Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 27 dicembre 2018, n. 58259 - Caduta dall'alto durante i lavori di manutenzione dell'impianto elettrico dell'ospedale. Mancanza del necessario trabattello


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 29/11/2018

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 5.02.2018 la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, del Tribunale di Benevento dichiarava non doversi procedere nei confronti di S.S. per essere il reato di cui all'alt. 590 comma III e V cod.pen., commesso in Benevento il 3.09.2008, estinto per intervenuta prescrizione; confermava le statuizioni civili. L'imputazione riguardava l'aver, quale amministratore unico della C.I.E.C s.r.l. esercente costruzioni e manutenzioni di impianti elettrici civili ed industriali, per colpa consistita nella violazione dell'art. 122 D.lvo 81/08, non avendo adottato adeguate impalcature e ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzionali atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone o cose, cagionato lesioni personali gravi al dipendente DT. che stava lavorando ad un'altezza di mt 3 per la manutenzione dell'impianto elettrico dell'ospedale Fatebenefratelli e che nel tirare fuori un cavo perdeva l'equilibrio e cadeva al suolo.
2. L'infortunio secondo la ricostruzione della Corte territoriale avveniva secondo le seguenti modalità: presso l'Ospedale" Fatebenefratelli" di Benevento il DT. stava operando quale dipendete della C.I.E.C s.r.l. per collegare i fili tra le cassette elettriche poste ad un'altezza di due metri e novanta dal suolo ed eseguiva tali mansioni stando su uno scaletto avente un' altezza di circa un metro e mezzo dal suolo; mentre era intento a far passare i fili elettrici da una cassetta all'altra, unitamente ad un altro collega posizionato su un altro scaletto, è precipitato al suolo, in quanto ha perso l'equilibrio per una sorta di rimbalzo provocato dalla spinta verso l'esterno dei fili stessi. La Corte territoriale, riprendendo ed integrando le argomentazioni dei giudici di primo grado, riteneva la responsabilità dell' imputato sulla base delle seguenti condotte di colpa generica e specifica -.risultava accertato, secondo quanto riferito dal funzionario della Asl, che aveva ispezionato il luogo di lavoro, che per quella tipologia di operazioni era necessario il trabattello e non lo scaletto che è inidoneo a garantire un' adeguata sicurezza al lavoratore in caso di perdita di equilibro, anche perché nel caso specifico si trattava di un lavoro in quota e non c'erano altri appigli per potersi riparare dalle cadute ( fol 3 );ha riconosciuto pertanto all'imputato datore di lavoro un ruolo di garanzia da cui scaturiva l'obbligo della predisposizione e del controllo delle misure di sicurezza dei lavoratori dipendenti.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato.
3.1 Con il primo motivo ha lamentato la violazione di legge in relazione all'insussistenza della fattispecie delittuosa, all'omessa motivazione e al travisamento dei fatti. In particolare ha dedotto che non risulta provato che il datore di lavoro non avesse dato disposizioni di usare il trabattello e che era il responsabile dei lavori DA. a dover garantire che fosse usata l'attrezzatura idonea allo svolgimento dell'attività lavorativa e che pertanto il datore di lavoro doveva essere esentato da qualsiasi responsabilità.
3.2 Con il secondo motivo deduce violazione di legge e omessa motivazione oltre che travisamento dei fatti in merito agli obblighi cautelari specifici gravanti in capo al dipendente, che aveva a disposizione il trabattello e non lo ha usato, contravvenendo agli ordini impartiti alla presenza del responsabile dei lavori.
3.3 Con il terzo motivo ha lamentato violazione di legge e illogicità della motivazione in riferimento all'art. 122 D.lgs n.81/2008, non potendosi ritenere che il lavoro svolto dal dipendente fosse un lavoro in quota in quanto era in continuo movimento e si spostava da una stanza all'altra dell'ospedale.
 

 

Diritto

 


