Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 13 maggio 2019, n. 12695 - "Dies a quo" per la revisione della rendita


 

Il "dies a quo" del termine di dieci anni previsto dall'art. 83, comma 8, del d.P.R. n. 1124 del 1965, entro il quale può procedersi, a domanda dell'assicurato o per disposizione dell'istituto assicuratore, alla revisione della rendita, è costituito dalla data di maturazione del diritto alla prestazione, e non già da quella del provvedimento di liquidazione o di inizio della materiale corresponsione della rendita, posto che l'atto formale ha natura meramente dichiarativa e ricognitiva (in tal senso da ultimo Ordinanza n. 1497 del 22/01/2018, cui adde Cass. 21082/2013, 27425/2005, Cass. 15872/2004).


Presidente: ESPOSITO LUCIA Relatore: RIVERSO ROBERTO Data pubblicazione: 13/05/2019

 

 

Rilevato che
il Tribunale di Castrovillari riconosceva a F.S. un aggravamento di un infortunio, quantificato in rendita nella misura del 16%, fissando la nuova percentuale al 31% con decorrenza dell’aggravamento non dalla data indicata dal CTU, bensì a decorrere dall’1/9/2011 ovvero dal sesto mese dalla sentenza resa dalla Corte d’appello di Catanzaro numero 356 del 24/3/2011 che aveva definito il primo giudizio instaurato dal E.S. per farsi riconoscere la rendita per infortunio sul lavoro la cui decorrenza era stata fissata dalla stessa sentenza dal 3/1/2001 ;
la Corte d’appello - premesso che è ammissibile la revisione della rendita oltre il decennio alla condizione che la parte interessata provi che la variazione si sia verificata entro il decennio - accoglieva il gravame dell’Inail in quanto il primo giudice aveva violato il disposto dell’articolo 83 d.p.r. numero 1124/65 finendo per individuare un momento della decorrenza dell’aggravamento successivo al decennio della costituzione della rendita avvenuta con decorrenza 3/1/2001; pertanto riformava la sentenza impugnata e respingeva il ricorso introduttivo del giudizio rilevando che F.S. aveva espressamente sostenuto la correttezza della decisione impugnata in punto di decorrenza dell’aggravamento; affermava altresì che fosse fondato anche il motivo di impugnazione proposto dall’Inail per maturata decadenza in quanto la domanda amministrativa di aggravamento era stata notificata all’Inail 4/5/2012 oltre il termine di decadenza annuale di cui all’articolo 137 ultimo comma d.p.r. 1124/65 tenuto conto che tale ultimo termine decorre dal 3/1/2011 ovvero dai 10 anni dalla data di costituzione della rendita;
contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione F.S. e con due motivi ai quali l'INAIL ha resistito con controricorso;
E stata comunicata alle parti al proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio non partecipata.
 

 

Rilevato che
1. - con il primo motivo il ricorso deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art 360 n. 5 c.p.c. in quanto la Corte d’appello aveva omesso di esaminare che la parte ricorrente aveva provato in giudizio che l’aggravamento del suo stato di salute si fosse verificato entro il decennio dalla costituzione della rendita. Mentre non rilevava che la domanda fosse intervenuta anche dopo il decennio di costituzione della rendita quando l’aggravamento si era verificato entro il decennio.
Il motivo è inammissibile in quanto la Corte d’appello ha affermato che il F.S. in appello non avesse contestato la decorrenza dell’aggravamento ritenuta dal primo giudice dall’1/9/2011; mentre nel ricorso per cassazione tale affermazione non c stata fatta oggetto di specifica censura. Inoltre non risulta nemmeno impugnata col ricorso l’autonoma ratio decidendi relativa alla decadenza dalla domanda, ex articolo 137 ultimo comma d.p.r. 1124/65.
2. - Col secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’articolo 83 d.p.r. 1124/65 ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c., in quanto il dies a quo della decorrenza del termine decennale entro cui può farsi valere l’aggravamento non coincide con quello della maturazione del diritto alla prestazione, bensì decorre dal momento di conclusione del procedimento amministrativo giudiziale di concessione della rendita; nel caso in esame l’infortunato non poteva promuovere la domanda di aggravamento in pendenza dell’appello nel quale era ancora sub iudice l’accertamento dell’entità dell’invalidità permanente subita per effetto dell’infortunio avvenuto il 21.7.2000.
Il motivo è infondato in quanto secondo l’orientamento giurisprudenziale che si è oramai da tempo consolidato in materia il "dies a quo" del termine di dieci anni previsto dall'art. 83, comma 8, del d.P.R. n. 1124 del 1965, entro il quale può procedersi, a domanda dell'assicurato o per disposizione dell'istituto assicuratore, alla revisione della rendita, è costituito dalla data di maturazione del diritto alla prestazione, e non già da quella del provvedimento di liquidazione o di inizio della materiale corresponsione della rendita, posto che l'atto formale ha natura meramente dichiarativa e ricognitiva, (in tal senso da ultimo Ordinanza n. 1497 del 22/01/2018, cui adde Cass. 21082/2013, 27425/2005, Cass. 15872/2004).
3. In forza delle premesse svolte il ricorso va quindi rigettato; con condanna del ricorrente al pagamento delle processuali liquidate in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il raddoppio di cui all’art 13 , comma 1 quater, dpr n. 115/2002.
 

 

PQM

 


Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessive euro 2200, di cui euro 2000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis , dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma all’adunanza camerale del 23.1.2019