Categoria: Cassazione penale
Visite: 6805

Cassazione Penale, Sez. 4, 07 febbraio 2019, n. 5893 - Caduta dall'alto durante i lavori di ricopertura dei pannelli. Prescrizione e interessi civili


 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: PICARDI FRANCESCA Data Udienza: 08/01/2019

 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado che ha condannato, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di mesi 3 di reclusione I.M. e alla pena sospesa di mesi 1 di reclusione L.P. e C.L., con i benefici della sospensione condizionale e della non menzione dal certificato penale, per le lesioni con prognosi superiore a 40 giorni, consistenti in "trauma toracico addominale, frattura lievemente scomposta actabolo sinistro e frattura del sacro", cagionate con colpa a R.G., dipendente di I.M., il quale, nell'eseguire lavori in quota di ricopertura dei pannelli, nel cantiere Bosco Marengo, perdeva l'equilibrio e si appoggiava sul parapetto laterale, che si sganciava dalla trave e lo faceva precipitare da un'altezza di circa 6,60, in data 22 settembre 2010 - rispettivamente I.M. nella qualità di datore di lavoro e subappaltatore con colpa consistita nella violazione dell'art. 111, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2008, avendo scelto una tipologia di protezione dei bordi inadeguata in base alla stessa scheda tecnica dei parapetti ed in considerazione dell'assenza dei requisiti di resistenza; L.P. nella qualità di coordinatore dei lavori con colpa consistita nella violazione dell'art. 91, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 81 del 2008 in quanto il piano di sicurezza e coordinamento prevedeva una protezione inidonea e, cioè, un parapetto in cemento armato invece che in legno; C.L. nella qualità di legale rappresentante dell'impresa affidataria dei lavori con colpa consistita nella violazione dell'art. 97 del d.lgs. n. 81 del 2008 per non aver verificato le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione del piano di sicurezza e coordinamento. In primo grado, inoltre, L.P. e C.L. sono stati condannati al risarcimento del danno - da liquidarsi in separata sede, salva una provvisionale di euro 50.000,00 - nei confronti della parte civile.
Dalla sentenza di primo grado risulta che il parapetto che ha ceduto, determinando la caduta del lavoratore, era di un modello tale che, secondo il piano di sicurezza e la sua stessa scheda tecnica, si presentava inidoneo per un supporto, come nel caso di specie, in cemento armato, essendo stato concepito piuttosto per supporti in legno. E' stata, inoltre, accertata l'inadeguatezza delle travi su cui era stato agganciato il parapetto - di profilo obliquo anziché perpendicolare, sicché il morsetto non poteva aderire completamente.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto tempestivamente ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, I.M., C.L. e L.P..
3. I.M. ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 590, primo e terzo comma, cod.pen., 26 e 111 d.lgs. n. 81 del 2008, atteso che egli ha fornito istruzioni e formazione al lavoratore e non ha mai preteso comportamenti contrari alla sicurezza, che lo stesso lavoratore non ha escluso di avere in dotazione il cd. yo-yo, di cui ha descritto il funzionamento, che i parapetti sono stati montati da un lavoratore autonomo, esperto nel settore, e che il datore di lavoro si è procurato la relazione di conformità di un tecnico ingegnere, sicché, alla luce di tutti elementi emersi dalle prove evidenziate, non può configurarsi una sua responsabilità, pena la violazione del principio dell'al di là del ragionevole dubbio.
4. C.L. ha dedotto 1) e 3) la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 97, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008 ed agli artt. 40 e 43 cod.pen., avendo la sentenza impugnata violato la regola del giudizio contro-fattuale relativo alla responsabilità per condotte omissive, in quanto non si è spiegato come un eventuale sopralluogo del ricorrente sul cantiere avrebbe potuto impedire l'evento, visto erano stato predisposte diverse cautele visibili (reti anti-caduta e parapetti, la cui conformità era stata attestata da un ingegnere incaricato), come previsto nel piano di sicurezza e coordinamento; 2) la violazione di legge in relazione all'art. 97, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2008 e all'art. 43 cod.pen., non essendo stata compiuta alcuna indagine circa l'effettiva esigibilità della condotta omessa e rimproverata alla luce delle competenze tecniche del ricorrente, il quale non disponeva di qualifica adeguata per contraddire la valutazione di un ingegnere (Pietro L.P.).
5. L.P. ha dedotto 1) la violazione di legge in relazione agli att. 16 r.d. n. 274 del 1929 e 91, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 81 del 2008, atteso che la scelta dell'inserimento del parapetto crollato e delle relative modalità (in particolare senza l'interposizione dell'asse necessaria in casa di fissazione del montante su base in cemento anziché in legno) non può essergli attribuita (in qualità di coordinatore dei lavori), essendo riservata dalla legge la competenza esclusiva per le strutture in cemento armato ai tecnici laureati ed essendo stata effettuata tale valutazione da I.M. e dall'ingegnere P.P. (mero omonimo, senza alcun legame di parentela), incaricato, coerentemente con la normativa vigente, dei calcoli relativi al fissaggi, all'ancoraggio e alla tenuta dei parapetti, mentre, al contrario, il piano di sicurezza da lui redatto è del tutto conforme alla legge, prevedendo, oltre ai parapetti, anche altri sistemi anticaduta (quali le reti di protezione), effettivamente presenti; 2) la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 91 e 100 d.lgs. n. 81 del 2008 e agli artt. 192 e 546 cod.proc.pen., in quanto l'affermazione contenuta in sentenza, secondo cui l'ingegnere P.P. si sarebbe occupato solo dei calcoli statici della struttura, ma non della verifica dell'installazione dei parapetti è contraddetta dalla deposizione dello stesso P.P. e dalla sua relazione tecnica in atti.
6. Tutti i ricorrenti hanno depositato in data 11 dicembre 2018 memoria in cui hanno evidenziato l'intervenuta prescrizione del reato in data 8 agosto 2018 oli ottobre 2018.
 

