• Cantiere Temporaneo e Mobile
  • Datore di Lavoro
  • Delega di Funzione

Responsabilità del titolare di un'impresa esecutrice dei lavori e del direttore di cantiere per omicidio colposo ai danni di un lavoratore travolto dal materiale lapideo della muratura del fabbricato.


Gli imputati venivano condannati sia in primo che in secondo grado per non avere provveduto a verificare correttamente le condizioni di conservazione e di stabilità delle strutture da demolire e, di conseguenza, per non aver provveduto ad eseguire le opere di rafforzamento e puntellamelo necessarie ad evitare crolli improvvisi nonchè attuato un apposito programma degli interventi - Sussiste.

Ricorrono in Cassazione - Respinto.

Afferma la Corte:
Il titolare dell'impresa esecutrice delle opere, era responsabile della tutela dell'integrità fisica dei lavoratori, ai sensi del principio generale dettato dall'art. 2087 c.c., anche tenuto conto delle limitate dimensioni dell'impresa.
Nè il conferimento della delega di funzioni ad altro soggetto escludeva di per sè la responsabilità del datore di lavoro nell'ipotesi di omessa verifica e controllo sull'azione del delegato, in relazione ad operazioni contrassegnate da speciale pericolosità, ovvero di scelta impropria del collaboratore.
In altre parole, non era giustificato il comportamento omissivo dell'imprenditore circa la conoscenza delle modalità di esecuzione dell'attività lavorativa in corso, presentante profili di rischio in quanto avente per oggetto la demolizione di parte di un fabbricato e la sua ristrutturazione.
A sua volta, P.L. risulta, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, essere venuto meno, quale direttore del cantiere, ai doveri di costante attuazione di misure di sicurezza nell'ambito delle opere interessanti strutture murarie in stato di fatiscenza e necessitanti di restauro.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VISCONTI Sergio - Presidente -
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere -
Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. BRICCHETTI Renato - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) C.G. N. IL (OMISSIS);
2) P.L. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 30/05/2003 CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. GALBIATI RUGGERO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Stabile Carmine che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito, per le parti civili, l'avv.to Giuseppe Bruno.


FattoDiritto
 
 
1. C.G., quale titolare dell'impresa " (OMISSIS)" esecutrice dei lavori, e P.L., quale direttore del cantiere, venivano tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Aosta per rispondere del reato di omicidio colposo a danno del lavoratore P.C..
In fatto ((OMISSIS)), era avvenuto che, durante i lavori di ristrutturazione di un fabbricato rurale, mentre il lavoratore, sistemato sull'apposito "banchinaggio", era intento ad armare il primo solaio del fabbricato, ad una altezza di circa tre metri dal suolo, eseguendo una scanalatura nel muro senza che fosse stato predisposto alcun accorgimento per garantire la stabilità del muro, veniva travolto dal materiale lapideo della muratura stessa che, crollando, rovinava sopra l'operaio.
Gli imputati erano accusati di non avere provveduto a verificare correttamente le condizioni di conservazione e di stabilità delle strutture da demolire e, di conseguenza, provveduto ad eseguire le opere di rafforzamento e puntellamelo necessarie ad evitare crolli improvvisi nonchè attuato un apposito programma degli interventi.

