Cassazione Civile, Sez. Lav., 09 novembre 2018, n. 28754 - Infortunio sul lavoro: pronuncia sulla risarcibilità del danno


 

 

Presidente: MANNA ANTONIO Relatore: LEO GIUSEPPINA Data pubblicazione: 09/11/2018

 




Rilevato
che, con sentenza depositata in data 9.8.2012, la Corte di Appello di Perugia ha respinto il gravame interposto da G.M., nei confronti della Società Agricola Agritosti S.S. (già Azienda Agricola E.A. e T.G s.s.) e della Milano Assicurazioni S.p.A., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda del lavoratore volta ad ottenere la condanna della società al risarcimento dei danni morale, esistenziale e da perdita di chances asseritamente derivati dal dedotto grave infortunio sul lavoro occorsogli;
che per la cassazione della sentenza ricorre il G.M. articolando tre motivi;
che la Società Agricola Agritosti S.S. e la Milano Assicurazioni S.p.A. hanno resistito con controricorso;
che il G.M. e la Unipolsai Assicurazioni S.p.A., quale incorporante di Milano Assicurazioni S.p.A., hanno depositato memorie; che il P.G. non ha formulato richieste;
 

 

Considerato
che va, innanzitutto, rigettata l'eccezione di inammissibilità del controricorso per nullità della procura, sollevata dalla parte ricorrente (che, pur in carenza di specificazione in merito, sembra riferita al controricorso della società), in quanto ritualmente conferita al procuratore speciale, avv. G.Z., dal legale rappresentante della società, la cui firma è stata sottoscritta, per autentica, dal procuratore speciale;
che con il ricorso si censura: 1) la omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., rappresentato dalle lesioni subite dal ricorrente; In particolare, si lamenta che, avendo il C.t.u. <<affermato che le lesioni subite dal G.M. sono compatibili con entrambe le ricostruzioni rese dalle parti, abbia lasciato al giudice la decisione su quale delle due fosse quella corrispondente al vero>>, e che la Corte distrettuale abbia omesso di motivare circa le risultanze mediche che riportano la presenza di lesioni al bacino, sia nella parte destra che in quella sinistra, su cui era stata espressamente sollecitata l'attenzione dei giudici di merito; 2) la violazione degli artt. 2729 c.c. e 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. e si deduce che la parte resistente avrebbe fornito versioni diverse in ogni sede in cui le è stato richiesto di descrivere l'episodio di cui si tratta e che tale difformità di versioni avrebbe dovuto trovare ben diversa valutazione da parte dei giudici di merito, specie in applicazione del disposto dell'art. 116 c.p.c.; ed altresì che i testi B. e T. sarebbero inattendibili, in quanto avrebbero reso al giudice di primo grado dichiarazioni contrastanti con quelle fornite agli ispettori del lavoro; 3) la violazione o falsa applicazione degli artt. 2087 e 2730 c.c.; 112 e 115 c.p.c. in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., e si lamenta che la Corte di merito avrebbe errato nel negare il diritto del ricorrente al risarcimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro ed avrebbe erroneamente ritenuto che <<la decisione di accoglimento può basarsi soltanto sulla dimostrazione di rispondenza al vero della prospettazione di parte attrice, altrimenti cambierebbe il titolo del diritto invocato>; al riguardo, il ricorrente sottolinea che oggetto della domanda è il risarcimento del danno non patrimoniale a seguito di un infortunio sul lavoro e che, in ogni caso, il giudizio ha permesso di accertare che un infortunio sul lavoro si è verificato, in quanto è fuori dubbio che egli si trovasse sul luogo di lavoro e stesse seguendo le direttive del datore; che anche la versione dei fatti allegata dalla resistente è compatibile con l'attività di lavoro svolto dal ricorrente; che le circostanze dell'evento lesivo ad opera del cavallo che il lavoratore ed il datore di lavoro stavano accudendo, pur non dedotte dal ricorrente, sono state positivamente introdotte nel giudizio ad opera del resistente e costituiscono allegazioni di parte che il giudice può porre a base del proprio convincimento; che i primi due motivi non possono essere accolti, perché chiaramente orientati ad ottenere un nuovo esame del merito, precluso in questa sede; ed invero, in ordine al dedotto vizio di motivazione, va ribadito che i difetti