Cassazione Penale, Sez. 4, 19 aprile 2019, n. 17213 - Il rischio costituito dalla rimozione dei lucernari va valutato anche nei confronti dei non addetti. Responsabilità del coordinatore


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: DI SALVO EMANUELE Data Udienza: 15/02/2019

 

 

Fatto

 


1. D.B. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata, in punto di responsabilità, la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 589 cod. pen., commesso in qualità di coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, non adeguando le prescrizioni del piano di sicurezza e di coordinamento all'effettiva realtà del cantiere, in relazione al rischio di caduta dall'alto; indicando prescrizioni generiche, che non prevedevano la puntuale individuazione delle fasi di lavoro e delle zone in cui vi era tale rischio, né adeguate misure di prevenzione e protezione, come la predisposizione di reti anticaduta; non rilevando le mancanze relative alle scelte adottate dall'impresa esecutrice in relazione allo specifico rischio di caduta dall'alto; non richiedendo il ripristino immediato delle condizioni di sicurezza né le necessarie modifiche o integrazioni ai piano operativo di sicurezza, che era palesemente inadeguato e generico, con conseguente caduta dall'alto di un lavoratore, il quale appoggiava il piede su una lastra che cedeva sotto il suo peso.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché con riguardo alla specifica lavorazione in atto al momento dell'infortunio, unica era l'impresa che si occupava dell'attività di rifacimento del tetto e pertanto avere esteso concettualmente la nozione di plurime lavorazioni per configurare una situazione di pluralità di imprese costituisce erronea applicazione delle norme di legge in ordine al contenuto della posizione di garanzia del coordinatore, sia in fase di progettazione che di esecuzione dei lavori, che è limitata al caso di rischio interferenziale, laddove vi sia compresenza di più imprese. Comunque nel piano di sicurezza e di coordinamento si rileva una puntuale individuazione dei rischi sussistenti e in particolare di quello di caduta dall'alto, essendo indicate tutte le misure di prevenzione, in particolare la predisposizione di parapetti, ponteggi ed altre cautele, come meglio specificato nelle schede di prescrizione operative, nelle schede di rischio macchine e nel documento di valutazione dei rischi individuali. Per quanto riguarda la presenza di lucernari, era prescritto che venisse accertato che questi ultimi avessero resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai. Era altresì previsto l'utilizzo di imbragatura di sicurezza, così come un sistema di ancoraggio a fune (linea-vita). Nel momento della sostituzione delle reti anticaduta dei lucernari non è stata prevista la predisposizione di altre reti perché lo spazio sottostante non ne permetteva un efficace posizionamento e perché il tempo di utilizzo di cinture di sicurezza sarebbe stato notevolmente minore del tempo di esposizione in quota, con cintura, per un altro operatore addetto al montaggio e smontaggio di tutte le reti anticaduta. Le misure di prevenzione erano pertanto idonee.
2.1. Il coordinatore per l'esecuzione ha comunque esclusivamente un dovere di alta vigilanza, che non implica una continua presenza nel cantiere, con ruolo di controllo sulle contingenti lavorazioni in atto. E tuttavia il D.B. si era più volte recato in cantiere, impartendo disposizioni sulla sicurezza e, quando egli era presente, queste ultime venivano tassativamente rispettate. L'infortunio occorso al lavoratore è avvenuto esclusivamente per un imprudente e negligente esuberanza di quest'ultimo, a cui si è aggiunta una negligenza di controllo da parte del datore di lavoro. Il lavoratore infatti non indossava i dispositivi di protezione individuali prescritti, si spostava sul cantiere, in zona pericolosa, senza autorizzazione e non seguiva le prescrizioni impartite da D.B., sebbene la procedura di sicurezza non fosse tale da dover richiedere spiegazioni particolari e fossero stati comunque acquisiti anche i vari attestati di formazione rilasciati da enti a ciò preposti. L'infortunio è dunque riconducibile, al più, ad una mancanza del preposto di cantiere, al quale spettava il controllo e che non ha verificato il costante utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, senza alcuna responsabilità del ricorrente, che ha anche indicato talune mancanze relative alle scelte adottate dall'impresa esecutrice in relazione allo specifico rischio di caduta dall'alto, richiedendo anche il ripristino immediato delle condizioni di sicurezza, come si evince dai verbali di sopralluogo. Comunque tutti i lavoratori che operavano al lucernario sono sempre stati trovati correttamente imbragati, come è stato confermato da tutti i testi.
