Categoria: Cassazione penale
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  • Appalto e Contratto d'opera
  • Datore di Lavoro
 
Responsabilità del legale rappresentante di una s.a.s per non aver coordinato le attività all'interno del cantiere in cui moriva l'operaio S. a seguito del crollo di parte del soffitto -  Sussiste.

Ricorre in Cassazione - Respinto.
 
La Corte afferma che "la coordinazione tra le imprese specificamente imposta dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 2, proprio in vista della programmazione e dell'attuazione degli "interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori", al fine di eliminare quelli dovuti alle interferenze tra le diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento mortale. E il giudice a quo che ha affermato la responsabilità del prevenuto muovendosi in tale prospettiva non ha fatto malgoverno nè della normativa antinfortunistica richiamata, nè degli esiti della compiuta istruttoria."
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giusepp - Presidente -
Dott. LICARI Carlo - Consigliere -
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) B.G. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 06/07/2006 CORTE APPELLO di VENEZIA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. AMENDOLA ADELAIDE;
Udito il Procuratore generale, in persona del Dott. Vincenzo Geraci, che ha chiesto alla Corte di dichiarare il ricorso inammissibile;
Udito il difensore dell'imputato, avvocato Campanelli Giuseppe, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

FattoDiritto

1.1 Con sentenza del 21 gennaio 2005 il Tribunale di Padova dichiarava B.G. responsabile in concorso con altri due imputati del reato di omicidio colposo commesso in (OMISSIS), con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in danno di S.C., condannandolo, previo riconoscimento delle attenuati generiche nonchè di quella di cui all'art. 62 c.p., n. 6, con giudizio di equivalenza alla contestata aggravante, a pena ritenuta di giustizia.

Il B. era stato tratto a giudizio, insieme a D.R. A. e a T.M., con l'accusa di avere cagionato la morte dell'operaio S.C., dipendente dell'impresa di cui erano titolari gli altri due prevenuti: quale profilo di colpa specifica gli era stato contestata la violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 8, comma 1D.P.R. n. 547 del 1955, art. 11D.P.R. n. 164 del 1956, art. 75 comma 1, per avere omesso, nella sua qualità di legale rappresentante della società Isolcasa s.a.s., di coordinare le attività in corso all'interno del cantiere in cui operava il S., e di valutare i rischi connessi all'esecuzione dei lavori di taglio del solaio.
Era così accaduto che il predetto lavoratore, intento ad operazioni di pulizia in un locale sottostante a quello ove si procedeva alle predette demolizioni, era stato travolto dal crollo di una parte del soffitto, riportando lesioni che ne avevano determinato il decesso.

Proposto gravame, la Corte d'appello di Venezia, in parziale riforma della impugnata sentenza, riconosciuta la prevalenza delle attenuanti, rideterminava la pena inflitta al B..
In motivazione osservava il giudicante, per quanto qui interessa, che, anche accedendo alla tesi difensiva dell'imputato, secondo cui l'oggetto dell'obbligazione da lui assunta in subappalto era esclusivamente quella di provvedere al taglio dei pavimenti; che egli aveva a tal fine inviato una macchina idonea e R.M., un dipendente esperto; che l'utilizzazione di entrambi nel taglio del solaio era dipesa da una estemporanea iniziativa del T., l'affermazione della responsabilità dell'impugnante resisteva alle critiche formulate nell'atto di appello, posto che, dovendo l'attività del R. necessariamente inserirsi in un contesto più ampio, caratterizzato dall'interazione tra vari operatori, l'imputato non avrebbe dovuto disporre l'esecuzione dell'opera, senza che prima avesse avuto luogo la riunione di coordinamento imposta dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 2.
Nè poteva ritenersi scriminante la circostanza che il dipendente e il macchinario erano stati dal B. inviati sulla base di un semplice fax, atteso che, al contrario, spettava all'imputato verificare il complesso logistico in cui il lavoro del suo dipendente sarebbe andato ad inserirsi, attraverso gli opportuni contatti col direttore dei lavori, con il coordinatore per l'esecuzione e con l'appaltatore subappaltante.
Secondo il decidente all'imputato andava altresì rimproverato di avere del tutto omesso di dare istruzioni o direttive, specifiche o generali, al dipendente su come comportarsi qualora avesse ricevuto sul posto, come era nella fattispecie accaduto, istruzioni e richieste da parte di altra persona niente affatto estranea al contesto lavorativo di riferimento, anzi dominus dello stesso.
Di guisa che l'imputato sarebbe andato esente da responsabilità solo ove avesse dimostrato di avere ottemperato a quest'obbligo, non ravvisandosi alcun vuoto nell'organizzazione imprenditoriale casualmente connessa all'evento.
Rilevava infine il giudice a quo che la richiesta di procedere al taglio del solaio, oltre che del pavimento, rivolta al R. dal T. non si prestava ad essere qualificata come abnorme, perchè rientrante in una tipologia o in un genere analoghi a quello del quale il dipendente del B. era stato incaricato, di modo che, anche sotto questo riguardo la responsabilità del prevenuto non poteva essere esclusa.
 