2. Il Tribunale di Aosta, con sentenza in data 3-5-2000, dichiarava gli imputati colpevoli per il reato ascritto, condannava C. G. alla pena di anni uno mesi due di reclusione e P. L. alla pena di anni due mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento del danno in solido in favore delle parti civili.
3. Gli imputati avanzavano impugnazione.
La Corte di Appello di Torino, con sentenza del 30-5-2003, confermava nel merito la responsabilità dei prevenuti, concedeva ad entrambi le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti all'aggravante, riduceva la pena per C. a mesi sei di reclusione e per P. a mesi otto di reclusione.
Osservava, in ordine alla posizione di P., che era stato accertato che costui non si era curato di dare rigide disposizioni affinchè nessun lavoro concernente i muri venisse eseguito prima che egli stesso si fosse assicurato dell'avvenuto rinforzamento dei muri, resi idonei a sopportare l'esecuzione di altri lavori quali ad esempio la scalanatura.
Ne conseguiva, ad avviso del giudice di appello, che il semplice fatto di avere il P. impartito ordini, ma di non essersi curato tempestivamente della loro osservanza, a fronte di una situazione di pericolosità delle pareti del fabbricato nello stato in cui si trovavano dopo la rimozione del tetto e dei solai con il pericolo costante di un crollo, a maggior ragione nel caso di compimento di opere impegnanti i muri stessi, dimostrava la sussistenza della condotta colposa attribuita al predetto. D'altro canto, la colpevolezza del C. era da farsi risalire alla sua qualifica di datore di lavoro su cui gravavano in primo luogo gli obblighi di tutela antinfortunistica a favore dei lavoratori dipendenti. Sotto detto profilo, la delega di funzioni nel settore della sicurezza attribuita dal primo al P. non poteva ritenersi esimere il delegante dall'obbligo di vigilare costantemente sul delegato in ordine al rispetto di adeguate scelte antinfortunistiche specie in relazione a situazioni di evidente pericolo, e tenuto conto nel caso in esame di una impropria scelta del collaboratore, come dimostrato dall'inadeguato comportamento nell'occorso di costui, tra l'altro fornito di un titolo di studio inidoneo (perito industriale).

4. I prevenuti avanzavano ricorso per cassazione avverso la decisione.
C. si doleva perchè la delega per la prevenzione infortuni da lui conferita al P. era stata, senza ragione, ritenuta inadeguata in relazione soprattutto alla valutazione attuale del comportamento tenuto dal delegato nel caso in esame, mentre ogni delibazione circa la capacità del delegato avrebbe dovuto essere effettuata con giudizio "ex ante".
P.L. censurava la ricostruzione del fatto come effettuata dalla Corte di merito, senza evidenziare il dato emerso incontestabile che egli aveva dato precise disposizioni perchè venissero puntellati i muri.
5. I ricorsi debbono essere respinti perchè infondati.
Si osserva che i giudici di merito hanno manifestato un logico, coerente ed adeguato apparato argomentativo con il quale sono stati in modo ampio evidenziati gli elementi di prova a disposizione, è stata fornita una corretta e ragionevole interpretazione di essi, sono state indicate le specifiche ragioni che hanno indotto a scegliere alcune conclusioni e non altre, sono state date risposte esaustive alle obbiezioni dei difensori.
In particolare, in ordine alla posizione di C., va detto che congruamente i giudici di appello hanno messo in luce che il predetto, in qualità di titolare dell'impresa esecutrice delle opere, era responsabile della tutela dell'integrità fisica dei lavoratori, ai sensi del principio generale dettato dall'art. 2087 c.c., anche tenuto conto delle limitate dimensioni dell'impresa.
Nè il conferimento della delega di funzioni ad altro soggetto escludeva di per sè la responsabilità del datore di lavoro nell'ipotesi di omessa verifica e controllo sull'azione del delegato, in relazione ad operazioni contrassegnate da speciale pericolosità, ovvero di scelta impropria del collaboratore. In altre parole, non era giustificato il comportamento omissivo dell'imprenditore circa la conoscenza delle modalità di esecuzione dell'attività lavorativa in corso, presentante profili di rischio in quanto avente per oggetto la demolizione di parte di un fabbricato e la sua ristrutturazione.
A sua volta, P.L. risulta, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, essere venuto meno, quale direttore del cantiere, ai doveri di costante attuazione di misure di sicurezza nell'ambito delle opere interessanti strutture murarie in stato di fatiscenza e necessitanti di restauro.

6. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali. I ricorrenti vanno pure condannati a rifondere le spese per questo grado in favore delle parti civili.

P.Q.M.
 
 
La Corte di Cassazione Sezione 4^ Penale rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili, che liquida in complessivi Euro 4.400,00 (quattromilaquattrocento/00), oltre spese generali nella misura del 12,5%, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2008