2.2. Le censure sono state ribadite e ulteriormente illustrate con memoria depositata in data 29 gennaio 2019.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Il coordinatore per la progettazione svolge, come è noto, le funzioni di cui all'art. 91 d. P. R. n. 81 del 2008, fra le quali spiccato rilievo assume quella consistente nella redazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC), di cui all'art. 100, comma 1, d. lg. n. 81 del 2008, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati nell'allegato XV e che contiene l’individuazione, l’analisi e la valutazione dei rischi nonché la previsione delle conseguenti procedure per tutta la durata dei lavori, oltre ad una relazione tecnica con l'indicazione delle prescrizioni correlate alla complessità dell'opera e alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione (Cass., Sez. 3, n. 21002 del 26-5-2008, Verdelli). Gli obblighi previsti dalla legge a carico del coordinatore per la progettazione possono ritenersi adempiuti solo a condizione che quest'ultimo prenda in considerazione gli specifici rischi inerenti al lavoro da compiere, predisponendo le opportune misure di prevenzione (Cass., Sez. 4, n. 1870 del 17-1-2014, Berlanda), a seguito dell'esatta focalizzazione del rischio, della sua esplicitazione in termini convenzionali e dell'individuazione di misure specificamente rivolte ad eliminare il rischio medesimo, con l'indicazione dei ruoli e dei compiti a ciò preordinati (Cass., Sez. 4, n. 17800 del 28-4-2014, Marconi). E' inoltre da sottolineare come l'operatività delle funzioni del coordinatore per la progettazione inerisca al caso di presenza non solo simultanea ma anche successiva di più imprese sul cantiere (Cass., Sez. 3, n. 21002 del 6-5-2008, Verdelli, cit.).
1.1. Nel caso di specie, il giudice a quo ha evidenziato come fosse prevista una pluralità di contemporanee lavorazioni sul tetto del capannone, volte alla rimozione di lastre di cemento-amianto; alla raccolta della lana di roccia; alla sostituzione dei lucernari e alla posa di una nuova copertura, da parte di Tecnostrutture srl, nonché, in parte contemporaneamente, all'installazione dei pannelli fotovoltaici da parte delle Subappaltanti di "Tarcisio Madaschi" spa. La Corte d'appello ha poi sottolineato come le prescrizioni del piano di sicurezza e di coordinamento e degli elaborati allegati, redatti dal D.B., con riferimento al rischio di caduta dall'alto, fossero estremamente vaghe e lacunose, poiché l'attività di sostituzione dei lucernari, implicante un rischio maggiore del solo lavoro in quota, in quanto comportava la rimozione delle reti di protezione e la non portanza delle zone di tetto interessate, non era contemplata. In relazione all'intervento di sostituzione dei lucernari non veniva, inoltre, preso in esame il profilo dell'Interferenza con i lavoratori addetti ad altro, se non con una laconica dicitura "segnalazione lavori". Si trattava quindi di un piano che trascurava totalmente l'effettuazione di una pluralità di contemporanee lavorazioni sul tetto del capannone, poiché, stante l'ampiezza della superficie del tetto, mano a mano che porzioni di quest'ultimo venivano terminate, la ditta installatrice dei pannelli fotovoltaici procedeva agli incombenti di propria competenza. Ragion per cui, a fronte di tale contemporaneità di lavorazioni, il piano di sicurezza e di coordinamento, redatto dal D.B., avrebbe dovuto prevedere l'idonea segregazione delle zone Interessate dalla sostituzione dei lucernari ovvero l'imbragatura di tutti coloro che operavano sul tetto. Viceversa tale segregazione non era prevista e l'imbragatura era prescritta esclusivamente per gli operatori addetti alla sostituzione dei lucernari. Si trattava dunque - precisa il giudice a quo - di misure di sicurezza inidonee e la cui inidoneità si pone in nesso causale con l'infortunio mortale verificatosi. 
