Cassazione Penale, Sez. 4, 21 dicembre 2018, n. 57930 - Caduta di un pesante armadio elettrico durante la movimentazione sul carrello da parte di un lavoratore slovacco appena assunto, non formato nè addestrato


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: NARDIN MAURA Data Udienza: 03/07/2018

 

 

 

Fatto

 


1. Con sentenza del 20 settembre 2017 la Corte di Appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Udine con cui E.F. è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 590, commi 1A e cod. pen. e condannato alla pena ritenuta di giustizia, per avere causato- nella sua qualità di procuratore speciale della STASIM TECNICA s.r.l., società appaltatrice dalla SIAT s.p.a, dei lavori di movimentazione di impianti dismessi presso l'area di stoccaggio della divisione PITTARC- lesioni personali gravi (frattura del femore destro) a L.P., dipendente della SIAT. Questi veniva, infatti, investito dalla caduta di un armadio elettrico, del peso di circa 150/200 kg, durante la sua movimentazione su un carrello con forche, condotto dall'operaio S.Z., dipendente della STASIM TECNICA, che aveva omesso di assicurarlo al mezzo e che, trasportandolo in verticale, aveva occluso a sé stesso la visuale. La modalità di trasporto procurava la rovina dell'oggetto, nel momento in cui, a causa della presenza di una buca sul terreno non cementato e fangoso, il L.P., dopo aver tenuto il carico una mano, per segnalare la necessità di fissarlo, l'aveva lasciato. Al E.F. venivano addebitate le seguenti condotte: non avere provveduto a scegliere ed a mettere a disposizione dei lavoratori mezzi di sollevamento e trasporto, adeguati quanto alla sicurezza, alla natura, alla forma ed al volume dei carichi di sollevamento ai quali erano destinati, nonché alle condizioni del terreno su cui detti mezzi operavano; non aver assicurato ai lavoratori incaricati una formazione adeguata e specifica, tale da consentire l'uso dei carrelli elevatori in modo idoneo e sicuro, nonché non avere fatto frequentare a S.Z., di nazionalità slovacca ed appena assunto, apposito corso di formazione, e ciò senza comunicare, nell'ambito della cooperazione e coordinamento con la SIAT s.p.a. in ossequio al dettato dell'art. 26 del d.lgs. n.81/2008, la presenza di maestranze straniere, nonché il loro grado di conoscenza della lingua; ed infine, non avere collocato, evidenziato e segnalato le aree percorse da uomini e mezzi, pur se adibite a stoccaggio, in modo che i pedoni ed i veicoli potessero utilizzarle in piena sicurezza affinché i lavoratori operanti nelle vicinanze di siffatte vie di circolazione non corressero alcun pericolo.
2. La sentenza della Corte di appello, in parziale riforma di quella di primo grado, ha escluso la responsabilità del responsabile della SIAT s.p.a., O.B., riconoscendo che il medesimo aveva, in qualità di responsabile per impresa appaltante, predisposto il DUVRI (documento unico di valutazione dei rischi interferenziali), sottoscritto dall'impresa appaltatrice, nel quale erano previsti i rischi derivanti dal transito di mezzi di trasporto, con indicazione della misura di tutela e coordinamento e con la precisazione dell'onere dell'impresa appaltatrice di impiegare personale con adeguata capacità professionale, opportunamente informato ed addestrato anche sull'uso corretto delle macchine e delle attrezzature utilizzate, nonché sulle misure di prevenzione e protezione, sicché nulla si poteva rimproverargli.
3. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, OMISSIS, affidandolo a due motivi.
4. Con il primo fa valere, ex art. 606, primo comma, lett. b) la violazione della legge penale, con riferimento all'art. 20 d.lgs. n. 81/2008 e dell'art. 2104 cod. civ., nonché il vizio di motivazione, per non avere la Corte di appello tenuto in considerazione le violazioni poste in essere dal lavoratore infortunato, dipendente della SIAT s.p.a, il quale si era ingerito nelle lavorazioni affidate alla STASIM TECNICA s.r.l., nell'area di cantiere in cui quest'ultima operava, ben distinta da quella ove egli avrebbe operare, dirigendo l'attività lavorativa di un lavoratore, dipendente di altra impresa, che non era suo sottoposto (condotta per la quale il L.P. era stato sanzionato dalla SIAT s.p.a), senza prendersi cura, a mente dell'art. 20 del d.lgs. 81/2008, della propria salute e sicurezza, senza opporre, di fronte alla situazione di pericolo, il rifiuto della prestazione lavorativa, prediligendo la scelta più pericolosa, senza far, al contrario, sospendere le operazioni, in violazione, peraltro, dell'art. 2104 cod. civ., norma che delinea la diligenza richiesta al lavoratore subordinato. Osserva che la condotta del L.P.- posta in essere in violazione delle più elementari norma di sicurezza, nella consapevolezza del pericolo, con indebita ingerenza nell'altrui attività -ha introdotto una serie causale autonoma idonea ad interrompere il nesso eziologico fra la condotta addebitata all'imputato e l'evento. Rileva come siffatto comportamento abnorme sia stato ignorato dalla Corte territoriale, che ha preferito non affrontare il tema dell'implicazione nella causazione dell'evento dei comportamenti doverosi cui l'infortunato era tenuto, non affrontando neppure l'omissione della dovuta collaborazione con il datore di lavoro, imposta dall'art. 20, comma 2A d.lgs. 81/2008 e dall'art. 2104 cod. civ., finendo così per violare l'obbligo di assicurare alla decisione una completa, logica e non contraddittoria motivazione.
