Cassazione Penale, Sez. 4, 11 febbraio 2019, n. 6403 - Infortunio del carpentiere precipitato in un fossato: responsabilità per assoluta inadeguatezza delle misure precauzionali


 

... E' stato accertato che l'operaio non indossava cinture di sicurezza ... era inciampato e quindi era caduto nel vuoto in quanto i parapetti erano mancanti o comunque non fissati a regola d'arte e in ogni caso inidonei a trattenere il lavoratore in caso di caduta (ex art.122 D.lgs 81/2008); al tempo stesso il cantiere era pieno di materiale di risulta nel fossato dove è precipitato il lavoratore e ciò aveva sicuramente aggravato gli effetti della caduta.
Non è superfluo evidenziare pertanto che non siamo di fronte ad obblighi in materia antinfortunistica che riguardano le precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni,o l'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine (così la condivisibile Sez. 3, n. 12228 del 25/2/2015, Cicuta, Rv. 262757) ma dinanzi ad infortunio subito dal lavoratore che si collega causalmente ad una colpevole omissione, per la mancata adozione e assoluta l'inadeguatezza delle misure precauzionali richieste dalle normative di sicurezza e tra l'altro immediatamente percepibile senza particolari indagini.


Presidente: MONTAGNI ANDREA Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 16/01/2019

 

Fatto

 


1. Con sentenza del 9.05.2018 la Corte di appello di Lecce , confermava la sentenza di primo grado, del Tribunale di Lecce in data 23.04.2015 che, aveva condannato alla pena di mesi quattro di reclusione con i benefici di legge, I.A. in ordine al reato di cui all'art. 590 comma. III cod..pen. di lesioni colpose gravi, causate per colpa da negligenza,imprudenza ed imperizia, nonché violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, all'operaio G.M. carpentiere, che intento all'esecuzione di lavori di carpenteria nel piano rialzato dell'immobile in costruzione senza indossare alcuna misura di sicurezza (art.122 DLvo 81/2008), perdeva l'equilibrio, infrangendo il fragile parapetto non costruito nè fissato in modo da resistere al massimo sforzo (art. 126 D.lvo 81/2008) e precipitava nel fossato ai piedi del fabbricato dove peraltro era presente materiale di risulta e macerie ( art. 96 comma 1 lett. f D.lgs 81/2008), procurandosi lesioni giudicate guaribili dall'Inail in 88 giorni, con postumi permanenti nella misura del 20%. Fatto commesso in Olmo di Martellago, il 9 maggio 2011.
2. La Corte territoriale ha confermato la ricostruzione dell'infortunio descritta in motivazione dal primo Giudice e la responsabilità dell' imputato sulla base delle contestate condotte di colpa generica e specifica, alla luce dei reperti fotografici, delle dichiarazioni degli Ufficiali di PG delegati alle indagini e dei tecnici dello Spesal, oltre che delle dichiarazioni dei lavoratori; in particolare risultano accertate le circostanze che il lavoratore fosse privo di cintura di sicurezza e che il cantiere fosse circondato da detriti e materiale di risulta anche nel punto di caduta, come indicato dallo stesso lavoratore infortunato e documentato dai reperti fotografici ( fol 5 e 6).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato deducendo quanto segue :
I) con il primo motivo la illogicità e la contradditorietà della motivazione che ha ritenuto sussistente la violazione della norma antinfortunistica di cui all'art. 122 D.lvo 81/2008 pur risultando provato che l'infortunio si è verificato ad un'altezza inferiore a 2 metri ( il lavoratore si trovava al piano rialzato). Deduce che volendo sommare la distanza tra il piano rialzato e il terreno pari a 50 cm e quella costituita dal dislivello con il terreno sottostante e il piano circostante, in cui erano posizionati i detriti, non vi è prova che si raggiunga un dislivello superiore a 2 metri richiesto per imporre la misura della cintura di sicurezza;
II) Con il secondo motivo lamenta contraddittorietà, illogicità della motivazione e travisamento della prova in quanto l'evacuazione dei detriti e lo stoccaggio delle materie non attengono alla sicurezza dei luoghi di lavoro ma alla salvaguardia ambientale e comunque non risulta accertato il punto di caduta e quindi la rilevanza causale tra la presenza di detriti e il tipo di lesioni riportate dalla persona offesa. Si contesta pertanto la violazione dell'art. 96 comma 1 lett. f D.lgs 81 /2008. 
III) Con il terzo motivo si lamenta la iniquità del trattamento sanzionatorio.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato .
1.1. Va rilevato che nel primo e nel secondo dei motivi proposti, che paiono al limite dell'inammissibilità, il ricorrenti offre la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
La giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento(cfr. ex multis Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999,Spina, Rv. 214794).
Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma I, lett. e) cod. proc. pen., il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che ¡1 testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. I giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Se questa, dunque, è la prospettiva ermeneutica cui è tenuta questa Suprema Corte, le censure che il ricorrente rivolge al provvedimento impugnato si palesano infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d'Appello, che si integra con quella conforme di primo grado, alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva.
1.2 I giudici del gravame di merito con motivazione specifica, coerente e logica hanno, infatti, dato conto, delle gravi carenze rispetto alla normativa prevenzionale in materia di sicurezza del lavoro e di gestione del rischio. 
Prendendo le mosse dalle risultanze Istruttorie e in particolare dai rilievi e dalle testimonianze dei tecnici Spesal, intervenuti sul posto dell'infortunio nell'immediatezza dei fatti, già esaminate dal giudice di primo grado, la Corte correttamente e coerentemente evidenzia i seguenti fatti: è stato accertato che l'operaio non indossava cinture di sicurezza ( fol 6 sentenza primo grado e fol 5 sentenza impugnata); era inciampato e quindi era caduto nel vuoto in quanto i parapetti erano mancanti o comunque non fissati a regola d'arte e in ogni caso inidonei a trattenere il lavoratore in caso di caduta (ex art.122 D.lgs 81/2008); al tempo stesso il cantiere era pieno di materiale di risulta nel fossato dove è precipitato il lavoratore e ciò aveva sicuramente aggravato gli effetti della caduta. Il punto di caduta era stato individuato con esattezza dai giudici di merito e risultante dal reperto fotografico ( foto n. 4,5,6,7 riportate nella sentenza di primo grado a fol 2 e nella sentenza impugnata a fol 6).
Non è superfluo evidenziare pertanto che non siamo di fronte ad obblighi in materia antinfortunistica che riguardano le precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni,o l'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine (così la condivisibile Sez. 3, n. 12228 del 25/2/2015, Cicuta, Rv. 262757) ma dinanzi ad infortunio subito dal lavoratore che si collega causalmente ad una colpevole omissione, per la mancata adozione e assoluta l'inadeguatezza delle misura precauzionale richiesta dalle normative di sicurezza e tra l'altro immediatamente percepibile senza particolari indagini (cfr. Sez. 4, n. 10608 del 4/12/2012 dep. il 2013, Bracci, Rv. 255282).
2. Inammissibile in quanto del tutto generico e aspecifico è il motivo attinente al trattamento sanzionatorio.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 16.01.2019