Trattasi di impianto argomentativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'Iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Sulla base di quanto emerge dalla motivazione della sentenza impugnata non può, d'altronde, ritenersi né che gli obblighi gravanti sul D.B. in qualità di coordinatore per la progettazione siano stati correttamente adempiuti, essendo il requisito della specificità coessenziale alle prescrizioni del PSC; né che la sua nomina fosse fuori luogo, non versandosi in presenza di un rischio interferenziale, in quanto, al contrario, il giudice a quo ha posto in rilievo la compresenza di più imprese operanti sul cantiere. Peraltro, anche laddove possa dubitarsi dell'effettiva necessità della nomina del coordinatore per la progettazione, una volta che quest'ultima sia intervenuta, rimane comunque indiscutibile l'operatività degli obblighi connessi a tale incarico in capo al soggetto che sia stato designato.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è privo di fondamento. La violazione degli obblighi incombenti sul D.B. in qualità di coordinatore per la progettazione sarebbe già sufficiente a fondare la declaratoria di responsabilità. Ma la Corte d'appello ha evidenziato, come vedremo fra breve, che l'imputato ha anche mancato ai doveri inerenti alla sua qualità di coordinatore in fase di esecuzione. Come è noto, il coordinatore per l'esecuzione - figura introdotta dall'art. 5 d.lg. n. 494 del 1996, in attuazione della Direttiva 92/57/CEE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute nei cantieri temporanei o mobili - deve assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente (Cass., Sez. 4, n. 17800 del 28-4-2014, Marconi), al fine di realizzare la migliore organizzazione, ed ha il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, di vigilare sul rispetto del piano stesso e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una autonoma posizione di garanzia, che comprende non solo l'istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e il compito di adottare tutte le opportune misure di sicurezza ma anche la loro effettiva predisposizione nonché la verifica costante sulla concreta osservanza delle misure adottate, al fine di evitare che esse siano trascurate e disapplicate, e, infine, il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è, infatti, titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori, ed ha, pertanto, l'obbligo di predisporre e fare osservare i presidi di sicurezza richiesti dalla legge per l'esecuzione dei lavori, a nulla rilevando la compresenza di un "coordinatore della sicurezza in fase di progettazione" ed, eventualmente, di un "coadiutore della sicurezza in fase di esecuzione", a loro volta titolari di autonome e concorrenti posizioni di garanzia. D'altronde, l'eventuale carenza di specifiche capacità tecniche del garante, lungi dal costituire causa di esonero da responsabilità, sotto il profilo soggettivo, evidenzia profili di colpa più intensi, poiché, in difetto di competenze "ad hoc", il garante deve astenersi dall'assumere compiti che richiedano esperienza e cognizioni da lui non possedute (Cass., Sez. 4, n. 17634 del 10/03/2009, Rv. 243996). In questa prospettiva, la Corte di cassazione, con una serie di sentenze concordanti (n. 17631 del 2009; n. 38002 del 2008; n. 24010 del 2004; n. 39869 del 2004), ha sancito la responsabilità del coordinatore per l'esecuzione in quanto garante della sicurezza dei lavoratori ed ha specificato che si tratta di una posizione di garanzia che si affianca, in modo autonomo e indipendente, a quelle del committente e del datore di lavoro, che mantengono, comunque, intatte le proprie prerogative e le proprie responsabilità. Sul versante della formazione ed informazione dei lavoratori delle varie aziende, ad esempio, gli obblighi del coordinatore per l'esecuzione sono circoscritti alla verifica documentale che i relativi adempimenti siano stati assolti ma colui su cui grava l'onere di far sì che tale formazione sia effettiva è il datore di lavoro, ai sensi dell'art. 37 d.lg. n. 81 del 2008 (Cass., Sez. 4, n. 27165 del 24-5-2016, Battisti). Il coordinatore per l'esecuzione non è dunque il controllore del datore di lavoro ma il gestore del rischio interferenziale. Al coordinatore per l'esecuzione spettano quindi compiti di "alta vigilanza", consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'accertamento della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute e altresì nel controllo che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Cass., Sez. 4, n. 44977 del 12.6.2013, Lorenzi ed altro, Rv. 257167). Ne consegue che egli è responsabile delle conseguenze derivanti dalla violazione di tale posizione di garanzia (Cass., Sez. 4, n. 24010 del 03/04/2003, Rv. 228565). Il coordinatore per l'esecuzione ha, pertanto, una autonoma funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto)Cass., n. 18149 del 21-4-2010, Celli e altro, Rv. 247536. L'alta vigilanza del coordinatore per l'esecuzione viene dunque in rilievo laddove, come nel caso in esame, si sia in presenza di un rischio interferenziale, sia cioè in atto una lavorazione che vede contemporaneamente al lavoro più imprese, con un incremento del rischio infortunistico. Il coordinatore per l'esecuzione assume la funzione più generale di garante sulle situazioni di pericolo nel cantiere solo nei casi di macroscopiche carenze organizzative o di attuazione della normativa antinfortunistica, direttamente riscontrate, che, ai sensi dell'art. 92, lett. f), determinino una situazione di pericolo grave ed imminente, che gli impone di sospendere le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate (Cass., Sez. 4, n. 17502 del 13/03/2008, Rv. 239524; Cass. n. 24010 del 2004, Rv. 228565).
