Cassazione Penale, Sez. 1, 31 gennaio 2019, n. 4890 - Manomissione del dispositivo interagente con il cronotachigrafo del trattore stradale


 

Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA Relatore: TARDIO ANGELA Data Udienza: 23/01/2018

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza predibattimentale del 22 marzo 2016 il Tribunale di Livorno ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di P.GL. in relazione al reato a lui contestato di cui all'art. 437 cod. pen. per non essere il fatto previsto dalla legge come reato.
La contestazione afferiva alla manomissione del dispositivo interagente con il cronotachigrafo del trattore stradale in uso all'imputato, attuata con l'applicazione di «un magnete in prossimità del sensore di un movimento dell'albero di trasmissione» e funzionale alla registrazione di un minore numero di ore di impiego rispetto a quelle effettive.
La questione di diritto sottesa alla vicenda, attinente alla rilevanza concorrente/alternativa della condotta ascritta ai fini della legge penale, sì come contestata, ovvero ai sensi dell'art. 179, secondo comma, cod. strad., andava risolta applicando esclusivamente la disciplina relativa all'illecito amministrativo, presentando lo stesso elementi specializzanti rispetto alla norma penale, rappresentati dal fatto che la violazione amministrativa era irrogabile solo a «chiunque circola», e non a «chiunque» in genere, e la condotta di manomissione e alterazione riguardava solo lo specifico apparecchio denominato cronotachigrafo, e non qualsiasi dispositivo destinato alla prevenzione dagli infortuni.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze, che ne chiede l'annullamento, denunciando la incorsa erronea interpretazione e applicazione degli artt. 437 cod. pen. e 179, secondo comma, cod. strad. e rappresentando che le due norme non sono in rapporto di specialità perché sanzionano diverse condotte, e segnatamente con il delitto è sanzionato l'atto della manomissione e con l'illecito stradale è sanzionata la circolazione con il dispositivo manomesso, cui consegue che l'imputato, che manomette il dispositivo e circola alla guida del trattore, risponde di due illeciti tra loro indipendenti.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2. Si premette in diritto che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che è necessario, per la configurabilità dell'ipotesi delittuosa descritta dall'art. 437 cod. pen., che l'omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l'inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l'attitudine, almeno astratta, anche se non abbisognevole di concreta verifica, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività lavorativa, intesa come un numero di lavoratori (o comunque di persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro) sufficiente, secondo l'apprezzamento del giudice di merito, a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo, senza di che mancherebbe in radice la possibilità di una offesa al bene giuridico tutelato (Sez. 1, n. 10951 del 10/10/1995, Yu Fang Jian, Rv. 202718).
2.1. Tale approccio interpretativo -ripreso rimarcandosi che il pericolo derivante dalla rimozione o omissione di apparecchi destinati a prevenire infortuni sul lavoro deve avere il carattere della diffusività, nel senso che l'insufficienza deve avere l'attitudine di pregiudicare, anche solo astrattamente, l'integrità fisica delle persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro (tra le altre, Sez.l, n. 6393 del 02/12/2005, dep. 2006, Strazzarino, Rv. 233826)- è stato contrastato sulla base del rilievo che il pericolo presunto che la ridetta norma intende prevenire non deve necessariamente interessare la collettività dei cittadini o, comunque, un numero rilevante di persone, potendo esso riguardare anche gli operai di una piccola fabbrica, in quanto la norma prevede anche il pericolo di semplici infortuni individuali sul lavoro e tutela anche l'incolumità dei singoli lavoratori (tra le altre, Sez. 1, n. 11161 del 20/11/1996, Frusteri, Rv. 206428; Sez.l, n. 8054 del 11/03/1998, Luciani, Rv. 211778; Sez. 1, n. 12464 del 21/02/2007, L'Episcopo, Rv. 236431).
Nel prendere atto di detto contrasto questa Corte ha riaffermato, specificamente richiamando, a ragione della decisione, precedente conforme (il già citato Rv. 233826), riprodotto nella massimazione ufficiale, che è presupposto per la configurabilità della ipotesi delittuosa descritta dall'art. 437 cod. pen. l'attitudine, almeno astratta, dei presidi antinfortunistici, la cui mancanza ovvero inefficienza dolosa sia in discussione, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività lavorativa, e la cui verifica costituisce oggetto di una indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità (Sez. 1, n. 18168 del 20/01/2016, Antonini, Rv. 266881).
