Cassazione Civile, Sez. Lav., 05 aprile 2019, n. 9673 - Omessa sottoposizione a visita medica per la revisione dell'inabilità conseguente ad infortunio. Revocazione


 

Presidente: MANNA ANTONIO Relatore: FERNANDES GIULIO Data pubblicazione: 05/04/2019

 

Fatto

 


1. Con ordinanza n. 4566/18 del 27 febbraio 2018 questa Corte dichiarava inammissibile il ricorso proposto da P.A. nei confronti dell'INAIL avverso la sentenza n.315/2017 della Corte di Appello di L'Aquila che aveva confermato la decisione del primo giudice di rigetto della domanda proposta da esso ricorrente nei confronti del detto istituto per ottenerne la condanna al risarcimento del danno conseguente alla colpevole omissione di sottoporlo a visita medica per la revisione dell'inabilità conseguente all'infortunio del 16 novembre 2000, a fronte delle istanze avanzate in data 23.9.2004 e 27.9.2010.
2. Ad avviso di questa Corte i tre motivi di ricorso erano inammissibili: i primi due, in quanto l'interpretazione della domanda adottata dal giudice del gravame non era differente da quella sollecitata dal ricorrente, avendo considerato insussistenti i presupposti di una responsabilità risarcitoria dell'Inail per non avere sottoposto il P.A. a visita, ma anche perché le istanze presentate nel 2004 e nel 2010 erano inidonee a costituire domande di aggravamento ex art. 83 d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, così implicitamente rigettando anche la domanda di revisione del grado di inabilità conseguente all'infortunio del 2000; il terzo motivo, per due concorrenti ragioni, sia perché privo di specificità in quanto le domande presentate all'Inail in esso valorizzate non erano state riprodotte, né allegate agli atti, sicché non se ne comprendeva l'esatto contenuto e portata, tanto in violazione degli artt. 366, primo comma, n.6 e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. ( Cass. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726, Cass. n. 17168 del 2012, Cass. n. 1391 del 2014, Cass. n. 3224 del 2014) sia perché, se le due predette istanze non costituivano domande ex art. 83 T.U. n. 1124 del 1965, come sostenuto dal ricorrente, allora neppure risultava adeguatamente contestata l'ulteriore ratio decidendi adottata dalla Corte territoriale, secondo la quale esse non erano idonee a determinare un obbligo per l'Inail di sottoporre il richiedente a visita.
3. Di tale decisione chiede la revocazione ex art. 395, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. il P.A. fondando il ricorso su tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ. cui resiste l'INAIL con controricorso.
 

 

Diritto

 


4. Con il primo motivo si deduce che questa Corte nella impugnata sentenza avrebbe erroneamente definito le due domande del 2004 e del 2010 come di aggravamento e/o revisione, laddove le medesime erano solo istanze di visita medica per accertamento diagnostico come emergente dalla loro univoca "scansione letterale" evidenziandosi come tale errore era revocatorio avendo considerato come esistente un fatto inesistente. Con il secondo motivo viene denunciato che la rilevata mancata allegazione delle due istanze non era una circostanza corrispondente al vero essendo le medesime facilmente reperibili nel fascicolo di parte di secondo grado ed essendo stata effettuata la richiesta di trasmissione del fascicolo d'ufficio ove era contenuto il predetto fascicolo di parte. Con il terzo motivo si evidenzia la decisività dei due predetti errori che, ove non commessi, avrebbero condotto la decisione ad un esito diverso, favorevole al ricorrente.
5. che i tre motivi sono inammissibili non denunciando un errore di fatto previsto dall'art. 395 cod. proc. civ., n. 4, idoneo a determinare la revocazione delle sentenze, comprese quelle della Corte di cassazione, il quale, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo; sicché detto errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell'errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione (fra le tante Cass. sez. un. 7217/2009, nonché 22171/2010; 23856/2008; 10637/2007; 7469/2007; 3652/2006; 13915/2005; 8295/2005); che, pertanto, non è stata ritenuta inficiata da errore di fatto la sentenza della Suprema Corte della quale si censuri la valutazione del motivo d'impugnazione, in quanto espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell'atto di impugnazione, perché in tal caso è dedotta una errata valutazione ed interpretazione degli atti oggetto di ricorso (Cass. n. 10466/2011; 14608/2007), così come è stata esclusa la ricorrenza di errore revocatorio nel preteso errore nell'individuazione delle questioni oggetto di motivi del ricorso (Cass. n. 5086/08), nell'interpretazione dei motivi (Cass. n. 9533/06) o nella lettura del ricorso (Cass. n. 5076/08), così come si è escluso che possa rappresentare errore revocatorio il ritenuto mancato rispetto del principio di autosufficienza del motivo di ricorso (Cass.14608 del 2007). Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U., 27 dicembre 2017, nn. 30994) hanno ulteriormente chiarito come <<in sintesi estrema la combinazione dell'art. 391-bis e dell'art. 395, n. 4) non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l'errore di diritto sostanziale o processuale e l'errore di giudizio o di valutazione. Nè, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall'art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, e che non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendone gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell'appello e del ricorso per cassazione (Cass., 16/09/2011, n. 18897).>>. Il carattere d'impugnazione eccezionale della revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati dalla legge, comporta l'inammissibilità di ogni censura non compresa (Cass., 07/05/2014, n.9865) restando, quindi, esclusa, dall'area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perchè siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., 14/04/2017, n. 9673, p. 4-5).
6. Nel caso in esame, i primi due motivi non denunciano errori aventi le caratteristiche dell'errore revocatorio come sopra delineate, ed infatti: il primo motivo in realtà lamenta una errata interpretazione delle due istanze del 2004 e del 2010; il secondo denuncia giudizio, espresso dalla sentenza di legittimità impugnata;sulla violazione del principio di autosufficienza (Cass. n. 20635 del 31/08/2017; Cass. 14608 del 22/06/2007).
Dalla inammissibilità dei primi due motivi discende l'inammissibilità anche del terzo motivo.
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).
 

 

P.Q.M.

 


La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%. 
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto del sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2019