1.Il ricorso è inammissibile.
l.1. Va premesso che siamo di fronte sostanzialmente ad una doppia pronuncia conforme di affermazione di responsabilità e che quindi le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove, come nel caso della sentenza impugnata, i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscono una sola entità (Sez.2 n.1309 del 22 novembre 1993 rv. 197250; Sez.3, n. 13926 10 dicembre 2011. rv 252615).
2. Il primo e il terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili perché il ricorrente tenta di offrire una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti che non si confrontano con le argomentazioni della Corte territoriale e il materiale probatorio raccolto nei due gradi di giudizio. Tra l'altro il motivo riguardante la posizione di garanzia, quale responsabile dei lavori di cantiere che avrebbe assunto il DA., addotto nelle fasi dibattimentali quale teste di difesa, e il conseguente prospettato esonero di responsabilità in capo al l'imputato si pone come doglianza nuova rispetto ai motivi di appello.
La giurisprudenza ha affermato che- l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. ex multis Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999,Spina, Rv. 214794).
Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma L, lett. e) cod. proc. pen., il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542). Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. I giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Se questa, dunque, è la prospettiva ermeneutica cui è tenuta questa Suprema Corte, le censure che il ricorrente rivolge al provvedimento impugnato si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d'Appello alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva.
2.1. I giudici del gravame di merito con motivazione specifica, coerente e logica hanno, infatti, dato conto, rispetto in relazione al profilo del datore di lavoro titolare della posizione di garanzia, delle gravi carenze rispetto alla normativa prevenzionale in materia di sicurezza del lavoro e di gestione del rischio, in quanto trattandosi di lavori riguardanti la manutenzione delle cassette elettriche collocate a tre metri dal suolo era necessario l'uso del trabattello, ossia di un'attrezzatura automontante, munita di ruote, apposito parapetto protettivo e scaletta interna ( fol 7 sentenza primo grado); lo stesso responsabile dei lavori DA., sentito quale teste, ha dichiarato che generalmente la Ditta utilizzava il trabattello ma che il lavoro svolto dal DT. richiedeva quel giorno una permanenza di pochi minuti. Non è superfluo evidenziare pertanto che non siamo di fronte ad obblighi in materia antinfortunistica che riguardano le precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, o l'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine (così la condivisibile Sez. 3, n. 12228 del 25/2/2015, Cicuta, Rv. 262757) ma dinanzi ad infortunio subito dal lavoratore che si collega causalmente ad una colpevole omissione del titolare della posizione di garanzia ricoperta dall'imputato per la mancata adozione e assoluta l’inadeguatezza delle misura precauzionale richiesta dalle normative di sicurezza e tra l'altro immediatamente percepibile senza particolari indagini (cfr. Sez. 4, n. 10608 del 4/12/2012 dep. il 2013, Bracci, Rv. 255282). Il dettato dell'art. 122 D.lgs 81/2008, come rilevato dai Giudici di merito ( fol 5 sentenza primo grado) è chiaro e vincolante per il datore di lavoro perché impone che per i lavori da eseguirsi ad un'altezza superiore a metri 2 devono essere adottate adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni volte ad eliminare il pericolo di caduta di persone o di cose e sicuramente tale non era lo scaletto che aveva a disposizione il lavoratore; mentre dalla ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado e richiamata dalla Corte territoriale non risulta affatto provata la circostanza, peraltro ininfluente, che il lavoratore abbia utilizzato lo scaletto per pochi minuti e risulta invece provato che il DA., responsabile del cantiere, al momento dell'infortunio, era in un altro vano e quindi non è stato coerentemente ritenuto fonte attendibile per riferire sulla dinamica dell'incidente (fol 6 sentenza primo grado e fol 4 sentenza impugnata) né sulle esatte direttive impartite dal datore di lavoro, tanto più che anche l'altro lavoratore che operava in corrispondenza del DT. all'altra cassetta elettrica aveva utilizzato lo scaletto.
3. Il secondo motivo attinente alla interruzione del nesso di condizionamento a causa del comportamento imprudente del lavoratore che avrebbe dovuto utilizzare di sua iniziativa il trabattello è manifestamente infondato. Sul punto sono note le sentenze di questa Sezione (Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison, Rv. 254094) e delle Sezioni Unite (Sez. U. n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn) nelle quali si sono affrontati e delineati i principi che attengono al comportamento del lavoratore che interrompe il nesso di causalità tra l’azione o l’omissione del datore di lavoro e l’evento; sarà sufficiente pertanto un richiamo a dette pronunce per ribadire che va considerata interruttiva del nesso di condizionamento la condotta del lavoratore che si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è «interruttivo» non perché «eccezionale» ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare.
In tema di rapporto di causalità, ai sensi dell’art. 41,terzo comma, cod.pen., il nesso di causa non resta escluso dal fatto altrui, cioè quando l’evento è dovuto anche all’imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch’esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali (Sez. 4, n. 31679 del 08/06/2010, Rigotti, Rv. 248113), a meno che tale comportamento non sia qualificabile come concausa qualificata, capace di assumere di per sé rilievo dirimente nella spiegazione del processo causale e nella determinazione dell'evento.
La giurisprudenza di legittimità è, infatti, ferma nel sostenere che non possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l’infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (Sez.4, n. 22044 del 2/05/2012, Goracci, n.m.; Sez.4, n. 16888,del 07/02/2012,Pugliese, Rv. 252373;Sez.4, n.21511, del 5/04/2010, DeVita, n m.). Le disposizioni antinfortunistiche perseguono, infatti, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l’area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez.4, n. 4114 del 13/01/2011, n. 4114, Galante, n.m.; Sez. F, n. 32357 del 12/08/2010, Mazzei, Rv. 2479962).
La Corte distrettuale e il giudice di prime cure ha fatto corretta e coerente applicazione dei principi giuridici sopra esposti ritenendo e argomentando (fol.7 sentenza di primo grado ) che il comportamento del DT., non ha interrotto il nesso di causalità con l'evento lesivo, che è stato determinato dalle omissioni delle doverose misure di prevenzione, consistite nel caso di specie nella mancata realizzazione di una necessaria misura di sicurezza, l'utilizzo del trabattello, in relazione alla specificità del lavoro richiesto e ai rischi di caduta connessi alla perdita di equilibrio.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 a favore della Cassa delle ammende.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 29.11.2018