 

Diritto

 


1. Preliminarmente, osserva il collegio come il reato per il quale gli imputati sono stati tratti a giudizio deve ritenersi prescritto, trattandosi di delitto commesso il 22 settembre 2010: ricorrendo un'ipotesi di sospensione dal 9 maggio 2013 al 26 settembre 2013, il termine di prescrizione è maturato in data 8 agosto 2018.
Al riguardo, ritenuto che i ricorsi proposti dagli imputati non appaiono manifestamente infondati, né risultano affetti da profili d'inammissibilità di altra natura, occorre sottolineare, in conformità all'insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del giudice di pronunciare l'assoluzione dell'imputato per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all'imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una 'constatazione', che a un atto di 'apprezzamento' e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n. 35490/2009, Rv. 244274). E invero il concetto di 'evidenza', richiesto dal secondo comma dell'art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275). Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell'imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui 'positivamente' deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l'assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando l'eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).
Ciò non è riscontrabile nel caso di specie, in cui questa Corte - anche tenendo conto degli elementi evidenziati nella motivazione della sentenza di merito - non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui al secondo comma dell'art. 129 c.p.p.
Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, agli effetti penali, per essere il reato contestato agli imputati estinto per prescrizione.
2. Tuttavia, nel giudizio di impugnazione, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale è intervenuta condanna, deve decidere, ai sensi dell'art. 578 cod.proc.civ., sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, non essendo sufficiente, ai fini della conferma della condanna al risarcimento del danno, dare atto della insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 129, comma secondo, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 18889 del 28/02/2017 ud. - dep. 19/04/2017, Rv. 269890 - 01).
Occorre, pertanto, valutare la fondatezza dei ricorsi di C.L. e di L.P., mentre è superfluo l'esame del ricorso di I.M. nei cui confronti non sono state adottate statuizioni civili.
3. Per quanto concerne C.L., le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono fondate.
Occorre osservare che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica ditta appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa - essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall'art. 3, comma ottavo, d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494 - sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (v., tra le tante, Sez. 4, n. 23171 del 9/02/2016 ud. - dep. 01/06/2016, Rv. 266963 - 01), essendo esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine (Sez. 3, n. 12228 del 25/02/2015 ud. - dep. 24/03/2015, Rv. 262757 - 01). Va, tuttavia, precisato che la titolarità della posizione di garanzia del committente non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso.
Nella sentenza impugnata si legge che "un tempestivo sopralluogo - da parte del committente - avrebbe certamente consentito di verificare l'assenza di punti di ancoraggio sicuri, e verosimilmente dubitare dell'adeguatezza dei parapetti installati dal I.M., chiara quanto meno poiché il profilo obliquo della trave non garantiva la perfetta aderenza del morsetto. E del resto, pur non essendo dato sapere se il montante che ha ceduto fosse stato correttamente montato (peraltro, come evidenziato dal primo Giudice, su base non in legno - come da istruzioni V. - bensì in cemento armato), basta osservare la documentazione fotografica agli atti per notare, come i montanti fossero assicurati a basi di profilo obliquo, e per ciò stesso inadeguate, ed altresì come altri montanti fossero mal posizionati"; nella sentenza di primo grado si legge che "non risulta che qualcuno dell'Impresa affidataria avesse eseguito un sopralluogo per verificare le condizioni di sicurezza, la cui mancanza, nel caso di specie, era visibile e percepibile".