2.2. A detto indirizzo, neppure contrastato argomentativamente da diverso successivo orientamento (tale non potendo ritenersi Sez. 4, n. 57673 del 24/11/2017, Fenotti, Rv. 271693, che ne ha omesso ogni critico cenno), deve darsi convinta continuità, implicando il delitto di cui all'art. 437 cod. pen., come tutti i delitti previsti nel titolo sesto del libro secondo del detto codice, per la integrazione della fattispecie delittuosa ivi descritta, secondo condivisi principi, la sussistenza, sia pure in astratto, di un pericolo per la pubblica incolumità, nella misura in cui il comportamento addebitato al giudicabile risulti atto a mettere a repentaglio la vita o la integrità fisica di una comunità o collettività di persone (Sez. 4, n. 10812 del 04/05/1989, Micalizzi, Rv. 181922), e dovendo, per l'effetto, apprezzarsi la direzione della condotta di omissione, rimozione o danneggiamento doloso di impianti, apparecchi, segnali, destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, in rapporto a una collettività lavorativa, «intesa come un numero di lavoratori (o comunque di persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro) sufficiente [...] a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo» (Sez. 4, n. 10812 del 04/05/1989, citata, Rv. 181921), sì da delinearsi la specificità della previsione normativa rispetto al disastro innominato («altro disastro»), previsto con carattere integrativo dei vuoti di tutela dall'art. 434 cod. pen. (Corte cost. sentenza n. 327 del 2008; Sez. 4, n. 36626 del 05/05/2011, Mazzei, Rv. 251428; Sez. 1., n. 7941 del 19/11/2014, dep. 2015, Schmidheiny, Rv. 262788) e con il quale può comunque logicamente concorrere, essendo dei due reati, peraltro diversamente puniti, l'uno (ex art. 437 cod. pen.) destinato a prevenire il pericolo per la pubblica incolumità per una collettività lavorativa e l'altro (ex art. 434 cod. pen.) all'esterno dell'ambiente di lavoro.
3. Tanto premesso in diritto si rileva in fatto che all'imputato è contestato di «avere rimosso o comunque danneggiato apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, nella specie per aver applicato un magnete in prossimità del sensore di un movimento dell'albero di trasmissione del trattore stradale [...] a lui in uso, per impedire la comunicazione tra il sensore stesso ed il cronotachigrafo, permettendo che questo segnasse il veicolo in modalità di fermata anziché in movimento, in modo che l'autista potesse guidare per più ore rispetto a quelle previste per legge».
Emerge all'evidenza che già il tenore formale della contestazione, afferente alla condotta dell'imputato che, per la finalità indicata, ha applicato un magnete in un particolare posto del trattore, senza operare alcun riferimento a una collettività lavorativa, non consente di ricondurre la fattispecie concreta alla fattispecie astratta, che, secondo il condiviso, e qui riaffermato, orientamento, suppone che l'omissione, la rimozione o il danneggiamento dei presidi a tutela dei lavoratori siano idonee -per la collocazione della norma incriminatrice nell'ambito dei delitti contro l'incolumità pubblica- a creare pericolo a una collettività indeterminata di lavoratori, e non al singolo lavoratore.
Né il capo di imputazione e la motivazione della sentenza, che a esso si richiama, contengono alcun riferimento alla posizione dell'imputato come datore di lavoro che abbia manomesso, con le modalità enunciate, il cronotachigrafo di quel mezzo sì da creare, in termini di indeterminatezza, una situazione di pericolo potenziale per qualunque autista, lasciando piuttosto presumere che la condotta sia stata ascritta al conducente, che ha applicato il ridetto magnete al veicolo in suo uso.
4. Agli esposti rilievi consegue che il reato, come contestato, non può ritenersi sussistente, in disparte qualunque valutazione circa la stessa configurabilità della questione -con riferimento al conducente del veicolo- del rapporto di specialità tra le disposizioni di cui all'art. 437 cod. pen. e all'art. 179, secondo comma, cod. strad., con conseguente rettificazione della motivazione svolta nella sentenza impugnata, che si è incentrata su detta questione a sostegno dell'epilogo decisorio nel senso che il fatto non è previsto dalla legge come reato per la ritenuta applicabilità della seconda delle indicate disposizioni.
5. Il ricorso, che non si è confrontato con la tipologia del reato previsto dall'art. 437 cod. pen., adducendo elementi volti a contestare il ravvisato rapporto di specialità sulla base della presupposta sussistenza del detto reato, qui esclusa, deve essere, pertanto, rigettato.
A tale declaratoria non segue alcuna pronuncia ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., trattandosi di ricorso proposto dalla parte pubblica.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso.
Così deciso il 23 gennaio 2018