5. Con il secondo motivo lamenta la violazione della legge penale per erronea applicazione dell'art. 62 bis cod. pen. ed il vizio di motivazione per non avere il giudice di secondo grado concesso le attenuanti generiche, motivando il diniego con una clausola di stile, senza tenere in considerazione il comportamento negligente del L.P., certamente concorrente nella causazione dell'evento, né il giudizio prognostico favorevole formulato dal giudice di primo grado in ordine all'astensione dalla futura commissione di ulteriori reati, che avrebbe dovuto condurre alla concessione della diminuente richiesta. 
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso va rigettato
2. La censura formulata dall'imputato si concentra sull'abnormità del comportamento della persona offesa, dipendente della SIAT s.p.a., che ingerendosi nelle lavorazioni appaltate, all'interno di un'area diversa da quella ove avrebbe dovuto operare, anziché astenersi di fronte all'evidente pericolo costituito dal pesante carico posto sul muletto condotto da S.Z. e non assicurato al mezzo, l'avrebbe trattenuto, per poi lasciarlo, così venendo colpito dalla sua caduta. Siffatta condotta, posta in essere in violazione dell'obbligo di cui all'art. 20 del d.lgs. 81/2008, che impone al lavoratore di prendersi cura della propria salute e sicurezza, avrebbe, infatti, introdotto una serie causale autonoma, interruttiva del nesso causale fra la condotta addebitata al E.F. e l'evento.
3. Si tratta di una doglianza infondata. Escluso ogni riferimento ad altrui responsabilità in ordine rischio interferenziale, rispetto alla cui ritenuta insussistenza il ricorrente di nulla si duole, va rilevato che la sentenza impugnata nell'affermare l'esclusiva responsabilità dell'appaltatore, precisa, innanzitutto, che nell'occasione il L.P., preposto alla sicurezza della SIAT, impresa committente dei lavori affidati alla STASIM TECNICA, si trovava nell'area in cui è intervenuto il sinistro proprio per indicare all'operaio della STASIM il luogo ove doveva essere depositato il materiale da movimentare. Indi, chiarisce che il L.P., avvedutosi del fatto che S.Z., dipendente della STASIM, nel caricare il pesante quadro elettrico, non lo aveva assicurato alle forche, glielo fece notare, e poiché l'operaio non comprendeva bene l'italiano, insieme con B.DC. (assolto in primo grado) cercò di spiegarsi a gesti, toccando il carico ed allontanandosi successivamente dal raggio di azione del muletto. Ciononostante, mentre si trovava di schiena si accorse che il muletto procedeva nella sua direzione, e si vide, improvvisamente, cadere addosso il carico. Si tratta di un accertamento che nella sua oggettività non viene messo in dubbio, non essendo stato sollevato alcun profilo di vizio motivazionale in ordine alla ricostruzione dei fatti.
4. Non si obietta da parte del ricorrente che nell'occasione egli avesse assunto la veste gestore (o quanto meno co-gestore) del rischio connesso rispetto alle lavorazioni eseguite nell'area del cantiere ove operava la STASIM. Né viene messo in discussione che egli fosse tenuto all'osservanza degli obblighi previsti dall'art. 26, comma 2A, del d.lgs 81/2008, poiché nessuna censura si muove alla decisione in ordine alla ritenuta mancata formazione del proprio dipendente S.Z., su cui la sentenza si sofferma, anche rilevando l'omessa informazione della committenza circa l'utilizzo di manodopera straniera, senza conoscenza della lingua italiana. E neppure si dubita del fatto che L.P. responsabile della sicurezza per la SIAT indicò, persino a gesti, a S.Z., dipendente della STASIM, che il carico sollevato con il muletto dal medesimo condotto, non era stato assicurato alle forche. Si nega, invece, che L.P. potesse trovarsi in quell'area, non essendo stato chiamato a svolgere quelle mansioni ed a dirigere l'attività lavorativa di dipendenti altrui, senza previa informazione circa la sua iniziativa, compiendo operazioni materiali non necessarie.
5. Ciò posto, perché si possa ritenere abnorme il comportamento della persona offesa -e quindi idoneo ad escludere il nesso di causalità tra la condotta addebitata e l’evento lesivo- è necessario non tanto che esso sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.
