Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 05 ottobre 2018, n. 24583 - Revisione della rendita da infortunio


 

Presidente: D'ANTONIO ENRICA Relatore: MANCINO ROSSANA Data pubblicazione: 05/10/2018

 

 

Rilevato che
1. con sentenza in data 19 settembre 2012 la Corte di appello di Cagliari ha accolto parzialmente l'appello proposto dall'attuale intimato, riconoscendo la maggior rendita per esiti di infortunio nella misura del 20 per cento dal 1° settembre 2010, a seguito di aggravamento, nel 2005, dei postumi dell'infortunio sul lavoro verificatosi in data 6 giugno 1997, per il quale godeva di rendita nella misura del 15 per cento dal 13 settembre 1997;
2. avverso tale sentenza ricorre l'INAIL, con due motivi, cui resiste, con controricorso, S.G.;
 

 

Considerato che
3. l'INAIL denuncia, con i motivi di ricorso, violazione dell'art.83 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per aver ritenuto rilevanti modificazioni delle condizioni , fisiche dell'assicurato, intervenute nel settembre 2010, come riscontrato dall'ausiliare officiato in giudizio, decorso ormai il decennio dall'evento lesivo, decorrente dal 6 giugno 1997; e per aver attribuito rilevanza ad un aggravamento ultradecennale tralasciando di considerare che ormai i postumi dell'infortunio erano da considerarsi consolidati e non più suscettibili di aggravamento;
4. ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso;
5. i commi 1 e 7 dell'art. 83 del d.P.R. n. 1124 del 1965, rispettivamente, prevedono: «La misura della rendita di inabilità può essere riveduta, su domanda del titolare della rendita o per disposizione dell'Istituto assicuratore, in caso di diminuzione o di aumento dell'attitudine al lavoro ed in genere in seguito a modificazione nelle condizioni fisiche del titolare della rendita, purché, quando si tratti di peggioramento, questo sia derivato dall'infortunio che ha dato luogo alla liquidazione della rendita. La rendita può anche essere soppressa nel caso di recupero dell'attitudine al lavoro nei limiti del minimo indennizzabile» nonché: «Trascorso il quarto anno dalla data di costituzione della rendita, la revisione può essere richiesta o disposta solo due volte, la prima alla fine di un triennio e la seconda alla fine del successivo triennio»;
6. con la richiamata disposizione il legislatore ha adottato un modello di protezione assicurativa dal rischio lavorativo non fisso e predeterminato ma dotato di una certa elasticità, tant'è che questa Corte di legittimità ha, in proposito, affermato che il predetto termine di complessivi dieci anni, per la revisione della rendita per infortunio sul lavoro, non è di prescrizione né di decadenza, ma delimita soltanto l'ambito temporale di rilevanza dell'aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell'assicurato che fa sorgere il diritto alla revisione, sicché è ammissibile la proposizione della domanda di revisione oltre il decennio, a condizione che la parte interessata provi che la variazione (in meglio od in peggio) si sia verificata entro il decennio, e purché l'Istituto, entro un anno dalla data di scadenza del decennio dalla costituzione della rendita, comunichi all'interessato l'inizio del relativo procedimento che consente la revisione della prestazione economica della rendita per aggravamento o miglioramento (v., da ultimo, Cass. 22 gennaio 2018, n. 1497 e la giurisprudenza ivi richiamata);
7. il miglioramento, in particolare, può anche derivare da cause extra lavorative ed il sistema non distingue la posizione dell'assicurato da quella dell'Inail, quanto alla facoltà di richiedere l'accertamento di revisione ed alla operatività dei limiti temporali di cui al comma 7 e si fonda sull'implicita operatività di una presunzione assoluta di stabilizzazione dei postumi derivanti dall'infortunio nel periodo massimo di dieci anni che deriva dalla somma dei periodi indicati nel comma 7;
8. il dies a quo del termine di dieci anni previsto dall'art. 83, comma 8, del citato d.P.R. n. 1124 - entro il quale può procedersi, a domanda dell'assicurato o per disposizione dell'Istituto, alla revisione della rendita - è costituito dalla data di maturazione del diritto alla prestazione, e non già da quella del provvedimento di liquidazione o di inizio della materiale corresponsione della rendita, posto che l'atto formale ha natura meramente dichiarativa e ricognitiva (v., Cass. n. 1497 del 2018 ed i precedenti ivi richiamati);
9. nel caso di specie, dalla incontestata scansione temporale emerge che in seguito all'infortunio del 6 giugno 1997 all'assistito fu riconosciuta, da settembre 1997, una rendita fondata sull'accertamento del 15 per cento di inabilità e, dunque, il decennio dalla costituzione della rendita si è concluso nel settembre 2007, per cui la regola di stabilizzazione dei postumi impedisce di poter attribuire rilevanza agli aggravamenti riscontrati dall'ausiliare officiato in giudizio da epoca successiva (settembre 2010);
10. la sentenza, che non si è uniformata ai predetti principi va, pertanto, cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda;
11. l'esito alterno dei giudizi di merito consiglia la compensazione delle spese delle fasi di merito;
12. le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, non sussistendo le condizioni previste dall'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo applicabile ratione temporìs, per l'esonero dal pagamento delle spese.
 

 

P.Q.M.

 


La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda; compensa le spese dei gradi di merito, condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso nella Adunanza camerale del 19 aprile 2018