2.1. L'alta vigilanza della quale fa menzione la giurisprudenza di legittimità, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia, costituisce la modalità con cui vanno adempiuti i doveri tipici. Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri- doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure, tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli, ai sensi dell'art. 92, comma 1, lett. f), d. Lg. n.81 del 2008 (Cass., Sez. 4, n. 31015 del 16-7-2015, Calgione). L'obbligo di cui alla lettera f) è particolarmente importante, perché quest'ultima è norma di chiusura che, eccezionalmente, attribuisce al coordinatore per l'esecuzione il potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose. Il che implica anche la necessità legale di frequentare il cantiere con una periodicità compatibile con la possibilità di rilevare le eventuali lavorazioni pericolose. Per il resto, il coordinatore per l'esecuzione identifica momenti topici delle lavorazioni e cura l'attuazione dei piani attraverso la mediazione dei datori esecutori. Certo, non può esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto previsto ma anche questi controlli non possono essere quotidiani ed hanno una periodicità significativa e non burocratica, dettata dalla necessità di renderli idonei allo scopo e non routinari (Cass., Sez. 4, n. 27165 del 24-5-2016, Battisti). Si consideri, ad esempio, il caso, analogo a quello oggetto della presente regiudicanda, trattato da Cass. n. 18149 del 2010, che riguarda un lavoratore che era caduto nel vuoto ed in relazione al quale la Cassazione ha rilevato come il rischio di caduta implicasse l'uso delle cinture di sicurezza ma l'obbligo di vigilanza da parte del coordinatore comportasse solo il controllo sull' esistenza in cantiere delle cinture di sicurezza e sulla previsione della loro utilizzazione in quella lavorazione e non sull'effettivo e quotidiano uso da parte del singolo lavoratore. Il coordinatore ha, dunque, solo un ruolo di vigilanza in merito allo svolgimento generale delle lavorazioni e non è obbligato ad effettuare quella stringente e capillare sorveglianza che compete al datore di lavoro e ai suoi collaboratori (Cass., Sez. 3, n. 41820 del 19-10-2015, Catanzaro). Solo qualora l’infortunio sia riconducibile a carenze organizzative di carattere generale sarà dunque configurabile anche la responsabilità del coordinatore. Ne deriva che non è richiesta la sua continua presenza nel cantiere, con ruolo di controllo. L'unica eccezione è costituita dalla previsione di cui altari. 92, lett. f), d.lgs. n. 81 del 2008, di cui poc'anzi si diceva (Cass., Sez. 4, n. 27165 del 24/05/2016, Rv. 267735; n. 18149 del 2010 Rv. 247536; n. 46991 del 2015, Rv. 265661). Ne consegue che, per verificare se un infortunio involga la responsabilità del coordinatore per l'esecuzione, si devono analizzare le caratteristiche del rischio dal quale è scaturito l'evento, appurando se si tratti di un accidente contingente, scaturito estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori, come tale riconducibile alla sfera di controllo del datore di lavoro o del suo preposto, o se invece l'evento sia connesso alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione (Cass., Sez. 4, n. 46991 del 26-11-2015, Rv. 265661). Parallelamente, l’accertamento giudiziale non dovrà ricercare i segni di una presenza diuturna ma le tracce di un'adeguata azione di coordinamento, di informazione e di verifica. Essenziale è, infatti, che alla previsione della cautela segua un'attività di verifica della sua attuazione da parte delle imprese esecutrici. Attività di verifica che tuttavia non può significare presenza quotidiana nel cantiere ma, appunto, presenza nei momenti di lavorazione topici rispetto alla funzione di controllo.