di omissione e di insufficienza della motivazione sono configurabii solo quando, dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza oggetto del giudizio, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando si evinca l'obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poiché, In quest'ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimenti dello stesso giudice di merito finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014). E, nel caso di specie, le doglianze articolate dalla parte ricorrente come vizio di motivazione appaiono Inidonee a scalfire la coerenza della sentenza sotto il profilo dell'iter logico-giuridico;
che, per quanto più in particolare attiene alla dedotta violazione dell'art. 2729 c.c., va sottolineato, alla stregua del costanti arresti giurisprudenziali di legittimità, che <<nella prova per presunzioni semplici il giudice del merito per giungere alla conclusione della sussistenza del fatto Ignoto è investito del più ampio potere discrezionale nella scelta degli elementi che ritiene maggiormente attendibili e meglio rispondenti all'accertamento del fatto e nella valutazione della loro gravità e concludenza>> e, pertanto, <<è evidente che anche un solo fatto, qualora presenti i requisiti della gravità e precisione, può essere idoneo per una tale deduzione e costituire, quindi, la fonte della presunzlone>> (cfr., tra le molte, Cass. nn. 2082/2014; 6556/1995); e, dal percorso motivazionale della sentenza Impugnata emerge che i giudici di secondo grado abbiano fatto corretta applicazione di tali principi;
che il terzo motivo è fondato; ed invero non è condivisibile la decisione della Corte di Appello laddove afferma che <<è inammissibile quanto sostenuto dall'appellante, vale a dire che, comunque, anche se i fatti si fossero svolti come narrato dal titolare dell'azienda agraria, si tratterebbe pur sempre di incidente sul lavoro ed egli avrebbe diritto al risarcimento. La decisione di accoglimento può basarsi soltanto sulla dimostrazione di rispondenza al vero della prospettazione di parte attrice, altrimenti cambierebbe il titolo del diritto invocato>>, poiché, nella fattispecie, il thema probandum non è cambiato, in quanto attiene sempre al richiesto risarcimento del danno differenziale derivante dall'Infortunio sul lavoro occorso al G.M., in ordine al quale anche i fatti storici introdotti in giudizio dal datore di lavoro risultano significativi;
che nel caso in esame non si versa in una ipotesi di mutatio libelli, ma di semplice emendatio libelli, poiché non si richiede di fondare la decisione su un fatto storico diverso da quello dedotto dalla parte ricorrente, In quanto lo stesso è stato ritualmente acquisito In giudizio e la domanda non ha ad oggetto l'attribuzione di un bene diverso da quello inizialmente richiesto (cfr., tra le molte, Cass. n. 2209/2016), attenendo sempre, come innanzi evidenziato, al risarcimento del danno differenziale quale conseguenza di un Infortunio sul lavoro, altresì confermato, seppure con diverse modalità di attuazione, dalla parte datoriale; quest'ultima, infatti, ha ammesso che, il 24.3.2004, il lavoratore ha avuto un infortunio mentre lavorava all'Interno dell'azienda presso la quale prestava la propria opera, introducendo una diversa dinamica dell'Incidente, divenuta allegazione di parte, che il giudice può porre a fondamento del proprio convincimento in virtù del disposto dell'art. 115 c.p.c.;
che, fatte queste premesse, la Corte di Appello avrebbe dovuto pronunciarsi in ordine alla risarcibilità del danno derivato dall'Infortunio di cui si tratta, valutando se fossero state adottate, da parte del datore di lavoro, tutte le misure atte ad evitare l'evento o se, nonostante la predisposizione delle stesse, il lavoratore avesse posto in essere comportamenti idonei a mettere in pericolo la propria incolumità; che, pertanto, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto - respinti gli altri -, con rinvio, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Firenze, perché si pronunci in ordine alla risarcibilità del danno. 
 

 

P.Q.M.

 


Accoglie il terzo motivo; rigetta il primo ed rinvia, in relazione al motivo accolto, alla Corte di Appello di Firenze anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.
Così deciso nella Adunanza camerale del 24 ottobre 2017