Cassazione Penale, Sez. 4, 15 aprile 2019, n. 16196 - Lesioni gravissime occorse al lavoratore precipitato dal lucernario. Responsabilità del preposto di cantiere. Prescrizione


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: BRUNO MARIAROSARIA Data Udienza: 22/01/2019

 

FattoDiritto

 

1. P.R., a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova di conferma della pronuncia del Tribunale di Imperia, con cui il ricorrente era condannato alla pena di mesi due di reclusione, essendo stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590 cod. pen. commesso con violazione delle norme antinfortunistiche. Fatto commesso in Ventimiglia il 13.5.2010.
Era contestato all'Imputato di avere, in qualità di preposto al cantiere edile installato dalla Soc. "Mantelli 1948 s.r.l." in Ventimiglia, cagionato lesioni personali gravissime al lavoratore D.S., il quale precipitava da un lucernario durante l'esecuzione di lavori di impermeabilizzazione, per colpa generica e specifica, non vigilando sull'osservanza da parte del dipendente delle norme relative alla sua sicurezza, non disponendo la sospensione dei lavori in prossimità di una botola aperta sul lucernario e non informando il datore di lavoro della persistenza della situazione di pericolo.
Il ricorrente, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi di ricorso.
I motivo: mancata assunzione di una prova decisiva avendone la parte fatto richiesta nel corso della istruttoria dibattimentale; violazione dell'art. 495, comma 2, cod. proc. pen.
II motivo: contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla qualifica rivestita dal ricorrente ed alla posizione di garanzia assunta.
III motivo: mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in rapporto di prevalenza sulle contestate aggravanti; mancato riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno.
2. L'impugnazione in esame impone le considerazioni che seguono.
Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo decorso il termine massimo di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei, da farsi decorrere dalla data dell'Infortunio (13/5/2010). Ciò, anche tenuto conto dei periodi di sospensione della prescrizione intervenuti nel corso della celebrazione dei giudizi di merito che ammontano complessivamente a mesi 9 e giorni 20. Pertanto, la estinzione del reato risulta maturata in data 2/9/2018.
Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l'intervenuta prescrizione.
Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalia intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare la causa di estinzione del reato, a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. maturata successivamente alla sentenza impugnata.
E' appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione: invero, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità (anche se di ordine generale) o di vizi di motivazione, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito che ne deriverebbe, è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Sez. U, n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511).
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in ragione delle risultanze processuali di cui dà atto la Corte d'appello. Come è noto, ai fini della eventuale applicazione della norma ora citata, occorre che la prova della insussistenza del fatto o della estraneità ad esso dell'imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni poste a fondamento della sentenza impugnata. Sotto questo profilo nella motivazione della sentenza della Corte di appello non sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi della prova evidente dell'innocenza dell'imputato.
3. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. 
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
In Roma, così deciso il 22 gennaio 2019