In quest'ordine di idee, occorre far riferimento ai contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’allegato XV del d.lg. n. 81 del 2008. In particolare, al punto 2.3.3, in riferimento alle interferenze tra le lavorazioni ed al loro coordinamento, è previsto che durante le fasi di maggior rischio dovuto ad interferenze di lavoro, il coordinatore per l’esecuzione verifichi periodicamente, previa consultazione con la direzione dei lavori, con le imprese esecutrici e con i lavoratori autonomi interessati, la compatibilità della relativa parte di PSC con l’andamento dei lavori, aggiornando il piano ed in particolare il cronoprogramma delle opere, se necessario. Le misure di coordinamento relative all’uso comune di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva sono definite analizzando le modalità di utilizzo comune da parte di più imprese e lavoratori autonomi. Al punto 2.3.5. è previsto poi che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori integri il PSC con i nominativi delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi tenuti ad attivare quanto previsto al punto 2.2.4 ed al punto 2.3.4 e, previa consultazione con le imprese esecutrici e i lavoratori autonomi interessati, indichi la relativa cronologia di attuazione e le modalità di verifica.
Il coordinatore per l'esecuzione articola le sue funzioni in modo formalizzato:contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati delle irregolarità riscontrate per ciò che riguarda le violazioni del loro doveri nonché l'inottemperanza alle disposizioni del piano di sicurezza e di coordinamento; segnalazione al committente o al responsabile dei lavori delle irregolarità riscontrate; infine, segnalazione alla ASL e alla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti, in caso di ulteriore inadempienza (art. 92, lett. e), d. lg. n. 81 del 2008).
2.2. Nel caso in esame, il giudice a quo ha evidenziato che i lavoratori che non agivano sui lucernari operavano sul tetto del capannone liberi, senza alcun sistema di trattenuta del corpo da cadute accidentali e comunque dal pericolo di sfondamento della copertura. La zona in cui venivano eseguite le operazioni finalizzate alla rimozione del lucernario non era transennata, sicché tutti gli operai che lavoravano sul tetto potevano liberamente accedervi. Il D.B. effettuava certamente le prescritte visite periodiche, come dimostrato dai verbali in atti, ma durante queste ultime non colse minimamente il rischio costituito dalla rimozione dei lucernari anche per i lavoratori che, pur aggirandosi sul tetto, non erano direttamente interessati a questo tipo di operazione, come era appunto il B., nonostante un tale rischio fosse, sia pure in modo largamente insufficiente, segnalato dal piano di sicurezza e di coordinamento, con la dicitura "segnalazione lavori". Tant'è che ancora nel verbale del 3 maggio 2012, redatto il giorno prima dell'infortunio mortale, in cui si dà atto della presenza sul tetto di otto lavoratori della srl "Tecnostrutture", per la posa della nuova copertura, e di sei lavoratori addetti all'installazione dei pannelli fotovoltaici, il rischio in questione non venne verificato né prospettato, nonostante il giorno dell'infortunio dovessero contemporaneamente essere asportati ben due lucernari, con la conseguente creazione di una vasta area di elevatissima insicurezza. A fronte di tali operazioni in corso, che creavano un elevato pericolo non solo per coloro che vi erano direttamente addetti ma anche per le restanti maestranze, avrebbe dovuto - sottolinea il giudice a quo - essere data attuazione alla predetta indicazione del Piano di sicurezza e coordinamento, anche se laconica, prescrivendo un'idonea segregazione fisica dei luoghi interessati dalla lavorazione, tale da impedire l'accesso da parte dei lavoratori non addetti. La mancanza della segregazione, con idonee recinzioni, dell'area in questione fece sì che qualcuno vi appoggiasse i bancali che il deceduto B. avrebbe dovuto rimuovere in pericolosa prossimità (50 cm) alla zona del tetto non portante. Ciò comportò ulteriormente che la vittima accedesse a tale zona, avvicinandosi, priva di sistemi di ritenuta agganciati alle "linee vita", al bancale, e appoggiasse il piede sulla lastra In policarbonato non portante del lucernario in fase di rimozione, che non resse il peso, determinando la caduta del soggetto passivo. In alternativa ad una segregazione fisica dell'area in questione, avrebbe dovuto essere prevista l'adozione di idonee imbragature, con aggancio ai punti vita, per tutti i soggetti operanti sul tetto, prescrizione che, anche in questo caso, non venne dettata dal Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione e cioè dall'imputato. Trattasi di una motivazione precisa, fondata su specifiche risultanze processuali e su una approfondita analisi di tutte le acquisizioni probatorie disponibili e perciò senz'altro meritevole di superare lo scrutinio di legittimità.
3. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 15-2-2019.