6. La sentenza, che pur richiama la sanzione disciplinare inflitta al L.P. dal suo datore di lavoro, per essersi avvicinato al muletto in violazione delle regole precauzionali, nondimeno, seppure stringatamente, afferma che la causa dell'infortunio non può che ascriversi alla condotta del E.F.. Fu questi, infatti, che mise alla guida del muletto un lavoratore non adeguatamente formato sulle modalità di utilizzo sicuro del mezzo, il quale si trovava a lavorare su un terreno accidentato, che per sua natura avrebbe prodotto delle vibrazioni. Non solo, dunque, la Corte, con implicita evidenza, non ritiene eccentrico rispetto alla omessa corretta collocazione dell'oggetto trasportato, il rischio di caduta del medesimo, ma neppure il rischio che altro lavoratore, trovandosi nelle vicinanze, pur non dovendosi avvicinare, ne fosse travolto. Tanto è vero che, sottolinea la decisione, anche il D.U.V.R.I indicava fra gli obblighi dell'impresa appaltatrice quello di impiegare personale avente capacità professionali adeguate al lavoro da svolgere, opportunamente formato ed informato, nonché addestrato anche sul corretto impiego delle macchine ed attrezzature utilizzate, nonché sulle misure di prevenzione e protezione.
7. Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, quindi, la motivazione argomenta sull'insussistenza dell'abnormità del comportamento del L.P..
8. D'altro canto, non può essere ritenuto eccentrico, in un unico cantiere ove operino più imprese le cui attività siano interferenti (e ciò anche se lo fossero solo marginalmente) che il lavoratore di un'impresa si trovi nell'area in cui opera una diversa impresa, e che collabori a qualsiasi titolo, anche occasionalmente ed indebitamente, alle lavorazioni affidate ad un soggetto diverso dal suo datore di lavoro. Si tratta di un rischio non esorbitante rispetto a quello definito dalle norme cautelari imposte all'imprenditore a tutela dei suoi diretti dipendenti. Ed infatti, la previsione delle interferenze ed il loro regolamento è oggetto della specifica previsione normativa di cui all'art. 26 d.lgs. 81/2008 con cui non solo si impone al committente di predisporre il documento unico di valutazione dei rischi interferenziali, ma si individuano, al secondo comma, in capo a tutti i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori, specifici oneri di cooperazione all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e di coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, con la previsione della reciproca informazione, anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
9. Dunque, il fatto che sia rimasto coinvolto il dipendente di un'altra impresa anche nell'ipotesi, peraltro smentita dalla sentenza, in cui egli non avesse titolo per trovarsi sui luoghi e dar disposizioni ad altri lavoratori, nulla muta, circa la sussistenza del nesso causale fra la condotta contestata al E.F., relativa alla violazione di una serie di regole cautelari - fra le quali spicca l'aver omesso l'informazione, la formazione e l'addestramento del dipendente, che, privo della necessaria conoscenza della lingua e riassunto solo da un giorno (dopo una breve esperienza precedente), veniva posto alla guida di un muletto addetto al trasporto di oggetti molto pesanti, da muovere su terreno accidentato- e l'evento. Si rammenti, infatti, che "In materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, appartiene al gestore del rischio connesso all'esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorché gli stessi tengano condotte imprudenti, purché non esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata."(Sez. 4, n. 38200 del 12/05/2016 - dep. 14/09/2016, Marano, Rv. 26760601).
10. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La censura, infatti, dimentica che la presunzione di non meritevolezza diminuente di cui all'art. 62 bis cod. pen.., in caso di mancata richiesta dell'imputato, così come nel caso di richiesta fondata su argomenti non specifici, legittima il diniego anche sulla base della mera assenza di elementi segno positivo e ciò a maggior ragione dopo la modifica dell'art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/2013, Stentano, Rv. 195339). Al contrario, è la meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381; nello stesso senso, più recentemente Sez. 3, n. 11539 del 08/01/2014,Mammola, Rv. 258696).
10. Nel caso di specie il motivo formulato in ordine all'istanza di applicazione dell'art. 62 bis cod. pen., viene indicato nella mancata valutazione da parte del collegio di appello in ordine alla condotta della persona offesa, sanzionata disciplinarmente dal suo datore di lavoro, oltre che in relazione all'omessa valutazione del giudizio prognostico formulato dal giudice di primo grado sulla futura astensione dell'imputato da ulteriori condotte configuranti reato. Pur dovendosi dare atto della sinteticità della motivazione, essa deve ritenersi sufficiente in quanto fa riferimento all'insussistenza di elementi che giustifichino la concessione, non essendo evidentemente stati valutati positivamente quelli offerti dall'imputato.
11. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 3/07/2018