24 settembre 2015, Marchi, Rv. 265481; Sez. 5, n. 52292 del 15 novembre 2016, Spinelli, Rv. 268747), dal momento che questa Corte pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all'esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti (Sez. Un., n. 3464 del 30 novembre 2017, Matrone, Rv. 271831).
8. Nel caso odierno, il Collegio ritiene di avere a disposizione tutti gli elementi di fatto necessari per applicare essa stessa il beneficio, dal momento che nella motivazione della sentenza di primo grado si ritrova la dichiarazione della possibilità ed opportunità della concessione della sospensione condizionale, la quale tuttavia non viene poi menzionata nel dispositivo. Nonostante l'imputato non abbia specificamente aggredito tale discrasia con i motivi di appello, e la Corte distrettuale non abbia provveduto a correggerla, è ben possibile che il beneficio venga concesso in questa sede, sussistendone evidentemente i presupposti, come affermato, in definitiva, già in primo grado.
9. Si impone pertanto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, beneficio da applicarsi. Il ricorso va rigettato nel resto, con conseguente 
condanna dell'Imputato al pagamento delle spese processuali nonché delle spese di giudizio sostenute dalle costituite parti civili, liquidate come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'omessa statuizione concernente la sospensione condizionale della pena, sospensione che riconosce. Rigetta nel resto. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio a favore delle parti civili F.I., liquidate in euro duemilacinquecento, oltre accessori come per legge, ed Inail, liquidate in euro duemilacinquecento, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 14 giugno 2018