1.2 Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione B. G., chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

- violazione ed errata applicazione degli artt. 589 e 40 cod. pen., del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 8, comma 1D.P.R. n. 547 del 1955, art. 11D.P.R. n. 164 del 1956, art. 75 , mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, per avere la Corte d'appello ritenuto che egli avesse omesso di impartire direttive specifiche all'operaio R.M., suo dipendente, e quindi di vigilarne l'operato, svolgendo la necessaria opera di coordinazione con le altre imprese operanti nel cantiere, laddove gli obblighi gravanti sul datore di lavoro, al fine di impedire condotte rischiose del dipendente non esigerebbe affatto un controllo continuo sull'esecuzione della prestazione, nè il dovere di affiancare un preposto ad ogni lavoratore impegnato in mansioni che richiedono l'attività di una sola persona.
Ripercorsi i momenti essenziali dell'intera vicenda, torna a ribadire il ricorrente che l'impegno da lui assunto col contratto di subappalto era esclusivamente quello di tagliare il pavimento (e cioè di svolgere un lavoro del tutto routinario ed esente da qualsivoglia profilo di pericolosità), e che la destinazione dell'operaio e del macchinario al taglio del solaio era avvenuta a sua insaputa, a seguito delle pressanti richieste del T., il quale aveva vinto le resistenze manifestate dal dipendente.
- violazione degli artt. 589 e 41 cod. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per non avere la Corte d'appello considerato che il nesso causale tra le pretese omissioni del B. e l'evento lesivo si era interrotto in conseguenza del fatto sopravvenuto del terzo, unica causa dell'evento.
E invero, considerato che il taglio del solaio esulava totalmente dall'oggetto del contratto di subappalto e non era assolutamente previsto, l'ordine del terzo non poteva considerarsi un fatto intraneo al processo produttivo, ponendo in essere una serie causale del tutto autonoma.
 
2.1 Le censure sono infondate.
 
Il nucleo argomentativo centrale intorno al quale ruotano le doglianze è l'assunto secondo cui la precisa delimitazione dell'attività affidata, nella realizzazione dell'opera complessiva, all'impresa del B. rendeva inutile e defatigatorio farne precedere l'esecuzione da quelle riunioni di coordinamento e da quelle intese tra gli imprenditori a vario titolo operanti sullo stesso cantiere, previste dalla normativa antinfortunistica la cui violazione è stata contestata al prevenuto come profilo di colpa specifica. Precipitato logico di tale impostazione è poi la rappresentazione dell'infortunio mortale verificatosi come evento imprevedibile e inevitabile, frutto di una serie causale autonoma e da sola sufficiente a determinarlo.
La fragilità di siffatta linea difensiva - già prospettata nel giudizio di merito e disattesa dal decidente con argomentazioni corrette sul piano logico e giuridico e ampiamente condivisibili - emerge a sol considerare che l'interruzione del nesso eziologico tra le omissioni ascritte al prevenuto e l'evento verificatosi è l'assunto che è necessario dimostrare; assunto che non può essere l'esito di un sillogismo di carattere puramente assertivo e di una qualificazione astratta di inutilità degli obblighi imposti dalla normativa antinfortunistica al datore di lavoro.
In realtà, l'approccio volto a rappresentare la pretesa eccezionalità della adibizione del R. al taglio del soffitto, piuttosto che del solo pavimento, è insostenibile in ragione, da un lato, della contiguità tra tali operazioni, non a caso suscettibili di essere realizzate con l'impiego dello stesso macchinario;
dall'altro, della concreta prevedibilità che si decidesse di procedervi in un unico contesto, essendo noto anche al B. che entrambe rientravano tra i lavori da eseguire nel cantiere nel quale il suo dipendente andava ad operare.
E allora di tutta evidenza che la coordinazione tra le imprese specificamente imposta dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 2, proprio in vista della programmazione e dell'attuazione degli "interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori", al fine di eliminare quelli dovuti alle interferenze tra le diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento mortale.
E il giudice a quo che ha affermato la responsabilità del prevenuto muovendosi in tale prospettiva non ha fatto malgoverno nè della normativa antinfortunistica richiamata, nè degli esiti della compiuta istruttoria.
Non può invero sfuggire che l'insufficienza di mere intese verbali e telefoniche tra datori di lavoro impegnati nella realizzazione di un'opera complessa, è valutazione oggetto di una presunzione operata direttamente dal legislatore, che non a caso esige il ben più pregnante coinvolgimento previsto dalla disposizione la cui violazione è stata ascritta al prevenuto.
Il ricorso deve conseguentemente essere rigettato.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
 
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quarta Penale, il 8 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2008