La motivazione de qua risulta, come denunciato dal ricorrente, carente, in quanto non chiarisce quali sono gli elementi che rendevano visibile e percepibile l'assenza delle condizioni di sicurezza, tenuto conto, della presenza di misure di protezione collettive, quali le reti di protezioni ed i parapetti. I giudici di merito non hanno, difatti, spiegato le ragioni per le quali il committente, nell'esercizio dei suoi poteri di controllo, avrebbe dovuto ritenere insufficienti le misure di sicurezza presenti e avrebbe dovuto percepire ictu oculi, senza bisogno di specifiche competenze tecniche, le deficienze dei parapetti montati.
3.Per quanto concerne L.P., il primo motivo è infondato, in quanto l'art. 16 del r.d. n. 274 del 1929, di cui si asserisce la violazione da parte della sentenza impugnata, si limita a definire l'oggetto ed i limiti dell'esercizio professionale del geometra, ma non prevede alcun esonero di responsabilità per il geometra, il quale accetti l'incarico di coordinatore per la sicurezza in cantieri che esigono competenze tecniche specifiche, di cui è eventualmente privo. A ciò si aggiunga che l'inserimento di un parapetto provvisorio in una struttura in cemento armato non si traduce in un'opera di progettazione, trattandosi piuttosto di un'operazione meramente esecutiva, da svolgere in ossequio alla scheda tecnica e della relative istruzioni.
Parimenti è infondato il secondo motivo. In proposito va precisato che il coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori svolti in un cantiere edile è titolare di una posizione di garanzia - che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica - in quanto gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) neil'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017 ud. - dep. 05/10/2017, Rv. 271026 - 01).
Ne consegue che, a prescindere dalla verifica effettuata dall'ing. P.P. (e dal suo esatto contenuto), il coordinatore per la sicurezza non avrebbe dovuto inserire né consentire l'inserimento nei piani elaborati di parapetti inadeguati rispetto alle strutture in cemento armato o, quanto meno, avrebbe dovuto espressamente segnalare, nel piano, gli accorgimenti necessari a superare l'incompatibilità tra i parapetti, sicché risulta corretta la conclusione della Corte di appello, secondo cui "l'inserimento del parapetto incriminato nel piano è stata scelta progettuale ed organizzativa ... riferibile (a L.P., in qualità di coordinatore per la sicurezza), e sotto la sua responsabilità, così come sotto la sua responsabilità ricade la scelta, tecnica, di utilizzare i parapetti in esame senza interposizione di un asse tra la morsa e la struttura, come necessario qualora i montanti siano fissati su basi in cemento armato anziché in legno". ", 
4. In conclusione, la sentenza va annullata senza rinvio agli effetti penali nei confronti di tutti gli imputati perché il reato è estinto per prescrizione. Agli effetti civili, il ricorso di L.P. deve essere rigettato, mentre la sentenza deve essere annullata nei confronti di C.L., con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado in grado di appello.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali nei confronti di tutti gli imputati perché il reato è estinto per prescrizione.
Rigetta, agli effetti civili, il ricorso di L.P..
Annulla, agli effetti civili, la medesima sentenza nei confronti di C.L., con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado in grado di appello. Così deciso 8 gennaio 2019